AWMR Italia - Associazione Donne della Regione Mediterranea
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AWMR - Association of Women of the Mediterranean Region



10a Conferenza Internazionale - Marocco, Marrakech 12-14 luglio 2002

L'impatto della globalizzazione sui paesi del Mediterraneo:
la prospettiva delle donne


in collaborazione con:
HERD - Association of Human Environment and Development Networks

Sintesi degli interventi




Ada Donno (Italia), Ninetta Pourou-Kazantzis (Cipro), Maroulla Vassiliou (Cipro),
Anissa Smati (Algeria), Yana Mintoff Bland (Malta), Zineb Mabsout (Marocco), Elham Bayour (Palestina)


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1. Premessa

La conferenza è stata tenuta in 3 lingue: Inglese, Francese e Arabo. I vari interventi sono poi stati tradotti e riassunti da Mr. Ahmed Hamzaoui. Il report della Conferenza in lingua inglese è stato preparato da Ninetta Pourou-Kazantzis.

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2.1. A Marrakech la decima conferenza dell'Awmr
Associazione Donne della Regione Mediterranea
di Yana Mintoff Bland - Presidente dell'AWMR Internazionale.

"L'impatto della globalizazione sui paesi del Mediterraneo: la prospettiva delle donne" è stato il tema discusso nella decima conferenza annuale dell'AWMR organizzata in collaborazione con l'HERD a Marrakech in Marocco dal 12 al 14 luglio 2002.
Circa sessanta partecipanti da nove paesi si sono impegnate in una storica e dettagliata analisi della globalizzazione arricchita da analisi locali da parte di accademici e attivisti, sia donne che uomini, nella magica Marrakech.

La signora Warda, insegnante araba, ha detto:
In nessun paese le donne hanno conquistato tutti i diritti. Gli uomini ancora agiscono con arroganza, oppressione, e mancanza di comunicazione.
La globalizzazione patriarcale capitalistica è intrinsecamente negativa. Il Nord colonizza il Sud, gli uomini colonizzano le donne. Dovremmo smettere di comportarci come perdenti. L'economia dev'essere al servizio del popolo - tutto il popolo, non una piccola minoranza di ricchi.
Gli effetti negativi della globalizzazione capitalistica sono stati analizzati lungo tre principali categorie:
  1. l'aumento delle disuguaglianze che portano all'apartheid globale;
  2. l'aumento della violenza, della militarizzazione e delle guerre che portano al regno del terrore;
  3. l'aumento dei disastri ecologici.
Parallela e talvolta opposta alla globalizzazione del capitale è la crescita internazionale dei fondamentalismi religiosi come quelli islamico, cristiano ed ebraico. Si è analizzata la sua crescita e il suo manifestarsi in esempi di violenza contro donne e bambini nel Mediterraneo.

La terza via nella globalizzazione è un processo di base, democratico che si diffonde attraverso reti di informazione e solidarietà per una giustizia economica e sociale, per l'accesso ai luoghi decisionali locali e globali, uguaglianza e diritti umani. Questo movimento è condotto da organizzazioni ambientaliste, di lavoratori e di donne che condividono una comune critica del capitalismo, del patriarcato e del fondamentalismo.

In quest'incontro è stata sottolineata l'importanza e l'unicità della Regione Mediterranea. L'eredità culturale, storica, socio-economica ha arricchito le vite delle popolazioni mediterranee in migliaia di anni. A questo crocevia tra globalizzazione capitalistica, fondamentalismo religioso ed internazionalismo democratico, tra guerra e pace, i partecipanti e le partecipanti alla conferenza hanno chiesto ai popoli ed ai leaders del Mediterraneo di unirsi per

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2.2. Introduzione alla conferenza, di Khadija Al Feddy, Marocco
Presidente dell'HERD - Human, Environment and Development Networks


A nome dell'associazione HERD e dei suoi membri, ho il piacere di dare il benvenuto a tutte.

Siamo estremamente felici di avervi tra noi oggi.
Questo evento culturale è organizzato dalla nostra associazione in collaborazione con l'AWMR, di cui fanno parte donne appartenenti a diversi paesi con le relative sedi a Malta, Cipro, Italia, Francia, Libano, Algeria, Egitto, Turchia e Stati Uniti, il cui supporto non è mai mancato.
A tutte, lasciatemi esprimere uno speciale, cordiale e caloroso benvenuto nella favolosa città di Marrakech.

La scelta di ospitare in Marocco questa decima conferenza può attribuirsi a due motivi: in primo luogo, una ricerca di mobilità geografica. In secondo luogo, un riconoscimento del Marocco come parte molto influente ed integrante del bacino mediterraneo.

La scelta di Marrakesh è ugualmente significativa, poiché è la città che ha ospitato una volta la ratifica della convenzione del GAT.
Il tema di questa conferenza è: "Gli effetti della Globalizzaazione sui Paesi Mediterranei: la prospettiva delle Donne".

Il processo del globalizzaazione si è limitato finora alla circolazione dei capitali, agli scambi di affari, alla sospensione delle barriere doganali fra i paesi, all'accesso alle nuove tecnologie, alla creazione delle zone di libero scambio ed ai cambiamenti politici ed economici, senza considerare tutte le ripercussioni politiche e sociali che queste trasformazioni possono avere.
L'effetto di questo processo sulla vita delle donne può essere positivo o negativo. È determinato dai fattori intrinsechi come: etnia, classe sociale, nazionalità, età, il livello intellettuale e così via....
Se la globalizzazione ha effetti positivi su un determinato numero di donne in termini di aumento nelle occasioni di lavoro, accesso alle tecnologie aggiornate ed alla capacità di consumo, essa è, tuttavia, per la maggior parte delle donne, sinonimo di lavoro duro, insicurezza, soppressione dei servizi sociali, privatizzazione delle aziende e soppressione di posti di lavoro.
Siamo completamente e senza riserve per una globalizzazione che sia giusta, più umana e dove si tengano in considerazione i bisogni individuali; una globalizzazione che difenda la dignità dell'individuo, la sua identità culturale ed i suoi diritti umani universali. Ma siamo contrarie, decisamente, ad una globalizzazione che riposi sulle avide imprese multinazionali il cui obiettivo principale è il massimo profitto. Questa conferenza s'incentra sul seguente tema: L'effetto della globalizzazione sui paesi mediterranei - prospettive delle donne.

Per esaminare molto attentamente, gli effetti economico sociali, politici, ecologici e culturali del Nuovo Ordine Mondiale sulla vita delle donne mediterranee, le partecipanti presenteranno relazioni a partire dall'esperienza di vita vissuta dalle donne stesse. Ciò, solleverà indubbiamente una discussione controversa che, da una parte, proporrà alternative ragionevoli e, dall'altra, metterà in evidenza gli aspetti negativi e di sfruttamento della globalizzazione.
I nostri incontri annuali sono certamente spazi di lavoro e di scambio destinati a definire un progetto di lavoro che punta ad un cambiamento politico ed organizzativo. Inoltre sono finalizzati a promuovere campagne di sensibilizzazione per condividere ed approfondire la nostra conoscenza e comprensione dell'argomento in esame.

Per generare un'apertura informativa e disegnare il profilo delle conquiste delle donne in tutta la regione mediterranea e nel mondo intero, è indispensabile lavorare collettivamente in modo da formulare un certo numero di alternative, miranti ad ottenere un genuino sviluppo economico e a stabilire strutture regionali e locali in un'ottica di evidenziazione e rafforzamento dei diritti delle donne.

Il mondo sta cambiando e io credo che sia tempo per noi di avere parola in materia. L'era della globalizzazione, le profonde disparità sociali e l'indebolimento dei poteri locali galvanizzano le donne che si cimentano con il pensiero e la proposta di soluzioni e nuovi modelli.
Le donne costituiscono il 50% della popolazione mondiale e il 33% della forza lavoro ufficiale. Rappresentano il 66% del reddito totale mondiale e possiedono meno dell' 1% della proprietà mondiale.

Queste discriminazioni non sono un'invenzione del Nuovo Ordine Mondiale. Sono profondamente radicate nella grigia condizione di inferiorità femminile che risale al passato. Ma sembra che il Nuovo Ordine Mondiale compendiato dalle grandi corporazioni multinazionali non abbia alcuna volontà di porre fine a discriminazioni e sfruttamenti. Al contrario, fa del suo meglio per aumentare quelle discriminazioni perché sono considerate una fonte di profitto.

Se questa è la realtà delle donne, condizione per la loro emancipazione è la diminuzione del controllo oppressivo delle corporazioni multinazionali sulla popolazione. Una volta che questa fonte di oppressione sia eliminata, le bende cadranno dagli occhi delle donne. Le forme tradizionali di autorità nella società (lo stato, i partiti politici, la forza religiosa, il sindacato) vanno via via sbiadendo e vengono sempre più asservite alle grandi corporations multinazionali.

Se le donne sono state escluse ed emarginate dalle autorità tradizionali, lo saranno ancora di più sotto il nuovo ordine mondiale. L'abbattimento delle barriere per lo libero scambio di merce e di capitali è mirato sia a sfruttare le materie prime dei paesi di terzo mondo che ad investire nelle industrie manifatturiere, malgrado l'indipendenza politica delle nazioni del terzo mondo.

I rapporti Nord-Sud sono contrassegnati da subordinazione e dipendenza. È il nord che ha il sopravvento perché possiede tutti i mezzi di produzione. È il nord che determina per il Terzo Mondo il prezzo delle materie prime e dei prodotti e tecnologia importati.
Si fa sempre più largo il gap fra l'aumento dei prezzi di tecnologie e prodotti che vengono importati dai paesi di Terzo mondo e la diminuzione, o nel migliore dei casi la stagnazione, dei prezzi pagati alla produzione terzomondiale.

Ciò rinforza semplicemente l'idea che i termini dello scambio sono dettati dai paesi industrializzati e sfruttatori. L'abisso diventa più profondo mentre le grandi compagnie multinazionali operano secondo il piano stabilito.

Per fare sempre più profitto, le imprese sfruttatrici aumentano i prezzi della tecnologia e dei prodotti esportati nel Terzo mondo. Peggio ancora, le filiali delle imprese suddette aumentano i prezzi dei manufatti prodotti nei paesi del Terzo mondo. Di conseguenza, l'economia del Terzo mondo è colpita profondamente. Inoltre, le donne non possono sfuggire alla negativa e drastica influenza dei mass-media che impongono un certo modello di consumo.
Le statistiche mondiali rivelano che ci sono due generi di mondi: un mondo sviluppato e uno in via di sviluppo. Tuttavia, lo sviluppo o piuttosto l'arricchimento dei paesi del nord va di pari passo con l'impoverimento dei paesi del sud. Sicché abbiamo effettivamente due mondi diversi e contrapposti: un mondo sviluppato e industrializzato e uno sottosviluppato. Francamente parlando, le multinazionali non hanno alcuna politica rispetto alla creazione e sviluppo dei posti di lavoro.

