ALBERTO MENZIANI

 

 

LA FLOTTIGLIA ESTENSE DEL PO

 

            Trattando dei negoziati che seguirono al breve scontro armato che contrappose nel 1666 i Ducati di Modena e Mantova a motivo di alcune isolette del Po, Ludovico Antonio Muratori ricorda come lo Stato gonzaghesco cercò senza riuscirvi di ottenere “che si levasse di Po’ il Bregantino, o sia la Galeotta armata, che ivi tiene (…) la Casa d’Este a fine di riscuotere i suoi Dazj su quel Fiume” (1).

La nave che inquietava i Mantovani aveva la sua base a Brescello, all’epoca munita piazzaforte dello Stato estense, nella quale si trovava fra l’altro appunto un “gran Arsenale per li Bergantini, et altre navi di serviggio, ove era ancor dentro un gran laboratorio per li Ferri, et ogni sorte di legnami con molti Utensili” (2). Ai primi del 1669 all’imbarcazione, denominata Madonna delle Grazie, era addetta un’apposita Compagnia sopra il Bergantino (…) in Po’, che contava un capitano, un sergente, un caporale, undici soldati, un bombardiere e quattro marinai, nonché un Aguzino per la sorveglianza dei forzati addetti alla manovra dei remi.

Oltre un decennio dopo, nel 1681, la forza della compagnia era ancora la medesima –se si eccettua il fatto che al sergente era stato sostituito un tenente- e la Madonna delle Grazie seguitava a vigilare sul tratto estense del Po, sotto il comando del cap. Giovanni Bo.

Al Bergantino si affiancava un’unità minore, ossia una feluca.

Intorno alla metà degli anni ’90 il Bregantino vecchio fu demolito e ne entrò in servizio uno nuovo, che aveva per cannone di corsia un falcone del peso di 1.895 libbre sparante palle da 6 libbre, e quali altre artiglierie un Rimondino da 3, quattro petriere di bronzo a Braga e cinque spingarde.

Fu costruita anche una nuova feluca, che portava a prua uno smeriglio da 8 once, mentre quella precedentemente utilizzata fu ritirata e collocata in arsenale, dove furono riposti pure “tredici Gagliardini, o Bandirole, che vanno sopra gl’Arbori del Bregantino, rotti, fracidi, e stellati (…) una fiamma tutta rotta, e Lacera. E più un stendardo simile con L’Aquilone”, cioè recante una grande aquila estense (3).

A quanto risulta, tutto il materiale navale ducale andò peraltro perduto nel corso della guerra di Successione spagnola, che portò anzi –come è noto- alla distruzione della stessa fortezza di Brescello (1704). Una stima dei danni subiti dallo Stato estense a causa delle vicende belliche, redatta nel 1714, include infatti anche 2000 doppie relative proprio al “Bregantino armato, e servito da una Fellucca, e Battelli” (4).

Ben presto comunque la flottiglia ducale del Po fu ricostituita e riprese il suo servizio di polizia fluviale e doganale. All’inizio del governo di Francesco III, nel 1738, si spendevano mensilmente L.210,13 per il soldo dell’Uffizialità del Berghintino di Brescello, comprendente un capitano (Agostino Bo), un tenente (Carlo Marcisi), un custode delle munizioni, due bombardieri, un tamburo e il solito aguzzino.

Durante tutto il suo lungo regno Francesco III non trascurò di mantenere in efficienza ed ammodernare il naviglio che presidiava il fiume: ad esempio, nell’autunno del 1747 si procedette al “riattamento del Brigantino” e pure si dispose “che il piccolo Presidio del d° Legno” fosse “vestito, mentre era tutto lacero” (5); nell’agosto del 1770 si programmò per la successiva primavera “il rifacimento” “della Galeotta” –al cui comando era all’epoca il cap. Augier- nonché il “ristauramento della felucca, e dei 3. Battelli” (6), ecc.

