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Rievocate
la figura e l'opera dello scrittore saviglianese ad
un anno dalla scomparsa
BACCOLO,
MEMORIA E SENTIMENTO
Il filo
della memoria e le corde del sentimento hanno fatto
da «filo conduttore» alla giornata che
l'Assessorato alla cultura di Savigliano, tramite
la Biblioteca civica, ha dedicato sabato al
compianto Luigi Bàccolo, in un incontro tra
amici, studiosi, letterati e bibliofili presso il
salone d'onore del Palazzo Taffini d'Acceglio. Un
incontro amichevole e piacevole che, al di fuori di
tutti quei formalismi che caratterizzano tali
commemorazioni, ha coinvolto un po' tutti in un
ricordo quasi commovente della figura dell'illustre
saviglianese scomparso lo scorso anno.
La
qualità e la scientificità degli
interventi si sono quasi immediatamente confrontate
ed uniformate al taglio amichevole, quasi
sussurrato, che tutti i relatori hanno voluto
imporre. Per Piero Biannucci, Lionello Sozzi,
Stefano Jacomuzzi, Beppe Trucco e Piero Camilla -i
cinque relatori che hanno animato la
commemorazione- non si è trattato di parlare
di Bàccolo, di «Gino», come tutti
lo hanno confidenzialmente ricordato,
esclusivamente come scrittore, bensì di
Bàccolo scrittore e, prima ancora, amico.
Per questo motivo il clima, che qualcuno poteva
forse immaginare distaccato e freddo, si è
immediatamente e sensibilmente animato,
trasformando una giornata ufficiale -è stata
voluta dal Comune fors'anche per far dimenticare la
pesante assenza di un anno fa- in una giornata
commovente e piena di ricordi.
Il
«personale», soprattutto, ha coinvolto i
cinque oratori: per quelle vicissitudini che li
hanno visti vicini a Bàccolo e per quel tipo
di rapporto che «Gino» sapeva
immediatamente instaurare e che coinvolgeva
immancabilmente ed indistintamente letteratura ed
amicizia, racconto e letteratura.
Lo
spirito del saggista ha aleggiato, con la sua
presenza qualificante, per le tre ore della
commemorazione. In quel momento la «sua»
Savigliano, quella che era «l'ombelico
dell'universo» e che gli si confidava
«attraverso le pietre ed i selciati»,
è risuonata tra gli affreschi del salone
dipinto da Giovanni Antonio Molineri ed è
diventata quasi una trama che ha collegato, in modo
sottile ed inequivocabile, i cinque interventi. Una
Savigliano che Gino Bàccolo non ha mai
dimenticato ed alla quale ha dedicato -talvolta
velatamente e talvolta espressamente- buona parte
della sua esistenza. Il suo attaccamento alla
città è cresciuto in modo
direttamente proporzionale alle distanze della sua
lontananza ed al tempo della sua lontananza.
Per
questi motivi Bàccolo tornava a Savigliano
ogni qualvolta gli fosse possibile: non mancava di
ricordare, con lucidità e forte sentimento,
gli anni della sua gioventù, le sue
passioni, le sue amicizie, il periodo del Consiglio
comunale, la sua cara mamma, le lunghe passeggiate
a piedi ed i suoi pomeridiani giri sull'Anglia
bianca. Era tutto un mondo che si consumava tra
mura amiche, che viveva in funzione di tutto
ciò che -formalmente conosciuto-
quotidianamente creava i presupposti per una
felicità rassicurante, fatta di tante
piccole cose delle quali nulla era da temere.
Tanto
Bàccolo amava Savigliano da riferire
all'amico Piero Bianucci -forse nell'ultima
telefonata prima di morire e nella speranza che lo
stesso se ne sarebbe fatto portavoce- che avrebbe
desiderato che la sua città, nel ricordarlo
pubblicamente, gli avesse offerto il modesto
omaggio della denominazione di una via, o anche
soltanto di un vicoletto.
E
Bianucci, fortemente sul filo della memoria, ha
ricordato il Bàccolo ch'egli aveva
conosciuto. Il primo incontro mancato, le
successive telefonate ed i rapporti quasi
quotidiani avviati con la collaborazione alla
«Gazzetta del Popolo», della quale
Bianucci era redattore ed alla quale Bàccolo
collaborava con articoli di terza pagina.
Lionello
Sozzi si soffermava invece -senza mai perdere di
vista l'uomo e l'amico- sul taglio dato dal
saggista Bàccolo alle sue opere,
sull'influenza ricevuta dalla cultura francese e
sulla grande intuizione storica, sovente
«raccontata» e resa popolare tra le righe
dei suoi numerosissimi volumi.
A Stefano
Jacomuzzi, invece, spettava il compito di
descrivere Bàccolo romanziere, quel
Bàccolo che sapeva descrivere con poche
battute grandi realtà e che abbisognava, per
i suoi testi, di spazi limitatissimi e di tempi
immensamente ristretti.
E qui
ritrovano i ricordi comuni, le amicizie profonde
che legano l'uno all'altro e viceversa. Le zie
Saccione, le vacanze trascorse a Limone Piemonte,
Savigliano come «ombelico dell'universo»
che avrebbe potuto essere spostato a metà
strada tra Savigliano e Saluzzo.
Natascia
Chiarlo, con un intermezzo recitativo di buon
livello -la scelta dei testi è stata
particolarmente attenta e rappresentativa-, ha
individuato e segnato i due momenti specifici della
commemorazione.
A Beppe
Trucco, successivamente, è toccato
rinsaldare il legame esistente tra Bàccolo e
Savigliano. Con un tono fortemente sentimentale -e
per Trucco non poteva essere diversamente- egli ha
raccontato a ruota libera, non senza emozione,
delle sue amicizie, di quelle comuni, dei grandi
amori per la città e dei sentimenti che
può provare chi, come è capitato ad
egli stesso ed a Bàccolo, si sente in esilio
forzato quando si trova anche soltanto pochi
chilometri lontano dalla propria città.
Trucco ha fortemente rivendicato a Savigliano ed
alla saviglianità la figura di
Bàccolo uomo e studioso.
Per
concludere Piero Camilla, non senza emozionarsi
visibilmente, ha tentato di contrastare il
precedente intervento al fine si ristabilire un
equilibrio circa i grandi amori cittadini di
Bàccolo. Non solo Savigliano, ma anche
Cuneo. E, dopo aver parlato di ulteriori e fraterne
vacanze marine e montane, ha dato lettura di un
attento e rigoroso testo di Bàccolo
riguardante la storia del capoluogo di provincia.
La
giornata commemorativa -ben architettata dalla
direttrice della Biblioteca Elda Mellano- si
è chiusa, come si era aperta, con un
interveto del sindaco Alfredo Dominici.
Luigi
Botta
(«Corriere
di Savigliano», 10 dicembre 1993)
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