Riguardo alla manodopera locale, le compagnie multinazionali sono più interessate al profit-making che alla quantità della forza lavoro. L'impianto di tali imprese nei paesi del Terzo mondo fino ad ora ha portato disoccupazione ed un duro colpo alla piccola impresa locale. A questo proposito, le donne rimangono la categoria sociale che principalmente è colpita dalla disoccupazione.

A partire da queste ipotesi e dalla considerazione della promozione dei diritti delle donne, le partecipanti cercheranno di dare delle risposte alle seguenti domande: Come ripensare la globalizzazione in modo da rafforzare i diritti umani ed i diritti umani delle donne in particolare?
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi del Nuovo Ordine Mondiale?

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2.3. La globalizzazione nel mediterraneo: il punto di vista delle donne
di Ada Donno
- Vice Presidente AWMR Italia

È possibile re-inventare la globalizzazione, renderla (più) umana, fondarla sui bisogni e le dignità individuali, sulle identità culturali, farne uno strumento di diffusione dei diritti umani universali, senza discriminazioni etniche o di genere?
È l'interrogativo che molte coscienze sensibili oggi si pongono ovunque nel mondo, mentre il processo reale di globalizzazione capitalistica s'impone con le sue ingiustizie, gli squilibri ambientali ed i conflitti sanguinosi che innesca.
Gli effetti della globalizzazione sulla vita delle donne nell'area mediterranea sono stati al centro della decima conferenza annuale dell'Associazione Donne della regione mediterranea (Awmr) che si è tenuta a Marrakech dal 12 al 14 luglio scorso.
Radicando le sue conferenze nei contesti locali, come fa ogni anno ormai da un decennio, l'Awmr (che fa anche parte della rete Wedo) ha organizzato la conferenza in collaborazione con l'associazione marocchina Herd (Homme Environment et Reseau de Developpement) puntando al coinvolgimento delle realtà organizzate e dei singoli esperti, che in Marocco hanno a cuore i temi in discussione. Sicché la conferenza è stata anche un laboratorio di dialogo tra le esperienze di donne ed organizzazioni di nove paesi diversi, nel quale verificare in che misura le differenze culturali e sociali costituiscano una risorsa nella ricerca di percorsi comuni per un futuro sostenibile nella regione mediterranea.
Dall'Italia c'eravamo, a rappresentare la sezione italiana dell'Awmr, Cristina Mangia, Marinella Vadacca e Marianna Martina ed io che scrivo.

Si può misurare la positività o la negatività dell'impatto dei processi globalizzanti sulle vite delle donne, a condizione che non si pretenda di fare astrazione da fattori intrinseci quali l'appartenenza di classe, l'etnia, la nazionalità, l'età, il livello d'istruzione, ed altri che ne determinano lo status sociale. La globalizzazione, limitata com è alla libera circolazione dei capitali e all'abbattimento delle barriere commerciali tra gli stati, all'accesso alle tecnologie e all'assoggettamento delle politiche economiche alle leggi del mercato, oggi produce indubbiamente effetti positivi per un numero limitato di donne, aumentandone le possibilità di occupazione e di accesso alle tecnologie moderne e la capacità di consumo di beni.

Ma per moltissime altre essa è sinonimo di accresciute difficoltà nel lavoro e perdita di sicurezza sociale, per via delle flessibilità al totale servizio dei processi di accumulazione, le privatizzazioni di imprese pubbliche, lo smantellamento dei servizi sociali. Sicché gli effetti negativi sono assai più estesi e significativi.

Dichiararsi in linea di principio a favore o contro la globalizzazione in sé ha poco senso come sottolineano le cipriote Maroulla Vassiliou e Ninetta Kazantzis, rispettivamente vicepresidente e segretaria dell'Awmr perché è un processo oggettivo che contrassegna l'era che stiamo vivendo, ma siamo contro le forme ed i contenuti della globalizzazione capitalistica, che trasforma la vita degli esseri umani, da una parte, in una gara individuale per la sopravvivenza e, dall'altra, in una rincorsa ai consumi inutili; che calpesta le sovranità delle nazioni col pretesto del terrorismo e trascina il mondo verso una guerra continua. Siamo invece a favore dello sviluppo di relazioni giuste tra gli stati e di un economia internazionalizzata sulla base dell'uguaglianza, della solidarietà e della cooperazione.

Insomma la globalizzazione appare diversa a seconda che la si guardi dall'alto o dal basso, dice l'iraniana Valentine Moghadam, direttrice di Women's Studies all'Università dell'Illinois: vista dall'alto si mostra come aumento delle disuguaglianze e delle conflittualità, sia all'interno dei paesi che tra un paese e l'altro. Dal basso appare invece come un progetto popolare che si presenta in forme di solidarietà globale, di organizzazione e mobilitazione contro la disuguaglianza, la povertà, le violazioni dei diritti umani e il degrado ambientale. Ha il volto del movimento new-global che è andato crescendo negli ultimi vent'anni ed è esploso dopo il fallimento del Multilateral Agreement on Investments nel 1998 con il ciclo di proteste partite da Seattle.

È un movimento che cerca di riorientare la globalizzazione spostandola dagli esclusivi interessi delle istituzioni finanziarie e commerciali in direzione dello sviluppo umano e di società democratiche.
In questo movimento è importante riconoscere il contributo delle reti femminili: le donne, per millenni assenti dai centri del potere, vanno costruendo da tempo un pensiero critico sugli attuali ordinamenti economico-finanziari e formulando ipotesi alternative che contengono richieste di "giustizia economica e di genere", di attenzione al lavoro pagato e non pagato delle donne, di controllo delle transazioni finanziarie internazionali, di ritorno a politiche statali di sviluppo e di welfare e di promozione del ruolo femminile nei processi decisionali delle economie nazionali e globali: sono questi gli elementi critici di quella che Valentine Moghadam definisce una prospettiva socialista-femminista di re-invenzione della globalizzazione.

In questo movimento si riconoscono le organizzazioni ambientaliste, di lavoratori e di donne che condividono una comune critica del capitalismo, del patriarcato e del fondamentalismo, sia esso islamico, cristiano o sionista, che cresce in misura opposta ma sospettabilmente funzionale alla globalizzazione capitalistica e si manifesta in forme di violenza che colpiscono i più deboli e indifesi.

L'incontro di Marrakech ha confermato la grande capacità delle donne arabe di guardare con coraggio dentro le contraddizioni delle loro società al bivio tra modernità e fondamentalismo, dove gli effetti della globalizzazione si presentano nella dualità difficilmente districabile di vantaggi e svantaggi, dove come dice Aicha Khamass, avvocata e scrittrice marocchina - si guarda all'Europa, sull'altra sponda del Mediterraneo, ora come ad un modello di democrazia e di diritto, ora come all'epitome di tutte le cose negative.

Se infatti la globalizzazione si presenta con il volto della povertà in aumento, della condizione deteriorata dei ceti medi, della frantumazione del già insufficiente stato sociale, della perdita di autonomia economica e culturale, della desertificazione che avanza e dell'aumento delle guerre e delle conflittualità sociali; se nel Maghreb assume le forme di una minaccia al settore agricolo dove le donne svolgono un ruolo chiave nell'economia rurale; e se l'immagine di donna moderna fornita dai media è quella distorta del consumismo, allora reagiamo all'incapacità di accettare la sfida del progresso con la paura del cambiamento, che si traduce nel rigurgito fondamentalista.

Le idee moderne e l'Islam non costituiscono un antinomia, conferma la giurista Aicha Haijami. La prima questione è: in un sistema globalizzato i popoli possono conservare la propria diversità? La seconda è: le donne arabe possono emanciparsi senza scontrarsi con i testi sacri dell'Islam? Potremo rispondere affermativamente ad ambedue le domande se i popoli e le donne diventeranno i veri soggetti del cambiamento.

L'importanza e l'unicità della Regione Mediterranea, che reca in sé un'eredità culturale, storica, socio-economica millenaria che costituisce la ricchezza delle sue popolazioni, è uscita esaltata dall'incontro di Marrakech, ma non si è esitato a guardare nella profondità dei problemi, delle specifiche realtà politiche e sociali - come il caso italiano (che minaccia di fare scuola) dove un capitale finanziario predatore ha occupato i centri del potere politico e spadroneggia spudoratamente e dei conflitti, da quello dolorosamente sanguinante della Palestina, al cui diritto ad essere Stato indipendente e sovrano è stato espresso unanime riconoscimento, a quello lungamente insoluto di Cipro, ancora divisa in due dopo l'aggressione turca del 74, a quello sottaciuto della regione Sahrawi.

Aspirazione dell'Awmr è contribuire a far crescere fra le donne di questa parte del mondo una rete di condivisione degli stessi valori di giustizia, uguaglianza e pace, ribadisce la maltese Yana Mintoff, presidente dell'Associazione. Quello che chiediamo ai paesi del Mediterraneo è di sviluppare un sistema di diritti che promuovano il ruolo delle donne nei processi decisionali ed eliminino le discriminazioni di genere, etniche e di classe; di cooperare per dare l'alt all'imperialismo; di rispettare le sovranità nazionali, rafforzare le istituzioni regionali ed internazionali e obbligare al rispetto delle risoluzioni dell'Onu particolarmente paesi come la Turchia, Israele e gli Stati Uniti; di ridurre le spese per gli armamenti, fermare il degrado ambientale, rendere gli stati strumenti di progresso e difesa dei diritti umani piuttosto che di oppressione politica, militare ed economica. Sono i passi concreti da fare per il futuro del Mediterraneo, al crocevia tra capitalismo e fondamentalismo, tra pace e guerra.

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3.1. L'impatto della globalizzazione su donne e bambini
1a Sessione plenaria - Lunedi 13 luglio 2002 9:50-11:45
Presidente: Khadija Al Feddy


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3.1.1. Professore Hamdani Ben Alì, Marocco.
Studioso e consulente Nazioni Unite

Ha fatto un'analisi storica dell'evoluzione del processo di globalizzazione indicando schematicamente alcune tappe fondamentali.

La globalizzazione è nata con l'uomo ed è evidente nel commercio da sempre. Si è manifestata negli scambi tra i popoli di tutto il mondo. L'intensificarsi della navigazione nel 14° secolo, la scoperta dell'Africa e delle Americhe hanno massimizzato gli effetti della globalizzazione e intensificato la migrazione dei popoli. Durante il 17° e il 18° nulla sembrava poter fermare l'espansione del commercio e degli affari. Le nuove scoperte– macchine, treni, comunicazioni etc - hanno giocato un ruolo importante in questo senso e i popoli hanno beneficiato di questa mobilità e di questi commerci.

