GLI STRUMENTI
DELLA BANDA
Flauto
Il
flauto è uno strumento antichissimo, che nel corso del tempo ha subito
trasformazioni significative, attraverso una evoluzione che ha coinvolto
materiali e forme fino a farlo diventare lo strumento che oggi conosciamo.
Proprio per questo mi sembra doveroso cercare di riassumere la sua storia,
definendone i momenti principali.
Tutti i popoli delle civiltà antiche hanno adottato strumenti a fiato simili al
flauto dei giorni nostri; flauti diritti e traversi furono usati dagli antichi
Cinesi ("Jo" e "Tsche"), dagli Egizi ("Mem" e "Sebi"), dagli Indiani ("Suffarah").
E' nell'antica Grecia che il flauto acquista un importante valore artistico,
grazie alla diffusione di due diversi flauti: il "Flauto di Pan", formato da un
numero di canne inizialmente variante da tre a nove, digradanti in lunghezza,
chiuse da un lato e unite dalla cera, e altri tipi di flauti definiti
genericamente "aulos", che ebbero maggiore diffusione del flauto di Pan; questi
aulos si dividevano in "monauli", formati da una sola canna, e "diauli", formati
da due canne divergenti ma con un'unica imboccatura. La costruzione di questi
flauti fu imitata dai Romani, che chiamarono gli aulos col nome di "Tibie",
essendo spesso costruiti con le tibie degli animali, oltre che con canne, legno
e avorio.
L'utilizzo delle tibie viene a decadere con l'avvento del Cristianesimo e con il
conseguente sviluppo della musica vocale-corale: gli strumenti musicali
ricordano i riti pagani, e vengono quindi abbandonati. Per il flauto si apre
così un periodo di abbandono che si accentua durante il Medioevo.
La rinascita del flauto ha luogo nel 1300, specialmente in alcuni paesi
dell'Europa occidentale e centrale (dove l' uso delle tibie non era stato del
tutto accantonato), con l'apparire di alcuni flauti detti "diritti" oppure "a
becco", così detti per la caratteristica dell'imboccatura, chiamati anche
"Flauti dolci" per il loro suono dolce e vellutato: avevano otto fori, con
quello più alto situato sul dorso dello strumento e quello più basso chiuso con
una chiave; curiosamente, non era stabilita l'esatta posizione delle mani per la
tenuta dello strumento, e ogni strumentista poteva scegliere quella a lui più
congeniale. La denominazione romana di questo strumento non è più tibia, ma
"Flauto", derivato dal latino flatus-flare (soffio-soffiare) o secondo alcuni
storiografi dalla combinazione delle tre note fa-la-ut.
Simili al flauto a becco sono il "Recorder", diffusosi in Inghilterra verso il
1350, e il "Flageolets", che compare in Francia nel 1500. Nello stesso periodo
il flauto dolce si sviluppa in Italia, specie a Firenze e Venezia dove sorgono
fabbriche di importanza europea, e intorno a questo strumento comincia a fiorire
una vasta letteratura musicale.
Contemporaneamente ai flauti diritti erano apparsi anche altri strumenti detti
"Flauti Traversi" o "Traversieri": si suonavano in posizione trasversale da
destra a sinistra, si costruivano di bossola, con tubo cilindrico di un solo
pezzo e di forma piuttosto tozza; nella parte superiore, chiusa da un tappo, vi
era il foro dell'imboccatura, mentre in corrispondenza delle dita centrali vi
erano altri sei fori. Questi strumenti si erano inizialmente diffusi in Francia,
Germania ed Inghilterra, ma non incontrarono subito il favore dei musicisti:
dovettero passare molti anni prima della loro completa affermazione.
Caratterizzati da un suono brillante e timbrato, acquistarono notevole notorietà
soprattutto grazie all' utilizzo nelle fanfare militari della Svizzera, le cui
truppe mercenarie , molto richieste dagli stati europei nelle numerose guerre di
allora, ne divulgarono ovunque l' uso.
Con l'avvento del flauto traverso ha così inizio la storia del flauto moderno.
Per la sua costruzione si adoperavano legni pregiati (bossolo, ebano,
granatiglia, cocco) e anche l'avorio, con raffinate guarnizioni di madreperla,
argento, oro.
Dal 1600 in poi lo strumento si evolve continuamente: si comincia a fabbricare
di forma conica per irrobustire i suoni bassi; si suona trasversalmente da
sinistra a destra, cioè nella direzione opposta rispetto a come si suonavano i
primi traversieri; si arricchisce di fori e chiavi per ottenere semitoni e
trilli; viene ideato da Giovanni Gioacchino Quantz il tappo a vite che applicato
alla testata rendeva più facilmente traspositore lo strumento; viene diviso da
Denner nei tre pezzi di testata, corpo e trombino.
All'inizio del 1800 il flauto traverso raggiunge livelli di perfezione grazie a
costruttori eccelsi, come Giovanni Ziegler, operante a Vienna. Ziegler aveva
dotato i suoi flauti di 17 fra chiavi e doppie chiavi, permettendo di suonare
passaggi considerati impossibili e di avere accesso anche alle tonalità più
difficili: tutti i flautisti adottarono questo strumento, definito flauto di
sistema antico.
