da ALTEconomia Numero 26 - marzo 2002
Nuove
centrali, il grande affare del rischio black out
di Pietro Raitano
La California non è mai stata così vicina. Tre anni o anche meno per qualcuno. L'anno scorso, da metà gennaio e per sei settimane, i californiani avevano dovuto fare i conti con interruzioni programmate di elettricità: ore al buio per far fronte alla scarsità di energia. La mancanza di pioggia aveva fermato numerosi impianti idroelettrici, rendendo insufficiente la produzione di energia di fronte a consumi sempre più elevati.
Ora arriva in Italia il grido di allarme: anche noi in poco tempo (tre anni o anche meno) potremmo ritrovarci in una situazione analoga. I maggiori organismi che si occupano di energia nel Paese -l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, il Gestore della rete (l'ente che coordina la fornitura di energia elettrica sul territorio nazionale), il ministero delle Attività produttive- segnalano gravi mancanze nella capacità produttiva italiana. Insomma, in Italia si consuma troppo, si produce poco e siamo costretti a importare energia dall'estero. Sarà vero?
Una data incriminata: l'11 dicembre. In pieno delirio pre-natalizio, alle 5 del pomeriggio abbiamo rischiato di rimanere al buio: in quel momento abbiamo consumato 52 mila megawatt. Le centrali italiane erogano in teoria una potenza netta di 77.600 megawatt, che diventano 55 mila se teniamo conto degli impianti chiusi, fermi per manutenzione o legati a condizioni particolari (ad esempio l'abbondanza o meno di acqua per le centrali idroelettriche). Quindi siamo al limite. In più nei prossimi 4 anni dovrebbero chiudere 28 centrali, 4 mila megawatt di potenza che se ne vanno. Se i consumi continuano a salire -dicono- la soluzione è una sola: costruire nuove centrali elettriche.
Questo è un primo punto di vista.
Prendiamone un altro. La liberalizzazione dell'energia elettrica (vedi AltrEconomia n. 15) ha rotto il monopolio dell'Enel (cioè dello Stato) aprendo le porte del mercato ai privati. Che non si fanno scappare l'occasione: le nuove tecnologie in fatto di centrali permettono un rapido recupero dei costi, ottimi rendimenti, più efficienza e velocità nell'erogare energia, meno dipendenti. La domanda in continuo aumento rende il mercato molto appetibile. Tra il 2000 e il 2001 c'è stata una crescita del fabbisogno di elettricità del 2,6%, e tra il 1999 e il 2000 era stata del 4,5%. Solo la produzione industriale ha segnato un più 10% nei consumi. I protagonisti di questa corsa all'oro si contano sulle dita delle mani: in testa a tutti il gruppo Fiat, che nell'ultimo anno ha posto le basi per diventare il secondo operatore in Italia, dietro solo all'Enel.
Risultato: sono 646 le richieste di aziende che vogliono connettere un nuovo impianto alla rete nazionale pervenute al Gestore. Così la potenza installata del Paese balzerebbe dagli attuali 77 mila a 189 mila megawatt. Ma la realtà è che uno stesso operatore fa numerose richieste di allacciamento, per studiare la più conveniente.
Allora facciamo due conti. Per essere costruiti, i nuovi impianti di produzione energetica hanno anche bisogno dell'autorizzazione del ministero dell'Ambiente, che sul progetto di centrale fa una Valutazione di impatto ambientale (Via). La procedura di Via ha un costo per l'azienda che la richiede: la sua attivazione è un buon indicatore (anche se non definitivo) della volontà di costruire nuovi impianti.
Contando le valutazioni favorevoli del ministero dell'Ambiente e le previsioni del Gestore, entro 4 anni dovrebbero entrare nel sistema energetico nazionale almeno altre 26 tra centrali elettriche e nuove unità di centrali già esistenti, per un'iniezione di potenza da 8.300 megawatt. Il che equivale al fabbisogno (massimo: tutti gli elettrodomestici accesi) di oltre 2 milioni di famiglie. E senza tenere conto del fatto che ogni anno importiamo quasi 50 mila gigawattora dall'estero (un sesto del fabbisogno, l'energia d'oltre confine costa meno). Basta a scongiurare il pericolo black out? Non secondo il ministero delle Attività produttive, che il 1° febbraio ha emanato un decreto "sblocca centrali" che velocizza i tempi per l'autorizzazione a costruire nuovi impianti, con grande soddisfazione dei produttori privati.