Durante il 19° e il 20° secolo c'è stato lo sviluppo industriale. Noi chiamiamo quel periodo "l'era della colonizzazione" per il continuo bisogno da parte dei paesi "ricchi" di materie prime per sostenere la produzione e il commercio. Ci sono stati conflitti, e una grande crisi economica che ha colpito soprattutto donne e bambini.
Dopo il 1950 e specialmente oggi, la maggior parte delle istituzioni internazionali, come ONU, WB, WTO, IMF, il GATT, UE sono tutte a favore di una globalizzaione economica capitalistica

Altre tappe importanti sono la crisi degli anni 80 e la caduta del comunismo negli anni 90, che hanno trasformato il mondo. Poi la crisi economica del dragone asiatico. Infine l'inasprirsi del terrorismo che continua ancora oggi. Per cui la globalizzazione esiste da sempre. La cooperazione e la diffusione delle tecnologie sono gli aspetti principali della globalizzazione. Le comunicazioni facilitano la cooperazione e sono essenziali alla globalizzazione. Sono anche essenziali alla diffusione della tecnologia e della conoscenza nei paesi del terzo mondo.

Quali sono i fattori della globalizzazione oggi?

Primo, gli investimenti e i monopoli privati; secondo gli Accordi Multilaterali sugli investimenti e il GATT; ed infine i meccanismi della giurisdizione internazionale che costituiscono l'aspetto internazionale della globalizzazione.
Qual è l'impatto e quali sono le conseguenze di questa globalizzazione?
In particolare, per quanto riguarda il Marocco, incluso il problema dell'acqua, le disuguaglianze, la disoccupazione etc..
La gente oggi sta protestando contro la globalizzazione in molti paesi. Una distribuzione equa del denaro, delle tecnologie e della conoscenza avrebbero come risultato la giustizia, l'uguaglianza e la pace.

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3.1.2. Aicha Hajjami, Marocco.
Docente universitaria. Facoltà di legge.

Ha parlato nello specifico dell'impatto della globalizzazione sulle donne e della relazione tra religione islamica, globalizzazione e condizione delle donne.

Il rispetto dei diritti umani dovrebbe assicurare i diritti delle donne, dal momento che nel primo articolo viene chiaramente detto non deve esistere nessuna discriminazione tra i generi.

L'istruzione delle donne è un fattore fondamentale per assicurare, aumentare i diritti delle donne, che sono diritti umani e universali.
Le relazioni tra i sessi non sono facili in Marocco e le istanze delle donne sono una materia molto complessa a causa dell'intreccio sistema-religione, dell'ambivalenza del sistema legale e dell'opposizione dottrinale all'uguaglianza tra i generi.

Le prescrizioni dell'Islam in materia di famiglia e di condizione della donne, impongono che il matrimonio e il divorzio siano controllati dal credo religioso, e che le donne non possano avere proprietà.
Ma ci sono anche eredità lasciate dai periodi prima dell'avvento dell'Islam. La colonizzazione del Marocco, il commercio e le relazioni nazionali durante la colonizzazione hanno influenzato il sistema giuridico. La costituzione marocchina è stata influenzata da quella francese e oggi deve essere riformata: deve essere abolita la discriminazione contro le donne.

Il rispetto dell'Islam è molto importante in Marocco. Nell'Islam l'accettazione di modi e norme sulle donne provenienti dall'estero crea conflitti. I diritti umani sono riconosciuti e rispettati. Possono le idee moderne essere in conformità o devono sempre costituire un'antinomia con l'Islam? Le specificità culturali devono essere tenute in considerazione così come le differenze culturali.
L'Islam dà delle indicazioni sui diritti delle donne, lo status sociale, lo stato politico culturale, etc. La questione è: all'interno della globalizzazione, di una cultura universale, può la gente mantenere la propria diversità? Può questa rimanere intatta? Possono le donne emanciparsi senza entrare in contrasto con i sacri testi dell'Islam? La globalizzazione dei diritti delle donne può essere un processo positivo e non solo negativo. L'Islam è compatibile con i diritti delle donne.

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3.1.3. Discussione

Myassr Al Hassan, Palestina: Ha riferito dei problemi del popolo palestinese, in particolare donne e bambini, legati alla globalizzazione. Ha posto il problema dello stato Palestinese e della politica degli Stati Uniti, chiedendo il riconoscimento dello Stato Palestinese con Gerusalemme capitale.

Anissa Smati, Algeria: Avvocata e studiosa dei diritti delle donne. Ha criticato l'intervento del Professore Hamdani Ben Alì sottolineando come il terrorismo non sia nato l'11 settembre ma esistesse già da molto tempo. L'Algeria da oltre dieci anni vive il terrorismo e sono gli USA a perpetuarlo. Alla Prof. Aicha Hajjami chiede perché non ha menzionato nessuna differenza tra il Nord e il Sud del Mediterraneo in termini di globalizzazione e diritti delle donne. Le chiede inoltre quali sono gli effetti positivi della globalizzazione e perché non ha toccato il problema della cultura berbera e dei diritti delle minoranze in Marocco.

Il Professore Hamdani Ben Alì, in risposta, ribadisce che il terrorismo è nato con l'umanità, ed è sempre esistito, che il mondo è governato dagli USA e che senza la colonizzazione, l'internazionalizzazione etc, la democrazia come oggi la conosciamo, sarebbe stata differente.

La Professoressa Hajjami, in risposta: Ha sottolineato che l'Islam non ha mai imposto la sua cultura. È sempre stato rispettoso delle differenze e delle specificità, purché queste non fossero contrarie alla legge islamica. Come per i Berberi, la donna contribuisce all'acquisizione delle ricchezze con gli uomini, e ha diritto ad esse. La legge non è la stessa nelle varie parti del Marocco. L'Islam non è un codice legale ed è necessaria una riforma del codice giuridico che garantisca gli stessi diritti a tutti e assicuri l'eguaglianza tra i generi dovunque.

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3.2. La globalizzazione e l'emergere dei movimenti fondamentalisti
2a Sessione plenaria - Lunedi 13 luglio 2002 12:10-13:30
Presidente: Idlimam Ali

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3.2.1. Aicha Khamass, Marocco.
Avvocata, scrittrice impegnata nella lotta per l'eliminazione della violenza contro le donne.

Nel rapporto con l'Occidente noi abbiamo vissuto in un dualismo di vantaggi e svantaggi. Da una parte l'Occidente ha portato democrazia, diritti umani, dall'altra ha portato oppressione, guerra ecc. Adesso l'Europa è diventata l'epitome di tutte le cose negative. L'eredità islamica non è in contrasto con l'Europa, è la globalizzazione economica che sta modificando questo rapporto. Si reagisce all'incapacità di adeguarsi ad un progresso continuo e la paura del cambiamento porta all'acuirsi del fondamentalismo. L'abolizione dei servizi sociali, l'impoverimento della classe media, la crescita della povertà sono alcuni degli effetti negativi della globalizzazione. Più del 10% delle donne marocchine vive in povertà. Il numero dei divorzi sta diventando sempre più alto ed oggi raggiunge più del 51%. È necessario un cambiamento nelle condizioni sociali, e un cambiamento nella condizione delle donne.

Ci dovrebbe essere un largo movimento che coinvolga tutte le forze sociali. Alcuni anni fa gruppi di donne furono accusate di ateismo perché chiedevano il riconoscimento dei loro diritti. I politici proteggono la vecchia etica, anche se il re ha istituito una commissione per attuare dei cambiamenti. Ad esempio, nel codice penale marocchino non viene riconosciuto il furto tra marito e moglie (il marito si può appropriare della proprietà della moglie) e questa ingiustizia contro le donne crea un ineguaglianza nella famiglia.

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3.2.2. Sarsar Outar, Marocco.
Scrittrice, associata HERD.

Fa un rapporto sulle donne in Marocco oggi e si chiede come possono le donne partecipare in un mondo che è totalmente ostile al rispetto dei loro diritti. La società Arabo-Musulmana è particolare. Le donne, qui, pur essendo più del 51%, non possono usufruire dei loro diritti come in molte parti del mondo.


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3.3. Re-inventare la globalizzazione
3a Sessione plenaria - Lunedi 13 luglio 2002 14:50-15:30
Presidente: Yana Mintoff-Bland
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3.3.1. Valentine Moghadam, Iraniana,
docente di Sociologia e direttrice di Women's Studies presso l'università dell'Illinois (Usa)

Re-inventando la globalizzazione : Una prospettiva socialista-femminista

La globalizzazione è un fenomeno contestato e complesso. Gli approcci allo studio della globalizzazione variano a secondo delle discipline e dell'orientamento politico, e le aspettative sono diverse. Molti sentono che l'attuale modello di globalizzazione economica neo-liberale ha effetti molto negativi sulla gente specialmente i lavoratori, i poveri, le donne, i bambini, e la maggior parte dei paesi del terzo Mondo, inclusi i paesi del sud e dell'est del Mediterraneo. Altri in particolare economisti convenzionali, politici di molti paesi ricchi, e quelli associati con le maggiori istituzioni economiche finanziarie globali come la Banca Mondiale, l'FMI, il WTO sostengono che è un processo necessario e desiderabile, e che incrementa la interdipendenza, la crescita economica e la prosperità.

La globalizzazione, l'ultimo stadio del capitalismo, ha dato luogo a molti dibattiti sulle sue dimensioni economiche, culturali e politiche e le sue implicazioni sociali. Mentre i sostenitori enfatizzano la convergenza, la collaborazione e l'integrazione, i detrattori insistono sulla divergenza, sulla competizione e sull'esclusione. Tra gli economisti il dibattito è se la globalizzazione ha aumentato o diminuito la povertà e le ineguaglianze. L'evidenza disponibile conferma la crescita delle ineguaglianze, sia all'interno che tra i vari paesi. Certamente, quando uno guarda alla globalizzazione dall'alto, particolarmente alla sua dimensione economica, il quadro non è confortante.
Allo stesso tempo, il fallimento degli Accordi Multilaterali nel 1998 e la protesta mondiale contro la globalizzazione da Seattle alla fine del 1999, indica l'emergere di un movimento globale contro tali inuguaglianze. Le donne - e le organizzazioni delle donne - sono una parte di questo movimento anti-sistemico e non egemonico per una giustizia economica globale.
Quindi, è utile guardare alla globalizzazione dal basso, globalizzazione non solo come un progetto dei mercati capitalistici, delle classi capitalistiche, e delle maggiori istituzioni finanziarie economiche internazionali, ma anche come un progetto della gente, di solidarietà globale, organizzazione e mobilitazione contro le ineguaglianze, la povertà, violazione dei diritti umani e il degrado ambientale. Ciò che è rilevante degli ultimi 20 anni è la crescita dei movimenti sociali globali, delle reti transnazionali e dei networks femministi transnazionali. Questo è un movimento che cerca di riorientare la globalizzazione dagli interessi esclusivi delle istituzioni finanziarie e commerciali verso la realizzazione dello sviluppo umano e un processo decisionale democratico.
Notevole è stato il contributo dei network femministi socialisti transnazionali, la critica social femminista agli attuali accordi finanziari e commerciali internazionali e la formulazione di un set alternativo di accordi. La richiesta "di una giustizia di genere e di una giustizia economica", un attenzione al lavoro non pagato delle donne come al lavoro retribuito, l'istituzione della Tobin Tax sulle transazioni finanziarie, un ritorno a politiche sociali e di sviluppo e gli input delle donne nei processi decisionali nazionali, globali economici sono elementi critici di una prospettiva socialista nel re-inventare la globalizzazione.

