Mi no vao a combatar
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Abbiamo cercato, per quanto possibile, di dare coerenza e linearità, nelle differenze stilistiche e tematiche - che rappresentano comunque una ricchezza - di artisti e gruppi che hanno lavorato e dato il loro contributo singolarmente, per quanto uniti da una sensibilità comune.

Ci é apparsa forte la scelta di aprire e chiudere questo CD con una canzone-simbolo contro la guerra (e a suo tempo scandalosa, quando nel 1957 venne scritta dal cantautore francese Boris Vian), proposta in due differenti versioni: la prima un rap, dai suoni moderni e dal testo che contiene spunti inediti e attualizzazioni pur riprendendo la traccia di una fedele e letterale traduzione dal francese, la seconda nella traduzione resa più celebre in Italia, di Ivano Fossati, proposta dai rodigini "Marmaja", unico gruppo non strettamente trevigiano della raccolta, ma legato ormai da numerose collaborazioni e apparizioni insieme a molti dei musicisti del territorio locale. Di quest'ultima, già edita dal CD contro la guerra "Not in my name", diffuso dal quotidiano "Liberazione", abbiamo recuperato la chiusura, inedita per il grande pubblico, affidata ai modenesi "Tupamaros", il cui cantante Francesco Grillenzoni legge al telefono il testo di "Non é in nome mio".

Nel mezzo tra le due bandiere di pace rappresentate dal pilastro della canzone antimilitarista più conosciuta e amata nel mondo, il tema della guerra nelle sue diverse e drammatiche accezioni: la "Ninna nanna" del cantautore coneglianese Davide Camerin, cantata al bimbo del soldato partito per la guerra in attesa di un improbabile ritorno, controcanto malinconico della guerra di ogni tempo e luogo, ma con una forte dimensione evocativa che conduce alla "grande" guerra e alla voce del ricordo dei vecchi; e poi il dramma delle vittime designate di ogni guerra, le popolazioni civili, siano esse i profughi e i rifugiati ("Il treno" dei Manodopera, band emergente a livello nazionale del nuovo panorama folk-rock) o i bambini uccisi e mutilati dalle mine antiuomo dell'altra ninna nanna "Na coeomba bianca" in cui il cantautore trevigiano Leo Miglioranza fa parlare in dialetto veneto un probabile bambino afghano, a dimostrazione del dramma delle genti che non ha lingua e non ha confine, o ancora le vittime dei campi di sterminio de "La memoria" dei Senza Sicura fino agli amanti divisi dalla tragedia della guerra civile in "Admira e Bosko" di Alberto Cantone, storia vera ambientata al tempo dell'assedio di Sarajevo. Per proseguire con attualizzazioni sui temi e sulle guerre di oggi: la rapacità e il cinismo dei signori della guerra, gendarmi di un ordine mondiale monopolare in "God bless Amerika" (un inedito dei trevigiani Radiofiera, rock-band storica e di rilievo ormai nazionale, ma con due brani tradotti perfino a Cuba). Oppure quella delle multinazionali ("Legalmente per voi" dei Bubamara) che con lo sfruttamento di intere aree e popolazioni del pianeta creano, oltre a masse di diseredati, le condizioni per nuovi e futuri conflitti. Nel mezzo una canzone sul lutto, inseparabile da ogni guerra anche se se ne vuole nascondere la sostanza dietro la facciata di belletto di guerre umanitarie e bombe "intelligenti" ("Canzone", del Passo di Charlie Chaplin), un grido di ribellione ("Penso troppo" dei giovanissimi Maidaiuto), un inno allegro e grintoso contro l'assurdità della vita militare ("Obbligato dallo stato", dei Peterpunk), la storia di un comandante senza esercito che porta i suoi uomini contro un muro leggero ("Leggero", Centrade) e infine uno di dolore, nella chiusura lacerante degli Hysterie ("Lost Hell") che ci riporta al suono sinistro e spietato della guerra, di ogni guerra, quel suono sinistro che si è pensato di aver fatto sparire per sempre dalla faccia della storia e dalle culture dei popoli, per poi riapparire sempre con volto diverso e più feroce. Quel suono sinistro a cui si stanno opponendo con i loro canti, le loro speranze, le loro bandiere quei milioni di voci di pace che si levano da tutto il mondo, cui abbiamo pensato di aggiungere il piccolo contributo di queste 14 voci in forma di canzone, unite dalla condanna dell'atrocità di ogni guerra.