In questa faccenda c'è un ultimo punto di vista. È quello di migliaia di cittadini e delle associazioni ambientaliste, che invocano una razionalizzazione dei consumi e l'eliminazione degli sprechi. Ma soprattutto non vogliono il proliferare di nuove centrali e si oppongono alla loro realizzazione. Quel che spaventa è l'inquinamento. È vero che le nuove centrali (chiamate "a ciclo combinato") hanno maggiori rendimenti e permettono meno emissioni. Ma l'impatto ambientale rimane alto. Un impianto da 1.000 megawatt produce tanto biossido di carbonio quanto 20 mila auto, in moto 24 ore su 24 con l'acceleratore pigiato al massimo. In un'ora una centrale da 350 megawatt consuma 40 mila metri cubi di metano: un appartamento ne utilizza per il riscaldamento 3 mila in un anno. Senza contare l'emissione di ossidi di azoto che portano le piogge acide, il calore diffuso nell'ambiente circostante e la presenza di colossi industriali a pochi metri dai centri abitati. Un esempio: la centrale di San Severo, in provincia di Foggia. Un impianto da 400 megawatt, sufficiente a soddisfare i consumi di 400 mila persone. Il comune fa 50 mila abitanti, e nella provincia sono allo studio altri 7 impianti per un totale di 4 mila megawatt: un'automobile in più ogni 2 persone.
Eppure delle oltre 640 richieste di allacciamento alla rete elettrica, l'85% riguarda potenze erogate da centrali termiche, che utilizzano combustibili fossili. Solo il 15% è rappresentato da impianti a fonte rinnovabile, che di fatto sono esclusi anche dal decreto "sblocca centrali". Lo denuncia l'Aper, Associazioni di produttori di energia da fonte rinnovabile: il provvedimento si applica solo a impianti da oltre 300 megawatt, potenza che le centrali ecologiche non sono in grado di raggiungere (e servono anche una quarantina di autorizzazioni: una gestazione che dura in media 4 anni).
I 141 nuovi impianti per i quali il ministero dell'Ambiente ha iniziato gli studi per la Via sono tutti a combustibile fossile, per un totale 88 mila megawatt.
Secondo uno studio dell'istituto di ricerche Ref.Irs di Milano, il rischio è che la presunta scarsità dei prossimi anni possa portare dal 2004 ad avere troppe centrali, con il prezzo dell'energia in diminuzione ed elettricità in abbondanza per tutti.
Basterà trovare un elettrodomestico che pulisca l'aria che respiriamo.
Cara bolletta. chi decide il prezzo?
Chi stabilisce quanto pagare in bolletta? Le tariffe
dell'elettricità per i clienti "domestici" (cioè
famiglie e piccole aziende) non dipendono dal mercato e dall'incontro
domanda-offerta. Sono stabilite (per legge) dall'Autorità per
l'energia elettrica e il gas, che le aggiorna ogni due
mesi.
Per fissare il prezzo il principio è quello di ricondurlo al costo potenziale che le imprese sostengono per produrre elettricità. La componente più importante di questa stima è costituita da un paniere di combustibili, quelli utilizzati per alimentare le centrali termo elettriche, fra i quali spiccano petrolio e metano. L'Autorità prende in considerazione i prezzi dei combustibili per gli ultimi 5 mesi, tranne l'ultimo: un modo per attenuare l'effetto di improvvisi aumenti dei costi (come quello del petrolio, impennato a inizio 2001). Per il resto la tariffa è fissata tenendo conto dei costi di trasporto dell'energia e dei costi commerciali e per i servizi fatti dalle aziende che operano nel settore. Alla fine il prezzo si compone di un corrispettivo fisso, indipendente dall'energia consumata ma fissato sul numero di clienti, un corrispettivo di potenza, anch'esso indipendente dai consumi ma relativo alla potenza disponibile in casa (di solito si tratta di 3 chilowattora), e un corrispettivo di energia, che dipende dall'elettricità erogata.
Lo scorso bimestre abbiamo pagato 11,83 centesimi di euro ogni chilowattora consumato, il 3,8% in più rispetto a un anno fa. Dal 1996 la tariffa è aumentata del 6%, incrementi dovuti essenzialmente al prezzo dei combustibili, al cui aumento si è risposto diminuendo le tariffe di base.