Ha inoltre parlato del ruolo internazionale di alcune associazioni internazionali di donne, come WEDO, WIDE, etc. , sottolineando una mancanza di visibilità internazionale dell'AWMR.

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3.3.2. Cristina Mangia, Italia,
Ricercatrice fisica dell'atmosfera.

Genere, Scienza e Globalizzazione.

La scienza e la tecnologia svolgono un ruolo fondamentale nei processi di globalizzazione sia dall'alto verso il basso, come nel caso della globalizzazione economica, sia dal basso verso l'alto nel caso dei movimenti no-global. Ma quale scienza? Quale tecnologia? Sembra quasi che la scienza moderna occidentale basata su principi di logica e razionalità astratta sia l'unica forma di conoscenza in opposizione ai saperi locali socialmente costruiti.
Gli scienziati, operando attraverso un astratto metodo scientifico, sembrano descrivere o spiegare in maniera oggettiva il mondo circostante. Fin dagli inizi, la scienza occidentale ha affermato la sua netta separazione dal mondo sociale ed economico, ha anzi fondato la sua superiorità rispetto alle altre forme di sapere proprio sulla sua presunta oggettività.

Questa logica binaria - oggettivo/soggettivo, ragione/emozione, cultura/natura, mente/materia, pubblico/privato ha avuto sullo sviluppo della scienza e della conoscenza due conseguenze:
  1. ha tenuto lontano dall'impresa scientifica le donne in quanto identificate con la natura, l'emotività, il soggettivo,
  2. ha caratterizzato la scienza al maschile identificato a sua volta con il razionale, promuovendo una concezione di oggettività molto ristretta.

Questi stereotipi sul genere e la scienza rappresentano la ragione per cui le donne sono ancora poche e poco rappresentative nel mondo scientifico e tecnologico, come si desume da tutte le statistiche mondiali.
In un articolo di Science del 1994 si vede come sono proprio i paesi con una tradizione scientifica più forte e quelli più industrializzati ad avere il minor numero di donne scienziate.

L'impatto negativo della globalizzazione economica sulla vita di milioni di persone (di cui si è ampiamente parlato in questa conferenza) richiede sempre più di andare a riconsiderare il ruolo che la scienza e la tecnologia hanno, richiede sempre più di andare a riconsiderare la sua neutralità.
Ci sono problemi sociali, etici, sociali che non è più possibile risolvere senza individuare nuovi paradigmi che propongano approcci globali alle singole questioni, superando la estrema specializzazione dei singoli campi, superando principalmente il forte gap tra le aree umanistiche e quelle tecnologiche.

Consideriamo ad esempio la questione cruciale dell'uso dell'energia, che è fondamentale alla qualità della vita. Nel 1994 il 54.1 per cento dell'uso dell'energia globale viene dai paesi OCSE, dove e concentrato solo il 20 per cento della popolazione.
Guardando all'interno delle statistiche si vede come il 49.4 per cento del consumo viene dai paesi OCSE del Nord America, il 35.1 per cento dai paesi OCSE dell'Europa, il 10.5 dai paesi OCSE del Pacifico.
Più dell'80 per cento delle fonti energetiche utilizzate derivano dai combustibili fossili e questo pone una serie di problemi sia dal punto di vista ambientale che da un punto di vista sociale. Nel 1999 ci sono state emissioni di CO2 nell'atmosfera maggiori di 20000 MT con conseguenze abbastanza preoccupanti sul sistema climatico e sulla biodiversita etc.
D'altra parte, la distribuzione geografica delle riserve mondiali di energia mostra dei forti sbilanciamenti tra i vari paesi nel mondo, basti pensare che ad esempio il 65% del petrolio e concentrato nella regione mediorientale, dove sono concentrati anche molti conflitti.

Per re-inventare la globalizzazione, allora è necessario ripensare anche il ruolo della scienza e della tecnologia nel mondo globale e non solo occidentale. È necessario ripensare il rapporto tra la scienza e l'economia, il sociale, le aree umanistiche.
Questo, a mio avviso, porta anche a ripensare la scienza liberata da un ideologia di genere, che non significa solo la presenza o l'assenza delle donne nella scienza (che potrebbe essere anche una questione di giustizia), ma anche e soprattutto andare a vedere come le immagini e gli stereotipi di genere hanno, anche inconsapevolmente, forgiato l'impresa scientifica stessa.

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3.3.3. Discussione

Maroulla Vassilliou, Cipro. Riguardo alla questione della visibilità dell'Awmr sollevata dalla Moghadam, sostiene che l'associazione è stata molto attiva durante la Marcia Mondiale delle donne. Ha fatto parte nel 2000 del comitato organizzatore sebbene comprendesse solo 60 donne. Da Cipro 80 donne, di diversi partiti politici, sono andate a New York.

Anna Kowarsch, Amsterdam. Sottolinea come la globalizzazione sia un processo molto antico che ha le sue radici nel Medio Oriente (Egitto, Sumeria, etc. ) e sia presente in tutte le nostre storie. Mentre la dominazione occidentale è molto giovane, ha solo 500 anni, la storia in questa parte del mondo rivela le sue radici di migliaia di anni. Guardando dentro la storia si possono trovare radici comuni e comprendere i linguaggi di ciascuno. È necessario re-inventare la globalizzazione ma è necessario prima individuare i nostri obiettivi.

Valentine Moghadam, in risposta: afferma che sfortunatamente le ONG dei paesi arabi e del medio oriente non sono coinvolti abbastanza nei processi e nella protesta anti-globalizzazione. Non sono visibili e questo deve cambiare affinché la regione eviti l'impatto negativo della globalizzazione.

???? Chiede perché si sostiene che le donne possono cambiare la situazione visto che oggi ci sono già molte donne nelle grandi compagnie multinazionali.

Valentine Moghadam in risposta: che lo stile di leadership delle donne è più inclusivo, più democratico, più umano. E molto importante avere più donne perché fanno la differenza. La campagna 50/50 dovrebbe avere successo perché le donne, dopo tutto, sono più del 50 % della popolazione. Le priorità cambieranno se ci saranno donne in posti di comando, le spese saranno minori nel campo militare e maggiori sulla cultura, educazione etc.

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3.4. Rapporto dai Paesi del Mediterraneo
4a Sessione plenaria - Lunedi 13 luglio 2002 15:30-17:00
Presidente: Maroulla Vassiliou
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3.4.1. Elham Bayour.
Palestinese residente negli USA.

Il tentativo delle ONG occidentali di globalizzare le donne palestinesi.

Le donne palestinesi sono prese fra l'occupazione razzista da parte di Israele, l'insoddisfazione per la cosiddetta pace e la delusione per una direzione politica da parte delle Autorità palestinesi che enfatizza la tradizionale leadership maschile, il capitalismo, la globalizzazione e incrementa la loro marginalizzazione nel potere decisionale politico e nella crescita economica.
Le ONG occidentali hanno depoliticizzato le donne palestinesi ed alterato la loro ideologia, forzandole ad un rapporto di normalizzazione con gli occupanti israeliani, utilizzando ciò che loro chiamano democrazia , costruzione di una società civile e i diritti umani.
Le ONG occidentali (Europee, Americane e Canadesi) si sono introdotte nella società palestinese travestite in forma di aiuti, promozioni: il lavoro di carità e dei diritti umani, la democrazia, la costruzione di una moderna società civile.
I Palestinesi sanno che queste ONG sono usate come copertura per nascondere la brutta faccia dei regimi imperialisti nei Paesi del Terzo Mondo che hanno subito il colonialismo occidentale e capitalista, l'imperialismo ed ora la globalizzazione.
L'altro aspetto negativo del fenomeno delle ONG proviene dal fatto che queste ultime sono diventate un nuovo strumento per la globalizzazione, che sostiene a sua volta la occidentalizzazione, che è poi l'ultima tappa dell'egemonia del capitale sul mondo.
Ed è proprio a causa di questa egemonia capitalistica che non c'è nessuna opposizione da parte dei leader locali, accademici ed intellettuali, perché questi o non coinvolti o non condividendo gli accordi di pace di Oslo, sono stati privati di finanziamenti fino a raggiungere un tale livello di isolamento che ha portato molti di loro a dichiarare "lealtà" all'imperialismo.

È così il dilemma ambiguo è che i Palestinesi si trovano costretti ad accettare questa ingiusta tirannia occidentale, mentre sono ancora sotto l'occupazione razzista Israeliana.
Sono obbligati ad eseguire quello che l'occidente costringe loro a fare sotto lo slogan dei diritti umani e la normalizzazione con gli occupanti, nonostante il fatto che queste istanze non siano prioritarie nell'agenda dei popoli palestinesi.
Questo chiaramente solleva dubbi sul livello di collaborazione di queste ONG occidentali con l'occupante e sul loro grado di coinvolgimento con l'oppressione dello stato Israeliano sulla popolazione indigena palestinese.
E importante notare che il termine normalizzazione, è un nuovo termine nel discorso politico arabo e significa relazioni normalizzanti con un entità abnorme come lo Stato di Israele occupante.
Le ONG occidentali adoperano vari modi per costringere le donne palestinesi alla normalità con l'occupante nel tentativo di spostare la loro attenzione dalle organizzazioni di base per indebolirle, e quindi normalizzarle, cioè occidentalizzarle ovvero globalizzarle.

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3.4.2. Zineb Mabout, Marocco.

La globalizzazione è una questione molto discussa. È qualcosa di nuovo? È americana? Certamente non è un processo democratico espresso dalla volontà della gente. È un processo autoritario con regole affaristiche. È in questo processo l'Africa viene trascurata e marginalizzata comprendendo solo il 2% del valore totale del commercio mondiale.
Che effetto ha sulle donne?

Nei paesi africani le donne hanno di fronte:
  1. la sfida della scolarizzazione contro l'analfabetismo,
  2. cattive condizioni di salute,
  3. la violenza contro le donne,
  4. l'assenza di partecipazione nei processi decisionali.
Oggi è disponibile più istruzione, e più lavori sono aperti alle donne, ma comunque il 75% delle donne arabe sarà ancora analfabeta nel 2010.
Le donne non sono le prime ad essere scelte per occupare i posti di lavoro, e anche quando sono assunte percepiscono salari più bassi.
Sono le donne a fronteggiare le catastrofi ecologiche. Le guerre e le minacce alla sicurezza alimentare sono molto diffuse.
Le donne giocano un ruolo fondamentale nell'economia rurale e nell'agricoltura, nel Maghreb ed in tutta l'Africa. La globalizzazione minaccia il settore agricolo. L'immagine della donna africana nei media è distorta - viene presentata come una consumatrice e non come una produttrice.
Quattro raccomandazioni per i Paesi Arabi sui quali trovare un accordo, possono essere le seguenti:
  1. migliorare la situazione politica, culturale, economica delle donne,
  2. prendere dal processo di globalizzazione solo ciò che è positivo,
  3. abolire tutte le forme di discriminazione,
  4. migliorare l'istruzione e la formazione.

