Claudio Arnò, Enrico Lana

Ragni cavernicoli del Piemonte e della Valle d'Aosta

 

 

Regione Piemonte, Associazione Gruppi Speleologici Piemontesi, ed. "La Grafica Nuova", Torino, pp. 255

 

Prefazione

 Ci sono prefazioni o recensioni che si scrivono per dovere, altre che si scrivono per puro e semplice piacere. La presente rientra senza dubbio nel secondo caso, non tanto per il fatto che gli Autori sono (o sono stati, come mi tocca dire parlando di Claudio) ottimi amici, ma pure per la semplice ragione che il lavoro che segue rappresenta un contributo importantissimo alla conoscenza della diversità biologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, e più in generale delle Alpi occidentali: quella diversità biologica, o diversità della vita (nell’accezione originale di Wilson, poi trasformata nell’usata e abusata "biodiversità" del linguaggio giornalistico), che non è fatta di formaggi e di salumi e di vini di una regione (che pure tutti noi apprezziamo!), ma è formata dalle innumerevoli forme viventi che quella regione popolano da migliaia o milioni di anni.

I piccoli animali che la Zoologia attribuisce agli Artropodi (insetti, ragni, scorpioni, millepiedi e via discorrendo) non rientrano notoriamente nella categoria dei "più amati dagli Italiani", per dirla con una vecchia pubblicità. E certamente, fra questi, i ragni risultano ancor meno apprezzati di quanto possano essere un’elegante farfalla, o un policromo e metallico scarabeo. Il lavoro di Claudio Arnò e di Enrico Lana, grazie a un testo conciso, a un’eccellente iconografia e a una finalizzazione verso un ambiente peculiare quale è quello di grotta, forse non riuscirà a far apprezzare molto di più le doti estetiche degli organismi che ne sono oggetto, ma certamente contribuirà a far comprendere il loro interesse scientifico. Un interesse che qui è dedicato agli aspetti faunistici e biogeografici del gruppo, ma che l’uomo da sempre, dagli antichi Greci ai moderni biotecnologi, ha focalizzato sul prodotto eccezionale e inimitabile – il filamento per tessere la tela – che il ragno è in grado di produrre.

Il contributo che Claudio Arnò ed Enrico Lana ci presentano, come è specificato nella premessa, costituisce un importantissimo aggiornamento ai lavori dedicati da Paolo Brignoli ai ragni cavernicoli del Piemonte e della Valle d’Aosta. In realtà, com’è facile verificare scorrendo le pagine di testo e le cartografie, esso è qualcosa di molto più ampio, dato che la maggior parte del materiale in oggetto è formata da reperti effettuati dagli autori (e in particolare da Enrico), che possono così essere collocati, uno per uno, in ambienti ipogei descritti in dettaglio e riferiti a un catasto aggiornato delle grotte esplorate. Sia lo specialista, sia il semplice curioso dei misteri della speleologia, avrà così modo di apprendere quanta strada sia stata percorsa nella conoscenza di questi piccoli abitatori del sottosuolo, la cui distribuzione nelle nostre regioni – specie per specie e genere per genere – risulta in molti casi ampliata in maniera straordinaria e del tutto inattesa.

Ho conosciuto poco Paolo Brignoli: era un uomo coltissimo ma "difficile", come forse si conviene a chi studia Aracnidi (l’affettuoso ricordo di Claudio scritto da Enrico, al termine del lavoro, rende forse l’idea). Ma non mi sono dimenticato della fiducia che egli, Professore ordinario presso l’Università de L’Aquila e già allora massimo aracnologo a livello mondiale, volle accordarmi, inserendomi in un suo programma di ricerca nazionale quando io, più di trent’anni fa, ero un giovane tecnico presso l’Università di Torino. All’epoca scrissi anche, sul Bollettino "Grotte", una sintesi sui "ragni cavernicoli del Piemonte" (qui citata in bibliografia), tratta dai suoi lavori. Più tardi, nel 1983, ebbi l’opportunità di ricambiare quella fiducia, convincendo il Prof. Carlo Vidano - quello stesso ricordato nella biografia di Claudio al termine di questo lavoro - a organizzare una sezione dedicata agli "Artropodi non Insetti" nell’ambito del Congresso Nazionale di Entomologia tenutosi al Sestriere. La sezione fu affidata a Paolo Brignoli, e fu un successo. Ma anche Paolo, come Claudio Arnò, ebbe la malaugurata sorte di morire prematuramente.

Claudio l’ho conosciuto altrettanto poco, e meno di quanto avrei voluto. Egli entrava in quell’Istituto di Entomologia, in Via Giuria a Torino, esattamente all’epoca (inizio degli anni ’80) in cui io ne uscivo, dopo otto anni di lavoro passati fra quelle mura. Lo ricordo ancora, sistemato precariamente al fondo del corridoio di ingresso, intento a studiare i suoi ragni al binoculare. Poi lo ricordo nella nuova, bella sede della Facoltà di Agraria a Grugliasco, nella sua stanza dove trovavano asilo i "viziosi" in cerca di rifugio per fumarsi una sigaretta. E sempre ci siamo intesi, seppure in discorsi ridotti a pochissime parole, e siamo diventati amici. Una delle sue ultime fatiche fu l’identificazione di un lotto di ragni di Sardegna, raccolto nell’ambito di una tesi di laurea di cui ero relatore, che gli sottoposi all’ultimo momento e che volle esaminare con la consueta cortesia, rapidità ed efficienza.

