DOMANDE

SUL

KOSSOVO

 

 

Perche' e' nata la guerra?

Qual e' la storia del Kossovo?

Quali obblighi ha l'Italia nella Nato?

La Nato ha violato il diritto internazionale?

Perche' il governo italiano non ha aiutato i kossovari?

Come porre termine alla guerra e ai massacri?

Conosci i retroscena di tutta questa storia?

Non vuoi partire per l'assalto di terra?

- PREMESSA -

Questo dossier e' stato realizzato da PeaceLink per l'autofinanziamento di tutti gruppi attivi nella difesa dei diritti umani e che si battono per la pace in Kossovo e per evitare che si verifichino nuovi massacri. Puo' essere pertanto liberamente fotocopiato e distribuito. Per sostenere PeaceLink: ccp 13403746 intestata ad Associazione PeaceLink, via Galuppi 15, 74010 Statte (TA).

Abbiamo cercato di basare il dossier su fonti e documenti precisi al fine di garantire il piu' possibile l'obiettivita' e la verificabilita' delle informazioni. Lo stile scelto e' quello delle FAQ (frequently asked questions), ossia delle risposte alle domande piu' frequenti. Per segnalare errori, nuove informazioni o modifiche scrivi un messaggio a: kfqma@tin.it

 

Questo dossier e' arricchito e modificato in tempo reale e puo' essere prelevato, con i prossimi aggiornamenti, presso il sito di PeaceLink: http://www.peacelink.it

 

Dossier a cura di Alessandro Marescotti

presidente di PeaceLink

a.marescotti@peacelink.it

kfqma@tin.it

 

- INFORMAZIONI GENERALI -

Dove e' il Kossovo?

Il Kossovo e' una delle regioni della Federazione Jugoslava la quale e' formata, oltre che dal Kossovo, anche dalla Serbia, dal Montenegro e dalla Vojvodina.

Si scrive Kossovo o Kosovo?

Le forme sono diverse: Kosovo (lingua serba) e Kosova (lingua albanese). La scelta di usare la parola "Kossovo" (definizione originaria delle carte geografiche italiane) in questa scheda e' giustificata da un'equidistanza dalla lingua sia dei serbi sia degli albanesi.

Perche' e' scoppiato il "problema Kossovo"?

Perche' in Kossovo la grande maggioranza della popolazione (quasi il 90%) e' di origine albanese e il governo di Belgrado ha ripetutamente violato i diritti umani della gente del Kossovo che chiedeva una maggiore autonomia e soprattutto maggiore liberta'. Ai tempi di Tito il Kossovo godeva di una certa autonomia, grazie alla Costituzione del 1974; tale autonomia e' stata abolita dal governo di Milosevic il 23 marzo 1989 con un emendamento alla Costituzione che attribuiva alla Serbia il totale potere di controllo della polizia e della magistratura operanti in Kossovo.

Quali violazioni dei diritti umani sono avvenute con Milosevic?

"Nel periodo da gennaio a settembre 1994 sono state convocate dalla polizia "per dialoghi informativi" 2464 persone; sono state compiute 3216 irruzioni nelle famiglie; sono state maltrattate 1721 persone, 87 imprigionate per motivi politici o per la loro attivita' nell'insegnamento o in campo umanitario; torturati 10 giovani tra i dodici e i sedici anni e 12 donne: tre sono morti; 10 persone sono state uccise arbitrariamente. Quando i poliziotti irrompono nelle case, con i piu' futili pretesti, buttano tutto sottosopra e rubano quello che trovano. Non di rado percuotono gli abitanti, senza riguardo per gli anziati. "Quando si e' trattenuti dalla polizia, essere picchiati, bastonati, fragellati e torturati e' cosa normale". Tali persecuzioni sono confermate da documenti di Amanesty International e della Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Si calcola che dal 1988 a oggi ogni albanese adulto sia passato tra le mani della polizia, in 584.000 processi "ufficiali". Una ventina di albanesi muoiono ogni anno a causa di maltrattamenti o attentati, in cella o nelle strede; circa 400 prigionieri politici giacciono in carcere". (Fonte: G.e V.Salvoldi, L.Gjergji, "Kosovo, un popolo che perdona", Emi, 1997)

La situazione e' notevolmente peggiorata nel 1998 con gli scontri fra Uck e truppe serbe. "Le vittime kosovare delle battaglie dello scorso anno (almeno 1500, secondo le stime) erano in massima parte civili" (Panorama 18/2/99).

 

- IL FALLIMENTO DI RAMBOUILLET -

Perche' le trattative di Rambouillet sul Kossovo sono fallite?

Perche' il presidente jugoslavo Milosevic non ha accettato che il rispetto degli accordi fosse affidato ad un contingente Nato da insediare in Kossovo.

Ma di fronte al fallimento delle trattative di Rambouillet cosa altro si poteva fare?

Secondo Noam Chomsky "forse si poteva ritoccare l'accordo di Rambouillet sostituendo le truppe Nato che dovevano garantirlo, con un contingente diverso" (Avvenire 28/3/99). Nei contatti diplomatici intrattenuti dal Vaticano erano emerse proposte di un contingente militare di verifica e attuazione degli accordi che comprendesse anche soldati russi. Il tutto sotto l'egida dell'Onu e non della Nato.

Quali punti comuni e quali divergenze c'erano a Rambouillet?

"IN COMUNE. Su un unico aspetto dell'accordo politico serbi e albanesi si dichiararono d'accordo fin dall'inizio: quello relativo alla concessione di un'"autonomia sostanziale" alla provincia meridionale serba.

I DUBBI. Il principale passaggio del piano di pace al quale i serbi si oppongono e' l'attribuzione a forze Nato del potere di sovrintendere all'applicazione del piano stesso. I serbi vogliono eliminare le seguenti clausole:

LE ENTITA'. "Cinque giorni dopo la messa in atto dell'accordo di pace tutte le forze serbe devono spostarsi in 13 "entita' approvate" nel Kosovo".

IL RITIRO. "Novanta giorni dopo la messa in atto dell'accordo meta' delle forze serbe devono essere fuori dal Kosovo. Entro 180 giorni dalla messa in atto tutte le forze serbe devono essere fuori dal Kosovo".