L'attuale flauto è quello che si basa sul sistema Boehm, o sistema moderno,
frutto di sperimentazioni e modifiche compiute dal flautista e compositore
tedesco Teobald Boehm (1794-1881). Egli si avvalse delle sperimentazioni
compiute in precedenza da un flautista dillettante, William Gordon, il primo ad
usare tubi cilindrici in lega mettallica anzichè in legno ed un meccanismo di
chiavi ad anelli che permetteva di azionare due chiavi con un dito solo. Inoltre
Boehm studiò le leggi acustiche relative alla colonna d' aria vibrante nei corpi
sonori, determinando le proporzioni esatte tra l' aria e il diametro massimo dei
fori; dette forma parabolica all'interno della testata e stabilì la forma e
l'esatta posizione del foro di imboccatura.
Dopo anni di tentativi falliti ed esperimenti, Boehm riuscì a determinare la
giusta struttura dello strumento, lasciando alla testata la forma conica e al
corpo quella cilindrica. Nel 1847 presentò al mondo il suo strumento, la cui
fabbricazione ebbe inizio nel 1855 per opera delle ditte "Godfroy & Lot" di
Parigi, e "Rudall Carte & C." di Londra. Successivamente vennero apportate
alcune modifiche al flauto Boehm: il flautista francese Van Steenkiste sostituì
la chiave del sol diesis aperta con quella chiusa, mentre il flautista italiano
Giulio Briccialdi ideò la chiave indipendente del si bemolle; al sistema delle
chiavi ad anelli subentrò quello a tastiera, più funzionale; vennero applicate
delle placche di appoggio per le labbra, dette "imboccature", sul foro della
testata, chiusa a sua volta da un sughero, fissato in maniera tale da consentire
le vibrazioni della colonna d'aria e di regolare l'intonazione dello strumento.
Oboe
Descrizione
non disponibile.
Clarinetto soprano
Il
clarinetto primitivo o " Chalumeau " (strumento ad ancia battente semplice con
sette fori, derivato dalla" cennamella" franco-sveva) aveva l'estensione divisa
in due scale: una di suoni fondamentali, l'altra di armonici, in due diverse
tonalità (do, sol) che si ottenevano mediante una pressione maggiore delle
labbra sull'ancia.
La tecnica poi con cui l'ancia veniva applicata sullo Chaumeau non permetteva la
produzione degli armonici che accidentalmente.
Tali imperfezioni, assieme al fatto che mancavano le tre note di congiunzione
delle due scale e all originalità del fenomeno acustico che si manifestava in
tubi cilindrici ad ancia battente come appunto lo Chalumeau, indussero il
fabbricante di strumenti a fiato in legno Giovanni Cristoforo Denner (Lipsia
1655; Norimberga 1707) a compiere delle trasformazioni sullo strumento che
determineranno la nascita del Clarinetto.
- 1690 Denner costruì uno strumento con 8 fori e 2 chiavi , una per gli armonici
e l'altra per il "La in secondo spazio". Sostituì il pezzo dell'antica
imboccatura con un bocchino ed un'ancia staccata e ben smussata simili a quelli
attuali. L'ancia e il bocchino erano congiunti con uno spago.
- 1701 Il Denner, che intanto era diventato un eccellente clarinettista ,
ripresenta lo strumento con nuove aggiunte e modifiche che consistevano:
- nell'avvicinamento dei fori all'imboccatura
- nello spostamento del foro di risonanza col sistema del tubettino di metallo
- nel sostituire una parte del corpo dello strumento con un "barilotto" per
l'intonazione
- nell'introduzione della "campana" o padiglione per la sonorità delle note
discendenti
Questo primo clarinetto era intonato in Do. Quelli in altre tonalità sono da
considerarsi una derivazione di questi di primo tipo. L'estensione di questo
strumento, discontinua per la mancanza di alcuni semitoni, era formata da due
scale di differente carattere e agganciare fra di loro da tre suoni medi. La
prima scala, detta anche dei suoni fondamentali, prese il nome di chalumeau per
la grande somiglianza nel timbro con l'omonimo strumento, la seconda degli
armonici si chiamò danno per la chiarezza dei suoni, molto simili a quelli del
Clarino medioevale.
Il "Ciarino", nel '500 era chiamato anche Tromba acuta e faceva parte della
famiglia delle, trombe, era in metallo e aveva la cameratura conica. Nonostante
fosse in metallo aveva un suono dolce rispetto agli altri strumenti dell'epoca.
Monteverdi nell'Orfeo (1607) ne adoperò cinque. Venne usato in orchestra fino
alla metà del '700, poi lentamente scomparve del tutto perché sostituito dal
clarinetto. Il clarinetto quindi era all'epoca uno strumento interessante
poiché, a differenza degli strumenti ad esso affini (ad ancia) che avevano un
timbro nasale, opaco, aveva un registro brillante e molto vicino agli ottoni che
erano di timbro chiaro. Il clarinetto presentato dal Denner non poteva chiamarsi
completo per la mancanza di alcune note come il Sol# basso, il Re# in IV rigo,
il Si naturale in III rigo.
Numerosi e utili furono i tentativi di fabbricanti e clarinettisti per colmare
queste lacune, aggiungendo nuove chiavi o perfezionando quelle esistenti. Nel
1760 il figlio di Denner, Jacob, allungò il tubo e aprì un altro foro, che
grazie ad una lunga leva permetteva allo strumento l'emissione dei Mi grave ed
il suo armonico Si in III rigo.
