Scuola siciliana

Espressione con la quale viene indicato il cenacolo di poeti che, nato nel XIII secolo presso la corte palermitana di Federico II di Svevia e dei suoi figli Manfredi ed Enzo, diede avvio alla tradizione poetica italiana in volgare. Questa esperienza può essere considerata conclusa con la battaglia di Benevento (1266), in cui morì re Manfredi. La corte di Federico fu in effetti un crocevia itinerante (il re si spostava spesso per ragioni politiche e amministrative) non solo letterario ma culturale in genere: vi ebbero infatti grande impulso anche la tecnica e la scienza. Confluirono qui tradizioni molto diverse: quella araba, soprattutto filosofica ma anche letteraria, quella bizantina e quella latina; l'eredità dei poeti lirici tedeschi (i Minnesänger) e quella normanna in lingua d'oïl, soprattutto tramite la diffusione dei poemi cavallereschi del XII secolo. Ma la componente determinante per la poesia italiana delle origini è certamente l'esperienza dei trovatori provenzali, autori di liriche soprattutto amorose che viaggiavano di corte in corte. Tanti stimoli culturali furono raccolti da un gruppo di intellettuali, perlopiù giuristi e notai, dediti alla poesia e alla letteratura. In linea con la grande dignità che questi funzionari intendevano conferire alla corte (indicata spesso come Magna curia), l'elaborazione letteraria sia in prosa sia in versi presenta caratteristiche astratte e aristocratiche, a partire dalla lingua utilizzata, il siciliano "illustre": una lingua lontana dal parlato, modellata soprattutto sul provenzale e sul latino cancelleresco, dunque molto depurata. Il rapporto amoroso, descritto senza alcun riferimento agli aspetti materiali del sentimento e del desiderio, ha come centro la visione della donna, che viene evocata tramite oggetti allusivi e simbolici. Si tratta dunque di una forte ed elaborata concettualizzazione dell'amore, di un'operazione che va in una direzione intellettualistica. Alla base di questa concezione c'è un'idea tipicamente feudale: il poeta si vota a una donna lontana e nel restarle fedele accresce il proprio valore agli occhi di lei. I maggiori poeti di questo gruppo furono Giacomo da Lentini (abile versificatore, al quale si deve probabilmente l'invenzione di una nuova forma, il sonetto, destinato a enorme fortuna), Stefano Protonotaro, Rinaldo D'Aquino e Giacomo Pugliese, autori di cui, tuttavia, sono giunti fino a noi pochi componimenti. Pier delle Vigne, personaggio ospitato nell'Inferno di Dante, si dedicò invece con maestria alla prosa aulica, un genere di discorso tipicamente diplomatico.

E’ proprio durante il regno di Federico II (1120 - 1250), che l’Italia meridionale, ma soprattutto la Sicilia, vive una fase di grande splendore culturale, resa possibile anche dalla tranquillità politica e da un saldo potere centrale. Alla corte di Federico II, la cosiddetta «Magna Curia», si incrociavano lingue diverse, come quella d’oc e d’oil, ma anche l’arabo e il greco ed il volgare siciliano, ma anche culture differenti, infatti sia la cultura araba che quella normanna erano ben radicate in Sicilia, tanto da apportare le loro conoscenze in campo medico, filosofico e matematico; ed è proprio nella «scuola siciliana», che ha origini la produzione di lirica amorosa in volgare. La scuola siciliana si sviluppa in un ridotto arco di tempo, che va dal 1230 al 1250, anno della morte di Federico II, e che ha ancora qualche diramazione fino al 1266, anno della morte di Manfredi. I poeti siciliani hanno come modello letterario quello della poesia lirica provenzale; il tramite fra letteratura provenzale e siciliana è stato fornito dall’ambiente veneto ed in modo specifico dalla cultura provenzale della corte di Ezzelino da Romano, che si era avvicinato alla corte di Federico II. E’ lui che diviene diretto promotore dell’attività poetica, inserendola nel proprio  mecenatismo. Gli autori di questa poesia sono funzionari regi, colti dilettanti, propensi a considerare la poesia come un raffinato ed aristocratico esercizio intellettuale. Scompaiono i temi sociali e politici, mentre diventa sempre più rilevante la tematica amorosa, spesso vista come servizio e dedizione alla donna, celestiale, distante e spesso inaccessibile; permane in alcuni casi una forma di vassallaggio amoroso, in altri casi poi assume un tono popolare, con valenze comiche. La scuola siciliana porta caratteri di novità nella tematica amorosa, ma anche nella metrica e nello stile (nascita del sonetto); il linguaggio subisce gli influssi latini e provenzali e risulta essere di alto livello. I testi dei poeti siciliani sono giunti a noi grazie alle trascrizioni di copisti toscani, che li hanno adeguati alla loro lingua, modificando cosi la forma originale. Il primo a riconoscere l’importanza della scuola siciliana fu Dante, che ne fece poi il prototipo della poesia volgare italiana.

 

 

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