Carlo VIII - Luigi XII

Guerra tra Francesi e Spagnuoli

Assedio di Barletta

La Disfida

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I Barlettani contro Luigi d' Ars

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Si riaccende la guerra: Renzo da Ceri entra in Barletta e ordina la distruzione dei Borghi

Mariano Bruno

Dalla caduta dell' Impero Romano, dice il Guicciardini " non aveva giammai sentita l' Italia tanta prosperità nè provato stato tanto desiderabile qnanto era quello nel quale sicuramente si riposava l'anno della salute cristiana 1490 e gli anni che a quello e prima e poi furono congiunti".I1 lungo periodo di pace aveva fatto rifiorire l' agricoltura, crescere le ricchezze e la popolazione. La morte di Lorenzo dei Medici, quella del Papa Ionocenzo VIII, avvenuta pochi mesi dopo, l'elevazione al pontificato di Alesanndro VI Borgia, il timore di Ludovico il Moro - ambizioso e senza scrupoli - di essere costretto a cedere il Ducato di Milano al legittimo erede Gian Galeazzo Sforza turbarono l' equilibrio in cui l' Italia si teneva per il bene di tutti. Sul trono di Francia regnava Carlo VIII, di spirito esaltato, cupido di conquiste; come erede da diritti della casa d'Angiò, pensò d'iniziare le sue conquiste del Regno di Napoli. Gli intrighi della politica italiana favorivano il disegno del Re francese, incoraggiato principalmente da Ludovico il Moro e da alcuni baroni napoletani fuoriusciti. Altri signori si ripromettevano vantaggi dalla venuta dei francesi; anche il Papa Borgia per la sua famiglia... Nel settembre 1494 Carlo VIII scende in Italia pel Monginevra, con 34.000 uomini. Proprio in quell'anno - 1494 - moriva Re Fe dinando I di Napoli, e gli succedeva Alfonso II, che dopo aver tentato d'impedire l'avanzata del Re francese, abdicò in favore di suo figlio Ferdinando II, nella speranza che baroni smettendo la loro ostilità contro la casa d'Aragona, si fossero uniti al nuovo Re per ostacolare l' entrata de francesi. Malgrado ciò, Carlo entrò indisturbato; anzi accolto dai napoletani come un liberatore. Se questa facile conquista meravigliò i francesi, mostrò anche il grave pericolo a cui si erano esposti gli italiani chiamando lo straniero non opponendosi alla sua venuta. Si formò allora Lega tra Venezia, Ludovico il Moro - divenuto frattanto signore di Milano per la sopraggiunta morte del nipote; vi si unirono Ferdinando il Cattolico,Re d'Aragona e di Sicilia, Massimiliano, imperatore di Germania. A questa notizia, Carlo si affrettò a tornare in Francia, dopo aver subito una sconfitta il 6 luglio 1495, dall' esercito dei collegati. Ferdinando II rientrò in Napoli, ma vi morì l'anno appresso, e gli succcsse suo zio, Federico. Morto Carlo VIII nel 1498, gli successe Luigi XII; non meno ambizioso del predecessore, " propose di riconquistare non solo il Regno di Napoli, ma anche il Ducato di Milano, come discendente di ValentinaVisconti, sua ava. Dapprima occupò il Milanese, come più vicino ai suoi stati, poi a volse alla conquista del Regno di Napoli. Perchè non gli accadessero disavventure, Ferdinando il Cattolico, congiunto del Re di Napoli e padrone della Sicilia, stipulò nel 1500 un trattato segreto detto di Granata. Con questo trattato Francesi e Spagnuoli avrebbero invaso il Regno di Napoli e se lo sarebbero così diviso: ai Francesi Terra di Lavoro e Abruzzi; agli Spagnuoli Puglia e Calabria. I1 Re di Napoli, Che ignorava questo accordo, saputa l'avanzata dei Francesi, chiese aiuto agli Spagnuoli... Ma quando seppe la verità, anziché darsi a un congiunto simulatore, quale era Ferdinando, cedette il Regno ai Francesi, tranne Taranto e Ischia. L' accordo tra Francesi e Spagnuoli non durò a lungo, ognuno ambiva al possesso della Capitanata (provincia di Foggia); allora scoppiò la guerra tra due pretendenti. I primi fatti di armi si ebbero in quel di Avellino, ma l'azione principale si svolse in Puglia. Barletta, quartiere generale delle forze Spagnuole. Consalvo di Cordova, comandante supremo degli Spagnuoli, interrogati migliori suoi ufficiali, questi concordemente dichiararono doversi scegliere Barletta, posta all' inizio della zona contesa, con una formidabile rocca ed altri fortilizi minori, cinta di mura, con porto, ove potevano sbarcare vettovaglie e uomini: nessun' altra città della regione offriva garanzie migliori. " Qui, dunque, si chiuse Consalvo, dice il Guicciardini, senza denaro, con poca vettovaglia e carestia di munizioni " Il Duca di Nemours, Vicerè di Luigi XII e comandante supremo dell'esercito Francese aprì le ostilità,si portò fin sotto le mura di Barletta, indeciso se attaccarla e tentare di prenderla d' assalto, o assediarla. Prevalse questo secondo parere. Siamo al settembre 1502. L' assedio durò sette mesi, sino cioè all' aprile 1503. Durante l' assedio non mancarono sortite da parte degli assediati. In una di queste, gli Spagnuoli uniti alle bande Colonnesi attaccarono Francesi, li sbaragliarono e fecero parecchi prigionieri che menarono a Barletta. Tra i prigionieri era tale Carlo La Motta, " sanguinario, facinoroso, capace d' ogni scelleratezza " il quale in un banchetto dato ai prigionieri, il 20 gennaio 1503, scattò a sentire gli elogi che gli Spagnuoli facevano degl' Italiani, e disse, tra l'altro, che gl' Italiani trattavano le armi senz'arte e senza fede, ch'erano vili, poltroni, e noi Francesi in ogni scontro li abbiamo vinti e dispersi. Gli Spagnuoli ebbero premura di comunicare queste insolenze agl' Italiani; Prospero Colonna mandò subito due cavalieri romani - Capoccio e Brancaleone - perché invitassero il La Motta a ritirare le inconsulte e offensive parole, e nel caso non volesse farlo gli dessero del mentitore e lo sfidassero con quanti altri volessero mi-surarsi con gl'Italiani. La Motta spavaldamente confermò le ingiurie e aggiunse che troverebbe subito altriFrancesi pronti a battersi. La Disfida era decisa. Laboriosa fu la scelta dei Cavalieri italiani, perché molti volevano battersi. Furono scelti i seguenti:

1) Ettore Fieramosca (o Ferramosca), capuano

2) Giovanni Bracalone (o Brancaleone), da Genazzano

3) Ettore Giovenale (detto Peraccio), romano

4) Giovanni Capoccio, romano

5) Ludovico Abenavole, da Teano

6) Mariano Abignente, da Sarno

7) Miale (o Moele, Miele, forse Michele, secondo alcuni storici), da Paliano

8) Pietro Riccio dei Merenghi, da Soragna, presso Parma

9) Bartolomeo Fanfulla, da Parma, o da Lodi

10) Romanello, da Forlì

11) Marco Corollario (o Carollario o Corollaro), napoletano

12) Francesco Salamone, da Sutera (Sicilia)

13) Guglielmo Albamonte, siciliano.

Tutte le regioni d'Italia erano rappresentate, perchè si doveva difendere l' onore del nome e della nazione italiana. Il combattimento su proposta francese, si svolse tra Andria e Corato, a 9 Km. da Andria, n 4 Km. Da Corato e a 17 Km. da Trani, in territorio di confine, del quale la guerra in atto doveva ancora decidere l' appartenenza. Anche il numero da combattimenti - 13 - e la data dello scontro - 13 febbraio - furono fissati dai francesi. La lotta fu accanita da ambo le parti: gli italiani riportarono una vittoria piena, luminosa. Uno solo dei combattenti francesi fu ucciso, e " meritatamente, scrive il Giovio, perciocchè poco onoratamente, se non a torto, aveva preso le armi contro la patria. Costui si chiamava Claudio Grajano d' Asti ". I francesi, certi della vittoria, non avevano portata la somma da essi proposta e voluta per umiliare gli avversari, perciò furono dichiarati prigionieri e condotti a Barletta. I cittadini acconcro a ricevere i vincitori, con un irre-frenabile entusiasmo, di cui forse non fu visto mai l'eguale. I1 grido che echeaggiava sopratutto era: Italia ! Italia ! I1 Clero cittadino, gli Ordini religiosi e cavallereschi, le Confraternite e una folla irnrnensa si recarono all' incontro dei vincitori, portando in processione il quadro dell'Assunta, tuttora esistente nella nostra Cattcdrale. La Processione percorse Strada Cambio (ora Via Cavour) e si fermò nella Chiesa di S. Maria Maddalena (ora S. Domenico), ove si erano riunite le autorità cittadine, e fu cantato i1 Te Deum. I1 corteo si diresse poi al Duorno, ove si svolse un solenne ufficio di ringraziamento all'Altissimo e alla Vergine, per la vittoria riportata. I1 Cardinale Pompeo Colonna, che in quel tempo era a Barletta, ricordava ancora, rnolti anni dopo, la trionfale accoglienza fatta ai vincitori e soleva dire di non aver mai visto spettacolo più bello, nè sentito mai nell'animo piacere maggiore. (Giovio - Vita di Pompeo Colonna). I1Guicciardini (o. c.): "entrarono (i tredici) come trionfanti, e conducendosi i prigionieri innanzi, in Barletta, rimbombando I'aria di suono di trombe e di tamburi, e di tuoni d' artiglieria, e di applausi e grida... , I1 giorno seguente sul muro nord della Cattedrale a ricordo della gran vittoria, vennero scolpiti i norni dei tredici e la data, ciò che si soleva fare per avvenimenti memorabili. La sconfitta produsse grande scoraggiamento nell'esercito francese. I1 Guicciardini scrive: " E' cosa incredibile quanto animo togliesse questo abbattimento all' esercito francese, e quanto ne accrescesse all' esercito spagnuolo, facendo ciascuno presagio da questa esperienza di pochi del fine universale della guerra ". Il 27 aprile 1503, rifornitasi la città di frumento venuto