Il certificato malattia ai fini lavorativi La certificazione di malattia ai fini del riconoscimento del diritto all' indennita' di malattia diventa un problema soprattutto quando la certificazione deve esser fatta da un medico diverso dal medico di base, assente per vari motivi (festivita', orario notturno, aggiornamento, ecc...). (Circolare INPS n. 99 del 13/5/1996)
La legge non indica particolari specificità del medico curante per cui esso è “qualunque medico che abbia preso in carico il paziente e prestato la sua opera professionale” e non necessariamente quello convenzionato col SSN. Il medico curante può essere quindi quello ospedaliero, quello di Continuita' Assistenziale e perfino quello privato che presti la sua opera libero-professionale.
Stando a quanto detto: qualunque medico, sia esso medico di famiglia, che
ospedaliero in fase di dimissione, che medico di Pronto Soccorso o addirittura
medico privato in visita urgente, debba, a norma della legge 33/80 e degli
obblighi deontologici certificare l’eventuale incapacita’ lavorativa.
Fatto salvo l’esplicito rifiuto di riportare la diagnosi da parte del paziente, in tal caso il certificato di malattia riporterà la dicitura "Omessa diagnosi per espressa volonta' del paziente" (controfirmata da quest' ultimo) le norme vigenti prevedono per i certificati di malattia due distinzioni:
1) certificazioni di malattia per dipendenti
pubblici e privati non soggetti a INPS
(tra i quali lavoratori autonomi e pubblici dipendenti) A
questi requisiti "generali" devono essere aggiunti, perche' il certificato sia
valido ai fini del congedo per malattia: Non viene richiesto nessun modulario particolare e può essere fatto su carta privata del medico o su carta intestata dell’Ente Sanitario che lo rilascia, purche’ siano in esso indicate le informazioni elencate sopra.
2) certificazione di malattia per dipendenti
privati soggetti a INPS
Alcune osservazioni preliminari: In genere certificati stilati su modulario non regolamentare cioè su carta intestata del medico o dell’Ospedale riportano generalmente una prognosi indeterminata dalla quale non e' possibile riconoscere se tale prognosi indicata sia "lavorativa" o esclusivamente "clinica" ed in linea di massima vengono considerate dall’INPS come puramente “cliniche”. E’ quindi necessario una validazione da parte dell’ente. La
stessa compilazione (nei giorni successivi) di un certificato da parte del
Medico di Famiglia che sostituisca e integri quello del P.S. appare illegittima
poichè esso si troverebbe a certificare un evento postumo, limitandosi alle
condizioni riferite dal primo referto, all’oscuro dell’obiettività rilevata al
momento.
Nonostante la norma l' INPS, per ovviare ai numerosi problemi, riconosce
comunque come valida, ai fini lavorativi, la certificazione di P.S. per il
giorno della prestazione, purche' contenente le generalita' dell' interessato,
la data, la firma leggibile del medico e la diagnosi Non e'
necessario, per il solo giorno della prestazione, che sia riportata una
prognosi: il certificato di PS e' comunque valido per un giorno ai fini
lavorativi.
Solo per i medici di Continuita' Assistenziale è prevista la certificazioni di malattia per il lavoratore per un massimo di 3 giorni..." (D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270 (1) "Regolamento di esecuzione dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale" art. 52)
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