Più tardi il clarinettista Giuseppe Beer (1744-1781) aggiunse la seconda chiave
lunga, parallela alla prima, per il Fa# grave e il suo armonico Do#, e un'altra
chiave, detta a paletta, per il Sol# grave e il Re# in IV rigo.Si ebbe così il
clarinetto a 5 chiavi con la scala cromatica completa. Il legno usato era il
bossolo. Anche dopo queste ultime indispensabili aggiunte, il clarinetto
rimaneva ben lontano dalla tollerabilità: difficoltà di maneggio,
difetti d'intonazione, sonorità fioca e ottusa. Nel 1701 Giovanni Saverio
Lefevre (1763-1829) applicò una sesta chiave per ottenere una più giusta
intonazione e una migliore sonorità del Do# sotto il rigo (e del Sol# sopra il
rigo) che fino a quel momento si ottenevano col mezzo foro dell'anulare sinistro
oltre che con la posizione alternata che era stata abbandonata perché peggiore.
In tal modo Lefevre impostava compiutamente il
clarinetto moderno.
Il suo ciclo evolutivo comunque non si arrestava. Nel 1808 Jaques Francois
Simiot, fabbricante di Lione, aggiunse alcune chiavi per i trilli, ma vennero
presto abbandonate per poca praticità.
All'inizio del secolo XIX il clarinetto, pur avendo conquistato le migliori
simpatie fra i maestri e il pubblico, si presentava ancora difettoso nella
meccanica, nell'intonazione e nel timbro.
I tentativi isolati di fabbricanti e professionisti non apportavano i vantaggi
che si volevano conseguire, anzi, il più delle volte avveniva che, mentre
intenti a rimediare un difetto ne producevano un altro. Soltanto il celebre
clarinettista russo Ivan Muller riuscì a presentare nel 1810 all'Accademia delle
Arti di Parigi un clarinetto a 13 chiavi che risolveva in pieno quasi tutti i
problemi fino allora dibattuti. Fu però bocciato "volutamente" dalla
commissione dei tecnici, nominata dall'Accademia delle Arti di Parigi, cui era
presidente Lefevre. Soltanto più tardi si capì la portata di questa nuova
proposta tanto che questo clarinetto fu adottato da tutti i professionisti
dell'epoca (20 fori e 20 chiavi).
Altri tentativi per migliorare la meccanica dei clarinetto furono quelli del
clarinettista parigino allievo di Lefevre, César Jassen, che nel 1823 applicò
alle prime quattro chiavi un piccolissimo cilindro scorrevole che serviva a
favorire lo strisciamento dei mignoli nel passare da una chiave all'altra.
Poco a poco il clarinetto andava assumendo la sua forma definitiva fino a quando
nel 1839 Luis Auguste Buffet applicò allo strumento i principi ideati dal Bohm
per il flauto, perfezionando tale applicazione nel 1842; ma il sistema Bohm per
intero fu applicato negli anni successivi e ulteriormente assestato dal
Mollenhaur nel 1867.
Tralasciando altri dettagli, ricordiamo che si ebbero clarinetti tagliati un po'
in tutte le tonalità. Con il sistema Bohm, che permetteva una ben diversa
agilità, le tonalità si ridussero al Sib e al La.
Clarinetto basso
Il
clarinetto basso costituisce, come appunto dice il suo nome, il basso della
famiglia dei clarinetti. Deriva direttamente dal clarinetto soprano ma è
accordato ad un’ottava più bassa. Viene costruito nelle tonalità di Do-Sib-La.
La sua forma differisce da quella degli altri clarinetti per la sua maggiore
lunghezza. La cameratura è perfettamente cilindrica. Il bocchino è unito allo
strumento per mezzo di una ritorta forma di "S". La parte terminale è costituita
da una campana curvata in alto di fronte allo strumento.
La gamma di estensione è la stessa del clarinetto soprano, naturalmente
all’ottava più bassa.
La grave estensione di questo strumento è in contrasto con la sua moderata
lunghezza che è soltanto di 105 cm dal bocchino alla campana, ciò in rapporto
per esempio al fagotto che pur avendo la stessa è il doppio. La spiegazione di
ciò sta probabilmente nel diverso principio di produzione del suono con l’ancia.
Sulle origini del clarinetto basso i pareri sono vari e discordi fra loro
soprattutto in relazione ai presunti inventori.
La versione più accreditata è comunque quella che indica in Heiurich Greuser,
stimato costruttore di strumenti musicali soprattutto per i suoi eccellenti
fagotti , vista la grande popolarità raggiunta in quel tempo dal corno bassetto,
pensò di fornire la famiglia dei clarinetti i un basso proprio. Costruì così la
prima volta questo strumento nel 1783 o, secondo alcuni, nel 1793 . Questo primo
tentativo aveva la forma di un fagotto, munito di 9 chiavi e tagliato in La.
Altre fonti attribuiscono l’invenzione del clarinetto basso a Teodoro Lotz di
Presburgo, altre invece al francese Gilles Lot che lo chiamava Basse-Tube.
Il primo clarinetto basso in Sib venne costruito da Giuseppe Hulman di Vienna.
Questo strumento, che Hulman chiamava Corno Bassetto Basso, aveva 23 chiavi e
una forma più evoluta rispetto a quella dello strumento di Crousar: la campana
infatti era rivolta verso l’alto e il bocchino era unito allo strumento per
mezzo di una ritorta piegata quasi ad angolo retto all’indietro. Nel 1828,
Giorgio Streitwolf di Gottinga , costruì un clarinetto basso in Do a 19 chiavi e
successivamente anche in Sib.
