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Riflessologia del piede e tecniche affini*

 

di Carollo Moreno Oscar

oscar.carollo@libero.it

 

[il documento è liberamente scaricabile previo contatto e-mail con l'autore]

 

 

 

 

L’impulso tattile, attraverso i nervi periferici sensitivi, arriva ai centri nervoso vegetativi con un effetto riflesso specifico. In dettaglio le zone di corrispondenza somatica.

 

Lo studio clinico degli archi riflessi varia dai casi più semplici, come il riflesso patellare, ai casi più complessi come un’ emozione, che si ripercuote attraverso il sistema nervoso Vegetativo e coinvolge il sistema ormonale, con conseguenti modificazioni funzionali di parecchi organi bersaglio.

 

Vi sono però anche situazioni in cui questi riflessi possono essere usati per fini terapeutici, stimolando determinati distretti dermici, particolarmente ricchi di terminazioni nervose.

 

Gli effetti sono rilevabili soprattutto a livello somatico [non mancano però anche modificazioni psichiche più evidente in alcune tecniche], e , proprio per il loro carattere di intervento sul sistema nervoso, le modificazioni indotte saranno transitorie, molto soggettive in funzione del “terreno” [costituzione individuale], non scevre di effetti parassiti, in quanto e’ possibile il risveglio di sintomi sopiti, ma soprattutto agenti a livello funzionale, ove il danno anatomo-patologico sia ancora instabile, o meglio, assente.

 

Questi distretti cutanei, particolarmente sfruttabili da un punto di vista riflessologico, sono più o meno conosciuti ed utilizzati secondo la condizione tradizionale, culturale, propria di ogni popolazione.

 

Per non perderci in divagazioni dal sapore esotico,vorrei solo ricordare lo sviluppo di queste tecniche in Germania, Svizzera, Francia, e mondo anglosassone, con una discreta bibliografia sull’argomento.

 

Ogni iniziato sa che la pelle non e’ solo il rivestimento del nostro corpo, ma e’ possibile immaginarla come una grande terminazione nervosa che fa da tramite fra noi e l’ambiente esterno, in quanto i nervi sensitivi la percorrono tutta e si distribuiscono in essa con miriadi di organuli che si trovano nel derma e la cui funzione e’ molto selettiva.

 

Vi sono terminazioni che registrano la pressione, il calore, il dolore e così via, e tutte concorrono a determinare il nostro quinto senso: il tatto.

 

E’ dalla pelle, quindi, che l’impulso tattile, attraverso i nervi periferici, soprattutto di funzione sensitiva, arriva ai centri nervosi vegetativi con un effetto riflesso piuttosto preciso e, se la manovra e’ mirata, si influenza l’attività vegetativa dell’organo corrispondente.

 

Le teorie dell’impulso

 

Una delle questioni più dibattute e’ la via  seguita dall’impulso.

Le teorie più accreditate sono le seguenti:

 

     1 - L’impulso passa dalla periferia alle corna posteriori del midollo spinale.

Qui, per connessione diretta, lo stimolo si riflette alle corna anteriori allo stesso livello metamerico, influenzando gli organi innervati dalle fibre nervose motorie, oltre che sensitive, che partono da quel preciso distretto.

       2 - L’impulso segue le vie gangliari paravertebrali , escludendo quindi la partecipazione del midollo spinale e arrivando ad influenzare gli organi corrispondenti alla zona di stimolazione con meccanismi simili al caso precedente.

La differenza e’ che, escludendo l’incrocio delle fibre nervose a livello piramidale, si spiegherebbe il perchè si interviene dallo stesso lato sia per le strutture somatiche, sia per quelle soprapiramidali.

 

3- La teoria dell’energia.

Qui ogni divagazione diventa possibile, in quanto si portano in causa canali energetici di cui non si e’ ancora provata l’esistenza, ma avvallata da risultati ottenuti con la pratica [agopuntura].

Niente e’ ancora definitivo, per cui ogni congettura può avere un suo fondamento.

 

Ma vediamo dove sono reperibili queste zone di corrispondenza somatica:

- Il padiglione auricolare, sia anteriormente, sia posteriormente.

- L’iride, ma soltanto per uso diagnostico.

- La mucosa nasale.

- La lingua.

- La striscia paravertebrale, che si prolunga coinvolgendo il derma ed il connettivo sottocutaneo di tutto il sistema di rivestimento esterno, ma diviso in fasce d’azione sulla falsariga delle meglio note zone di Head.

- La mano ed il piede.

 

Il tatto ha qui la sua sede più evidente.

 

Ci occuperemo di queste ultime due zone, essendo quelle che, i miei colleghi ed io, più usiamo e su cui possiamo quindi esprimere un parere con cognizione di causa.

 

Come e’ possibile dimostrare la connessione nervosa fra un distretto somato-viscerale ed una zona paravertebrale o plantare?

 

Come abbiamo visto, gli studi compiuti hanno ancora un esito incerto, quindi lo studio empirico e’ per ora il più sicuro.

 

Dopo aver accertato con altri mezzi la sofferenza di un organo o di un apparato, si andrà a valutare la zona di riflesso: questa sarà dolente al tocco.

Il dolore sarà più intenso quanto più l’ organo soffre in modo acuto; sarà un dolore sordo e perfino assente qualora l’ organo soffre di una forma cronico-degenerativa.

 

Anche il reperto visivo può indicare all’occhio esperto la possibile vetusta della patologia.

Infatti problemi di vecchia data lasciano esiti con medicazioni cutanee nelle zone corrispondenti.

 

Si va perciò a cercare alla periferia ciò che si e’ accertato al centro.

