GIANCARLO LENSI

 

 

 

 

I PROMESSI SPOSI

di Alessandro Manzoni

 

 


Saranno sposi quelle 'anime pìe'
contro soprusi, peste ed angherie?
a pro di loro, sola una speranza:
la man della Divina Provvidenza….


***


Stavano in due a capo del sentiero
che don Abbondio percorreva ansando,
con un inchin si tolsero il cimiero
e dissero con aria di comando:
"quel matrimonio non va celebrato,
non è cosa da fare oggi né domani,
uom' 'e rispetto ve ne fa informato
e, minchia!, vuole essere ascoltato.....
Capì bene vossìa? Bacio le mani....
"
La prima reazione del prelato
fu di sgomento ché quei 'due cristiani'
avrebbero preteso spiegazioni
del perché, del percome, come mai...
e lui, nel mezzo a questo gran casotto....
tanto per cominciar... si caò sotto!!!
Quei 'due cristiani', pronti per l'altare
eran Renzo e Lucia che da mesi
facean progetti - solo col parlare,
com'era costumanza nei paesi -.
Il rifiuto del prete ad officiare
fece incazzare Renzo a dismisura;
propose Agnese allora di cercare
un sostegno 'legale' addirittura
da Azzeccagarbugli, luminare;
recandogli in omaggio dei capponi,
Renzo spiegò le fasi dell'intrigo
ma, quando disse il nome 'don Rodrigo',
lo cacciò fuori, quasi a gollettoni.
Fra Cristoforo, frate e confessore,
s'indigna contro 'sta soperchieria
"andrò io stesso presso quel 'signore'
per implorarlo; a me, figliola mia,
ed al mio sajo porterà rispetto!
"
Povero frate, ohimé!, quale illusione!!
non tollerando alcuna intromissione
l'arrogante Rodrigo il frate scaccia
"verrà un giorno....." Cristoforo minaccia.
Agnese suggerisce un marchingegno:
coi testimoni s'entra all'improvviso
dicon gli sposi due frasi di rito:
"questa è mia moglie, questo è mio marito"
il prevosto non può che far buon viso
pur se dentro di sé cova lo sdegno;
ma don Abbondio non si fa fregare
non appena li vede a sé davanti
le campane a martello fa suonare
spaventa nel paese tutti quanti!!
Tristo, Rodrigo, che oramai non molla,
ordina di rapire la fanciulla;
entrano nella casa di nascosto,
s'acquattano, però non c'è Lucia...
qualcuno dà l'allarme - un gran trambusto -
per cui da casa devon fuggir via.
Fra Cristoforo allora li consiglia:
a scanso di vendette e ritorsioni
Renzo viene spedito, su, a Milano;
anche Lucia è meglio che abbandoni:
andrà in un convento, più lontano;
parte dai luoghi cari ov'essa nacque
"Addio monti sorgenti dalle acque..."
Al convento di Monza indirizzata
a suor Gertrude vien raccomandata;
suora, ma per paterna imposizione,
di controvoglia, senza vocazione,
aveva avuto grande debolezza:
l'aveva data a un certo Egidio, infame,
che poi la ricattava una bellezza
per non fare scoprir ch'era un tegame..
Comunque sia, nel chiuso del convento
Lucia restava alla sua protezione
ed il suo cuore, pur se non contento,
batteva con minor trepidazione.
Giunto a Milano Renzo Tramaglino,
senza saper nemmeno dove andava,
si ritrovò nel mezzo a un gran casino:
i cittadini s'erano incazzati,
prezzi alle stelle, pane che mancava,
c'era la carestia ed affamati
assaltavano i forni per il pane.
Nel gran trambusto si trovò invischiato
ma, visto come stava la faccenda,
si trovò con il popolo schierato
a chiedere giustizia, si, tremenda!
ma la 'Giustizia', quella del 'Potere'
lo beccò come fosse un delinquente,
lo mise in mezzo, contro il suo volere,
ma lui implorando fece che la gente
gli si stringesse intorno, spintonando,
tanto che ai birri lo sottrasse e ...via!
giù verso l'Adda, in cuore suo pensando:
"l'ho scampata di nidìo, mamma mia!!!"
(era certo scampato dalla forca
ma la fedina ce l'aveva sporca
perché lassù a Milano la questura
spiccato avea 'mandato di cattura');
di là dal fiume gli va meglio ancora
in patria di S. Marco - veneziano -
Bortolo, suo cugino, ci lavora
e sistema anche lui, da buon cristiano.
Cugino Attilio va dal Conte zio
e a modo suo ne informa quel borioso
"quand'è così, va ben, ci penso io..";
chiede che il Superiore - rispettoso -
fra Cristoforo gli levi dalle palle;
in men che non si dica è presto fatto:
a Rimini, col sacco sulle spalle
povero frate, obbedisce e zitto!
Il Griso riferisce che Lucia
è nel convento di Gertrude a Monza;
Rodrigo, furibondo alla follia
tenta l'ultima carta: pensa e ponza
chiede che la ragazza sia rapita
a un tale, Innominato, gran fetente,
un pezzo da novanta in malavita,
fra tutti i senzalegge il più potente.
Questi promette che farà il favore
(in cambio d'altri già da lui ottenuti);
si serve dell'Egidio, il trombatore
di suor Gertrude e fa che lei l'aiuti;
ella infatti convince la ragazza
ad uscir di nascosto dal convento,
fuori ci sono i bravi e la carrozza,
ce la spingono dentro in un momento
ed al castello dell'Innominato
la portano di forza e difilato;
di fronte a lui, è terrorizzata,
altro però non può se non pregare
e lo implora, pur se spaventata,