Fu Adolfo Sax , lavorando sui modelli di Greuser e Streitwolf, che perfezionò lo
strumento e riuscì a introdurlo nell’orchestra dell’Opera di Parigi. La prima
apparizione del clarinetto basso (in Do) in orchestra avviene nel 1836 e
precisamente nel V° atto degli Ugonotti di Meyerbeer, successivamente della
Dinorach e nel Profeta sempre dello stesso autore. In Italia il clarinetto basso
fece la sua prima apparizione nel 1838 al Teatro di Modena, la sua costruzione
opera di Maino di Milano era diversa da quella del clarinetto di Sax.
Dopo Meyerbeer fu Wagner a scrivere per clarinetto basso nel Tannhauser (in
chiave di Sol). Wagner dal Lohengrin in poi scriverà la parte di clarinetto
basso in chiave di Fa. A tutt’oggi Wagner è il compositore che forse più di ogni
altro ha saputo usare questo strumento nell’orchestra .Un altro grande
compositore che usò regolarmente il clarinetto basso fu Giuseppe Verdi che lo
impiegò nella Forza del Destino (atto 1V°) , nel Falstaff (atto 1110) , per
citare alcuni fra i passi più importanti.
Sax
Il
sassofono o semplicemente sax è uno strumento musicale ad ancia della famiglia
degli aerofoni (legni). Fu inventato da Adolphe Sax nel 1841 e brevettato il 22
giugno del 1846. Ha avuto una grandissima e veloce estensione in gran parte
della musica grazie alle sue doti di espressività e duttilità. É stato quasi uno
strumento simbolo nel jazz, nelle bande militari americane e nelle orchestre
tradizionali (da notare il solo per sax alto di Mussorgsky "The old castle" del
1874).
Tipi di sassofono
Esistono diversi tipi di sassofono. I più comuni sono, in ordine decrescente di
altezza il sassofono soprano, il sassofono contralto, il sassofono tenore e il
sassofono baritono. La varietà però è più ampia, e comprende: sopranino Mib
(diritto e corto, emette suoni molto acuti), soprano Sib (può essere diritto o
curvo, emette suoni acuti), contralto Mib (maggiormente usato per lo studio),
tenore Sib (il classico sassofono che si vede alla tv, spesso usato, soprattutto
nel jazz), baritono Mib (molto grosso, emette suoni molto gravi), basso Sib e
contrabbasso Mib (l'utilizzo di questi ultimi due è molto limitato). I sassofoni
di misure diverse possono suonare in registri differenti. Il sax baritono, per
esempio, suona note più basse di un sax tenore, ed un'ottava più in basso di un
sax contralto
Anatomia dello strumento
Il sax proviene dal clarinetto come suggerisce la somiglianza di forma tra un
clarinetto basso e il sax. Dopo la forma base del clarinetto si sono
sperimentati clarinetti a 24 chiavi e clarinetti bassi completamente in ottone,
fino ad arrivare al sax. É composto da quattro parti principali: il bocchino, il
collo, il fusto e la campana. Ad una estremità è posto il bocchino, al quale si
appoggia un'ancia di legno che serve, vibrando, a produrre le onde per emettere
il suono; il bocchino a sua volta si adatta al sughero sul collo ed entrambi
vengono inseriti in cima al fusto.
Il bocchino è realizzato in ebanite (sonorità dolce), in metallo (suono
aggressivo) e in tonolite. In passato furono usati anche il legno ed il vetro.
Tecnica
Il sassofono è uno strumento traspositore, ovvero le note sulle chiavi suonano
una terza minore sopra (per i sassofoni in Mib) o un tono sotto (per quelli in
Sib). Per esempio un Do suonato su un sax tenore corrisponde a un Sib reale,
mentre un Do suonato su un sax contralto corrisponde a un Mib reale.
In un sassofono, l'apertura indica lo spazio lasciato fra la punta dell'ancia e
la punta dell'imboccatura. Con "maggiore apertura" il sax produce un suono più
aggressivo e il sassofonista può lavorare molto sul suono (effetti sonori che
nel jazz spesso si sentono). Con una minore apertura invece, il suono è molto
più dolce e il sassofonista ha minor difficoltà a suonare. Questo tipo di
bocchino solitamente manca un po' di "personalità", ma è necessario avere un
bocchino di questo genere per dei brani classici che solitamente richiedono
costanza, dolcezza e linearità.
Tromba
La
tromba è uno strumento musicale della famiglia degli aerofoni. È il più alto del
registro degli altri ottoni nella stessa famiglia. Il musicista che suona la
tromba è chiamato trombettista.
Origini: il più antico strumento simile alla tromba è stato trovato in Egitto,
ed era utilizzato prevalentemente per scopi militari. Un'antenata della tromba è
la buccina, uno strumento a fiato usato dai Romani per impartire ordini alle
milizie. È realizzata in bronzo, e non ha tasti. Nelle forme primitive era
costituita da un tubo dritto, poco agevole durante il trasporto e l'esecuzione.
L'estensione dello strumento era limitata agli armonici della nota fondamentale
prodotta quindi le diverse note suonate potevano indicare diversi comandi che le
truppe dovevano eseguire. Nelle versioni successive esso venne ripiegato su se
stesso, ottenendo uno strumento facilmente trasportabile.
