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Ogni
paese ha le sue storie, tutte uguali, tutte
diverse. Ogni paese ha i suoi personaggi, tutti
uguali, tutti diversi. In ogni paese ci sono quei
luoghi specialissimi che sono i bar dove si va a
scambiare quattro chiacchiere, quando il tempo del
lavoro lo permette e si prende la consumazione come
si prenderebbe un biglietto a teatro, perché
lì si rappresenta ogni giorno l'infinito
talk-show della vita.
C'è
il brindisi per il neonato, la bevuta sul morto, la
battuta sulle notizie più clamorose del
giorno, il bisbiglio sulle corna e gli amori
casalinghi, il lungo interminabile racconto dello
sport, la disputa politica e l'amministrazione;
qualche volta anche dei massimi sistemi e, senza
saperlo, si fa filosofia. Infine, a contorno
speciale, può accadere di intercettare la
storia impossibile del personaggio straordinario,
di quello che ogni bar vorrebbe avere,
perché quando entra e si bagna l'ugola e si
crea il clima giusto, tutti gli avventori gli si
radunano intorno e gli danno la voce e lo portano
con una battuta, una frase, un accenno lì
dove lui, che sembra sulle prime riluttante, vuole
in realtà andare: e cioè al racconto
immaginifico e meraviglioso di se stesso e della
sua avventura umana. È lo spazio dei
rodomanti, degli spacconi, dei prigionieri del
sogno, degli eterni bambini, di quelli che col
motorino vanno più forte che con la Ferrari,
di quelli che sono stati nei posti dove nevica
mentre c'è il sole, di quelli che hanno
scritto la storia coi grandi della terra, di quelli
che da soli hanno vinto la guerra, di quelli che
hanno la ricetta magica della salsiccia più
buona del mondo e non ne cedono i diritti anche se
sono dei morti di fame, di quelli che hanno
inventato la televisione trent'anni prima, di
quelli che per loro vincere l'Olimpiade sarebbe
stato un gioco, ma quel giorno avevano altro da
fare e sono contenti così perché
hanno lasciato la medaglia ad un caro amico che in
allenamento battevano sempre.
Piero
Pasquini ha sentito qualcuna di queste storie e si
è innamorato della cosa. Ha deciso di non
lasciarne perdere la memoria (ora che la
società è cambiata, che la sera si
esce meno e si lasciano i bar vuoti) e ne ha
raccolte un centinaio, nel timore che la storia non
si ripeta più ciclicamente, come è
avvenuto finora, e che il tutto sia da archiviare
sotto la voce del tempo irrimediabilmente perduto.
Non sarà così, perché la
categoria dei racconta-balle è un tipo
ideale ed eterno che attiene alla natura umana la
quale, se non cambierà la programmazione,
rimarrà più o meno uguale a quella
che è sempre stata da Adamo ed Eva in
avanti.
Tuttavia,
Piero ha fatto bene a fermare il tempo,
perché ciò sarà gradito ai
saviglianesi di oggi e farà loro rivivere
quelle sensazioni del passato che generano negli
uomini il più dolce desi sentimenti,
cioè la nostalgia. Naturalmente, tutto
poteva essere presentato in forma di racconto
poetico e arricchito dalla fantasia e dal
sentimento dell'autore; il ché non è
per il semplice motivo che non dico i Boccaccio, ma
neanche i Piero Chiara o i Meneghello nascono per
norma in tutte le città d'Italia. Piero
Pasquini, infatti, non è un poeta, ma un
osservatore volenteroso ed entusiasta. Il suo vero
elemento espressivo è la macchina
fotografica e non quella da scrivere. Lui fissa
semplicemente le cose e, mentre con la fotografia
trae degli spicchi di atmosfera intensa e di per
sè poetica, qui le cose non parlano da sole,
ma solo attraverso la memoria di chi
leggerà.
Questo
elenco, o per meglio dire, questa rassegna di
momenti vissuti aggiungerà un tassello alla
comprensione di che cos'è un paese, quando
è ancora umano. E domani, se nascerà
da queste parti un Piero Chiara, avrà
già materia belle e pronta per insufflarvi
il vento della poesia e farne il poema dell'incanto
e del sorriso.
Sergio
Soave
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