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3.4.3. Maroulla Vassiliou e Ninetta Kazantzis, Cipro.

La globalizzazione e l'impatto su Cipro

La globalizzazione non può essere percepita come il trionfo finale del lungo processo del modello di sviluppo neoliberale capitalistico.
Per noi è un processo che mira a creare un unica area economica mondiale.
È un processo che è cominciato molto tempo fa ed indica un intreccio sempre più stretto tra beni, servizi, lavoro, mercato dei capitali.
Nell'intero processo di globalizzazione noi incontriamo tre fasi che coesistono e sono interconnesse: prima di tutto è l'internazionalizzazione che costituisce un processo socio economico obiettivo, totale.
Attraverso l'internazionalizzazione del mercato e dei rapporti economici locali ci stiamo gradualmente avviando verso un Unico Spazio Economico Mondiale, successivamente la globalizzazione capitalistica che è promossa dai monopoli delle multinazionali ed è caratterizzata da quattro principi: la libertà del movimento di capitali, libertà del movimento delle merci, libertà del movimento dei servizi e libertà di movimento della forza lavoro.
Infine, il dominio delle compagnie multinazionali e degli stati più potenti - soprattutto gli USA - sui paesi dipendenti e economicamente sottosviluppati.
In questo senso la globalizzazione può essere percepita come un sistema di subordinazione finanziaria e di sfruttamento di popoli nelle aree sottosviluppate.
La globalizzazione per come sta prendendo piede, porta alla redistribuzione dei coefficienti di produzione sia a livello mondiale che nazionale.
A livello mondiale nei paesi sviluppati si osserva una concentrazione di attività tecnologiche centrate sulla conoscenza, allo stesso tempo, il trasferimento di attività verso i paesi in via di sviluppo che richiedono mano d opera poco o niente qualificata.
A livello nazionale si osserva un trasferimento di risorse produttive dalle attività protette a quelle liberalizzate.
Queste tendenze hanno come conseguenze significative come l'aumento della disoccupazione e il deterioramento degli standard di vita dei lavoratori e la distruzione della cosiddetta "classe media".
Il processo di globalizzazione crea una competizione che ha un costo sociale che ricade sulle spalle dei lavoratori attraverso la riduzione dei salari e taglio dei benefici sociali.
Un classico esempio è il trasferimento della produzione dai paesi ricchi ai paesi che offrono lavoro più a basso costo e materie prime.
Questo è esattamente quello che è successo a Cipro negli ultimi dieci anni.
Abbiamo visto fabbriche di scarpe e di vestiti chiudere e stabilimenti trasferirsi verso paesi come la Romania e la Siria.
Noi abbiamo avuto l'esperienza della riduzione dei salari ed il profilo sociale non è più rappresentato da un rombo ma da una piramide: questo significa la distruzione della classe media, c'è una percentuale più alta di persone che vivono con un reddito più basso e cresce la ricchezza di quelli già ricchi.
Il tasso ufficiale di disoccupazione è aumentato dal 2,1% al 4,3%, ma noi sappiamo che in realtà è più alto - vicino al 6%, e la maggior parte sono donne. È evidente che la globalizzazione ha indebolito ed ha creato disoccupazione e/o forza lavoro sottopagata.
Allo stesso tempo, Cipro, che vuole entrare nella Unione Europea per ragioni politiche, deve conformarsi con le regole e le norme europee.
Nei servizi sociali ed in altre aree di intervento statale - come in agricoltura - prevale la regola di minore intervento statale.
Stiamo vivendo tagli nella spesa per i servizi sociali, tagli dei sussidi per gli agricoltori ed i prodotti agricoli; stiamo vivendo ora un processo di privatizzazione di organizzazione di enti come l'acquedotto, l'autorità elettrica e telecomunicazioni, mentre i nostri aereoporti sono destinati a diventare imprese private nel nome della "modernizzazione".
Tuttavia dobbiamo ammettere che la ratifica del trattato GATT ed il WTO, da una parte, e gli accordi multilaterali sugli investimenti, dall'altra, costituiscono un passo sostanziale verso la globalizzazione capitalistica. Come principio noi non siamo contro la globalizzazione.
Siamo comunque contro l'attuale forma e contenuto della globalizzazione portato avanti dai monopoli multinazionali con in testa gli Stati Uniti.
Noi siamo a favore dello sviluppo di rapporti tra gli stati e di una internazionalizzazione dell'economia che dovrebbe essere costruita sulla base dell'eguaglianza, indipendenza nazionale, rispetto della sovranità e solidarietà.

Mettere in pista un nuovo processo di globalizzazione che abbia come centro la solidarietà e la cooperazione degli stati e dei popoli, presuppone naturalmente cambiamenti radicali negli affari interni degli stati e il superamento del capitalismo e la costruzione di una società socialmente giusta.
La globalizzazione dovrebbe avere come risultato: l'eliminazione della povertà nel rispetto dei diritti umani e dei diritti delle donne; L'eliminazione della discriminazione; l'eliminazione delle ingiustizie e dell'oppressione; la comprensione e la risoluzione pacifica dei conflitti.
Noi vogliamo un mondo democratico dove l'economia sia al servizio della gente e non viceversa.

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3.4.4. Ada Donno, Italia

La situazione italiana

L'impatto della globalizzazione capitalistica sull'Italia ha il volto dell'attuale governo di destra.
Il G8 di Genova ha mostrato al mondo la faccia violenta dell'Italia capitalistica globalizzata.
Vi prego di prestare attenzione al caso italiano perché potrebbe non essere un caso, ma costituire il cattivo modello per altri paesi, così come settant'anni fa Mussolini fu il modello di Hitler.
Un gruppo di potere formato da businessmen cresciuti all'ombra della peggiore speculazione finanziaria, ha occupato la politica contando su due alleanze importanti:
quella con il partito fascista e con un partito separatista che ha in programma di dividere il territorio dello stato italiano.
Questo gruppo di potere ha il sostegno della grande borghesia industriale, ma cattura anche il consenso della piccola-media borghesia usando un linguaggio demagogico che promette meno tasse e deregulation, smantellamento del Welfare e dei diritti sociali, privatizzazioni selvagge e mano dura con gli immigrati.
Con questo programma esso dà l'assalto alla Costituzione nata dalla Resistenza (una delle più progressive del mondo capitalistico) e, contando sulla maggioranza in Parlamento, sta stravolgendo la legislazione italiana a proprio uso.
Per costoro non valgono i diritti: lo stato, le istituzioni, i bisogni della gente diventano un mero spazio di mercato in cui gli interessi dei più forti contendono.
Nel momento in cui l'intero Pianeta unipolare diviene un unico spazio di mercato, essere poveri significa essere incapaci e inefficienti, e perciò meritare l'emarginazione.
Presiedendo il vertice mondiale della FAO a Roma, che si pone il problema della fame nel mondo, il capo del governo italiano sostiene che tutto quello che i paesi ricchi possono fare è un assegno bancario, cioè l'elemosina, a quelli poveri.
Un arretramento di civiltà dalle conseguenze tragiche.
L'impatto di questa globalizzazione capitalistica sulle donne italiane non è tanto il rischio di una ridotta presenza, di una marginalizzazione, o di impoverimento.
Piuttosto di una neutralizzazione della presenza femminile nell'economia, nella politica, nella cultura.
Una nostra oggettivizzazione.
Là dove il massimo profitto, e non il soddisfacimento dei bisogni umani e sociali, è l'unico indicatore di progresso, che ruolo possono avere le donne?
Come costruire reti di solidarietà e di resistenza, come progettare e praticare insieme un idea di mondialità fondata sull'uguaglianza, la giustizia e la pace; come, noi donne del Mediterraneo, possiamo essere capaci di farci progetto: questi sono i punti di domanda che attendono da noi risposta.

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3.4.5. Anissa Smati, Algeria.

Donne in movimento nell'area euro-magrebina

La famiglia algerina si trova oggi ad un bivio.
Il passaggio del terzo millennio e l'integrazione nell'area euro-magrebina le faranno subire profondi cambiamenti nel futuro.
I cambiamenti riguarderanno lo status delle donne e la legislazione dovrà essere rivista in questo senso.
Il terzo millennio è portatore di valori che non sono nuovi, ma comunque forti. Con il rafforzamento dei diritti delle donne, il riconoscimento della loro uguaglianza agli uomini, il ripudio della discriminazione e la lotta contro tutti i tipi di violenza nei loro confronti sono diventati principi inconfutabili.

L'universalità di questi valori è stata al centro di molti dibattiti e molte opposizioni ideologiche sono state espresse, ma il processo di emancipazione delle donne in tutto il mondo, anche se più lento in alcune regioni, dà un'idea delle tendenze future che andranno a sancire l'uguaglianza tra i due sessi. In Algeria e nel Magreb in generale, queste tendenze si realizzeranno quando la condizione femminile dovrà integrarsi nell'area Euro-Magrebina. Finché la percezione del nucleo familiare algerino non attraverserà i confini nazionali, sarà sottoposta alle tendenze contraddittorie con cui ha a che fare attualmente - tradizione contro modernità- e lo status delle donne sarà soggetto alle tensioni derivanti da questa opposizione.

Nel sistema tradizionale contrassegnato da taboo religiosi, le donne sono ancora considerate inferiori agli uomini e sono tenute in condizioni di minorità, mentre questa discriminazione scompare nella legislazione del lavoro in cui libertà ed uguaglianza sono diritti riconosciuti.
Queste contraddizioni non potranno più esistere in un mondo che chiede omogeneità tra uomini e donne, e dove ogni persona è considerata nella sua individualità come un agente economico e non come membro appartenente ad un gruppo.

Quando sarà integrata nell'Euro-Magreb, la famiglia algerina entrerà in una dimensione multinazionale: cambierà la sua natura e i membri della famiglia potranno scegliere di vivere fuori dall'Algeria o di avere un'altra nazionalità. Questi cambiamenti creeranno nuove situazioni giuridiche che avranno bisogno di regole unificate e semplificate. Lo status delle donne algerine, sicuramente migliorerà e valori moderni sostituiranno regole anacronistiche.

La mutazione del nucleo familiare algerino è già cominciata, non solo nelle aree urbane, ma anche in quelle rurali. Questa evoluzione investe il ruolo delle donne nella famiglia e pone il problema del suo stato giuridico nella società. Ma come abbiamo sottolineato, la condizione femminile in Algeria ha di fronte il problema di una legislazione contraddittoria che a volte l'assoggetta ad un sistema anacronistico e altre volte è invece all'avanguardia, con conseguenti profonde tensioni all'interno della famiglia stessa.