I MEZZI. "Nessuna forza militare puo' tenere in Kosovo mezzi pesanti e artiglieria antiaerea".

(Corriere della Sera 19/3/99)

- RUGOVA E L'UCK -

Chi si oppone in Kossovo alla repressione?

Gli oppositori sono di due tipi: i nonviolenti che seguono il leader Ibrahim Rugova (favorevoli all'autonomia) e i guerriglieri che seguono l'organizzazione militare clandestina Uck (che combattono per l'indipendenza).

E' nato primo l'Uck o il movimento nonviolento di Rugova?

Il movimento nonviolento di Rugova - definito "il Gandhi dei balcani" - si e' affermato dieci anni fa ed e' cresciuto negli scorsi anni grazie a una politica di pace che sanava i conflitti e educava al perdono, come e' documentato nel libro "Kosovo, un popolo che perdona", di Giancarlo e Valentino Salvoldi, Lush Gjergji, edito da Emi. Questo movimento ha messo al centro la questione dei diritti umani in un quadro di autonomia ed autogestione regionale evitando di esasperare le rivendicazioni per l'indipendenza e la secessione. L'Uck č invece nato per la secessione e ed e' di recente costituzione; ha preso slancio quando la politica nonviolenta di Rugova non ha ottenuto ascolto nella comunita' internazionale.

Come e' nato il movimento nonviolento di Rugova?

Rugova, assieme alla Chiesa cattolica del Kossovo e alle migliori forze della societa' civile, ha promosso dal 1990 un processo di superamento della "vendetta del sangue", profondamente radicata nella tradizione albanese, favorendo un movimento di riconciliazione che consenti' l'estinzione di 1275 vendette del sangue. Tutto questo servi' ad unificare il popolo albanese del Kossovo in un momento di forte repressione delle milizie serbe dopo che Milosevic, con l'emendamento costituzionale del 23 marzo 1989, aveva abolito ogni autonomia per la regione. I riti della vendetta furono sospesi con manifestazioni oceaniche, come quella vicino a Decani, nella quale erano presenti 650.000 persone che applaudirono il pubblico e reciproco perdono di 150 famiglie, mentre "altre 35, senza alcuna preparazione e preavviso, spinte unicamente dalla maturata coscienza di riconciliazione, offrirono il perdono dei loro familiari. Dalla riconciliazione alla non violenza il passo e' stato breve: Sicuramente il movimento di riconciliazione ha costituito una tappa fondamentale per la coscienza del popolo albanese kossovaro nella sua resistenza alla montante oppressione serba". (Fonte: "Kosovo, un popolo che perdona", di Giancarlo e Valentino Salvoldi, Lush Gjergji, edito da Emi)

Questo meraviglioso sforzo ha pertanto fatto nascere in diverse associazioni pacifiste una spontanea solidarieta' e nel 1993 in Italia e' nata la "Campagna Kossovo" per la soluzione nonviolenta del conflitto e il sostegno a Rugova. Inutile dire che l'esplosione del conflitto armato ha distrutto questo patrimonio ideale che in dieci anni aveva fatto deporre le armi, accantonando la tradizione secolare della vendetta, fissata nel "Codice di Lek Dukagjini", il quale "impone" di lavare nel sangue un omicidio anche a distanza di diverse generazioni.

Vi sono dichiarazioni di Rugova sul conflitto in corso?

Dato per scomparso, Ibrahim Rugova "sta bene e da Pristina, dove e' stato raggiunto da alcuni giornalisti, dice che "bisogna fermare i bombardamenti della Nato". Ne da' notizia la France Press". (Liberazione 1/4/99)

E' vero che l'Uck e' responsabile di sequestri di persone e ha rapporti con la mafia?

Si', l'Uck ha sequestrato centinaia di serbi in Kossovo, anche persone non implicate in azioni militari ma per semplice vendetta. L'Uck ha fatto precipitare talmente gli eventi sul piano militare che in un primo tempo Rugova riteneva che l'Uck fosse una montatura dei servizi segreti serbi dato che ad ogni azione dell'Uck corrispondeva un'analoga reazione della polizia serba e un ulteriore giro di vite nella repressione.

Il settimanale Panorama ha cosi' titolato un'inchiesta sull'Uck: "UCK: in quell'esercito c'e' anche odore di mafia. Inquietanti contatti con la malavita organizzata. E strani conti in Svizzera. Per battere Belgrado e fondare la "Grande Albania" i combattenti kosovari sono pronti a tutto."I conti svizzeri numerati, che secondo la propaganda albanese kosovara appartengono all'Uck, sono in realta' di proprieta' di organizzazioni mafiose: e' quanto asseriscono portando le prove, varie riviste di politica internazionale tra cui l'italiana Limes", ha scritto Bruno Crimi su Panorama (18/2/99).

Come si e' armato l'Uck?

"Tanti dei kalashnikov saccheggiati dai depositi della rivolta albanese del 1997 sono finiti nelle mani dell'Uck. E' noto anche che l'Uck e' cresciuto grazie alla "tassa rivoluzionaria" che ogni albanese della diaspora ha dovuto versare alle organizzazioni all'estero. Ma anche il traffico della droga che dall'Afghanistan, attraverso la Turchia, finisce sui mercati europei e' ancora una fonte di finanziamenti. I guerriglieri dell'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), che un anno fa non erano piu' di 200 ricordano da vicino i combattenti afghani. E' molto facile ipotizzare uno scenario dove questi guerriglieri saranno riforniti di armi, come gli americani hanno fatto con i mujahedin afgani contro i russi". MacedoniaTv 96 ha mostrato un combattente dell'Uck catturato con "un apparato satellitare da utilizzare per segnalare gli spostamenti delle truppe serbe prima e durante i bombardamenti della Nato" (fonte: Avvenire 1/4/99).

- RESPONSABILITA' ITALIANE -

C'e' stata una iniziativa pacifista per il Kossovo?

