I "BUCHI NERI" DELL'ACCORDO
di Jane Perlez - ("New York Times", 9 giugno
1999)

Tratto dalla mailing list

"I Balcani" - http://www.ecn.org/est/balcani

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NOTIZIE EST #241 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
9 giugno 1999
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COLONIA, Germania - Martedi', i ministri degli
esteri europei e il Segretario di Stato
Madeleine K. Albright si sono detti molto
soddisfatti dopo avere contrattato per 12 ore
sulla bozza di una risoluzione del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite per il Kosovo. Ma
la loro opera, che dovrebbe fornire le basi per
la fine della guerra, lascia molte domande senza
risposte e molte scappatoie che potrebbero
essere sfruttate da Slobodan Milosevic.

Nonostante la guerra sia sempre piu'
contraddistinta dall'obiettivo di fare tornare
un milione di profughi nelle loro case in
Kosovo, la bozza rimane vaga riguardo alle
modalita' con il quale verra' portato a termine
il loro rientro. Altri aspetti non risolti sono
quelli della composizione della forza di
sicurezza internazionale che dovrebbe entrare in
Kosovo non appena le truppe Jugoslave avranno
cominciato a ritirarsi, il ruolo dei soldati
russi in tale forza e il disarmo del sempre piu'
impertinente UCK.

Martedi' si e' fatto evidente un conflitto sul
destino dei profughi, quando il portavoce del
ministero degli esteri jugoslavo, Nebojsa
Vujovic, ha detto che le guardie jugoslave e
serbe monitoreranno il loro ritorno. Nei termini
accettati da Milosevic giovedi' 3 giugno, che
sono diventati l'Allegato 2 della bozza della
risoluzione del Consiglio di Sicurezza, un
numero concordato di soldati jugoslavi e servi
dovranno potere "mantenere una presenza in
corrispondenza dei punti di frontiera piu'
importanti2.

Il segretario Albright ha detto che i profughi
in Macedonia e in Albania hanno ricevuto dei
nuovi documenti di identita' emessi dall'Alto
Commissariato dell'ONU per i Rifugiati e che
"alcune simboliche" guardie di frontiera non
avranno il diritto di ostacolare il rientro
sicuro in Kosovo.

Funzionari del Pentagono hanno detto martedi'
che il ritorno dei profughi non e' primariamente
un problema della NATO, ma verra' piuttosto
gestito da autorita' civili; la commissione
delle Nazioni Unite e' l'ente menzionato nella
risoluzione. Ma l'ente potrebbe avere bisogno di
un supporto militare per garantire la sicurezza
dei profughi.

Per essere il leader di un paese che e' stato
oggetto per piu' di 10 settimane di
bombardamenti aerei e che la settimana scorsa ha
accettato un piano di pace, Milosevic continua
avere una notevole influenza. Dopo essere
riuscito a fare si' che i suoi generali
insistessero la settimana scorsa che non
avrebbero discusso i particolari di un ritiro
con la NATO fino a quando la bozza del Consiglio
di Sicurezza non fosse stata messa a punto,
Milosevic ha utilizzato i russi che stanno
lavorando a questa bozza di risoluzione per
eliminare la maggiore quantita' possibile di
elementi indesiderati. In una certa misura ci e'
riuscito.

A causa della fretta di portare a termine la
bozza, i russi sono riusciti a tenere ogni
menzione della NATO fuori dal testo della
risoluzione (viene menzionata solo in uno dei
due allegati). Nell'Allegato 2, che e' una copia
quasi esatta dell'accordo accettato da
Milosevic, il Paragrafo 4 recita, "La presenza
di una sicurezza internazionale con una
sostanziale partecipazione NATO dovra' essere
dispiegata sotto un comando e un controllo
unificati". Ma quello che manca da questo
allegato e' una nota a pie' di pagina, presente
invece nell'accordo della scorsa settimana,
nella quale si dice che la forza di sicurezza
avrebbe avuto "la NATO come proprio nucleo". La
successiva frase chiave della nota - "Cio' a sua
volta comporta una catena unificata di comando
NATO sotto il controllo politico del Consiglio
Nord-Atlantico in consultazione con i paesi non
NATO che contribuiscono forze" - risulta
anch'essa mancante dall'allegato nella bozza di
risoluzione.

Un funzionario dell'Amministrazione Clinton che
viaggiava con Albright ha definito la nota
mancante un "affare interno" della NATO. Gli
jugoslavi, ha detto il funzionario, non possono
dettare la forma che gli alleati daranno alla
forza di sicurezza o quali saranno le modalita'
di comando. Ma un alto funzionario della NATO
che partecipa alle trattative militari con la
Jugoslavia ha detto che Milosevic potrebbe
sfruttare questa assenza di particolari, per
mettere in questione ogni misura che non e'
stata esplicitamente prevista nella risoluzione.
"E' poco probabile che i serbi firmino un
accordo militare che vada oltre la risoluzione
del Consiglio di Sicurezza", ha detto il
funzionario.