La costituzione algerina oscilla tra questi opposti. Da una parte, affermando nel suo 2ndo articolo che l'Islam è la religione di stato, conferma il nesso esistente tra la legge algerina e la Sharia, dando valore e status legale al codice della famiglia. Questa idea è anche espressa nell'articolo 9 comma 3, che stabilisce che devono essere evitate pratiche in contraddizione con l'Islam. D'altra parte la costituzione stessa nel suo articolo 29 sancisce il principio di uguaglianza e stabilisce che tutti gli Algerini sono uguali per legge, rigettando in questo modo ogni discriminazione, specie quelle basate sulla differenza di sesso.

Queste contraddizioni pongono le donne di fronte ad un dilemma: da una parte essere soggette a disposizioni che ammettono una disuguaglianza tra i sessi, dall'altra essere soggette a disposizioni che le considerano uguali agli uomini.
Come risultato, nei fatti si riconosce valore e legalità al codice di famiglia che contiene idee antiquate e discriminatorie.

Diversi esempi possono illustrare la situazione.
Lo status di minore attribuito alle donne è indubbio. Si richiede il consenso della donna per contrarre il matrimonio, ma essa deve comunque essere accompagnata da un suo tutore legale "Wali", che può essere suo padre, fratello o in ultima istanza il giudice. E gli articoli 12 e 16 del codice della famiglia confermano questa condizione di minorità delle donne sottomettendole all'autorità del marito dopo il matrimonio. Questa situazione ha di conseguenza effetti negativi sulla relazioni delle donne con i loro parenti maschi: sicuramente saranno soggette a discriminazione e in casi estremi saranno espropriate dei loro diritti. In materia di successioni, una donna eredita solo metà di ciò che eredita suo fratello. In caso di testimonianze, la parola di un uomo vale il doppio di quella della donna, mentre l'articolo 29 della costituzione sostiene che tutti i cittadini hanno uguali diritti senza distinzione di razza, sesso, opinione… E in ultimo, anche se non meno importante, un uomo può sposare 4 donne mentre la situazione inversa non è possibile.

Questa riduzione dei diritti delle donne è evidente anche nei casi di divorzio. Una donna non può chiedere il divorzio, lo può fare solo suo marito e senza alcuna giustificazione.
La donna non può sposare un non-musulmano, e se lo fa la sua situazione non ha status giuridico.
Di contro, ci sono altre disposizioni nel codice di famiglia che danno alle donne una totale libertà nel gestire il loro patrimonio, evidenziando le contraddizioni che esistono nella legislazione.
Il matrimonio è soggetto al regime di separazione dei beni e l'articolo 38 dà alle donne il diritto di commercio.

Queste contraddizioni sono dovute all'ambiguità che circonda i concetti di maggior e minore età. Infatti, è importante sottolineare che il codice civile stabilisce la maggiore età civile all'età di 19 anni, quando il voto è possibile all'età di 18.
L'altra parte del corpus di leggi che riguarda la vita economica e politica mostra che non ci sono discriminazioni e applica il principio di equità. Un esempio è la legislazione del lavoro: la legge n° 90-11 stabilisce uguali diritti a tutti i lavoratori senza discriminazioni di sesso. E anche nel campo dell'istruzione, politico e sanitario non esistono discriminazioni.

La domanda da porsi è se queste contraddizioni non creeranno un conflitto che fermerà l'evoluzione della legislazione e toglierà chances alle donne di conquistare la loro libertà.
Se questa coesistenza di contraddizioni è possibile nel diritto, la situazione è differente nella vita quotidiana e l'evoluzione della società imposta dai cambiamenti sociali ed economici cancellerà le regole che non si adattano alla vita moderna, e il ruolo della donna nella società si rafforzerà.

A questi cambiamenti economici e sociali è necessario aggiungere anche l'impatto dei nuovi valori che hanno segnato la fine dell'ultimo secolo. La democrazia, che è un concetto antico, esercita ancora un certo effetto specialmente sulla gioventù. Dopo la seconda guerra mondiale, l'obiettivo della democrazia era quello di cancellare la discriminazione razziale. La fine del 20° secolo è stata contrassegnata dalla volontà delle donne di lottare contro ogni discriminazione nei loro confronti. Le donne hanno chiesto e ancora chiedono cittadinanza in tutti i campi. E questo è stato reso evidente in tutto il mondo dalla conferenza di Pechino, dove donne da ogni parte del mondo si sono incontrate per chiedere i loro diritti. Come risultato, le richieste delle donne sono state accolte a livello internazionale e l'Europa costituisce un esempio. La comunità Europea ha reso sacri i principi di non-discriminazione nella sua legislazione e i paesi appartenenti alla comunità sono obbligati a rispettare tali principi.

Possiamo interrogarci circa il destino del codice di famiglia che è in contraddizione col principio di uguaglianza. La creazione e l'integrazione dell'Euro-Magreb inciderà sicuramente sulla famiglia algerina e magrebina in generale.
La struttura della famiglia algerina, come le altre, sarà caratterizzata dalla multinazionalità. Come saranno gestite le differenti e anche contraddittorie situazioni giuridiche? Come si potrà risolvere il problema della coesistenza di differenti sistemi giuridici in un'unica famiglia?

Come rendere credibile in questa regione un principio che considera le donne come minori, quando in Europa tutti i tipi di discriminazione sono stati cancellati?
Come applicare i criteri della maggiore età, se questi variano da un caso all'altro? La donna sarà considerata maggiorenne in Europa e tornerà minorenne in Maghreb? Le sue azioni saranno rese nulle in Europa dal momento che sono nulle nel suo paese?
Se una donna algerina si sposa con un europeo non musulmano, sarà autorizzata a dare a suo figlio la sua nazionalità? La legge algerina lo proibisce e dà il diritto di trasmettere la nazionalità solo all'uomo. Tutte queste questioni avranno un'incidenza sui componenti di una famiglia europea-magrebina.

Per evitare situazioni complicate è necessario trovare soluzioni che consentano ai cittadini algerini di sottrarsi a regole antiquate. L'esperienza della Tunisia nel modificare le regole legate la famiglia mostra che questo cambiamento è possibile.
Le contraddizioni che esistono nella legislazione Algerina scompariranno sicuramente sotto la pressione dei movimenti delle donne, delle istanze internazionali e con un nuovo ambiente economico e sociale dove le donne e i membri delle comunità saranno considerati come soggetti economici e sociali.

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4. Workshop
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4.1. Il ruolo della società civile
Workshop - Martedì 14 luglio 2002 9:00-11:00
Moderatrice: Yana Mintoff-Bland

Come primo punto si è discusso su cosa significa società civile .
Sono stati individuati essenzialmente tre punti di vista:
  1. il punto di vista Marxista secondo il quale la società civile, suddivisa in classi, dipende dallo stato ed è una invenzione per confondere la gente.
  2. il punto di vista degli organismi internazionali, come la Banca Mondiale etc., secondo cui la società civile deve riempire gli spazi lasciati vuoti dallo stato, ad esempio, le ONG si occupano dello stato sociale, l'educazione, la salute etc.
  3. il punto di vista radicale, secondo il quale la società civile rappresenta la gente che lavora per il bene degli altri, si organizza per i diritti umani e la democrazia, e lavora per trasformare in meglio lo stato.
Come rafforzare la società civile? Alcune raccomandazioni:
In Marocco, è necessario riformare il diritto.
Le donne devono ricoprire un ruolo più importante nell'istruzione, nello sviluppo, nelle fasi decisionali.
Le risorse locali devono essere sotto il controllo locale.
Deve essere assicurata un istruzione alle donne delle aree rurali, deve essere assicurato il diritto ad un istruzione gratuita e di qualità.
Le donne dovrebbero poter accedere all'istruzione scientifica.
Deve essere garantito loro il diritto a uguali opportunità lavorative.
Devono inoltre essere salvaguardati l'ambiente e l'alimentazione, l'accesso all'acqua potabile, il diritto all'informazione, il diritto ad una stampa libera.
Deve aumentare la democrazia a tutti i livelli, nei singoli stati, nelle Nazioni Unite, e negli organismi internazionali come la Banca Mondiale.
Bisogna cancellare il debito nei Paesi del Terzo Mondo.
I diritti delle donne devono essere accettati e rispettati in tutti i paesi.

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4.2. Lavoro e globalizzazione
Workshop - Martedì 14 luglio 2002 9:00-11:00
Moderatrice: Ada Donno

L'attenzione è stata rivolta all'esperienza italiana.
E stato esaminato l'effetto della globalizzazione al nord ed al sud ed è stata espressa una generale preoccupazione.
I livelli economici e culturali della globalizzazione sono negativi in tutto il mondo.
Persino i paesi europei sono afflitti dagli aspetti negativi della globalizzazione. L'attenzione è stata rivolta all'esperienza italiana.
In Italia è in corso un conflitto tra i lavoratori ed il governo specialmente sulle istanze che riguardano le donne.
I paesi del sud del mondo hanno avuto altri problemi: l'unità della famiglia è venuta meno e vi è lo sfruttamento delle donne.
Ma non ci sono aspetti solo negativi, ma anche positivi: la diffusione della tecnologia, della cultura, ecc.

Le raccomandazioni sono le seguenti:

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4.3. I diritti delle donne e la globalizzazione
Workshop - Martedì 14 luglio 2002 9:00-11:00
Moderatrice: Anissa Smati

Storicamente per quanto riguarda i diritti delle donne si possono individuare due periodi: il primo, anteriore alla Prima Guerra Mondiale quando i diritti delle donne non erano importanti, ed il secondo, dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando i diritti delle donne sono diventati importanti e si sono organizzate molte conferenze sulle loro istanze.

Si è discusso del problema delle donne cipriote, il cui lavoro non è equamente retribuito, specie da quando gli imprenditori hanno investito, alla ricerca del lavoro a basso costo, fuori dai confini di Cipro.

In Algeria e Marocco i diritti delle donne sono strettamente connessi con la religione.

Alcune raccomandazioni:

Le risoluzioni internazionali devono essere applicate senza condizioni.
Alle donne devono essere riconosciuti e rispettati tutti i loro diritti.
Il rispetto dei diritti delle donne deve svincolarsi da interpretazioni legate alla religione.
Le società Arabe devono garantire l'istruzione ai bambini ed il rispetto dei diritti delle donne.
Le donne di tutto il mondo sono intellettualmente uguali.

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5. Risoluzioni
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5.1. Risoluzione Finale

Alla fine della decima Conferenza annuale dell'Associazione delle donne del Mediterraneo, sull'impatto della globalizzazione nei paesi del Mediterraneo, organizzata in cooperazione con l'Associazione HERD, a Marrakech, Marocco, luglio 12 14 2002, le partecipanti convengono che la globalizzazione è un processo storico che contemporaneamente parte dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto.