Si', da sei anni esiste una campagna pacifista di informazione e di sensibilizzazione per la tutela dei diritti umani dei kossovari. Essa ha avuto come scopo la risoluzione non violenta del conflitto in Kossovo e ha scelto la denominazione di "Campagna Kossovo" optando per la dizione "Kossovo" di origine italiana, differente sia dal serbo (Kosovo) sia dall'albanese (Kosova o Kosove). Il recapito della Campagna Kossovo e' presso: Casa per la Pace, casella postale aperta 8, Grottaglie, TA, tel./fax 099.5662252, e-mail: casapace@netfor.it oppure davac@tin.it oppure eccetera@tin.it). Questa campagna aveva aperto un proprio "ufficio diplomatico" a Pristina, capoluogo del Kossovo, per mantenere i contatti con la resistenza nonviolenta organizzata da Rugova e per favorire un dialogo con le autorita' locali che servisse a tutelare i diritti umani dei kossovari e a promuovere, con i fondi dell'obiezione fiscale alle spese militari, forme di risoluzione nonviolenta del conflitto.

Il problema del Kossovo era gia' noto al Parlamento italiano?

Il 10 ottobre 1998 la Campagna Kossovo aveva organizzato una manifestazione di fronte a Montecitorio a cui hanno partecipato centinaia di profughi e cittadini del Kossovo, insieme ai militanti pacifisti della "Campagna Kossovo". Ma ad incontrarli c'era solo un parlamentare, Paolo Cento (Verdi), ed era presente per la stampa solo Radio Radicale. Il 10 dicembre 1998, in occasione del cinquantenario della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, una delegazione di associazioni pacifiste italiane si sono recate a Pristina per esprimere solidarieta' al popolo del Kossovo e per sollevare, con questa iniziativa internazionale, il problema Kossovo prima dell'esplosione totale; tutto cio' e' avvenuto nell'indifferenza dei mass media e del governo italiano che tendeva a mantenere una sorta di equidistanza fra i kossovari e Belgrado, affermando, per bocca del ministro Dini, che "i torti non stanno solo da una parte".

Come mai tanta indifferenza in Italia verso le violazioni dei diritti umani in Kossovo?

Alcune aziende italiane avevano in corso trattative che hanno portato alla stipula di lucrosi contratti commerciali. Ad esempio il rifacimento delle linee telefoniche della Jugoslavia.

"La mia unica colpa e' quella di aver coltivato da tempo, e negli anni, un ottimo rapporto personale con il presidente serbo Milosevic", ha dichiarato Lamberto Dini, ministro degli esteri (fonte: Il Messaggero 27/3/99). La Campagna Kossovo nel suo documento del 27/3/99 denuncia il trattamento di favore, nonostante la decennale repressione dei kossovari, accordato alla Jugoslavia "dichiarata per giunta zona di mercato privilegiato, cosa che ha aperto la corsa agli affari a molte nazioni tra cui l'Italia che ne e' diventato il primo partner economico attraverso accordi stipulati con STET (telecomunicazioni), FIAT e altre societa'".

Nel 1995 la Campagna Kossovo, nel suo "Appello per la pace nei Balcani" aveva chiesto che l'abrogazione delle sanzioni verso la Jugoslavia fosse vincolato al rispetto dei diritti umani in Kossovo. L'Appello fu ignorato e la ripresa degli affari con Belgrado mise la sordina a chi invocava il rispetto dei diritti umani: sui giornali e in TV il dramma del Kossovo fu reso "invisibile". A nulla valsero neppure le 10.000 cartoline inviate al ministro degli Esteri Dini. Gli affari italiani ebbero la prevalenza sui diritti umani dei kossovari.

- LA LEGALITA' DI QUESTA GUERRA -

La Costituzione italiana consentirebbe un intervento delle Forze Armate italiane in Kossovo?

L'art.11 della Costituzione italiana recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertā degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".

Quindi una partecipazione al bombardamento non rispecchierebbe lo spirito di questo articolo che esplicitamente non solo "esclude" ma "ripudia" (termine ancora piu' forte e perentorio) la guerra come "mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Ovviamente cio' non esclude la partecipazione di militari italiani ad un contingente di caschi blu dell'Onu (o ad un altro corpo armato esplicitamente autorizzato dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu) per azioni di polizia internazionale che tutelino le popolazioni del Kossovo. Infatti la seconda parte dell'articolo 11 della Costituzione italiana afferma: L'Italia "consente in condizioni di parita' con gli altri stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".

L'azione militare della Nato e' legale?

"Siamo nell'illegalita' dal punto di vista del diritto internazionale generale che ha fondamento nella Carta delle Nazioni Unite", ha dichiarato il professor Antonio Papisca, docente di Relazioni Internazionali all'Universita' di Padova, intervistato da Radio Vaticana (fonte: Avvenire 25/3/99).

Il rappresentante dell'Onu a Roma, Staffan de Mistura, intervistato dal Corriere della Sera (25/3/99) sulla "legittimita' giuridica dell'attacco", ha dichiarato: "Per ogni organismo internazionale come la Nato, anche una risoluzione dell'Onu (in questo caso la 1203) che chiede la fine di una emergenza umanitaria e il ripristino della pace non e' sufficiente. E' necessario l'ok del Consiglio di sicurezza".

L'Italia, facendo parte della Nato, e' obbligata a entrare in guerra?

La Nato (organizzazione militare del Patto Atlantico) e' un'alleanza difensiva e la solidarieta' fra i suoi membri e' previsto che scatti solo quando viene aggredito un paese membro, come specificato negli articoli 3, 5 e 6 del Trattato costitutivo della Nato. Questa azione di guerra non rientra negli scopi di difesa per cui la Nato e' sorta 50 anni fa e pertanto non dovrebbe obbligare alla partecipazione i suoi stati membri. Essa costituisce una trasgressione del Trattato Nord Atlantico del 4 aprile 1949, carta costitutiva della Nato; l'attuale attacco Nato e' anomala e rappresenta un'assoluta novita' storica, come sostiene Maria Rita Saulle, esperta di diritto internazionale: "Il Patto Atlantico - spiega all'agenzia ecclesiastica Sir - si ricollega strettamente alla Carta dell'Onu, prevedendo l'uso della forza soltanto nel caso di aggressione nei confronti di uno degli stati membri della Nato". Cio' non e' avvenuto. L'anomalia della Nato e' "estremamente pericolosa e significa esautorare le Nazioni Unite" (Repubblica 26/3/99).

