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LA LINGUA
L'occitano è una delle nove lingue romanze, con l'italiano, il francese, il portoghese, lo spagnolo, il catalano, il sardo, il rumeno e il ladino. I primi documenti in lingua d'oc risalgono al X secolo. Il XII secolo segna la comparsa della poesia dei trovatori con le liriche di Guglielmo IX duca d'Acquitania. Ha inizio un periodo di grande prestigio per la lingua e la letteratura d'oc, che in poco tempo si affermano in tutte le corti d'Europa. Poeti italiani, catalani, francesi scrivono in occitano, e alle sue forme si ispirano i poeti galego-portoghesi e tedeschi. La lingua dei trovatori presenta una grande uniformità ed è un esempio perfetto di koinè. Essa mantiene la propria unità fino al XIV secolo. Successivamente manifesta una crescente frammentazione dialettale, che si va accentuando con il declino politico dei feudi occitani conquistati dai francesi fin dall'epoca della Crociata contro gli Albigesi o Catari (1208-1242). I francesi annientarono le principali famiglie feudali occitane, distrussero molte città e castelli sterminandone la popolazione. L'occupante impose il francese come lingua di cultura. Risale invece ai Valdesi stanziati nelle valli Pellice, Germanasca e Chisone, la prima produzione letteraria in lingua d'oc delle Valli Occitane in Italia. Sono traduzioni bibliche e poemetti morali, databili verso la fine del '400, da cui emerge una straordinaria somiglianza con l'occitano parlato oggi nelle valli. Nel 1539 con l'editto di Villers-Cotterêts, Francesco I bandisce ufficialmente la lingua d'oc, che scompare dagli atti amministrativi e sopravvive come lingua ufficiale del Parlamento soltanto nel Regno di Navarra fino al XVII secolo. Nonostante ciò, l'occitano rimane la lingua del popolo fino alla Rivoluzione francese che combatte l'occitano al pari del bretone e del basco, considerati relitti della vecchia società feudale. Nel 1854-55 un giovane poeta provenzale, Frederì Mistral, fonda con altri poeti in lingua d'oc un movimento, il Felibrige, destinato a riportare in auge la letteratura occitana. Premio Nobel per la letteratura nel 1904 con il poema "Mireio" in occitano, autore del monumentale dizionario 'Lou Tresor dóu Felibrige', Mistral e i suoi amici poeti danno vita a un vero risorgimento letterario. Nella scuola, tuttavia, l'occitano permane severamente bandito e il sinhal, un soldo marcato, continua ad essere appeso al collo degli scolari sorpresi a parlare la lingua materna. Dopo il secondo conflitto mondiale ha inizio un nuovo grande risveglio della lingua d'oc che i 700 anni di dominazione non sono riusciti a cancellare. Nasce l'I.E.O. (Institut d'Estudis Occitans), struttura portante della rinascita linguistica, che fornisce materiali di studio, di analisi e diffusione della cultura occitana in ogni campo. A partire dagli anni '50 emerge la figura di François Fontan, che teorizza il diritto dei popoli del mondo a riscoprire la loro identità e studia i confini linguistici dell'Occitania. Dai Pirenei alle Alpi, dall'Atlantico al mare Mediterraneo, fioriscono iniziative culturali e politiche. Sul finire degli anni '60 la questione occitana si afferma anche nelle valli di lingua d'oc delle Alpi italiane. Si comincia a parlare di Valli Occitane; nascono gruppi culturali, movimenti politici, formazioni musicali. Si pubblicano libri, dischi e riviste. Si studiano la danza, la cultura orale e materiale, il canto tradizionale delle valli. La rinascita oggi coinvolge migliaia di giovani, anche fuori del territorio delle Valli, sensibili alle sue forme musicali tradizionali e contemporanee. La marginalità del territorio, le sue dimensioni limitate, l'imposizione recente di un'educazione monolingue in italiano, l'atteggiamento dello stato italiano meno centralista di quello francese, hanno permesso una buona conservazione della lingua che tuttora è l'idioma abituale per molti dei 200.000 occitani d'Italia. Attraverso tutte le valli, da Prea nelle valli del Monregalese, a Salbertrand nella valle di Oulx, esiste oramai una coscienza occitana consolidata, un'inedita fierezza per la propria lingua considerata come un grande patrimonio culturale da proteggere e sviluppare. |