dalla Sicilia, e giunti 2500 soldati di fanteria mandati in soccorso dall' Imperatore Massimiliano, Consalvo uscì dalla città con 1' esercito e si accampò a sei miglia da Canne. Di qui si mosse su Cerignola, ov' era accampato il grosso dell' esercito nemico; e il Duca di Nemours, malgrado 1' ora avanzata, accettò la sfida. Il combattimento fu aspro, e segnò per i francesi una completa sconfitta. Tra i morti fu anche il Nemours, che fu sepolto nella Chiesa di S. Francesco, fuori le mura, e tra i prigionieri quel Formans de Chatillon che aveva detto " aver gli Italiani fede di vento", e coraggiosamente non aveva risposto alla sfida lanciatagli da Ettore Fieramosca. Le compagnie Colonnesi contribuirono gagliardamente alla vittoria. Il sito ove avvenne la battaglia e detto ancora : Tomba dei Galli Ebbe così termine 1'assedio, durato sette mesi, che permise a Consalvo di liberare da altre potenze competitrici la dominazione spagnuola sul Reame ", diede altresì modo agl' Italiani di affermare che la virtù avita e lo amor di patria non erano spenti, e mostrò che Barletta, dedita ai commerci e all'agricoltura, aveva in quel tempo di servitù politica, di vessazioni e prepotenze, vivo il sentimento di solidarietà nazionale e 1'amore per la grande madre comune: l' ITALIA.II Senatore Vischi, della vicina Trani, in un opuscolo sulla Disfida pubblicato il 1903, dice : Barletta nel 1503 era imbevuta del divino sentimento di nazionalità.La memorabile battaglia del Garigliano, del 27 dicembre di quell'anno, vinta dagli spagnuoli, mise fine alla guerra, e il Reame di Napoli passò allo stato di Vicereame sotto il dominio della Spagna, che durò per oltre due secoli ! L'assistenza, il continuo soccorso largito alle truppe di Consalvo dalla Università di Barletta, durante i sette mesi d' assedio, si rileva in parte dai documenti riportati nel Repertorio delle Pergamene di Barletta (1234 - 1658) ai numeri 41 e 47. Consalvo di Cordova, che fu il primo Viceré, si mostrò liberale di concessioni ai barlettani, e Ferdinando il cattolico, nella breve dimora fatta a Napoli, con Diploma dato dal Castelnuovo il 23 febbraio 1507, consentiva che la somma dei fiscali ordinari fosse investita alla rifazione delle mura, del molo, del porto e in altre opere pubbliche della città, e confermava tutti i precedenti privilegi, franchigie, immunità, ecc., e ciò perché si riconosceva " la virtù con la quale, dorante il patito assedio, affrontato avevano la penuria d' ogni cosa, la rovina delle case, la devastazione dei campi ed infiniti altri danni, non pure pazientemente, ma volenterosi e con animo prontissimo per lo Stato e in di lui servizio, tanto da potersi parte della vittoria riportata ad essi ascrivere". Se 1' assedio aveva impoverita la città, il nostro popolo, a contatto dei militari, sopratutto quelli delle compagnie Colonnesi disciplinale e ardite, ne riportò notevoli vantaggi nell' ordine, nell' ardimento, nel senso di civismo. Di ciò dette prova nella lotta contro Luigi d'Ars, un francese scampato nella battaglia di Cerignola, e riparato a Venosa, ove era riuscito a raccogliere un certo numero di francesi sbandati. Occupato Castel del Monte, il d'Ars scese ad Andria. I barlettani, che al tempo dell' assedio avevano mandato ad Andria parte delle proprie artiglierie, compreso il pericolo