"sa quante cose Dio può perdonare
per un'opera di misericordia!
"
E qualcosa nell'animo si desta,
comincia a poco a poco a maturare,
decide intanto di non consegnare
la preda a chi l'aveva a lui richiesta,
la tiene nel castello -e lì pernotta-
dove Lucia, in preda alla paura,
fa voto di restar per sempre intatta
pur di passare indenne l'avventura.
Ma l'animo del tristo è nel tormento,
pens'anche al suicidio, addirittura!
si fa strada nell'uomo il pentimento....
quella misericordia, già invocata
dalla rapita dentro il suo castello,
nell'arido suo cuore gli era entrata
e non gli dava pace nel cervello;
decide d'incontrare il Cardinale:
quale felicità, per lui, vederlo!
la Provvidenza aveva vinto il male!
pianse con lui, felice d'abbracciarlo!
Al Cardinale disse di Lucia,
subito don Abbondio fu chiamato
"vada con questo amico al suo castello,
la giovine che c'è si porti via
"
la cosa lasciò Abbondio spaventato:
fare un viaggio solo, insieme a quello..
titubò, balbettò, divenne rosso..
e un'altra volta se la fece addosso.
Al Cardinale che lo cicchettava
per non aver sposato que' figlioli:
-"che senza il vostro appoggio, erano soli!!"-
"era della mia vita che ne andava!!".
lui ripeteva, per giustificare:
"chi 'l coraggio non l'ha non lo può dare....."
A Milano Lucia fu collocata
presso donna Prassede e Don Ferrante
in attesa d'un'altra sistemata
che col tempo verrebbe certamente;
lei era autoritaria ed esigente,
lui, studioso, non certo un ignorante,
ognuno nel suo campo d'influenza
volea le cose viste a modo proprio,
ma l'accettaron con benevolenza.
Finite le riserve d'alimenti
che coi tumulti s'eran liberate,
la carestia rimise nei tormenti
tutte le genti, sempre più affamate;
s'aggiunga a questo -ch'era già bastante-
di Ferdinando i militi invasori
che al lor passaggio non lasciavan niente
saccheggiando e spogliando i territori;
la paura spingeva gli abitanti
a sfollar verso luoghi più sicuri:
insieme a don Abbondio furon tanti
a rifugiarsi dentro quel castello,
già ritrovo di tutti quei ...figuri,
dove il capo - pentito - or era quello
che più rassicurava - addirittura!!!
La soldataglia nel passar devasta
non trovando più niente da rubare;
ai contadini ormai altro non resta
ch'aver la forza di ricominciare;
ma la fine del peggio non c'é mai:
nel passare, i soldati han seminato
la malattia, peggior di tutti i guai;
con la peste hanno molti contagiato
in breve tempo il male si propaga;
per incredulità, per ignoranza,
senza cure s'allarga questa piaga.
Pur ricevendo allarmi, resta vaga
l'Autorità, dimostra l'insipienza
traccheggiando, negando l'esistenza
fino a punir chiunque ne parlasse
per evitar che il popolo allarmasse;
ma la faccenda diventò evidente
e allora si accettò, cautamente;
nel popolo però si fece strada
il sospetto che alcun la diffondesse
ritenendo che col veleno ungesse
porte, vestiti, sì che si ammalasse
sempre più gente. E qualcuno, infatti,
ci speculava senza alcun ritegno:
portando via cadaveri a decine
ne saccheggiava averi, le cantine...
questi sciacalli erano i monatti.
Don Rodrigo, che avverte un gran tormento,
manda il Griso, in tutta segretezza,
a chiamare un dottore: tradimento!
lo consegna ai monatti "al Lazzeretto!"
gli saccheggia la casa, ogni ricchezza,
ma il bottino e la strada sono brevi,
si sente male, oramai infettato,
con la stessa moneta è ripagato.
Forte di fibra, Renzo pur s'appesta,
ma riesce a cavarsela da solo;
non appena guarito, nella testa
il saper di Lucia non gli da pace
la va a cercare, povero figliolo,
ma al paese non trova alcun capace
d'informarlo a dovere: "è a Milano!"
gli dicono e lui parte, disperato
(la peste già l'ha avuta, è vaccinato);
al lazzeretto arriva coi monatti
per sfuggir della gente dal furore
che l'ha accusato d'essere un untore;
ma, nel cercare lei, trova il buon frate
Cristoforo, da Rimini tornato,
che fra i malati fa l'apostolato;
per placar la sua sete di vendetta
contro chi li ha costretti a tante pene
gli mostra don Rodrigo, lì che aspetta
morte vicina: gli fa perdonare
"ama e perdona, sarai perdonato
se tu perdoni il male avrai del bene
"
Renzo trova Lucia: è già guarita
ma le parole sue non gli fan bene;
al sentire del voto, ch'è finita,
va fuor di sé, ritorna con il frate
che la libera da quel sacro impegno
preso per la paura. "Ed ora andate,
siate felici come meritate,
e ricordate di me nell'orazione
"
A risanare i mali..... l'acquazzone!!!!
si può ricominciare a nuova vita;
Abbondio (più tranquillo nel sapere
che don Rodrigo è morto) li marita,
vendono ad un buon prezzo il lor podere,
comprano un filatoio nel bergamasco,
fioriscon negli affari con giudizio,
s'arricchiscon di tanti bei figlioli
com'era desiderio dall'inizio
di questa storia a nostra conoscenza,
giusto i disegni della Provvidenza!!

 

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