LA CONCORRENZA PERFETTA
La concorrenza perfetta si distingue per l’unicità del prezzo, infatti il prezzo vigente risulta uguale per tutte le imprese e nessuno, singolarmente può modificarlo.
Il prezzo viene determinato dall’incontro della domanda e della offerta (equilibrio di mercato), che sono rappresentate da tutti gli acquirenti e venditori.
Le caratteristiche della libera concorrenza perfetta sono:
1. La presenza di numerosi piccoli acquirenti e venditori, nessuno dei quali deve poter essere in grado di influire sul prezzo.
2. L’omogeneità della merce venduta da tutte le imprese.
3. Ogni operatore deve conoscere perfettamente le condizioni di mercato.
4. Le imprese concorrenti devono avere uno stesso andamento dei costi.
5. Deve essere garantita la libertà di entrare e di uscire dal mercato, il che comporta l’inesistenza di divieti o vincoli legati o di ostacoli tecnici.
6. Non devono sussistere da parte degli acquirenti delle preferenze per questo o quel venditore.
Tuttavia un’analisi della realtà economica evidenzia che i requisiti di questo mercato sono difficili da realizzare e quindi l’unicità del prezzo è astrazione teorica.
Il ricavo totale, è la somma monetaria che si ha
moltiplicando il prezzo di mercato per la quantità venduta.
Il ricavo marginale, sarà l’incremento che il ricavo totale subisce quando si vende un’unità di prodotto in più. Nella libera concorrenza il ricavo marginale è uguale al prezzo.
Il
profitto normale, è la quota di profitto che è
già incorporata nella curva dei costi e rappresenta la remunerazione
dell’imprenditore.
L’extra profitto, è la quota di profitto aggiuntivo dato dalla differenza tra il prezzo e il costo medio. La sua esistenza dipende dal livello del prezzo e dall’entità dei costi.
Pertanto l’equilibrio dell’imprenditore è individuato dalla posizione che gli permette di massimizzare il profitto globale, che è dato dalla differenza tra ricavo totale e costo totale.
Possiamo perciò concludere che:
· Nel breve periodo, l’equilibrio dell’impresa concorrenziale è determinato dalla quantità in corrispondenza della quale il prezzo (che coincide con il ricavo marginale) è uguale al costo marginale. L’impresa può realizzare extra -0 profitti (impresa inframarginale), profitti normali (impresa marginale) o accusare perdita.
· Nel lungo periodo, l’equilibrio è dato in genere, per tutte le imprese, dal volume produttivo in corrispondenza del quale il prezzo è pari al costo medio minimo (e al costo marginale). La retta del prezzo è perciò tangente alla curva del costo medio nel suo punto di minimo (punto di fuga).
Tali extra - profitti tendono a scomparire; alcune imprese per effetto della diminuzione del prezzo, causata dall’aumento dell’offerta, escono dal mercato. Marshall fu il 1° economista a muovere delle obiezioni all’analisi tradizionale, osservando che nel lungo periodo i costi unitari non presentano più l’andamento a “U” (come nel breve periodo), ma sono decrescenti all’aumentare della quantità prodotta. Questo è dovuto ad una migliore organizzazione del lavoro e all’utilizzo di macchinari più sofisticati. Negli anni ‘ 20, Piero Sraffa provò l’inesistenza della concorrenza pura. Dimostrò che i costi non sono un limite all’espansione delle imprese (questo grazie alla domanda di mercato), e che le imprese differenziano i loro prodotti attraverso diverse strategie di mercato e che così “l’unicità di prezzo” non può esserci.