 

Ovviamente, il metodo può dare informazioni di tipo diagnostico, ma sempre parziale.

Per es.: una patologia acuta alle vie aeree provoca un forte dolore al tocco delle zone corrispondenti, senza per questo dare informazione circa l’eziologia della malattia.

 

Una patologia degenerativa, come un tumore, può passare del tutto inosservata in quanto nella zona di riflesso non si evidenzia nulla per lungo tempo.

E’ possibile, al massimo, comprendere che l’organismo e’ in forte squilibrio, poichè questi soggetti presentano parecchi punti di riflesso dolenti. Ma ciò non e’ una regola costante.

 

L’effetto terapeutico lo si ottiene con opportune manipolazioni che devono essere acquisite praticamente, perchè ambedue i metodi sono particolari e spesso sconosciute anche alle scuole per tecnici fisiocinesiterapisti.

 

L’effetto paradosso

 

Comunque questo effetto si esplica sostanzialmente con un riequilibrio fra attività vago-simpatica, ottenendo lentamente [ma a volte repentinamente], un riequilibrio funzionale, soprattutto per quei sintomi più legati alla attività neuro-vegetativa [gastroduodeniti, coliti spastiche, nevrosi cardiache, turbe mestruali, disturbi ormonali funzionali come l’ipersurrenalismo da stress].

 

E’ possibile ottenere, specialmente nelle prime sedute, effetti paradossi, ovvero di stimolazione di una funzione, invece che il suo rilassamento.

Questo e’ dovuto principalmente ad un errore di tecnica [sedute troppo prolungate con stimoli distribuiti su troppe zone, ma può essere anche dovuto a difetti del terreno su cui si va ad agire [soggetti eretistici, nevrotici, ecc.].

 

E’ possibile pure avere effetti rebound , quando il trattamento e’ protratto per un periodo di tempo troppo lungo.

 

Attenersi alle regole

 

L’esperienza consiglia che dopo un periodo di trattamento di 12 – 15 sedute, e’ opportuno sospendere la cura e riprenderla , se necessario, dopo almeno due mesi, mentre e’ invece consigliabile ripetere un ciclo di trattamenti di 10- 15 sedute, dopo un anno, anche in assenza di sintomi.

 

Attenersi a queste semplici regole e’ il modo migliore per sperare di ottenere risultati stabili e duraturi.

A questo punto entra in gioco la capacità e la sensibilità del terapista che deve distribuire adeguatamente le sedute ed avanzare progressivamente secondo schemi collaudati, ma sempre improntati alla prudenza e alla singolarità di ogni caso.

 

Abbiamo prima ricordato che i disturbi devono essere diagnosticati per evitare problemi maggiori, e abbiamo precisato qual e’ il tipo di patologia che può essere trattato con buone possibilità di successo.

 

La diagnosi spetta al medico, in quanto la legislazione lo mette in grado di poter usufruire di tutte le possibilità diagnostiche.

Dopo aver escluso gravi patologie che necessitino di trattamenti più energici, e aver accertato l’origine prevalentemente funzionale dei disturbi, il terapista imposterà il trattamento, che dovrà comunque essere seguito, durante la sua evoluzione, dal medico.

 

Ovviamente questo presuppone che il sanitario sia a conoscenza del metodo e possa quindi esprimere pareri autorevoli in proposito.

Ciò porta sicuro giovamento anche al terapista, in quanto lo solleva da responsabilità che, sia per cultura scientifica generale, sia per motivi legali, sia per motivi psicologici stessi, che coinvolgono anche il paziente, possono pregiudicare i risultati stabilendo, inoltre, un clima di oscurantismo che può avvicinare la figura del terapista a quella di pratiche occulte, e non e’ assolutamente il caso di prestarsi a confusioni del genere.

 

L’emotività del terapista

 

D’altra parte non tutti i terapisti si sentono di effettuare questo tipo di pratica, senz’altro impegnativa [ogni seduta può durare da 20 minuti a un ‘ora].

Non tutti riescono a mantenere un atteggiamento empatico, ed obbiettivamente certe situazioni possono diventare cariche di tensione e pesare sul decorso terapeutico.

 

Direi quindi che, sotto questo aspetto, sia da rispettare la volontà del terapista, oltre chiaramente a quella del cliente\paziente, il quale “sente” se e’ in grado di praticare personalmente la cura o se invece e’ necessario indirizzarlo verso altri terapisti.

In altre parole, ciò che e’ fatto per forza, raramente sarà ben fatto.

 

Concludendo questo scorcio panoramico sulle possibilità delle riflessoterapie, direi che ciò che più preme attualmente, e’ che vengano riconosciute ed accettate dalla medicina accademica, la quale , anche in Italia [in parte si sta già facendo] dovrebbe far si che questi metodi vengano studiati ed estesi.

 

Questo toglierebbe spazio a quanti, al di fuori della medicina, speculano sulle disgrazie della gente, senza una selezione dei casi e senza una corretta corrispondenza con l’ambiente sanitario, che l’abusivo vede come un nemico, concorrente e potenziale accusatore.

 

Ecco quindi il significato di una corretta informazione del medico, nonchè l’introduzione e lo studio di queste pratiche nelle scuole di fisioterapia, per infermieri professionali, per estetisti diplomati, onde dar credito, o toglierne, se necessario, a pratiche che possono effettivamente procurare sollievo al sofferente o impedire che il disturbo funzionale sfoci in una vera e propria malattia, ridando benessere e , perchè no, la bellezza e la vitalità della salute.

 

* Tratto da :Nursing ’90 , Settembre 1989, n° 14, riveduto e corretto dall’autore.

 

 

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