Elena Bianchini Braglia

In Esilio con il Duca

La storia esemplare della Brigata Estense

Recensione di Alberto Menziani

 

“Ei fu! siccome rapido

Al cenno del Sovrano,

Sparve il ducale esercito

Dai campi di Bassano,

Così di lui dimentica

Oggi la terra è già!...

 

Cruda!... Non geme all’ultime

Ore di quelle schiere:

Non versa amare lagrime

Su quelle pie bandiere,

Che sventolar per l’aere

Più il mondo non vedrà!...”

 

                        Così, parafrasando il manzoniano Cinque Maggio, irrideva la fine della Brigata Estense l’ode Le bandiere estensi o il 24 settembre 1863, pubblicata nel Lunario di Raimondi Raffaele (…) per l’anno comune 1887 (Modena, 1886). L’anonimo rimatore sbeffeggiava pure gli uomini che avevano fatto parte di quella schiera:

 

“Tutto provar: del gomito

L’alzata a profusione:

Il fuoco…. delle fiaccole

Andando in processione

I colpi…. dei turaccioli

La birra in istopar!....

 

Ed ora?.... Ahi mesti e squallidi

Soffrenti pel digiuno,

Peso, chiamati, inutile,

Inutile e importuno,

Mute, fiorini e svanziche

Videro in fumo andar!”

 

                        E quando nel 1923, sessant’anni dopo lo scioglimento della Brigata Estense, i resti mortali del capitano Alberto Saccozzi, morto eroicamente nella Grande Guerra, furono esumati e traslati nella natia Correggio per la definitiva sepoltura, l’avv. Guido Vecchi, parente dell’estinto, non esitò ad affermare nell’orazione funebre che il caduto, con il suo sacrificio, aveva finalmente lavata l’onta di cui il Generale Saccozzi aveva macchiato il nome della famiglia, in quanto comandante della truppa ducale. 

                        Gli episodi menzionati, significativi pur nella loro modestia, mostrano come a distanza anche di molti decenni da quel fatale 1863 nell’Italia sabauda si continuasse a schernire o ad esecrare la vicenda della Brigata, a riprova del fatto che essa era stata veramente “un pruno negli occhi dei liberatori d’Italia”, come si legge nel Giornale della Reale Ducale Brigata Estense, pubblicato anonimo a Venezia nel 1866 ma che oggi sappiamo opera di Emiliano Manni, capitano dello Stato maggiore modenese.

                        Non pochi furono per la verità gli eserciti che tra il 1859 e il 1866 difesero con tenacia e valore i loro sovrani contro il nuovo ordine di cose che si stava rapidamente affermando: basti pensare ad esempio all’esercito pontificio, a quello napoletano, a quello annoverese, i quali si batterono in campo aperto coi Piemontesi a Castelfidardo (18 settembre 1860), coi Garibaldini al Volturno (1° ottobre 1860), coi Prussiani a Langensalza (27 giugno 1866), ecc.

Il caso della piccola armata modenese appare però del tutto particolare.

                        Scoppiata la guerra del ’59, essa fece quanto in suo potere per difendere gli Stati Estensi ed il Duca Francesco V, che peraltro in giugno fu costretto ad abbandonare insieme ai suoi uomini il Ducato non per disfatta in battaglia, non per fuga dinanzi all’insurrezione, che non esisteva, ma per evitare di essere tagliato fuori dopo la sconfitta subita dagli Austriaci a Magenta e gli avvenimenti che ne erano seguiti. Ritiratesi nel Lombardo-Veneto, le truppe modenesi, che avevano la consistenza di una brigata, rimasero per più di quattro anni salde e disciplinate in esilio a fianco del loro sovrano, per essere poi disciolte alla fine di settembre del 1863.