Dopo diversi tentativi di estendere la gamma di note emesse, e molti celebri
fallimenti, verso il 1820 furono applicati i pistoni, che consentivano
finalmente di eseguire sullo strumento tutta la scala cromatica, fino al limite
fisico di circa tre ottave.
Fabbricazione: la tromba è costruita partendo da una spirale grezza in ottone.
Sebbene la sezione dello strumento sia di forma cilindrica, essa è assemblata
con una complessa serie di segmenti conici, partendo dalla sezione più stretta,
quella vicina all'imboccatura, e finendo al collo che precede la svasatura della
campana. Vengono saldate le sedi dei pistoni e tutti i rinforzi che le
conferiscono maggiore rigidità.
La campana, può essere realizzata in due modi differenti che caratterizzano il
livello qualitativo dello strumento. Nei modelli economici, o da studio, essa è
composta da due pezzi, quindi saldata allo strumento. Questa saldatura è
facilmente visibile all'interno dello strumento, dove svanisce la conicità della
campana. Nei modelli professionali invece la campana è ottenuta da una lamina
unica con il corpo. Questo processo più complesso, consente di creare strumenti
con maggiore risonanza, ed una resa sonora complessivamente migliore. Dopo tutte
le saldature, la tromba piò essere laccata o argentata.
Il suono: il suono viene prodotto insufflando aria nello strumento per mezzo
delle labbra a contatto con il bocchino, in modo che vibrando esse producano un
fine ronzio. Il trombettista può scegliere la nota da emettere, fra un insieme
di tonalità fondamentali e armonici modificando il flusso dell'aria immessa e la
pressione delle labbra sul bocchino. I pistoni permettono di modificare il
percorso dell'aria nello strumento, alterandone la lunghezza e quindi variando
la tonalità emessa. Con i soli tre tasti della tromba standard in Sib, un
trombettista può suonare in ogni chiave.
Il bocchino permette al musicista un comodo appoggio delle labbra allo strumento
senza toccarlo, e consente di contenere il diametro della tromba. Il suono viene
emesso dallo strumento per mezzo della campana.
La tromba è molto simile al flicorno, che ha la campana più pronunciata e un
suono più dolce, ma lavora sulle stesse tonalità. La tromba piccola suona ad un
ottava più in alto rispetto alla tromba. Ci sono anche trombe con i pistoni
rotanti, di origine tedesca, così come tromba basso, soprano e barocca.
Tonalità
La tromba è uno strumento prodotto in molte tonalità. La più diffusa è la tromba
in Sib, seguita da quella in Do, in Mi e quindi in Re. In molti paesi, fra cui
gli Stati Uniti e gran parte dell'Europa, la tromba in Do è tuttora quella in
uso nelle orchestre. L'estensione della tromba in Sib, parte dalla nota scritta
Fa# fino al Do centrale e sale fino al due ottave e mezza in alto: la nota più
alta solitamente consentita è scritta come Do (suona Sib), sebbene si possano
ottenere note più alte. In alcuni dischi jazz è possibile ascoltare trombettisti
che eseguono note estremamente alte, per questo strumento.
La tromba piccola (o trombino) è solitamente in Si e La, e la sua tonalità è
chiara e metallica. Molti di questi strumenti hanno quattro valvole, invece che
le solite tre: lo strumento ha una nota fondamentale bassa, e con la valvola
aggiuntiva esso può raggiungere note che sarebbero impossibili con tre valvole.
La tromba basso lavora a frequenze simili a quelle del trombone, per questo
motivo sono i trombonisti a suonare questo strumento.
Riferimenti biblici
Le citazioni della tromba nella Bibbia parlano di strumenti con forme molto
differenti, e costruite con materiali diversi. Alcune furano costruite in
argento, ed erano utilizzate dai sacerdoti per annunciare le festività e per
comunicare i segnali di guerra.
Alcuni esemplari di tromba indicati erano realizzati con le corna di un ariete.
Venivano suonate per segnalare eventi particolari, o particolari eventi
climatici. Questo tipo di tromba è tuttora in uso in alcune cerimonie Ebraiche.
Trombettisti celebri
Al giorno d'oggi la tromba è suonata in quasi tutti i generi musicali, compresa
musica classica, jazz, blues, pop music, ska, e funk. Ecco alcuni nomi fra i più
noti: Louis Armstrong, Miles Davis, Doc Severinsen, Jon Faddis, Maynard Ferguson,
Chet Baker, Philip Smith, Wynton Marsalis, Arturo Sandoval, Maurice André,
Sergei Nakariakov e gli italiani Enrico Rava e Paolo Fresu.
Trombone
Il
Trombone è uno strumento musicale della classe degli aerofoni, sottoclasse
ottoni. Nella versione moderna e più comune è noto come trombone a tiro o
trombone a coulisse, ed è caratterizzato da una pompa mobile ("coulisse" o
"tiro") a forma di U che unisce due tubi paralleli ed è in questo modo
allungabile modificando il percorso dell'aria e l'intonazione dell'armonico di
base. Esiste anche il trombone a pistoni che è strutturato sul medesimo
principio della tromba. Il musicista che suona il trombone è chiamato
trombonista.