La risoluzione afferma che il Kosovo rimane
parte integrante della Jugoslavia, un
particolare che consente a Milosevic di decidere
che entra in Kosovo. "Tutto cio' si basa sulla
valutazione strategica secondo cui egli sarebbe
pronto a ritirarsi e a rinunciare al Kosovo", ha
aggiunto il funzionario NATO. "Se avete dei
dubbi in merito, avete motivo per preoccuparvi".
I dubbi vengono facilmente, perche' nella prima
tornata delle trattative militari, gli jugoslavi
hanno affermato che ridurranno i loro effettivi
in Kosovo unicamente ai livelli dei "tempi di
pace", cioe' a 15.000 unita' rispetto al livello
attuale stimato di 40.000.

Il ruolo dei russi nella forza di sicurezza, che
deve essere ancora negoziato, e lo sara'
evidentemente al ritorno a Mosca questa
settimana del vicesegretario di stato Strobe
Talbott, rimane anch'esso irrisolto. Il ministro
della difesa russo, Igor Sergeev, ha detto
martedi' che la Russia e' pronta a inviare fino
a 10.000 soldati in Kosovo, 3.000 in piu'
rispetto a quello che Washington ha promesso per
la sua quota del contingente di 50.000 uomini.
Anche se i funzionari della NATO ritengono che
si potrebbe trattare di un bluff - Mosca non ha
ne' i soldi ne' i mezzi per inviare questi
soldati in Kosovo - vi sono preoccupazioni
riguardo al fatto se la Russia trasferira' o
meno alcuni dei suoi soldati che gia' operano in
Bosnia. I russi hanno comunque stipolato una
cosa: come in Bosnia, i loro soldati in Kosovo
non saranno sotto un comando NATO.

Martedi', il presidente Clinton ha detto di non
attendersi che le truppe russe siano sotto il
controllo della NATO, ma ha detto di aspettarsi
una soluzione simile a quella messa in atto in
Bosnia, dove i soldati russi lavorano nel
settore americano e fanno rapporto a un generale
USA che non e' il comandante NATO della zona. La
presenza di truppe russe al di fuori del
controllo degli alleati potrebbe inoltre mettere
in forse il ritorno dei profughi dal Kosovo,
perche' molti kosovari ritengono i russi come
fratelli slavi dei serbi che li hanno espulsi.
Inoltre, per il tramite dei russi, Milosevic
potrebbe trovarsi in una posizione perfetta per
mantenere una presa sul Kosovo. Egli ha gia'
avviato tale manovra attraverso l'attache'
militare russo che e' stato inviato da Belgrado
a partecipare alle trattative militari tra la
NATO e la Jugoslavia nei pressi del confine.
Anche se doveva essere solo un osservatore,
l'attache' ha preso la parte degli jugoslavi su
ogni particolare, dicono funzionari
dell'alleanza.

Mentre la NATO sta cercando di persuadere i
generali di Milosevic a organizzare un ritiro
ordinato dal Kosovo - o, per essere piu'
precisi, i generali stanno attendendo il segnale
di Milosevic per ritirarsi - gli alleati devono
tenere conto anche di cosa fare con l'UCK.
Questa formazione guerrigliera ha reclutato
molti nuovi uomini nel nord dell'Albania e vi
sono preoccupazioni sempre maggiori sul come
impedire a questi soldati e a quelli ancora in
Kosovo di vendicarsi sui serbi in ritirata.
Albright si e' incontrata martedi' con Thaci, il
dirigente politico dei guerriglieri, con il
quale ha aveva avuto burrascose discussioni a
febbraio in occasione delle trattative di pace
di Rambouillet, e gli ha chiesto di tenere sotto
controllo le sue forze. Albright gli ha detto
che devono astenersi dal cercare vendetta e che
devono consegnare le armi in conformita' alle
disposizioni dell'Allegato 2.

Thaci, che ha 31 anni e che alcuni ritengono sia
il nuovo potere in Kosovo, ha detto che il suo
stato maggiore prendera' nei prossimi giorni
l'impegno a non vendicarsi sui serbi. Ma nel
turbolento mondo di un gruppo guerrigliero che
e' stato ridotto a mal partito da piu' di due
mesi di combattimenti contro i meglio armati
serbi, non e' chiaro se Thaci abbia l'autorita'
o i mezzi per soffocare quello che
l'Amministrazione teme: lo scoppio di una guerra
civile tra elementi di un imbaldanzito UCK e le
forze serbe in un loro ultimo guizzo d'orgoglio.


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