Debbo dire che il sodalizio che ha portato alla realizzazione dell’opera che ho il piacere di presentare è quanto di più singolare si possa immaginare: Enrico, che tutti conosciamo, è una forza della natura, infaticabile esploratore di grotte e di abissi, esuberante, iper-attivo; Claudio era un uomo di salute cagionevole, riservato, all’apparenza scontroso, ma in realtà simpatico, colto e pieno di doti umane. Se due personaggi così diversi si sono potuti incontrare e capire, e hanno potuto realizzare, in pochi anni di collaborazione, un lavoro come quello che segue, allora vuol dire che i miracoli avvengono ancora, e che il mondo – sopra e sottoterra – merita pur sempre, e malgrado tutto, di essere esplorato e studiato.

Achille Casale

Università di Sassari

 

 

Introduzione

Dopo l'ultimo aggiornamento, redatto da Brignoli nel 1985 ad integrazione del suo "Catalogo dei ragni cavernicoli italiani" del 1972, ben poche pubblicazioni hanno fornito dati su questi interessanti Aracnidi per quanto riguarda il Piemonte e la Valle d'Aosta.

Il nostro intento non è di presentare una rassegna di tutte le pubblicazioni che nell'ultimo secolo hanno riportato notizie sui ragni rinvenuti nelle grotte di queste regioni: rimandiamo chi fosse interessato ad un siffatto elenco completo alle opere del Brignoli (crf. Brignoli, 1970÷1985) e, per il settore cuneese delle Alpi Liguri, alla "Fauna cavernicola delle Alpi Liguri" (Bologna & Vigna Taglianti, 1985). Il nostro scopo è invece quello di fornire un aggiornamento a seguito di un'attività relativamente intensa svolta dagli scriventi e da altri ricercatori sul territorio nell'ultimo decennio.

Abbiamo riportato nel testo tutte le stazioni citate dal Brignoli e nell'opera di Bologna & Vigna Taglianti con i relativi riferimenti bibliografici e tutte le nuove stazioni e nuove raccolte da noi effettuate; inoltre, per generi e specie significative (Nesticus eremita e N. cellulanus, generi Troglohyphantes e Lepthyphantes), citeremo anche le nuove stazioni riguardanti il materiale affidatoci in studio da Tiziano Pascutto, attivo ricercatore biellese che qui ringraziamo.

Ci riserviamo la pubblicazione successiva degli approfondimenti riguardanti specie nuove o significative di generi particolari quali Troglohyphantes, Lepthyphantes, Porrhomma e Leptoneta, di cui riportiamo comunque qui le nuove stazioni e le date delle raccolte.

La possibilità di consultare pubblicazioni recenti, come il "Catasto delle cavità naturali del Piemonte e della Valle d'Aosta" (Balestrieri & Sella, 2000), l'assidua opera di esplorazione di nuove cavità, svolta anche personalemente, ed i contatti continui con le principali realtà speleologiche rappresentate dai Gruppi speleologici piemontesi e valdostani, ci hanno permesso di riportare dati catastali aggiornati sulle cavità naturali citate e coordinate attendibili per la maggior parte delle cavità artificiali da cui provengono gli esemplari esaminati. Le coordinate sono riportate nel sistema UTM e la data di riferimento delle mappe è "European 1950"; per le nuove cavità la posizione geografica è stata spesso determinata mediante uno strumento GPS e per la base cartografica si sono usate le CTR al 10.000 della Regione Piemonte.

Nel testo viene data una breve descrizione delle cavità di cui sono riportate notizie in letteratura o che abbiamo visitato personalmente, con particolare riferimento alla presenza dei ragni descritti.

Di alcune cavità sono riportate le fotografie degli ingressi e di parti caratteristiche; per quanto riguarda le principali entità decritte sono riprodotte immagini fotografiche e microfotografie al SEM e vengono riportate delle cartine di distribuzione ricavate tramite programmi GIS.

Nella prima parte abbiamo elencato tutte le cavità visitate o di cui abbiamo trovato notizie in letteratura, con le specie raccolte o citate ed i riferimenti relativi; tra parentesi tonde sono citati i riferimenti provenienti da pubblicazioni, mentre le eventuali parentesi quadre rappresentano aggiornamenti di queste informazioni; l'ordine in cui le cavità sono presentate è la numerazione progressiva con cui compaiono nel Catasto Speleologico Piemontese che rispetta una suddivisione geografica di massima dell'ubicazione delle grotte; le cavità della Valle d'Aosta sono intercalate alla numerazione catastale piemontese; per quanto riguarda le grotte non ancora catastate (n.c. Pi/provincia) e le cavità artificiali (art. Pi/provincia), queste sono elencate in ordine alfabetico alla fine della successione numerica catastale.

Nella seconda parte abbiamo riportato le specie in ordine sistematico-alfabetico: per quanto riguarda la sistematica delle famiglie ci siamo basati su "The World Spider Catalog, version 3.0" di Norman I. Platnick, ed. 2002 (American Museum of Natural History); all'interno delle famiglie i generi e le specie sono ordinati alfabeticamente; in questa parte le cavità non catastate ed artificiali sono intercalate alla fine della successione numerica catastale per ogni zona.

Tutte le raccolte sono state da noi effettuate mediante cattura diretta degli esemplari, senza l'uso di trappole che, comunque, nell'ambiente ipogeo danno scarsi risultati riguardo ai ragni.

Abbiamo dato particolare risalto alle ricerche effettuate in cavità artificiali, ben consci del fatto che l'ambiente sotterraneo non è limitato alle cavità naturali, ma è costituito da quel reticolo esteso di cavità di dimensioni non praticabili dall'uomo e che invece sono accessibili agli Artropodi. Una caverna, un edificio sotterraneo o una miniera sono quindi altrettante finestre che permettono al ricercatore di accedere a condizioni ambientali altrimenti non avvicinabili e di aver la possibilità di incontrare organismi adattati a tali condizioni.



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