(Firenze, 1255 ca. - 1300), poeta italiano. Di famiglia guelfa,
ostile alle riforme antiaristocratiche del comune di Firenze, fu tra i garanti
di un'importante pace tra guelfi e ghibellini (1280). Entrato a far parte del
Consiglio fiorentino, si trovò al centro di più di un episodio di violenza tra
le fazioni rivali; nel giugno 1300 venne esiliato a Sarzana, dove contrasse la
malaria: amnistiato, fece a tempo a tornare in patria, dove però morì poco
dopo.
Nacque a Firenze da nobile casata guelfa, la partecipazione alla lotta politica caratterizzò la sua vita. Nel 1280 fu tra i firmatari della pace fra le due frazioni, anche grazie al suo matrimonio con Bice degli Uberti, figlia del capo ghibellino Farinata. Morì a Firenze il 29 Agosto 1300. Di lui conosciamo 52 poesie, per lo più sonetti e ballate. Tema fondamentale delle sue opere è l’amore visto come passione violenta e irrazionale, che abbatte tutte le difese dell’amante.
Avete’n vo’ li fior’ e la verdura
Questo sonetto è dedicato alla descrizione della bellezza della donna amata. Il tema della «lode» si sviluppa attraverso l’interiorizzazione dei valori della donna, attraverso la descrizione degli effetti salutiferi dello sguardo della donna e con il confronto con le altre donne che l’accompagnano.
Perch’i’ no spero di tornar giammai
Questa ballata fu composta probabilmente a Sarzona nel 1300. durante il periodo di esilio e poco prima della sua morte. In questa ballata di lontananza, si rievocano immagini di desolazione e di morte care al poeta.