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LE TERZE RIME SECONDO L'EDIZIONE DEL 1528 ED ALTRI COMPONIMENTI GIOCOSI

di: Giovanni Della Casa

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CAPITOLO SOPRA IL FORNO
S'io mi levassi un'ora innanzi giorno
E ragionassi insino a mezza notte,
Ancor non loderei ben bene il forno.
Questa è materia da persone dotte:
Chi non ha'n capo del cervello a macco [5]
Vadi a sentir lodar le pere cotte.
E perch'io voglio scior la bocca al sacco,
Voi, ch'a questi signor rodete il basto,
Venitemi aiutar, quand'io mi stracco.
D'ogni ben fare il mondo s'è rimasto.[10]
Soleva esser giá'l forno un'arte santa,
Ora il mestiero è poco men che guasto.
Perch'oggidí quest'avarizia è tanta,
C'h'ognun vorrebbe infornare a credenza,
E che è, che non è, qualcun ti pianta[15]
Mi fanno rinnegar la pazienza
Certi, ch'al primo hanno la pala in mano,
Venga chi vuole o con danari, o senza.
Questo non è mestier da farlo invano:
Chi ha danari, inforni quanto vuole; [20]
E chi non ha, dite ch' e' vadi sano.
Tennero il forno giá le donne sole,
Oggi mi par, che certi garzonacci
L 'abbin mandato poco men ch'al sole.
Spazzinlo a posta lor, nessun non vacci: [25]
Dican pur ch'egli è umido e mal, netto,
E sonne ben cagion questi fratacci,
Io per me rade volte altrove il metto,
Con tutto ch'il mio pan sia pur piccino,
E'l forno delle donne un po'grandetto. [30]
Benché chi fa questo mestier divino,
Sa ben trovar, dove l'hanno nascosto
Colá dirieto un certo fornellino,
Ch'è troppo buon da far le cose arrosto:
Cuocere, come a dir, pasticci e torte, [35]
Non si può dir, quanto fa bene e tosto.
E puossi almanco infornar piano e forte
Pur ch' e' non è sì vetriolo e mezzo,
Come questi altri, ch'è proprio una morte.
Come tu 'l tocchi, se ne leva il pezzo: [40]
Ad ogni poco il fornaio dice, ohi!
Voi non potete mai informare a mezzo.
Ma pure a questo pensateci voi:
Perch'egli è chi si mangia anche il pan crudo:
Ognun faccia a suo modo i fatti suoi.[45]
Ch'inforna, doverebbe stare ignudo;
Benché vestito anche infornar si possa,
E per una infornata anch'io non sudo.
La pala poi vuol esser corta e grossa,
Dice la gente ignorante; ma io [50]
Non trovo che ragion se l'abbi mossa;
E bench'io dica or contra'l fatto mio,
Perché Soranzo, a non vi dir bugia,
La pala mia non è gran lavorio;
Io credo che bisogni, ch'ella sia [55]
Grande e profonda e grossa e larga e lunga,
E s'altro nome ha la geometria:
Perch'io veggio il fornaio che si prolunga,
Per accostarla del forno alle mura,
E Dio vogli anco poi, ch'ella v'aggiunga. [60]
Ma sopra tutto la vuol esser dura,
E chi l'adopra gagliardo di schiena,
Che la sappi tener ritta e sicura.
Or io v'ho dato la dottrina piena:
Restami a dir, come s'inforna il pane, [65]
Come si fa a levar, come si mena.
Se ti bisogna adoperar le mane
A stropicciarlo e rinvenirlo a stento;
Ti so dir io, tu infornerai domane:
Che quando il pane a lievitarsi è lento; [70]
Scalda e riscalda a tua posta, non basta:
Perché ci è, diciam noi, poco fermento.
E per contrario s'egli è buona pasta,
Al primo tratto è lievito e gonfiato,
Portalo alla fornaia, che si guasta. [75]
Ma se pur fusse qualche sciagurato,
Che levitasse il pane a stento o tedio,
E non avesse fermento né fiato,
Ad ogni cosa si trova rimedio.
Un certo vescovaccio ha la ricetta, [80]
Ch'amore e crudeltá gli han posto assedio.
E perché vuol del pan tal volta in fretta,
M'è stato detto, che l'ha sempre drieto,
E tienla il suo garzon nella brachetta:
E benché in casa sia molto segreto, [85]
Io sento dire un non so che di pesche:
Ma di grazia, Soranzo, state cheto.
Le fornaie non voglion queste tresche,
Che se l'avessero aspettar gl'incanti
Per infornar, per Dio, le starien fresche. [90]
Molti di questi giovani galanti
Tenner giá il forno in qualche bella posta,
E si pagava in quel tempo a contanti.
O forno da signor! Fornai a posta!
Ti so dir, che gli offici allor volavano[95]
Con l'espedizion bella e composta,
E pensioni, e scudi che fumavano: [p.698]
Prometton or, finché 'l lor pan si faccia;
E se ne ridon poi come ne 'l càvano.
E ciascheduno strazia, e mena a caccia [100]
Il veltro giovinetto a suon di corno;
E com'un che gl'invecchia, a fiume il caccia.
Ma lasciam questo, e ritorniamo al forno:
Diciam, come lo spazzan le maestre
E di sotto e di sopra, intorno intorno. [105]
Ell'hanno a posta le belle canestre
Di cenci e pezze, tutte arsiccie e rosse,
A tal servigio apparecchiate e destre.
E vo' mostrare a queste genti grosse,
Con quanto studio se lo tien asciutto [110]
Una, che'1pane a questi dì mi cosse.
La lo lava ben bene, e spazza tutto
Sera e mattina per un ordinario;
E vuol ch'e' non le puta sopra tutto.
E poi si reca in mano il calendario, [115]
E guarda molto ben la volta e '1 tondo,
Che '1 corso della luna è sempre vario.

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Edizione HTML a cura di: toniolo@iol.it
Ultimo Aggiornamento: 05/10/04 23.14.50

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