cui sarebbero andati incontro se il d' Ars si fosse fortificato nella vicina città, i più validi si riunirono, affrontarono animosamente i francesi e li misero in fuga. I vinti ripresero la via di Venosa, donde furono scacciati da un inviato di Consalvo dopo la decisiva vittoria del Garigliano. Questo magnifico esempio di unione dei cittadini non fa di lunga durata. Ricominciarono, ahimè ! quanto presto, gli antichi dissidi, acuiti forse da un certo malcontento provocato dal fiscalismo dei viceré spagnuoli per cui alcune famiglie influenti auspicavano il ritorno dei francesi, essendosi riaccesa la guerra tra le due potenze competitrici. Al principio del 1528, Odetto di Foix, signor di Lautrech, venne in Puglia, e contro Barletta mandò Renzo da Ceri,il quale vi entrò furtivamente, forse aiutato da partigiani del francesi.Avvenne allora il generoso sacrificio di Mariano Bruno, giovane di nobile casato, che osò affrontare Renzo, dichiarandolo prigioniero in nome del Rè di Spagna. Abbandonato da coloro che avevano giurato di seguirlo, fu preso e impiccato sul posto. Oggi, il suo nome figura sulla targa di un vicoletto che sbocca in Via Duomo. Il capitano francese, temendo attacchi nemici, stabilì di circoscrivere la difesa alla sola città murata, e fece abbattere i borghi S. Antonio Abate e S. Vitale, che erano come la continuazione della città. Tutto fu adeguato al suolo: chiese, conventi, palazzi e abitazioni di lavoratori, con inaudita ferocia, che sollevò fiera indignazione in tutta Italia. " E il lavoro nefasto della demolizione fu iniziato senza indugio, continuato febbrilmente, finché tutto quanto esisteva di là dalle mura, ad oriente e a mezzodì, non fu radeguato al suolo (Guicciardini o. e. vol. V). " Renzo da, Ceres, uno dei Capitani del Generale Lautrech, si portò con tanta crudeltà che rovesciò non solo quanti erano edifizi intorno a Barletta e devastò possessioni e giardini barlettani, ma ancora, con empietà somma, predò chiese, antichi monasteri, bruciò archivi, portando a quella città la massima desolazione (Giovio, Vita di Consalvo - II). Un poeta coevo, alludendo alla distruzione dei borghi, scrisse :" Onde il Gallo si rivoltò verso Italia irato come quei che brama riaver lo stato e l'onor perso ,,. Il ricordo di quell' immane 'disastro dovuto in parte alle discordie cittadine è stato tramandato con le seguenti parole scolpite sulla parete nord del nostro Duomo : " Nell'anno 1528 fa sacchegiata et destracta Barlecta per la discordia de li citatini ".La Disfida è stata rievocata solennemente il 1903 - IV centenario -; il 1937 dopo gl'infausti incidenti provocati alcuni anni prima a causa della scelta del sito ove erigere un monumento ai tredici eroi; il 1953, nel 450°" annuale, in adempimento d'un voto fatto il 1903, di celebrare 1'avvenimento storico ogni cinquant'anni. In quest'ultima rievocazione fu affissa nell'aula consiliare del Palazzo Comunale la seguente lapide:

IL XIII FEBBRAIO MCMLIII

450° ANNUALE DELLA DISFIDA DI BARLETTA

QUESTA CIVICA AMMINISTRAZIONE

RIEVOCA LA STORICA DATA

AUSPICANDO

PER IL COMUN BENE

LA CONCORDE UNIONE SPIRITUALE

DI CUI I BARLETTANI

NEL FORTUNOSO PERIODO DELLA SFIDA

TRA LE ANSIE E LE PRIVAZIONI

DI LUNGO E DURO ASSEDIO

DETTERO

MIRABILE ESEMPIO. 

 


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