Breve storia del trombone
Il trombone fu il primo tra gli ottoni a disporre degli armonici nelle sette
posizioni degli attuali strumenti a pistoni, e di conseguenza della scala
cromatica, grazie alla coulisse, per cui veniva in origine considerato il più
perfetto degli strumenti a bocchino.
Le prime notizie del trombone risalgono alla seconda metà del XV secolo quando
venne raffigurato nel dipinto di Filippo Lippi "L'assunzione della vergine"
(affreschi in Santa Maria sopra Minerva a Roma), ed anche in un opera del
Perugino conservato all'Escuriale vicino a Madrid. Allora lo strumento aveva già
l'aspetto del trombone moderno, ma la conicità dei canneggi era meno accentuata
e la campana era molto piccola rispetto allo strumento moderno. L'intonazione di
base del trombone era il La, ed i principali artigiani costruttori dello
strumento si trovavano nelle Fiandre e a Norimberga.
Trombone tenore in Sib
All'inizio del XVII secolo Micheal Praetorius illustrò ed elencò, nel suo "Syntagma
musicum", quattro versioni del trombone: "Alt Posaune" (simile al trombone
alto), "Cemeine Posaune" (il moderno tenore), "Quart" e "Quint-Posaunen"
(intonati una quarta e una quinta sotto il tenore), e "Octav Posaune" (simile al
trombone basso, intonato una ottava sotto il tenore). Nel 1607 l'orchestra
dell'"Orfeo" di Claudio Monteverdi comprendeva cinque tromboni dal differente
registro.
Il trombone si sviluppò nel tempo, essendo utilizzato principalmente in piccoli
gruppi e nella musica sacra, e non divenne parte integrante dell'orchestra
sinfonica fino al XVIII secolo quando fu adottato da Christoph Willibald Gluck
(Ifigenia in Tauride), Francois Joseph Gossec e anche Wolfgang Amadeus Mozart
(come per esempio nel Don Giovanni o addirittura in assolo nel "Tuba mirum" del
suo Requiem). In questo periodo e fino alla prima metà del XIX secolo, il
trombone fu usato molto dalle bande militari tedesche: questo contribuì a
modificarne l'intonazione di base da La a Sib, allargarne il canneggio, e ad
introdurre la ritorta per abbassare l'intonazione in Fa.
Il trombone moderno era oramai sviluppato e diffuso, tanto da essere molto
utilizzato da Johannes Brahms, Richard Strass e Richard Wagner. I compositori
avevano a disposizione uno strumento completo e versatile al punto che Hector
Berlioz affermò fra l'altro che lo strumento era capace di esprimere un ampio
spettro di suggestioni sonore, dal "calmo e posato accento religioso" al
"clamore selvaggio dell'orgia". Nel seguito del XIX secolo i compositori lo
utilizzarono in maniera più stereotipata, come rinforzo di voci basse e armonie
di insieme, anche se autori come Ludwig van Beethoven, Carl Maria von Weber e
Gioacchino Rossini lo tennero in buona considerazione. Solo con l'avvento della
musica da ballo e lo swing nel XX secolo il trombone ha avuto di nuovo spazio
negli arrangiamenti e negli assoli. In questo periodo un forte stimolo allo
sviluppo della tecnica e delle potenzialità espressive dello strumento fu dato
da musicisti jazz come ad esempio Tommy Dorsey. Attualmente il trombone è
utilizzato nei più vari generi muicali, dalla musica classica, al jazz, dalla
salsa allo ska, dal funk alla musica militare.
Corno
Corno
primitivo. Il corno moderno ha tratto le origini ed il nome dallo strumento, in
uso tra i popoli antichi, costruito con corna d’animali. Si apprende dalla
Bibbia che lo Sciofar era uno strumento fatto con corna di ariete e si usava nei
riti ebraici;
nel Medio Evo, nelle grandi caccie, le mosse dei cacciatori erano regolate da
strumenti fatti con corna di bue o d’altri animali. In seguito simili strumenti
vennero costruiti di legno, di vetro, d’avorio. Tra il secolo XVI e XVII venne
adottata la forma piegata in più giri, servendosi di metalli, per lo più bronzo
e rame.
Solo nel secolo XVII il corno cominciò ad acquistare importanza musicale.
Forma piegata. La nuova forma dello strumento, che sembra di origine parigina,
consisteva in un tubo formante due giri sovrapposti. Da una parte finiva con un
piccolo padiglione (o campana) che più tardi venne ampliato per migliorare la
sonorità dello strumento, mentre dall’altro vi si innestava un bocchino a forma
d’imbuto per ottenere un suono più dolce di quello della tromba. Nel suonare, la
campana era volta verso l’alto e per la costruzione dello strumento si usava
dapprima il bronzo, poi il rame, ed infine l’oricalco, lega metallica analoga
all’ottone, donde il nome di oricalchi agli strumenti metallici a bocchino.