La principale forza è la vasta espansione capitalista e in questo processo il cieco potere del profitto è concentrato in poche mani e prevale la speculazione del capitale finanziario.
La globalizzazione imposta dagli Organismi Multinazionali - Banca Mondiale, WTO, il Fondo Monetario internazionale (IMF) è antidemocratica e sfruttatrice, in cerca di alti profitti, le donne sono sfruttate e colonizzate, le risorse strategiche non sono più controllate localmente, i servizi dello stato sociale sono diminuiti, la povertà e l'ingiustizia economica sono aumentate.

Gli USA conducono la guerra globale al terrore , serve solo per incrementare la violenza ed il terrore.
I tre principale effetti negativi della globalizzazione capitalista, sono:

Incremento della violenza, della militarizzazione e delle guerre
Incremento dell'ineguaglianza che conduce alla discriminazione globale
Incremento dei disastri ecologici.

Parallelamente, e talvolta opposta alla globalizzazione capitalista, è la crescita internazionale del Fondamentalismo Religioso fondamentalismo sionista ed islamico, che si è manifestato con forme di violenza contro le donne ed i bambini.
Il processo dal basso verso l'alto del processo di democratizzazione della globalizzazione ha diffuso, per mezzo di reti informative e solidali, una giustizia sociale ed economica, ha permesso l'accesso ai luoghi di decisione, all'uguaglianza e diritti umani.
E portato avanti dalle organizzazioni delle donne, dell'ambiente, dei diritti umani e dei lavoratori. Le organizzazioni femminili, quali AWMR, WEDO, WIDE, DAWN e WLUM condividono la critica al capitalismo, al patriarcato ed al fondamentalismo.
A livello regionale tutte queste tre forze sono evidenti all'interno dell'Europa del Mediterraneo e le Regioni Arabe.
La cultura mediterranea, l'eredità storica e socio-economica ha arricchito la vita delle genti del mediterraneo per più di mille anni.
A questo crocevia tra capitalismo e fondamentalismo, tra guerra e pace, noi chiediamo ai nostri governanti di intraprendere i seguenti passi verso la cooperazione, uguali diritti, giustizia e pace:
  1. Sviluppare un ampio sistema di diritti che possa migliorare lo status delle donne ed eliminare le discriminazioni tra i generi, le razze e le classi.
  2. Cooperare per mettere fine dell'imperialismo nel Mediterraneo e nel mondo e rispettare la sovranità di ogni nazione. Diamo la nostra solidarietà alle donne della Palestina, Cipro, Iraq ed alle donne che soffrono in Kurdistan, nel Sahara, nei campi Tindouf.
  3. Ridurre il ruolo degli Organismi Multinazionali e favorire lo sviluppo sostenibile locale, l'istruzione e lo stato sociale. Ridurre le spese militari ed incrementare l'istruzione.
  4. Fermare la sfrenata distruzione dell'ambiente, imporre multe a chi inquina, promuovere una educazione ambientale ed uno sviluppo sostenibile e preservare la nostra aria, terra, acqua e mare.
  5. Fare dello Stato uno strumento per il progresso e la protezione dei diritti umani, piuttosto che uno strumento di oppressione politica, militare ed economica.
  6. Promuovere il ruolo delle donne nei luoghi decisionali e riconoscere le donne come parte essenziale ed integrale dello sviluppo. I diritti delle donne devono comprendere tutti i campi e le donne devono beneficiare di tutti i diritti fino qui ad appannaggio degli uomini.
  7. Chiedere alle istituzioni democratiche nazionali ed internazionali il pieno rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite, in particolare da parte d'Israele, Turchia ed Usa.
Il mondo deve dare avvio ad una nuova era di pace, democrazia e diritti umani.
Un era dove la globalizzazione e tutti i suoi aspetti aiutino a promuovere una giustizia sociale ed economica.
Tutte le culture devono unirsi per costruire una pace duratura.

Marrakech 14 luglio 2002
Accettata all'unanimità

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5.2. Risoluzione sulla Palestina

Noi, le partecipanti alla Decima Conferenza Annuale della Associazione Donne della Regione Mediterranea (AWMR) in cooperazione con l'associazione HERD, presso Marrakech, Marocco, dal 12 al 14 luglio 2002, chiediamo che si ponga fine all'occupazione illegale che dura da trentacinque anni da parte di Israele dei territori Palestinesi.
Ci deve essere un immediato ed incondizionato ritiro delle truppe di Israele dai territori occupati.

Noi chiediamo ad Israele di rispettare la Risoluzione 242 delle Nazioni Unite.
Noi chiediamo alla comunità internazionale ed alle Nazioni Unite di inviare le forze di pace per proteggere i cittadini palestinesi.
Occorre fare pressione sul governo USA per fermare la sua doppiezza politica nei confronti del conflitto Medio - Orientale e condannare decisamente l'evidente ed inumana oppressione e tortura del popolo Palestinese da parte di Israele.
Sollecitiamo solidarietà in tutto il mondo con le donne ed i bambini palestinesi e chiediamo ai nostri governi, ai nostri leader, di imporre sanzioni contro il governo Israeliano affinché rispetti i diritti del popolo palestinese.

Marrakech 14 luglio 2002
Accettata all'unanimità

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5.3. Risoluzione su Cipro

Noi, le partecipanti alla Decima Conferenza Annuale della Associazione Donne della Regione Mediterranea (AWMR) in cooperazione con l'associazione HERD, a Marrakech, Marocco, dal 12 al 14 luglio 2002, chiediamo che si ponga immediatamente fine all'occupazione illegale, dopo ventotto anni da parte della Turchia, del 36% dell'isola di Cipro.
Deve esserci un incondizionato ed immediato ritiro delle truppe turche dai territori occupati.

Chiediamo alla Turchia di rispettare tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite su Cipro.
Deve essere fatta pressione sul governo Usa per fermare la sua doppiezza politica nel rispetto dei problemi di Cipro.
Sollecitiamo solidarietà verso le donne greche, turche e cipriote. Chiediamo ai nostri leader ed ai nostri governi di fare ogni possibile pressione su la Turchia e gli Usa per una Cipro riunita, sovrana ed indipendente.

Marrakech 14 luglio 2002
Accettata all'unanimità

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5.4. Risoluzione sull'Iraq

Noi, le partecipanti alla Decima Conferenza Annuale della Associazione Donne della Regione Mediterranea (AWMR) in cooperazione con l'Associazione HERD, a Marrakech, Marocco, dal 12 al 14 luglio 2002, ci opponiamo alle sanzioni contro l'Iraq ed ai preparativi degli Stati Uniti per invadere l'Iraq.
Il popolo iracheno ha sofferto un decennio di condizioni inumane e queste non dovrebbero essere inasprite e prolungate.

È possibile una soluzione pacifica al problema della produzione di armi chimiche o nucleari in Iraq.
Chiediamo agli USA di fermare immediatamente tutti i preparativi per l'invasione dell'Iraq e chiediamo a tutti i governi di lavorare a delle soluzioni pacifiche e durature dei conflitti, nel rispetto dei diritti di tutti i popoli.

Marrakech 14 luglio 2002
Accettata all'unanimità

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6. Le sigle:

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6.1. ONU - Organizzazione delle Nazioni Unite

Organizzazione internazionale, con sede a New York, costituita fra gli Stati che hanno accettato di adempiere agli obblighi stabiliti dallo statuto (o Carta) delle Nazioni Unite (sottoscritto nella conferenza di San Francisco il 26 giugno 1945 dalle delegazioni di cinquanta Stati, entrato in vigore il 24 ottobre 1945) al fine di salvaguardare la pace e la sicurezza mondiali e di istituire tra le nazioni una cooperazione economica, sociale e culturale.
L'ONU si rifà a una precedente esperienza, la Società delle Nazioni, che ne costituì la base storica, sebbene non possa essere considerata strettamente come una continuazione o una ripresa dell'istituzione ginevrina.
Sei sono gli organismi principali che la compongono:
  1. Assemblea generale,
  2. Consiglio di sicurezza,
  3. Consiglio economico e sociale,
  4. Consiglio di amministrazione fiduciaria,
  5. Corte internazionale di giustizia,
  6. Segretariato.
Una trentina di organizzazioni specializzate collegate, che costituiscono il cosiddetto sistema ONU, coprono praticamente tutti i campi dello sviluppo. Tra queste occorre distinguere quelle che, pur appartenendo al sistema delle Nazioni Unite, sono autonome:
La Banca Mondiale e il Fmi, grazie alle caratteristiche e al raggio di azione propri, hanno acquisito una grande indipendenza.
L'indirizzo Internet dell'ONU è http://www.un.org

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6.2. Banca Mondiale

È una istituzione specializzata dell'ONU.
Sorta come BIRS (Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo) all'epoca della conferenza di Bretton Woods del 1944, la sua costituzione fu decisa contemporaneamente a quella del FMI, ha sede a Washington.
Il Consiglio dei Governatori, composto da un rappresentante per ogni stato membro, detiene il potere decisionale, mentre 22 amministratori costituiscono il potere esecutivo e sono nominati dai principali sottoscrittori (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito).
I maggiori azionisti sono gli Stati Uniti (20%) e Giappone (5%).
La sua funzione riguarda la concessione di prestiti a Paesi in via di sviluppo con fondi propri o reperiti sul mercato dei capitali per la realizzazione dei progetti.
La concessione di prestiti è sempre più legata all'adozione di politiche di deregolamentazione dei settori industriale ed agricoli e di privatizzazione di società pubbliche.
L'indirizzo Internet della Banca Mondiale è http://www.worldbank.org

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6.3. FMI - Fondo monetario internazionale