Come mai la Nato e' impegnata in un'attacco non previsto dai suoi principi costitutivi?

Secondo Lucio Caracciolo, direttore della rivista di politica internazionale "Limes", nonche' analista favorevole alla Nato, questa guerra e' una sorta di "test di fedelta'" e spiega: "Considero questa guerra una follia. Gli americani stanno sperimentando, con questa enorme follia, l'utilita' della Nato. Vogliono vedere fino a che punto la Nato gli puo' servire e fino a che punto gli europei sono disposti a seguirli. Ad esempio, se la Nato diventa qualcosa di diverso, e potrebbe un giorno essere chiamata ad intervenire nel Caucaso: degli europei chi li seguirā. Questa guerra e' anche una selezione stabilita dagli americani con una logica molto cinica su chi sta nella Nato e chi non ci sta." (Avvenire 28/3/99)

"La Trasnational Foundation for Peace, che fin dal '92 ha denunciato il rischio di una possibile esplosione della guerra in Kossovo, ha espresso il dubbio che la mancata prevenzione della guerra sia dovuta al fatto che si attendeva l'esplosione del conflitto armato per sostenere la necessita' e l'indispensabilita' dell'intervento della Nato, in cerca di rilegittimazione dopo il crollo del bipolarismo Est-Ovest e a cinquant'anni dalla sua fondazione" (Documento Campagna Kossovo 27/3/99).

 

- L'IMPATTO AMBIENTALE -

Quale impatto puo' avere questa guerra sull'ambiente?

Uno dei misteri piu' inquietanti e' l'uso di armi all'uranio (Depled Uranium). Le sostanze radioattive contenute rimangono "attive per 4 miliardi e mezzo di anni, se aspirare o ingerite possono causare gravi malattie agli organi interni, provocare tumori o danni genetici", spiega Anna Desimio su Guerre&Pace (marzo 1999) che aggiunge: "Il Depled Uranium ha conseguenze a lungo termine: le particelle tossiche prodotte dalla combustione del proiettile possono essere trasportate dal vento a centinaia di chilometri di distanza prima di depositarsi sul terreno ed entrare nella catena alimentare o inquinare la falda acquifera".

Chi possiede i proiettili all'uranio?

Proiettili all'uranio sono in dotazione agli aerei A-10 Thunderbolt americani e ai Tornado inglesi. Anche i francesi dispongono di simili proiettili. Il parlamentare Domenico Gallo, in un'apposita interrogazione, non ha ricevuto conferma circa l'eventuale dotazione italiana.

A che servono e cosa causano?

Il Depled Uranium (uranio impoverito) "e' praticamente la sostanza piu' pesante esistente in natura; i proiettili Depled Uranium, sviluppati a partire da una tecnologia tedesca, hanno una elevata forza di penetrazione e funzionano in maniera ottimale per penetrare corazze d'acciaio", documenta il prof.Siegwart-Horst Gunther, presidente della Croce Gialla Internazionale e membro onorario dell'Accademia polacca di Scienze. Egli, dopo aver indagato sui proiettili Depled Uranium usati nella Desert Storm, e' scampato a un'attentato; in Germania e' stato arrestato e maltrattato, dopo che la polizia gli aveva sequestrato bossoli radioattivi portati ad analizzare. "Negli ultimi cinque anni - spiega lo scienziato - ho potuto condurre in Iraq moltissimi esami. Ho riscontrato, soprattutto nei bambini: crollo del sistema immunitario, sintomi simili all'aids, disfunzioni a reni e fegato, leucemia, gravi forme di anemia o cancro maligno, malformazioni genetiche, aborti o parti prematuri".

I proiettili all'uranio possono causare il cancro?

Un rapporto segreto dell'Agenzia atomica inglese (rivelata nel novembre '91 dal giornale "The Independend") calcolava che nella guerra del Golfo erano stati utilizzati 14.000 proiettili all'uranio impoverito che nel lungo periodo sarebbe stato responsabile della morte di 500 mila persone. Ma Greenpeace, attingendo a dati piu' recenti grazie al Freedom of Information Act, e' arrivata a documentare un totale di 940.000 munizioni per un totale di 300 tonnellate di uranio impoverito sparate da Usa e Gran Bretagna nella Desert Storm. Solo una settimana dopo la fine della ostilita' i soldati alleati sono stati avvertiti degli effetti dei proiettili all'uranio e dei pericoli connessi al loro uso in battaglia; ora accusano i sintomi della cosiddetta "sindrome del Golfo". (Fonti: Guerre&Pace, marzo 1999; The Independend 16/10/98 "The evidence is there. We caused cancer in the Gulf" ossia "L'evidenza e' li'. Noi causammo il cancro nel Golfo", articolo di Robert Fisk).

- INFORMAZIONI E OPINIONI SUL CONFLITTO -

L'Italia aderisce all'attacco della Nato per affermare i propri interessi nazionali nei Balcani?

Secondo il gia' citato direttore di Limes, Lucio Caracciolo, "siamo dentro una guerra che dal punto di vista della nostra sicurezza e dal punto di vista della nostra collocazione nel mondo, non ha alcun senso. Capisco che possa averlo per altri, ma per noi, proprio non ne vedo il senso. Ed e' anche estremamente pericolosa. Quanto all'esperimento della compattezza della Nato, alla fine, i primi a pagarlo saremmo noi, quando arriveranno a decine di migliaia i profughi. Sbarcheranno qui da noi, non certo a Miami." (Avvenire 28/3/99)

In Europa tutti sono d'accordo con l'intervento Nato?

"La Svezia si č dissociata e considera illegittimi gli attacchi. L'Austria ha deciso di negare il proprio spazio aereo ai cacciabombardieri Nato. L'Irlanda e la Finlandia si sono trincerate dietro la loro neutralita'" (Corriere della Sera 25/3/99). Inoltre la Grecia, nazione della Nato, ha preso le distanze dai bombardamenti.

Secondo il presidente dei vescovi degli Stati Uniti Joseph Anthony Fiorenza "l'Europa dovrebbe essere molto piu' autonoma, non puo' agire come se tutto dipendesse dall'esercito e dalla strategia politica americana". (Avvenire 28/3/99)

Da chi dipende se gli aerei italiani in guerra possano svolgere azioni di bombardamento o meno?

