Dalla relazione tecnica per la Provincia di Ancona del gruppo di studio De Grassi ed altri, la risposta a molte domande sull'ipotesi di realizzazione di una centrale turbogas nella Vallesina


1) Quali sono i requisiti richiesti dalle leggi vigenti perché una centrale possa godere dei vantaggi previsti dalla legge?
...
7) Come funziona il teleriscaldamento per le "vere" centrali di cogenerazione esistenti, e perché non è possibile farne una a Jesi?


PROVINCIA DI ANCONA    CONSIDERAZIONI SULLA IPOTIZZATA ATTIVAZIONE DI DUE CENTRALI ELETTRICHE A COGENERAZIONE DI CALORE NELLA VALLE DELL'ESINO   GRUPPO Dl STUDIO   MARIO DE GRASSI (COORD.) GIORGIO CORTELLESSA TORQUATO NANNI ATTILIO RINALDI FRANCESCO MARIA RUSSO ENZO TIEZZI     ANCONA, FEBBRAIO 1995   estratti -------------------


Capitolo 1
  Dimensionamento degli impianti

Sorgono dubbi che gli impianti esaminati (Sadam-Edison a Jesi ed Api a Falconara) siano correttamente dimensionati ai sensi della legislazione vigente e della delibera del CIP del 29/4/1992.

1.1 - Le disposizioni vigenti

Si ricordi che il testo della legge 9/1/1991 n°10 all'art.1 a proposito delle condizioni di assimilabilità a fonti rinnovabili recita:

"Sono considerate altresì fonti di energia assimilate alle Fonti rinnovabili di energia: la cogenerazione, intesa come produzione combinata di energia elettrica o meccanica e di calore, il calore recuperabile nei fumi di scarico e da impianti termici, da impianti elettrici e da processi industriali, nonché le altre forme di energia recuperabile in processi, in impianti e in prodotti ivi compresi i risparmi di energia conseguibili nella climatizzazione e nella illuminazione di edifici con interventi sull'involucro edilizio e sugli impianti "

La delibera CIP 29/4/1992 a sua volta interpreta il testo di legge nel modo seguente:

" Si considerano nel seguito tre classi di impianti.
.....................
b) alimentasi da fonti assimilate o quelle rinnovabili: quelli di cogenerazione intesa come produzione combinata di     energia elettrica e di calore quelli che utilizzano calore di risulta, fumi di scarico ed altre forme di energia recuperabile in processi ed impianti, nonché quelli che utilizzano gli scarti di lavorazione e/o processi e quelli che utilizzano fonti fossili prodotte esclusivamente da giacimenti minori isolati;
......................

Si tenga presente ai fini della discussione anche le categorie di impianti che sono identificate nei D.M. 2519/1992 nel seguente modo:

A) Impianti che utilizzano fonti rinnovabili propriamente dette; impianti alimentati da fonti assimilate con potenza elettrica fino o 10.000 kw.
B) Impianti atti ad utilizzare carbone o gas prodotto dallo gassificazione di qualunque combustibile 0 residuo impianti destinati esclusivamente a funzionamenti di emergenza.
C) Impianti maggiori di 10.000 kw che utilizzano combustibili di processo o residui non altrimenti utilizzabili sia per ragioni tecniche che economiche, con impiego di combustibili fossili nella quantità strettamente indispensabile all' utilizzo degli stessi combustibili di processo o residui, impianti che utilizzano fonti fossili esclusivamente da giacimenti minori isolati.
D) Altri impianti maggiori di 10.000 kw, ordinati in funzione dell'indice energetico. di cui al provvedimento Cip n°6 del 1992 titolo I e successive modificazioni.
..............................


CAPITOLO 2
  I1 Teleriscaldamento  

2.1-Alcune osservazioni sul teleriscaldamento correlate alle proposte di costruzione delle centrali di Jesi e di Falconara.
 

A1 fine di chiarire il significato concreto dei riferimenti fatti alla questione del Teleriscaldamento si possono esaminare le esperienze di teleriscaldamento e di cogenerazione intesa in senso proprio in atto in Italia e anche i risultati di alcuni studi in proposito.
Le esperienze che esamineremo per sommi capi sono quelle delle seguenti località:

-Brescia, che ha una rete cittadina di distribuzione della energia termica, con scambiatori di calore negli edifici allacciati a tale rete. Ogni edificio ha due scambiatori, uno per assicurare l'acqua calda durante tutto l'anno, l'altro per assicurare il riscaldamento. Ogni scambiatore ha un contatore di energia termica assorbita dall'utenza che consiste nella misura della portata dell'acqua del circuito primario dello scambiatore e delle temperature di ingresso e uscita a tale circuito.
La centrale elettrica ha una potenza elettrica complessiva attorno a 100 MW. Ai fini di coprire le punte di assorbimento di calore senza variare eccessivamente la temperatura con cui si alimenta la rete (altrimenti si degrada il rendimento elettrico) esiste una centrale termica pura che viene manovrata per equilibrare i carichi elettrici e i carichi termici.
L'energia termica serve una città come quella di Brescia che ha una dimensione non marginale (la città ha 200.000 abitanti in cifra tonda) e serve anche il tessuto industriale e commerciale a costi estremamente competitivi rispetto alle tecniche di generazione di calore
La rete di distribuzione dell'energia termica, realizzata più di venti anni fa, è stata una parte di investimento del tutto confrontabile con il costo delle centrali Gli investimenti sono stati realizzati in tempi di basso costo del denaro con un fortissimo intervento pubblico (prestito I.M.I. a basso tasso d'interesse) attorno a 100 miliardi dell'epoca.