                        A mantenere ferme le Reali Truppe Estensi nei doveri ad Esse imposti dalla santità del giuramento che le vincola per cinquantadue mesi ed in tempi di generali sconvolgimenti e deffezioni inique di Sudditi e Soldati contribuì non poco l’opera del loro comandante, il già ricordato generale Agostino Saccozzi (1790-1865), facilitata peraltro dalla determinazione e dalla devozione alla causa ducale mostrate da ufficiali e subordinati. Le difficoltà da vincere furono comunque molte e gravi. Fu necessario ad esempio superare la disillusione seguita al vanificarsi delle speranze e degli entusiasmi suscitati dai preliminari di pace di Villafranca, quando le truppe estensi credettero di essere alla vigilia di tornare a casa, dal momento che gli accordi prevedevano che il Duca di Modena fosse reintegrato nei suoi Stati. Si dovettero sconfiggere il tedio e lo scoramento causati dall’inazione, giacché il tanto atteso momento di entrare in Campagna a combattere i Nostri Nemici non giunse mai: inazione che doveva riuscire davvero penosa, se nel porgere al Saccozzi gli auguri per le festività natalizie del 1862 Francesco V sentì il bisogno di  chiedere esplicitamente ai suoi militari di portare pazienza nella nojosa vita che purtroppo debbono condurre per causa mia. Occorse inoltre affrontare l’ostilità, le provocazioni e talora anche le aggressioni di quella parte della popolazione dei luoghi in cui la Brigata era acquartierata che avversava il legittimo Governo Austriaco e che di conseguenza vedeva nei soldati estensi dei rinnegati. Fu necessario saper resistere alle minacce del dittatore Farini, il cui decreto 27 settembre 1859 privava dei diritti politici e civili i militari ducali che non fossero rimpatriati entro il 15 ottobre, nonché alle suggestioni che venivano dall’amnistia concessa nel settembre 1862 da Vittorio Emanuele II a condizione del rientro entro sei mesi nel Regno d’Italia; ecc.

                        Il provvedimento d’amnistia del 1862 avrebbe veramente potuto avere un effetto dirompente per la coesione e l’esistenza stessa della Brigata Estense, come inizialmente si pensava nella stessa Vienna. “La prevengo”, scriveva Francesco V al Saccozzi da Padova l’8 ottobre 1862, “che ho avvisi sicuri (…) che quivi o si crede o si ama a far credere che il Decreto del galantuomo disorganizzerà la Brigata e che vi saranno diserzioni nella truppa e malcontento nell’Uffizialità e che essi riterranno una durezza per parte mia di non averli sciolti dal loro giuramento”. Tuttavia, benché il Duca avesse lasciato liberi di rientrare in patria coloro che avevano da perdere sostanze e patrimoni, ben pochi (…) furono quelli che, chiesta a malincuore la libertà offerta, avvisarono approfittarne, e cioè dodici ufficiali nonché limitato  numero di sotto-ufficiali e soldati.

                        Fino alla fine del 1861 era stato viceversa costante l’afflusso di sudditi modenesi intenzionati a prendere servizio nelle truppe estensi. Tra il giugno del 1859 e il dicembre del 1861 si contarono infatti ben 1.186 nuovi arruolati, compresi 73 giovani provenienti dal Ducato di Parma, sicché l’effettivo della Brigata giunse a sfiorare i 4.000 uomini. In una lettera al marchese di Normanby del 17 luglio 1861 il Duca poté anzi dire che la sua truppa “divisa dal proprio paese” si reclutava “con volontarj assai meglio che quando egli teneva  l’autorità in mano”, il che consentiva tra l’altro di accordare regolare congedo a coloro che avevano titolo o comunque giusti motivi per richiederlo. Nel 1862 le nuove reclute furono poi ancora 127, benché Francesco V avesse fatto sapere ai suoi ex sudditi di sospendere possibilmente la loro venuta sino ad occasioni più favorevoli.  Dall’inizio di quell’anno, infatti, il governo austriaco cominciò a stringere i cordoni della borsa, fino a disporre, nell’estate del 1863, lo scioglimento stesso delle truppe ducali.

                        Asseriva all’epoca il giornale parigino Union che la Brigata Estense avrebbe comunque seguitato “a vivere nella memoria degli uomini di cuore, degli uomini di onore”. La memoria va peraltro continuamente rinnovata, ed a tale esigenza risponde appunto il libro di Elena Bianchini, che con appassionata partecipazione non solo ricostruisce la vicenda dei cinquantadue mesi d’esilio delle truppe ducali, ma anche, soffermandosi preliminarmente sulle figure di Francesco IV,  Francesco V e più in generale sull’ambiente politico-culturale dello Stato austro-estense, rende ragione di come quella vicenda sia potuta accadere.

 

                                                                                                          Alberto Menziani

 

 

L' articolo "In esilio con il Duca" è  tratto dal n.22 del periodico illustrato di storia, arte, tradizioni e dialetti

" Il Ducato - Terre Estensi"

edito dalla Associazione  Culturale " Terra e Identità", via Prampolini 69   41100 Modena - E mail bdmo@tin.it

Il libro "In esilio con il Duca" di Elena Bianchini Braglia è edito da "Il Cerchio" Pp. 180, Euro 16,00