"Siamo parte della Nato - ha dichiarato il ministro della Difesa Carlo Scognamiglio - e questa operazione e' sotto il comando della Nato. L'impiego futuro dei nostri mezzi dipendera' dalla discrezionalita' della Nato" (Repubblica 26/3/99).

Quali sono i compiti operativi degli aerei italiani?

Spiega il tenente colonnello Giovanni Fuochi, capo ufficio comando della base di San Damiano (Piacenza): "Abbiamo lo stesso tipo di missione, lo stesso tipo di aereo, lo stesso armamento dei tedeschi. Altro che retroguardia. Il nostro e' un ruolo Sead, da Soppression enemy air defense. I Tornado decollano portando missili Harm che distruggono i radar nemici. E che costano 500 milioni l'uno. Se i Tornado rientrano vuoti non e' perche' li hanno gettati in mare per sport. Quanto ai bombardieri, ci sono. E sono pronti ad alzarsi in volo se la Nato lo richiedera'". Il colonnello Gianni Ammoniaci, comandante del 50' stormo della base strategica di San Damiano fa notare al giornalista Giorgio Gandola che i caccia italiani partono carichi di missili e rientrano vuoti: "E poiche' non si segnalano affondamenti di pescherecci in Adriatico significa che li abbiamo lanciati su obiettivi militari in Serbia".

(Fonte: Il Giornale 1/4/99)

I piloti italiani uccidono?

"Il missile esplodendo lancia migliaia di cubetti di tungsteno; e' chiaro che chi sta nel bunker puo' essere ucciso. Se corre alla velocita' di 2.500 km all'ora puo' anche provare a scappare", ironizza il tenente colonnello Giovanni Fuochi. E alla domanda "cosa ne pensate dei pacifisti", risponde: "E' semplicistico manifestare davanti alle basi, sarebbe piu' giusto farlo davanti al Parlamento. Il militare e' il piu' pacifista dei pacifisti perche' e' il primo a rischiare la pelle. Mi da' fastidio essere chiamato assassino. Se io volo con i missili sotto l'ala so perche' lo faccio. C'e' un solo modo di fermarmi: impedirmi di volare. E questo spetta alla politica".

(Fonte: Il Giornale 1/4/99)

I raid della Nato sono condivisi dagli oppositori di Milosevic?

Il presidente del Montenegro, "ribelle" a Milosevic, si chiama Milo Djukanovic e vive anche lui sotto il bombardamento Nato. Ha dichiarato alla Repubblica (8/4/99): "La decisione della Nato di risolvere il problema del Kosovo con i bombardamenti e' stata un errore. Aggrava le ferite aperte nel nostro paese. Parlare di pace e democrazia sotto le bombe e' difficile. Suscitano piuttosto emozioni patriottiche e di condanna per la violenza. Ho provato con i miei interlocutori che era una mossa sbagliata. D'altra parte mi ha sempre sbalordito che a lungo la Nato abbia considerato Milosevic come l'unico partner nei Balcani. Ora lo vuole punire, ma di fatto ne fanno le spese i cittadini che non hanno colpe. Bisogna fare tutto per calmare le acque. E cessare immediatamente il fuoco sul Montenegro. Un solo proiettile in piu' sarebbe uno sbaglio catastrofico".

Il presidente del Consiglio Massimo D'Alema ha invece affermato: "In questo momento avverto che c'e' un grande assente in Jugoslavia, che e' l'opinione pubblica, l'opinione intellettuale, le forze democratiche che pure esistono in quel paese, e che evidentemente non sono messe nelle condizioni di sapere e di far sentire la propria voce" (Il Manifesto 6/4/99)

Per posta elettronica il sindaco della citta' di Nis (che dal 1996 si oppone al regime di Milosevic alla testa della sua citta') ha diffuso su Internet questo messaggio:

"Venti minuti fa la mia citta' e' stata bombardata. Hanno colpito la citta' di Nis, dove i cittadini nel 1996 votarono per la democrazia e si alzarono in piedi in una pacifica protesta per difendere i loro diritti. Protestammo 100 giorni per costringere il regime ad accettare i risultati delle elezioni. I cittadini votarono per la democrazia europea e americana!!! Oggi la mia citta' e' stata bombardata dagli aerei… americani, inglesi, francesi, tedeschi, canadesi!

Vi pongo la domanda: perche' i capi di stato parlano con i terroristi e gli ispiratori della violenza e NON con coloro che in Serbia combattono per la democrazia in modo giusto e corretto? I miei cittadini ed io lottiamo seriamente per la democrazia, tuttavia stanotte siamo stati bombardati da aerei provenienti dalle nazioni della democrazia dell'Occidente!!

C'e' qualche logica spiegazione per questo?

C'e' una buona spiegazione a tutto cio'?

Zoran Zivkovic, Sindaco di Nis

L'azione della Nato rientra nel concetto di "disarmare l'aggressore" e nei principi di ingerenza umanitaria in difesa del diritto alla vita?

Dice l'intellettuale americano Noam Chomsky: "Quello che i leader serbi hanno fatto negli ultimi dieci anni e' imperdonabile e la condanna deve essere totale e senza equivoci. Tuttavia il comportamento di Washington indebolisce il concetto di interferenza umanitaria, invece di metterlo in pratica". (Avvenire 28/3/99)

Secondo il presidente dei vescovi degli Stati Uniti Joseph Anthony Fiorenza "per chiunque si tratta di un dilemma molto complesso. Tuttavia i bombardamenti in corso mi sembrano un'iniziativa ingiustificata, poiche' non sappiamo quanti morti e feriti stiano causando tra civili innocenti. I vescovi esprimono serie riserve sulla giustificazione di questa guerra." (Avvenire 28/3/99)

Ma la guerra non potrebbe far vincere i diritti umani in Kossovo?