Reggio nell'Emilia. La centrale Rete 2 ha una potenza elettrica di 15 MW e la rete di distribuzione dell'energia termica e assai più limitata non solo perché tutta la popolazione è circa la meta di quella di Brescia, ma anche perché viene servita solo una parte percentualmente piuttosto bassa della popolazione stessa.

-Mantova. La situazione è del tutto simile a quella di Reggio nell'Emilia: la popolazione e la metà di quella di Reggio nell'Emilia e un quarto di quella di Brescia.

Da questa situazione si rileva che una potenza elettrica al di là di 100 MW produce una quantità di energia termica che è utilizzabile in un reale progetto di cogenerazione per comprensori al di là di 200.000 abitanti. Inoltre gli investimenti a Brescia, Reggio nell'Emilia, Mantova, fatti per costruire la rete di distribuzione costarono poco allora in regime di bassi tassi di interesse e di disponibilità finanziarie da parte degli Enti locali. Oggi configurano costi molto elevati che coloro che presentano progetti di "cogenerazione" non contemplano nei piani finanziari. Quando, come accennato più oltre, nel caso di centrali con potenza al di là di 100 MWe, tali costi di allacciamento e dell'energia termica distribuita e costi di fornitura, sono stati indicati, si hanno dati che sono superiori di un fattore 3 o 4 rispetto ai costi di qualunque altra fonte di energia termica. Tali costi sono del tutto antieconomici e certamente non esiste meccanismo finanziario che li giustifichi, meno che mai se si trattasse di denaro pubblico.
Gli studi a cui si è accennato all'inizio sono stati seguiti nel caso della città di Ostia dal Prof. Giorgio Cortellessa per verificare l'utilizzo dell'energia termica delle centrali di Civitavecchia, o di Montalto di Castro o di Tor Valdaliga. Tale studio, sulla base di casi ben noti sul piano internazionale, dimostra che anche nel caso di un'area come quella di Ostia che eccede 200.000 abitanti con punte nella stagione turistica ben al di la di tale valore e tenendo conto che una dorsale che provenga dalla vasta area energetica sopraindicata servirebbe anche tutti i Comuni della costa, Civitavecchia inclusa, il sistema è antieconomico. Ciò non perché ci siano fenomeni di raffreddamento nella trasmissione a distanza dei flussi termici: è provato che la diminuzione di temperatura di acqua calda addotta con grandi tubazioni semplicemente termicamente isolate dalla stessa terra in cui sono poste e percentualmente minima anche a 100 chilometri di distanza, ma perché il rapporto tra calore distribuito e potenza elettrica, anche se ci si basa su una sola delle centrali del comprensorio è troppo basso. Si conferma che se si utilizza anche il 20 percento del calore prodotto i costi sono ancora molto superiori ai benefici e per andare vicini al 90 percento di Brescia occorrono forti carichi termici e basse potenze elettriche delle centrali.
Un altro studio e quello di Comunanza in cui il Consorzio che vuole installare la centrale si trova nella situazione che segue. La centrale è ubicata al di fuori dell'abitato in una zona di Comuni tutti ben al disotto di 5.000 abitanti, distanti chilometri l'uno dall'altro e in zona ai margini dei monti Sibillini, quindi a metà tra la collina e la montagna. Secondo le notizie fornite localmente i costi di allacciamento di un eventuale teleriscaldamento e le tariffe di fornitura dell'energia termica sono enormemente elevati rispetto ai costi correnti di utilizzo di altre fonti termiche.
L'insieme di queste considerazioni si può applicare al caso delle centrali di Jesi e di Falconara.
La città di Jesi e la città di Falconara hanno tra 30.000 e 40.000 abitanti e quindi, viste le considerazioni precedenti, configurano una totale antieconomicità del teleriscaldamento. Infatti la potenza elettrica delle centrali che si richiede di costruire eccede quella utilizzata a Brescia per il teleriscaldamento e quindi richiederebbe un comprensorio con ben più di duecentomila abitanti. Inoltre i costi di costruzione della rete di distribuzione dell'energia termica non possono certamente essere sopportati, nella attuale congiuntura di restrizioni di bilancio, da alcun Ente Locale. Le tariffe di distribuzione dell'energia termica (vedasi citazione del caso Comunanza) dovrebbero essere a "prezzo politico" perché in condizioni di mercato sarebbero totalmente inaccettabili.
Se si volesse includere la città di Ancona con i suoi centomila abitanti ci si troverebbe comunque di fronte a serissimi problemi di costruzione della rete, con costi poco accettabili e con la pratica impossibilita, in ogni caso, di rendere l'intera operazione economica.