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LA STORIA PIÙ ANTICA L'etnia occitana nasce attorno all'XI secolo e si distingue dalle popolazioni limitrofe soprattutto per la particolare e originale trasformazione del latino in lingua d'oc. Partendo dalle origini, il più antico substrato è di triplice formazione: ligure, nel territorio che va dalle Alpi al Rodano, iberico dal Rodano ai Pireni, basco in parte dell'Acquitania. Va ricordato che queste tre etnie, al pari delle loro parlate, sono di matrice preindoeuropea di tipo mediterraneo; i baschi, la cui lingua si è conservata fino ai giorni nostri, discendono direttamente dalla popolazione europea del Paleolitico superiore. La prima invasione di genti indoeuropee si fa risalire alla discesa da Nord delle orde celtiche avvenuta in due epoche ben distinte: prima intorno al VII-VI sec. e poi nel V-VI sec. a.C.. I celti non diventeranno mai egemoni in Occitania, se non in Alvernia, ma si mescolarono e amalgamarono con le popolazioni locali, portando alla comparsa dei celto-liguri e dei celto-iberi. Altri insediamenti di popolazioni indoeuropee sono rappresentati dalle colonie greche di Marsiglia, Nizza, Antibes e Agde. I greci arrivarono sul territorio a partire dal 600 a.C., ma non si allontanarono troppo dalla costa dove diffusero le culture della vite, dell'olivo e di alcune specie di alberi da frutto. I veri colonizzatori linguistici, politici e culturali furono i romani, giunti nel 123 a.C. su invito dei greci di Marsiglia minacciati dai celto-liguri. Venuti dall'Italia riorganizzarono il paese fondandovi nuove città, pur senza alterare radicalmente la realtà presente: saranno piuttosto le popolazioni locali che si "romanizzeranno" adottando rapidamente usi, costumi e lingua degli invasori. In tempi successivi si mescolarono al già intricato substrato occitano scarsi elementi germanici (goti e franchi) e semito-camitici (ebrei e arabo-berberi).
LA STORIA PIÙ RECENTE Col tratto distintivo della propria lingua la nazione occitana si presenta consolidata (ved. La storia più antica) fin dagli albori del secondo millennio e rimarrà, dal punto di vista della popolazione, relativamente stabile e omogenea fino al XIX secolo. La rivoluzione francese, riorganizzando l'intero Stato con spirito accentratore, inaugura un nuovo movimento migratorio occitanico: le popolazioni del sud vengono declassate e impiegate nella "bassa burocrazia statale". Con la rivoluzione industriale, a questo flusso emigratorio, si aggiunge quello verso le fabbriche del Nord che, impiegando le recenti innovazioni tecnologiche, hanno avuto il sopravvento, su quelle più arretrate del Midi. Il capitalismo francese richiede sempre un numero più cospicuo di maestranze meridionali. In l'Occitania viene attuato un programma di insegnamento massiccio della lingua francese (l'unica ammessa dal potere di Parigi) che dà frutti sorprendenti: agli inizi del '900 il suo tasso di scolarizzazione è già superiore a quello della Francia etnica. Gli occitani vengono così "disoccitanizzati", rendendoli sempre più simili ai cugini del Nord. Complessivamente, in un secolo e mezzo, l'Occitania ha perso più di tre milioni di abitanti. Queste pesanti perdite (a cui si sommano i 500 mila occitani morti durante la prima guerra mondiale e tutti quelli deceduti nella seconda guerra mondiale e poi in Indocina e Algeria) sono parzialmente mascherate dall'immigrazione sul territorio di genti ancora più povere: italiani e spagnoli e poi ancora portoghesi e nord africani, che si sono sostituiti agli occitani partiti verso le fabbriche settentrionali. A partire dal secondo dopoguerra questo flusso immigratorio dagli Stati limitrofi si è fortemente attenuato, continuando in modo massiccio il flusso di nordafricani: si tratta principalmente degli ex-coloni francesi ritornati in Europa in seguito all'indipendenza ottenuta dallo Stato algerino (1962) e da migliaia di magrebini che fuggono dalle difficili realtà economiche e politiche locali. A questi si somma un forte flusso migratorio proveniente dall'Africa nera, dai T.O.M., D.O.M. e ex-colonie francesi, oltre ad un sempre più cospicuo numero di disadattati provenienti dal mondo intero. Negli ultimi anni l'Occitania ha dunque conosciuto in modo rilevante il fenomeno della globalizzazione, assistendo a un forte e inarrestabile fenomeno di mescolamento raziale, spesso fonte di insofferenza da parte delle popolazioni locali e di tristi episodi di violenza. |
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