Ritorte, puntine e pompa. I primi corni erano costruiti nelle tonalità elevate,
fino a raggiungere quella di Re acuto, cioè una sesta sopra il normale corno
moderno tagliato in Fa. Si usavano nelle grandi caccie col nome di Trompette de
chasse e anche Cor de Chasse (corno da caccia). Tra la fine del XVII secolo ed
il principio del XVIII secolo, il corno venne costruito, oltre che nei toni
acuti, anche nei medi e nei gravi, allo scopo di poter eseguire i suoni naturali
nelle diverse tonalità. Questo corno si chiama corno naturale o a squillo. Per
eliminare l’inconveniente che uno stesso suonatore dovesse usare in orchestra
parecchi di questi strumenti, vennero adottati alcuni pezzi di ricambio,
chiamati ritorti o ritorte per la loro forma curva o circolare. Tali ritorte, in
seguito perfezionate dal cornista Giovanni Hampel di Dresda e dal fabbricante
Kornier di Vienna, venivano inserite in capo allo strumento in modo che, secondo
la grandezza della ritorta, senza cambiarlo si poteva variare l’accordatura
discendendo per progressione cromatica dal Si acuto fino al La bemolle grave.
Per ottenere un’intonazione migliore si usavano dei cannellini (o puntine)
applicati al bocchino; in seguito vennero sostituiti da una pompa posta nel
centro dello strumento. Questa pompa si poteva allungare od accorciare
proporzionalmente alle stesse ritorte e si otteneva così un’intonazione molto
più precisa.
Corno a mano. Fin dal 1740 circa il cornista Antonio Hampel riuscì ad ottenere i
suoni cromati del registro acuto, medio e qualcuno pure del registro grave
mediante l’introduzione della mano nel padiglione. Da questo artificio derivò la
necessità di tenere lo strumento colla campana all’ingiù in modo da poter più
liberamente e agevolmente muovere la mano. I suoni così ottenuti si chiamavano
tappati (anche stoppati, perché talora si usava uno stoppaccio di cotone) e più
comunemente tufati in opposizione ai suoni che erano del tutto aperti. In
Italia, ora, questi suoni si chiamano chiusi, in Germania gestopft, in Francia
bouchés.
Corno doppio e Corno a chiavi. Il M° Clagget di Londra (1770), per aumentare le
risorse foniche del corno di allora, immaginò e fece costruire uno strumento in
Mi bemolle unito ad un altro in Re; a mezzo d’un pistone la colonna d’aria
poteva passare da uno strumento all’altro e si ottenevano così i suoni naturali
dei due corni in Mi bemolle e Re. Nella stessa epoca il fabbricante russo
Kobbels costruì un corno cromatico a sei fori con altrettanti tasti; tale
strumento venne poi chiamato Corno di Kent perché fu introdotto nell’esercito
inglese dal Duca di Kent. Un tal Pini di Parma costruì un corno a otto tasti,
ottenendo così i suoni aperti e cromatici.
Corno a macchina. Verso il 1813 il cornista Stolzel e il fabbricante Bluhmel
aggiunsero al corno semplice un meccanismo così importante che iniziò una vera
riforma dello strumento. Il Blò hmel aggiunse al corno due tubi fissi di
prolungamento (chiamati comunemente pompe) per allungare ed accorciare la
colonna d’aria dello strumento. Queste pompe comunicano col corno naturale a
mezzo di due pistoni ideati dallo Stolzel. Dal nuovo meccanismo si otteneva la
scala cromatica, a suoni aperti, nelle due ottave superiori. Il terzo pistone fu
aggiunto dal fabbricante Muller di Magonza e dal Sattler di Lipsia, per
completare l’estensione dello strumento.
Per ottenere un movimento più pronto, i pistoni vennero poi sostituiti dai
cilindri; tale invenzione si deve ai fabbricanti Riedl di Vienna e Sax di
Bruxelles.
Da principio la macchina era posta dalla parte della campana, ma siccome ciò
impediva l’uso della mano per i suoni chiusi e l’impiego della sordina, si pensò
di applicarla dalla parte opposta. Con tale disposizione i cilindri agiscono a
mezzo della mano sinistra, mentre la destra ha la massima libertà di movimento.
Si noti che tanto i pistoni quanto i cilindri producono lo stesso effetto
parziale e complessivo. Verso il 1830 Riedl ideò un corno a pistoni doppi, cioè
a due pistoni di abbassamento per ogni tubo addizionale. Ai pistoni applicò
delle leve che rimanevano fisse come i pedali dell’arpa; lo strumento così
costruito fu detto Corno a stantuffo. Sax invece immaginò uno strumento a
sistema di accorciamento.
Il meccanismo era formato da sei pistoni indipendenti che, essendo di
accorciamento, alzavano il suono così: il 1° pistone di tre toni, il 2° di due e
mezzo, il 3° di due, il 4° di uno e mezzo, il 5° di uno e il 6° di un semitono.
Però questi due strumenti incontrarono poco favore per la loro scarsa praticità.
Lunghezza del canneggio del Corno in Fa. Il corno in Fa, quando è indipendente
dai cilindri (corno naturale), ha una lunghezza di metri 3,78; il 2° pistone lo
allunga di circa 18 centimetri, il 1° di 38 e il 3° di 56. Lo strumento, usato
nella settima posizione, cioè coi tre pistoni abbassati, viene quindi ad avere
una lunghezza totale di quasi 5 metri.
Corno a doppia tonalità. Il Corno attuale è a cilindri e viene comunemente
chiamato Corno a macchina per distinguerlo dall’antico che si chiama Corno a
squillo oppure a mano ed anche Corno naturale. Lo strumento che viene oggi
maggiormente adoperato dai professionisti è quello doppio, in Fa e Si bemolle
acuto. Questo corno è formato da 8 pompe e da tre cilindri doppi che agiscono a
mezzo di tre tasti. Un quarto cilindro, oppure, secondo il sistema di
fabbricazione, un pistone, ch’è di accorciamento, serve al cambiamento di
tonalità. Se il pistone è chiuso, cioè in posizione naturale, lo strumento è in
Fa; se invece il pistone è abbassato, lo strumento è in Si bemolle acuto. Le tre
pompe più grandi, che formano il Corno in Fa, sono disposte sopra le tre che
costituiscono quello in Si bemolle.