Padre Bartolomeo Sorge, direttore della rivista dei gesuiti "Aggiornamenti sociali", ha fatto osservare che "la guerra non e' mai lo strumento adatto per risolvere situazioni in cui siano violati i diritti. La guerra e' di per se' un atto disumano perche' crea vittime innocenti, si impone con la forza e la violenza genera violenza, l'odio genera odio. Inoltre, nella guerra vince la forza non la ragione. Per esempio, se, per ipotesi, Milosevic fosse piu' forte della Nato, vincerebbe lui, ma non per questo avrebbe ragione. In secondo luogo, la guerra non e' adatta, in particolare, a risolvere il problema dei diritti umani perche' questi ultimi non si affermano con la violenza ma con il consenso democratico e delle coscienze. Sostenendo che i diritti umani si attuano con la violenza e non con il consenso, ci metteremmo sullo stesso piano di chi li conculca. Ecco perche' insisto sulla riorganizzazione dell'Onu come ente sovranazionale capace di gestire, di prevenire le situazioni di violazione dei diritti umani e di ingiustizia per ristabilirli. Alcuni enti sono stati gia' creati come la Corte dell'Aja, le Corti internazionali" (intervista rilasciata all'Unita' del 31/3/99).

E' possibile che un militare della Nato si possa dichiarare "obiettore di coscienza" in questo conflitto?

"Un soldato americano dovrebbe esaminare molto attentamente la propria coscienza per valutare se si sente di partecipare o meno a questa guerra. E se non la ritiene giustificata dovrebbe mettere al corrente i propri superiori delle sue riserve morali", ha dichiarato il presidente dei vescovi degli Stati Uniti Joseph Anthony Fiorenza (Avvenire 28/3/99)

La rete telematica PeaceLink rende disponibile sul proprio sito un modulo di "indisponibilita' alla guerra" per i militari di professione italiani, realizzato con la consulenza di un esperto di diritto; questo modulo, se firmato e consegnato nel momento opportuno, proteggerebbe il militare nel caso in cui venisse destinato ad azioni di terra, particolarmente rischiose, in contrasto con i principi costituzionali e della coscienza individuale. Le conseguenze, per il militare di professione che firmasse e consegnasse questo modulo, non sarebbero ne' il carcere ne' il licenziamento ma, forse, unicamente un provvedimento disciplinare.

Che differenza c'e' fra una guerra e un'azione di polizia internazionale di "ingerenza umanitaria"?

Una guerra ha come obiettivo la vittoria, un'azione di polizia ha come obiettivo la sicurezza della popolazione. Nel primo caso (la guerra) vi puo' essere un'esclation nell'uso della forza e a una moltiplicazione della violenza in una spirale crescente di attacchi; nel secondo caso (l'azione di polizia) si punta piu' su azioni di difesa, di disarmo degli aggressori e di interposizione, mirando ad usare la forza per diminuire la violenza complessiva. La guerra aumenta la violenza, l'azione di polizia tende a diminuirla. In quest'ottica l'ingerenza umanitaria - per la sua natura rivolta alla difesa della sicurezza delle popolazioni - non puo' che essere basata su un'azione di polizia e non su un'azione di guerra.

L'attacco Nato protegge i civili in Kossovo?

L'attacco Nato, annunciato per tutelare i civili del Kossovo e proteggerli da nuovi massacri, sembra aver provocato l'effetto opposto: "Stanno accadendo cose tremende in Kosovo", ha detto il portavoce delle Nazioni Unite Jamie Shea, smentendo l'ottimismo del presidente del Consiglio Massimo D'Alema che affermava "L'azione militare della Nato ha indotto, pare, i serbi a sospendere l'offensiva contro i civili in Kosovo" (Corriere della Sera 26/3/99) chiedendo la riapertura delle trattative. Lo stesso D'Alema ha poi cambiato opinione due giorni dopo dicendo che le trattative non si potevano riaprire perche' "i massacri dei civili inermi sono intollerabili" e ponendo come condizione per la riapertura delle trattative il ritiro delle "truppe speciali serbe" (Corriere della Sera 28/3/98). Questo in sintonia con Clinton che ha dichiarato: "Le truppe serbe hanno continuato i loro attacchi contro uomini disarmati, donne e bambini" (Avvenire 28/3/99) presentando cio' non come il fallimento degli obiettivi umanitari dell'azione militare a protezione dei civili ma come la ragione della prosecuzione dei bombardamenti. Tentando un paragone, questo attacco Nato appare risultare di "protezione" verso i civili come puo' esserlo un assalto della polizia ad un gruppo di rapinatori asserragliati in banca che si facciano scudo di ostaggi indifesi. Ne usciranno vivi gli ostaggi? Saranno uccisi dai rapinatori? O dai proiettili sparati dalla polizia?

Monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, osserva: "Cio' che sconvolge e' pensare che questa guerra e' stata progettata per difendere gli abitanti del Kosovo, e che proprio questi ne sono le vere vittime, per i bombardamenti a cui sono esposti e per il rincrudire della repressione. Verrebbe da chiedersi: perche' questa guerra? Chi l'ha voluta? Se era per difendere i kosovari dall'oppressione serba, abbiamo ottenuto proprio il contrario". (L'Unita' 31/3/99)

La "Campagna Kossovo" afferma: "Nella guerra moderna si sta verificando che la vera vittima rimane sempre e solo la popolazione civile di qualsiasi gruppo etnico sia. Nella situazione specifica i missili e le bombe uccidono sia le vittime che i carnefici, tanto piu' che questi ultimi usano le prime come scudi umani per difendersi dai bombardamenti della Nato" (documento 27/3/99).

Cosa pensa Amnesty International dei bombardamenti Nato?

"Siamo contrari a qualsiasi azione che non salvaguardi i civili - sostiene il presidente italiano Daniele Scaglione - e un bombardamento non ha ragione di essere senza garanzie per i civili" (Liberazione 24/3/99).

Perche' la Nato non ha sospeso i bombardamenti a Pasqua?

La Nato ha dichiarato che "fermare i bombardamenti sarebbe inumano". (Il Manifesto 1/4/99)

Il presidente D'Alema e' tra i falchi o le colombe?

In un'intervista il presidente del Consiglio D'Alema ha affermato: "Noi vogliamo che non si lasci nessuna opportunita' intentata, nessuna possibilita' di riprendere il cammino di una soluzione politica e negoziale. Ma naturalmente occorre da parte del governo di Belgrado una chiara manifestazione di buona volonta', ponendo fine a questa aggressione contro la popolazione civile del Kosovo" (Il Manifesto 6/4/99).