Nomi elettrici: l'attivismo della
Fiat
Costruire nuove centrali o nuove unità di centrali già
esistenti costa circa mezzo milione di euro a megawatt (MW),
rimodernare i vecchi impianti per migliorarne il rendimento e
limitarne le emissioni a norma di legge costa la metà. Gli
investimenti si recuperano in 5/7 anni, poi si inizia a
guadagnare.
Nell'affare dell'energia elettrica privata di sono buttati per ora pochi operatori, ma è il gruppo Fiat a distinguersi nella corsa alle quote di un mercato molto promettente. Attraverso il consorzio Italenergia spa (di cui fanno parte anche i francesi di Edf, la Banca di Roma, San Paolo-Imi e Banca Intesa-Bci) ha ottenuto il controllo di Montedison, e quindi a cascata di Edison spa e di Sondel spa, gli altri grandi operatori dell'elettricità in Italia.
Entro il 2006 Italenergia dovrebbe mettere in funzione 12 nuove unità produttive per 3.782 MW di potenza. Ma i progetti di nuovi impianti sono molti di più, almeno 29. Se dovessero andare tutti in porto, Fiat si ritroverebbe a essere (con oltre 17 mila MW di nuova potenza installata) diretta concorrente di Enel, dalla quale è anche intenzionata ad acquistare la seconda (e più grande) delle Genco (Eurogen, 7 mila MW), insieme di centrali che per legge Enel deve vendere per non rimanere un monopolio .
Ecco i progetti in cantiere:
- attraverso le società Fiat Energia spa, Fiat Avio spa, Fiat Auto spa e Iveco spa ha presentato 14 progetti di nuovi impianti per un totale di 6.862 MW, al momento tutti alla studio di Via.
- attraverso le controllate Sondel spa (che a sua volta controlla Sitel spa), ha in cantiere 9 progetti per 7.215 MW. Hanno già ottenuto parere favorevole dal ministero dell'Ambiente 4 impianti: Milazzo (ME), 365 MW, Altomonte (CS), 800 MW, Orta di Atella (CE), 950 MW, Simeri Crichi (CZ), 800 MW.
- Attraverso Edison spa e Edison Termoelettrica spa ha dato il via a 6 progetti per 2.950 MW. Due di questi &endash;a Settimo Torinese (TO), 250 MW, e a Candela (FG), 380 MW- hanno ottenuto parere favorevole dal ministero dell'Ambiente.
Energie contro: i comitati d'Italia
Ecco un elenco di alcuni comitati con le centrali cui si
oppongono:
- comitato "No alle centrali" dell'Agro aversano (CE): contro gli impianti di Casaluce (termoelettrica da 760 MW dell'Ansaldo, è allo studio per la Via), Teverola (ciclo combinato da 400 MW, della Set srl) e di Orta di Atella (ciclo combinato da 950 MW, della Sitel spa), che hanno ottenuto parere positivo alla Via (http://utenti.quipo.it/casaluce/)
- contro la centrale di San Severo (FG): termoelettrica da 400 MW progettata dalla Mirant Italia. Ha superato la Via (info sul sito utenti.tripod.it/wwf_fg/)
- contro la centrale di Corbetta (MI): impianto da 400 MW, della Business Solutions spa, allo studio della Via (info comitatoterritoriale.interfree.it/)
- contro la centrale a turbogas di Brescello (RE): 770 MW, Ansaldo, allo studio per la Via
- contro la centrale di Flumeri (AV): centrale termoelettrica da 400 MW, della Fiat Energia, in istruttoria alla Via
- contro la centrale di Piossasco (TO): termoelettrica da 422 MW, Fiat Energia, in istruttoria alla Via
- Legambiente contro le centrali della provincia di Pavia: sono i progetti per Casei Gerola (760 MW, della Edison termoelettrica, in istruttoria alla Via), Voghera (400 MW, della Foster Wheeler, positiva alla Via) e Sannazzaro de Burgondi (1030 MW, dell'Agip Petroli, positiva alla Via)
- contro la centrale di Modugno (BA): termoelettrica da 400 MW della Fiat Energia, allo studio per la Via
- comitato per il no alla centrale di Altomonte (CS): termoelettrica da 800 MW, della Sondel spa, ha ottenuto parere positivo alla Via
- contro la centrale di Gazzo Veronese (VR): impianto turbo gas da 800 MW della Eurosea srl, allo studio per la Via
- comitato contro la centrale di Nazzano (MS): impianto da 250 MW, della Italcementi spa, allo studio per la Via.
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