Nel corno doppio Fa e Si bemolle si adopera un’altra pompa, che a mezzo d’un
quinto cilindro fatto agire da un tasto, abbassa lo strumento di un semitono,
passando così dal tono di Fa-Si bemolle (acuto) al Mi-La (acuto). L’insieme di
questo strumento a 5 cilindri può essere definito benissimo come corno a
quadrupla tonalità.
Epoca dell’introduzione del Corno in Orchestra. Fino dalla seconda metà del
secolo 17° il corno faceva parte degli strumenti d’orchestra, specialmente in
Germania e in Francia. Giovan Battista Lulli (1633-1687) introdusse due corni
nella sua opera La Princesse d’Elide (Accademia Nazionale di Parigi, 1664) come
pure Andrea Campra (1660-1744) nell’opera Achille e Deidamia (Teatro dell’Operà
di Parigi, 1735). Le partiture di Alessandro Scarlatti (1659-1725) e del Lotti
(1667-1740) provano che questo strumento anche in Italia cominciava ad avere
importanza musicale all’inizio del XVIII secolo. Successivamente Johann
Sebastian Bach (1685-1750), Handel (1685-1759), Haydn (1732-1809), Mozart
(1756-1791), Beethoven (1770-1827) etc… fino a Rossini (1792-1868), Donizetti
(1797-1848) introdussero successivamente e stabilmente uno, due, tre o quattro
corni in orchestra. Wagner nella trilogia L’Anello del Nibelungo adopera otto
corni in orchestra e talora anche vari altri sul palcoscenico.
Compito del Corno in Orchestra.Il corno naturale, non possedendo che una serie
di suoni limitata e discontinua, non poteva eseguire che qualche fanfara oppure
qualche nota di sostegno armonico. Però, l’invenzione delle ritorte, l’uso della
mano nel padiglione dello strumento e soprattutto l’applicazione dei tre pistoni
diedero al corno un’importanza artistica sempre crescente. I compositori
affidarono a questo strumento parti sempre più importanti e di maggior effetto.
Oltre alla semplice fanfara, fu impiegato a sostenere armonie con suoni dolci
unito ad altri strumenti, lo si fece concertare colle voci e sostenere piani
obbligati. Dal quartetto dei corni si ottennero magnifici effetti, come pure da
certe sonorità ricavate dalla mano nel padiglione.
Concludendo, si può ben affermare che il compito del corno in orchestra è assai
complesso, perché gli sono affidate parti assai varie: lo squillo, il cantabile,
il passo d’agilità, i suoni tenuti e quelli chiusi, ottenuti dalla mano o dalla
sordina.
Euphonium
Nome
dato in Italia al flicorno baritono. Insieme al flicorno basso grave (detto
anche bombardone), rappresenta la famiglia dei flicorni più gravi. L’euphonium è
spesso usato nelle bande e fu costruito per la prima volta a Vienna nel 1820.
Basso tuba
La
tuba è uno strumento musicale a fiato.
Appartiene alla famiglia degli ottoni, con caratteristiche simili alle trombe e
ai corni.
Come la tromba, la tuba ha il tubo raccolto in volute ellittiche e il bocchino
emisferico a tazza, la forma del tubo è conica come nel corno.
Esistente anche in forma particolare da parata caratterizzata da un'ampia
campana diretta in avanti verso il pubblico prende il nome di Sousafono o
Susafono.
Contrabasso
Descrizione
non disponibile
Percussioni ritmiche
La
batteria jazz è l'insieme di strumenti suonati da un solo percussionista,
comprendente una grancassa a pedale, alcuni tamburi, piatti e altri strumenti.
La moderna batteria nacque quando un solo musicista iniziò a ricoprire la
funzione che precedentemente era svolta da due o tre esecutori.
L'ideazione di questo gruppo di strumenti si deve soprattutto all'evoluzione
della musica jazz.
All'inizio la struttura standard di una batteria comprendeva, oltre ai tamburi,
una quantità di effetti sonori e vari tipi di strumenti di origine etnica come
wood-block, temple-block, campanacci, ecc…, set che veniva usato dai batteristi
per gli spettacoli di varietà, le commedie o nel cinema muto.
Negli anni cinquanta avvennero due importanti cambiamenti:
· il primo dovuto alle industrie musicali che non costruivano più strumenti a
misura di esecutore, ma iniziarono a produrre batterie con misure standard;
· il secondo cambiamento fu l'esclusione dall'organico del dram-set degli
strumentini usati per gli effetti sonori.
Si ridussero le dimensioni della grancassa a pedale e furono inseriti i piatti a
pedale.
Oggi la composizione di una batteria e la disposizione dei vari componenti è
cambiata rispetto a quella originale.
Di solito comprende:
· una grancassa a pedale;
· un tamburo con corde;
· uno o due Tom Toms;
· un Tom Tom basso da pavimento (Timpano)
· i piatti a pedale Hit-Hat o Charleston;
· diversi piatti sospesi.
Fonte: sito banda
Villacidro