Il giorno dopo il governo di Belgrado ha annunciato una propria tregua per la Pasqua ortodossa. La risposta di D'Alema, giunta tre ore dopo il "no" di Clinton e Blair alla proposta di tregua, e' stata: "E' insufficiente. E' evidente che occorrono ben altre garanzie".

La Jugoslavia che tipo di tregua e di avvio delle trattative ha proposto?

Il 7 aprile Corriere della Sera ha titolato: "La Nato respinge la tregua di Milosevic. Gesto a sorpresa del leader jugoslavo. D'Alema: insufficiente, servono garanzie. Il Vaticano chiede lo stop ai raid. Missile colpisce per errore alcune case, strage di civili. La Serbia: sospendiamo le operazioni in Kosovo. Gli alleati: non basta. Nella notte pesanti bombardamenti". Specifica il quotidiano: "La proposta non e' stata presentata da Milosevic, ma dai presidenti del parlamento serbo e federale. L'iniziativa, si afferma inoltre nel comunicato, ha lo scopo di permettere la "piena applicazione" degli accordi sull'autonomia del Kossovo, che sarebbero stati concordati nell'incontro avvenuto pochi giorni orsono dal leader dei kosovari moderati Ibrahim Rugova con Milosevic, e nel successivo incontro di Rugova con l'ambasciatore della Russia in Jugoslavia".

Il presidente del Consiglio D'Alema ritiene efficaci i bombardamenti?

La sua risposta e': "L'effetto dissuasivo lo misureremo nel tempo, ma il generale Clark ha piu' volte detto che attraverso azione aerea non si ferma la pulizia entica, che e' un'ovvieta', naturalmente. Il punto e' che i serbi rinunceranno all'operazione di pulizia etnica, che e' un'operazione pianificata, nella misura in cui costera' loro un prezzo insostenibile". (Il Manifesto 6/4/99)

In Parlamento aveva sostenuto: "L'uso della forza per disarmare un aggressore e' legittimo quando non esistano nell'immediato altre vie di difesa e di reazione". (Avvenire 27/3/99)

Il presidente del Consiglio D'Alema era d'accordo con un intervento Nato privo di autorizzazione dell'Onu?

Il 16 dicembre 1998 D'Alema ha rilasciato questa intervista a Barbara Spinelli (La Stampa): "Per buona parte degli europei l'uso della forza deve essere autorizzato dal Consiglio di Sicurezza: la Nato non puo' pensare di esercitare un monopolio mondializzato della forza senza vincolarlo a precise, condivise regole capaci di legittimarne l'uso. Se si vuole applicare una giustizia internazionale, allora bisogna possedere una fermezza adamantina e colpire tutti i colpevoli di trasgressione, di violezione dei diritti umani. Prenda l'esempio del Kosovo, e' chiaro che bisogna fare di tutto perche' cominci un negoziato fra serbi e indipendentisti albanesi. E' chiaro che non serve a nulla demonizzare Milosevic, anche qui e' la selettivita' delle punizioni che mi fa specie. Non vedo come mai Milosevic sia condannabile mentre i governanti turchi no, vista la maniera analoga in cui avviene la repressione delle minoranze etniche. Non vedo perche' essere indulgenti verso i guerriglieri indipendentisti del Kosovo e massimamente intransigenti verso il terrorismo del Pkk curdo".

Il presidente del Consiglio D'Alema immaginava le conseguenze di questa guerra?

Molto prima dell'attacco Nato D'Alema aveva dichiarato al Corriere della Sera del 7/2/99: "Nel Kosovo una azione militare tipo Iraq potrebbe potrebbe innescare una nuova guerra civile balcanica... nel caso del Kosovo la situazione potrebbe degenerare, potrebbe voler dire migliaia di morti e centinaia di migliaia di profughi".

Vi sono dubbi tra i militari sull'efficacia dei bombardamenti?

"I raid jugoslavi sono serviti solo a unificare i serbi, rafforzando Milosevic e offendendo la Russia. Tenerla fuori e' stato un errore imperdonabile", ha affermato il generale Charles Horner, generale americano alla testa dell'offensiva aerea nella Desert Storm (fonte: Corriere della Sera, 7/4/99).

L'ex contrammiraglio della Sesta Flotta Usa, Eugene Carrol, ha dichiarato: "Nessuno sta vincendo ne' puo' vincere in Serbia. Tutti perdono, la Nato, la Serbia e, soprattutto, gli albanesi del Kosovo, vittime della guerra. Non vi e' mai stata alcuna possibilita' di soluzione militare della situazione del Kosovo. Eppure la Nato ha lanciato una disastrosa campagna di guerra aerea, destinata al fallimento. Quando la violenza infine terminera' per mezzo di negoziati, sia la leadership statunitense che il ruolo della Nato nella sicurezza europea ne usciranno diminuiti" (fonte: Il Manifesto 7/4/99).

L'opinione pubblica e l'informazione che influenza possono avere sulla guerra?

In societa' democratiche l'opinione pubblica costituisce un termometro tenuto sotto osservazione specie durante una guerra come questa (i sondaggi mostrano una meta' dell'America non convinta o contraria e cosi' pure in Italia). Il generale Carlo Jean, in una relazione al Centro Alti Studi Difesa di Roma, ha spiegato: "Ormai ci si deve orientare a combattere due guerre parallele: una sul campo di battaglia, l'altra sui media. I media creano rilevanti condizionamenti all'uso della forza. In particolare, determinano la tendenza di privilegiare opzioni a basso rischio, a basso costo (perdite) e di breve durata. Il consenso dell'opinione pubblica e' piu' condizionato dalla forma che riveste il messaggio che dal contenuto dell'informazione. Il consenso non e' comunque lineare. Non obbedisce a meccanismi di tipo "stimolo-risposta". Si rafforza quando le informazioni coinvolgono i valori dominanti del pubblico che le riceve. La "giusta causa" dell'intervento e' diventata una necessita' comunicativa. Anche obiettivi derivati dalla "realpolitik" devono rivestirsi dell'"idealpolitik". (Il Manifesto 26/3/99)

Quale via d'uscita per il Kossovo?