All’inizio del 1780 la galeotta si ritrovava comunque in uno Stato deplorabile, tant’è che sarebbe stato necessario procurarne una nuova. Considerato peraltro che di fatto la galeotta non serviva altro che a “far risaltare la Grandezza del Principe Dominante”, tanto che essa non si scostava “mai dalla Riva del Po’”, mentre alla finalità “di tenere in soggezione, ed in dovere la Navigazione (…), affiche tutte le Barche di transito professino il Dazio a Brescello” provvedevano i “Battelli, che vanno in giro per quelle Acque con due o tre Soldati, e le Guardie della Ferma, quali (…) fanno l’interesse delle Finanze”, nel febbraio del 1780 il Commissario Bolognini propose senz’altro di eliminare l’imbarcazione (7).

In tal modo, argomentava il Bolognini, si sarebbero risparmiate le spese per l’acquisto di una nuova galeotta e “per la perpetua sua manutenzione”, posto fra l’altro che “Un anno sì e l’altro nò si deve fare di nuovo una tenda di panno, perche il foco, il fumo dell’Inverno la rende presto inserviente, e serve per coprire tutta la Galera, e garantire dal freddo i Forzati” (8).   Inoltre si sarebbero potuti impiegare più utilmente questi ultimi (una ventina), la cui incombenza, ed uso consiste nel morire d’inezia incatenati tutto l’anno dentro la nave, come pure i quaranta soldati destinati alla loro sorveglianza.

“E’ chiaro”, dichiarava il Commissario, “che col situare due Pezzi di Cannoni piccoli su la sponda del Fiume, o armare due Battelli con Spingardoni guardati da un Corpo d’Invalidi al numero di (…) venti al più comandati dall’Ammiraglio, e Comandante Capitano Augier, che sovraintende alli Barcajuoli, ed alla Feluca, e Battelli inservienti all’effetto, si avrebbe con questo solo l’intento” (9).

Nel marzo del 1780 il progetto del Bolognini tendente alla sopressione della Galeotta di Brescello ottenne l’approvazione del nuovo Duca Ercole III, mentre nel successivo autunno l’Augier –che non doveva essere stato troppo soddisfatto della decisione presa- fu innalzato, forse per tacitarlo, al grado di tenente colonnello.

La presenza di naviglio militare estense sul Po continuò comunque sino alla fine dell’Ancien Régime: nel 1796, alla vigilia dell’invasione napoleonica, v’era infatti a Brescello una Barca armata al comando del tenente colonnello Francesco D’Escalera.

 

                                                                                 

 

 

NOTE

 

1)            L.A. MURATORI, Delle antichità estensi, Modena, 1740, t.II, p.590.

2)            Riflessioni sopra la valuta della demolita Fortezza di Bersello, a firma di Paolo Carmi e datate Modena 17 agosto 1709 (Archivio di Stato di Modena –d’ora in poi ASMo-, Arch. militare estense, b.236).

3)            Coppia autenticata dal Muratori di un Inventario delle Monizioni di Guerra essistenti nella Fortezza di Brescello fatto a me Biagio Beltrani dichiarato da S. A. Ser.ma Monizionere in detta Fortezza: aggiunta sotto la data del 18 novembre 1698 (ibidem).

4)            Perizia di Domenico Corradi datata Modena 30 aprile 1714 (ibidem).

5)            Lettera di G. Giacomo Tori a nominativo non precisato, datata Modena 17 novembre 1747 (ASMo, Cancelleria ducale, carteggio di ufficiali camerali, b.24).

6)            Rapporto alla Giunta militare del Commissario generale di guerra conte Bolognesi in data 27 agosto 1770 e conforme determinazione del segretario Fabrizi (ASMo, Arch. militare estense, b.118).

7)            Le citazioni nel testo sono tratte da un Pro-memoria del Commissario Bolognini datato Modena 27 febbraio 1780 (ASMo, Arch. militare estense, b.121).

8)            Ibidem.

9)            Ibidem.

 

L' articolo "La  flottiglia Estense del Po" è  tratto dal n.18 del periodico illustrato di storia, arte, tradizioni e dialetti

" Il Ducato - Terre Estensi"

edito dalla Associazione  Culturale " Terra e Identità", via Prampolini 69   41100 Modena - E mail bdmo@tin.it

e da

"Gli Appunti" n. 26

Giornale di Cultura, Arte, Storia e Ambienti  locali di Reggio Emilia