Di fronte allo stallo dell'Onu, le strade appaiono due: la resa finale dei conti guidata dalla Nato o la soluzione diplomatica su cui stanno lavorando la Chiesa, la diplomazia russa e il leader albanese Rugova, tutti contrari ai bombardamenti Nato. Ha fatto osservare il vescovo Enrico Antonelli, segretario della Conferenza Episcopale Italiana: "Una forza di interposizione umanitaria, non solo non suscita perplessita', ma in certi casi e' doverosa, mentre il bombardamento desta preoccupazione e non risolve" (Liberazione 24/3/99).

Ci sono mezzi alternativi alla guerra per piegare Milosevic?

Curzio Maltese, in un'editoriale di Repubblica (8/4/99) ha scritto: "Bisogna che l'Occidente studi altri sistemi per combattere i regimi dittatoriali, bisogna ripensare il concetto stesso di guerra "etica". La lezione della storia. La lezione della storia ha insegnato che il non intervento porta altre rovine. Ma e' giusto ormai, di fronte all'esperienza dell'Iraq e della Serbia, chiedersi anche se non si possano trovare strumenti meno inefficaci, per non dire controproducenti, dell'embargo e dei bombardamenti. Strumenti piu' moderni e politici come la guerra economica totale e la guerra mediatica, il bombardamento di informazioni che ha gia' contribuito al crollo dei regimi dell'Est, ben piu' dei costosissimi arsenali militari. Le bombe della Nato non hanno impedito ma accelerato la soluzione finale per il Kosovo".

Quali sono le proposte della Campagna Kossovo?

La Campagna Kossovo chiede "l'intervento di un corpo di peacekeeping ufficiale dell'ONU o dell'OSCE (entrambi organismi cui aderisce anche la Russia e che darebbero maggiori garanzie di obiettivita' e neutralita')" ed anche "il rientro nell'area dei verificatori OSCE, sensibilmente potenziati nel numero e nelle competenze, integrati da elementi della societa' civile ben preparati alla mediazione e alla soluzione nonviolenta dei conflitti". Il tutto ovviamente non puo' avvenire senza "l'immediata cessazione dei bombardamenti Nato su tutta l'area, la firma da entrambe le parti (Jugoslavia e Governo Parallelo del Kossovo) di un nuovo cessate il fuoco che comporti l'uscita dal Kossovo dell'esercito jugoslavo fino ai livelli gia' previsti dall'accordo Holbrooke-Milosevic, con l'interruzione dei combattimenti da parte delle milizie serbe e dell'UCK" (documento Campagna Kossovo 27/3/99, presentato al Presidente della Repubblica, al Ministro degli Esteri e ai Presidenti della Camera e del Senato).

LIBRI E INIZIATIVE

Quali libri si possono leggere sul Kossovo (o Kosovo)?

Ecco un breve elenco:

- Salvoldi V.-Gjergji L., "Resistenza nonviolenta nella ex-Jugoslavia. Dal Kosovo la testimonianza dei protagonisti", Emi, Bologna, 1993

- Salvoldi G.e V.-Gjergji L., "Kosovo, un popolo che perdona", Emi, Bologna, 1997

- Benedikter T., "Il dramma del Kosovo", Datanews, Roma, 1998

- Vickers M., "Between Serbs and Albanian - A History of Kosovo", Hurst&Company, London, 1998

Vi e' inoltre "Notizie Est", il sito Internet a cura Andrea Ferrario (http://www.ecn.org/est/balcani)

Quali sono le iniziative di PeaceLink in questa situazione di guerra?

PeaceLink ha diffuso in anteprima nazionale in questi giorni il Commitment 2000, un impegno per la cultura della pace che chiunque puo' prelevare dal sito di PeaceLink, firmare e inviare al Coordinamento dei Premi Nobel per la Pace. Vi e' poi la diffusione di questo "dossier a domande" aggiornato in tempo reale. Inoltre PeaceLink da' informazioni a getto continuo tramite il suo sito (http://www.peacelink.it) aggiornato da Enrico Marcandalli (ramalkandy@iol.it). Il sito di PeaceLink e' diventato il sito che censisce tutti i siti impegnati contro la guerra e chiunque puo' segnalare il proprio se per caso mancasse nell'elenco. PeaceLink e' una "bacheca di pace" che socializza informazioni tramite le sue mailing list "PeaceLink News", "pace", "Jugoslavia", "armamenti", "obiezione di coscienza", "diritti umani" e "scuola". In particolare Carlo Gubitosa (c.gubitosa@peacelink.it) cura il bollettino "PeaceLink News" e Olivier Turquet (turquet@dada.it) raccoglie quanto, in questa tragica situazione, puo' dare adito alla speranza con il bollettino "Buone Nuove" (buone@peacelink.it).

Cosa e' la RETE ANTIGUERRA?

Per i militanti del movimento pacifista PeaceLink ha organizzato una "rete antiguerra", ossia una mappa di indirizzi e-mail e di telefoni per favorire la nascita e la crescita di comitati contro la guerra in ogni comune d'Italia. Questa "rete antiguerra" distribuira' rapidamente sul territorio nazionale volantini gia' impaginati, pronti da stampare, ciclostilare (o fotocopiare) e diffondere. I volantini sono in formato RTF, inattaccabile dal virus Melissa e da qualsiasi altro virus. La nostra posta elettronica, la consultazione del sito di PeaceLink e i file inviati sono privi di virus. Per le scelte tecniche effettuate e' categoricamente escluso che si possano contrarre virus collegandosi con PeaceLink e con la rete antiguerra di PeaceLink.

Infine e' disponibile sul sito PeaceLink il modulo di indisponibilita' alla guerra per i militari italiani (anche a ferma prolungata o di carriera) che non volessero partecipare, per ragioni di fedelta' alla Costituzione italiana e per ragioni di coscienza, ad azioni armate in questo conflitto.

Per inviare informazioni o richieste alla portavoce di PeaceLink, Francesca Ciarallo, puo' utilizzare il suo indirizzo e-mail: info@peacelink.it