Il suo ruolo è quello di promuovere la cooperazione nel settore monetario e della stabilizzazione valutaria, e di concedere prestiti ai Paesi membri che evidenziano deficit nella bilancia dei pagamenti.
Il Fondo può anche vendere divise e oro ai propri membri al fine di agevolare il commercio internazionale.
Il FMI ha anche creato un unità di conto internazionale, i diritti speciali di prelievo (DSP), che gli stati membri possono usare per i pagamenti internazionali.
Ha sede a Washington.
Creato nel 1944, con la firma degli accordi di Bretton Woods.
Attualmente (2001) i paesi membri sono 183, il potere di voto di ciascun paese dipende dalla dimensione della sua quota di partecipazione al fondo, calcolata in modo da riflettere approssimativamente il suo peso nell'economia mondiale.
L'Fmi aveva il compito di assicurare il rispetto del nuovo ordine monetario internazionale fondato sul principio dei cambi fissi.
Il suo compito quindi era quello di vigilare, affinché i paesi firmatari degli accordi non procedessero a svalutazioni selvagge o competitive.
In realtà l'Fmi aveva, conformemente al suo nome, anche una funzione di "cassa comune": ogni paese membro al momento dell'adesione doveva versare una quota, di cui una parte in oro (unità di riferimento del sistema di Bretton Woods) o in dollari e il resto (75%) in moneta nazionale.
In cambio ogni paese poteva, in caso di bisogno, prelevare da questo conto dei fondi, sotto forma di crediti rimborsabili a medio termine (meno di tre anni) e nella moneta di sua scelta.
La prima tranche di prelievo (un quarto della quota) era automatica, mentre le tranche successive (per successivi quarti fino a cinque quarti della quota totale) erano sottoposte a determinate condizioni cioé l'aiuto era subordinato all'attuazione, da parte del governo del paese, di un severo programma di risanamento dettato dal FMI, ossia l'ultima tranche dava agli esperti del Fmi un diritto di ingerenza nella politica economica del paese. Con gli accordi di Giamaica, (che, firmati l'8 gennaio del 1976, hanno modificato gli accordi di Bretton Woods, svincolando le monete dal rapporto-base con l'oro e dai cambi fissi) la missione dell'Fmi è cambiata: non deve più vigilare sui tassi di cambio, che ormai sono fluttuanti.
In compenso il Fondo ha riacquistato importanza con il controllo sulla liquidità del sistema monetario internazionale: ciò significa in pratica che l'Fmi si fissa l'obiettivo di garantire che siano saldati i debiti esteri sovrani (quelli contratti da uno stato o da esso garantiti).
A questo scopo sono stati messi in atto dei meccanismi di adeguamento o aggiustamento, che prevedono prestiti speciali (destinati ai paesi in difficoltà) condizionati.
Per i paesi indebitati del terzo mondo l'Fmi è diventato il simbolo dell'ortodossia economica.
Di fatto la maggior parte degli accordi di aggiustamento conclusi hanno imposto ai paesi interessati delle condizioni molto pesanti e soprattutto costose da un punto di vista sociale: riduzione della spesa pubblica, privatizzazione di imprese pubbliche, riduzione o soppressione delle sovvenzioni pubbliche ad alcuni prodotti o ad alcune imprese, svalutazione della moneta nazionale. Insomma, un insieme di rimedi destinati a ristabilire gli equilibri esteri compromessi con la riduzione del potere d'acquisto interno.
In certi casi ciò ha provocato gravi agitazioni sociali ("le rivolte della fame" di Caracas o del Cairo, quando la soppressione delle sovvenzioni pubbliche ha provocato il forte rialzo di alcuni prodotti di prima necessità come il pane).
È probabilmente per combattere questa immagine antisociale che l'Fmi ha tentato di promuovere un aggiustamento meno drastico in Ghana. E bisogna riconoscere che questo paese da una decina di anni conosce una crescita nettamente superiore a quella dei paesi vicini e senza conseguenze sociali troppo dolorose. A riprova che esistono molti modi di gestire l'eccesso di indebitamento. Ma le ricette imposte ai paesi asiatici in occasione dell'ultima crisi, fortemente criticate per i pessimi effetti, hanno di nuovo posto il Fmi nell'occhio del ciclone e si torna di nuovo a parlare di una sua riforma.
Al fondo è stato contestato da un lato di prestare aiuto a paesi corrotti o di operare salvataggi di banche che hanno deliberatamente corso gli alti rischi comportati dai mercati dei paesi invia di sviluppo, dall'altro di peggiorare, con i suoi programmi draconiani, la povertà dei paesi a reddito.

L'indirizzo Internet del Fondo Monetario Internazionale è
http://www.imf.org e
http://www.imf.org/external/country/ita/index.htm

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6.4. GATT

General agreement on tariffs and trade, accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio concluso a Ginevra il 30 ottobre 1947 ed entrato in vigore il primo gennaio 1948.

È un trattato multilaterale entrato in vigore il 1° gennaio 1948.
È l'unico strumento internazionale a fissare regole per gli scambi commerciali accettate dalle nazioni di più di quattro quinti del commercio mondiale.
Il 1° gennaio 1995 il GATT è stato sostituito dall'Organizzazione mondiale del commercio (WTO).

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6.5. HERD

Homme Environnement et Reseaux de Developpement, ong marocchina nata nel 1997 allo scopo di promuovere nella società il senso di ecocittadinanza e sviluppare la solidarietà nel campo della salute, l'educazione, la formazione e l'informazione.

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6.6. MAI Multilateral Agreement on Investments
(AMI) Accordo Multilaterale sugli Investimenti

MAI (Multilateral Agreement on Investments - Accordo Multilaterale sugli Investimenti) è un progetto di accordo economico internazionale in fase di negoziazione presso l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (d'ora in poi OCSE).
Vuole creare una carta dei diritti e delle libertà per le aziende multinazionali, al fine di rendere più facile per gli investitori individuali e aziendali lo spostamento di capitali all'estero - sia in valuta che sotto forma di immobili industriali.
È interessante notare che 477 delle 500 maggiori multinazionali citate da "Global Fortune" (cioè il 95,4%) hanno sede negli stati membri dell'OCSE.
Finora è mancata una regolamentazione multinazionale per gli "investimenti diretti internazionali" (IDE).
Dall'inizio degli anni Novanta è diventata sempre più evidente negli Stati Industrializzati, e soprattutto nell'Unione Europea, l'esigenza di un quadro giuridico multilaterale sugli investimenti, che ne promuovesse lo scambio, nella convinzione che una più ampia circolazione di capitali sul piano mondiale sarebbe foriera di maggiore sviluppo per tutti.
Mentre inizialmente l'Europa si e' sforzata di affrontare tali questioni nel quadro del GATT e poi dell'OMC, gli Stati Uniti hanno da subito privilegiato l'OCSE ( Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) quale luogo privilegiato per ospitare i negoziati tra gli Stati industrializzati.
In questo modo, gli Stati Uniti hanno puntato a conseguire più rapidamente un accordo globale tra i ricchi del pianeta ( i 29 paesi membri dell'OCSE: USA, Canada, Messico, gli stati membri dell'UE, Svizzera, Norvegia, Islanda, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Turchia, Corea del Sud, Giappone, Nuova Zelanda, Australia) da lasciare aperto all'adesione degli stati non membri.
Anche i paesi in via di sviluppo (PVS), per i quali l'IDE rappresenta una componente essenziale del proprio finanziamento ancor più degli aiuti, potranno solamente firmare successivamente il testo convenuto. L'unione Europea ha accettato tale approccio e da alcuni anni, dunque, sono in corso a Parigi dei negoziati per liberalizzare gli investimenti.
Questi negoziati sono stati condotti senza tener conto delle diverse organizzazioni della societa' civile (sindacati, ONG, organizzazioni di difesa dell'ambiente ,dei diritti dell'uomo....) e il progetto di accordo non prende in considerazione gli accordi internazionali (in particolare la "Dichiarazione di Rio", la "Agenda 21", il "codice di condotta delle Nazioni Unite per la protezione dei consumatori", il "Habitat Global Plan of Action", il "UNCTAD Set of Multilateral Agreed Principles for the Control of Restrictive Business Practices").

I concetti: il MAI si basa su tre concetti - disposizioni fondamentali:
  1. gli stati devono eliminare ogni trattamento preferenziale su base nazionale, ovvero mettere tutti - investitori nazionali ed internazionali - sullo stesso piano giuridico, rinunciando a privilegiare un'impresa nazionale quale beneficiaria di un investimento;
  2. di conseguenza, i governi si devono impegnare ad abbattere ogni ostacolo alla circolazione dei capitali stranieri nel loro territorio;
  3. le imprese multinazionali si vedono riconosciute il diritto di portare in tribunale quei governi che a loro avviso hanno dato il via a "politiche discriminatorie", sancendo in tal modo la fine della possibilità per le istituzioni legali, democratiche e legittime nazionali di decidere cosa si fa in casa propria.

Le conseguenze:
in termini di democrazia, la supremazia, ulteriormente sancita nell'accordo, dell'economia sulla politica;
un non rispetto del diritto dei paesi ad esercitare un controllo democratico sugli investimenti. E importante che resti garantito il primato della politica nella definizione del quadro di riferimento e che non avvenga alcun trasferimento di competenze a poteri economici non legittimati democraticamente soprattutto va garantito un effettivo controllo democratico sulle transazioni economiche e finanziarie interagenti fra loro e imperscrutabili per i cittadini;
uno svuotamento degli standard nazionali in campo ambientale e sociale, ossia, i diritti sociali ed ambientali acquisiti non devono essere smantellati.
La liberalizzazione degli investimenti comporta infatti il rischio che i flussi di capitale vengano concentrati nelle regioni dove sono meno elevati i costosi oneri di protezione ambientale e/o i diritti di tutela dei lavoratori ritenuti un ostacolo.
Tale circostanza diventerà sempre più attuale nella misura in cui i PVS parteciperanno ad un futuro MAI.
I "pacchetti per la ripresa economica" che il FMI ha recentemente approntato per le economie disastrate di Tailandia, Indonesia e Corea del Sud contenevano misure che anche il MAI prevede: obbligo per i governi di accettare investimenti esteri in tutti i settori, l'indebolimento degli standard ecologici e di sicurezza sul lavoro per attrarre nuovi investimenti, la rimozione delle misure di salvaguardia contro attacchi speculativi in borsa. Le multinazionali approfittano della crisi delle economie asiatiche per acquisire imprese a prezzi stracciati e per conquistare nuovi mercati.
Il MAI ha lo scopo di stabilire un nuovo corpo di leggi mondiali sugli investimenti che garantirà alle multinazionali il diritto e la libertà incondizionata di comprare, vendere e compiere operazioni finanziarie in tutto il mondo come e quando ritengono opportuno, incuranti di leggi ed interventi governativi.
Informazioni sull'Accordo Multilaterale sugli Investimenti si possono reperire su:
http://www.unimondo.org/guide/mai/
http://members.tripod.com/~ccinzia/campaigns/mai.html

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6.7. OCSE - Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico

Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.
Fu istituita nel 1960 in sostituzione dell'OECE per attuare la massima espansione dell'economia, dell'occupazione e del tenore di vita dei paesi membri conservando la stabilità finanziaria e contribuendo allo sviluppo economico mondiale, per favorire l'espansione economica dei paesi sottosviluppati e incrementare il commercio mondiale su base multilaterale e non discriminatoria.
I paesi membri nel 1999 sono 29: USA, Canada, Messico, gli stati membri dell'UE, Svizzera, Norvegia, Islanda, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Turchia, Corea del Sud, Giappone, Nuova Zelanda, Australia.
L'OCSE ha sede a Parigi.
L'indirizzo Internet dell'OCSE è
http://www.oecd.org e
http://www.rappocse.org/

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6.8. WTO - World Trade Organization
OMC - Organizzazione Mondiale per il Commercio

Istituita nel 1995, ha trasformato l'accordo generale sui dazi doganali ed il commercio (GATT), in un istituzione permanente.
Ha sede a Ginevra e vi aderiscono 136 paesi di cui circa 99 in via di sviluppo (aprile 2000).
All'OMC spetta il compito di gestire tutte le intese che rappresentano la base legale per la regolamentazione del commercio internazionale.
Essi prevedono un commercio internazionale sempre più:
  1. libero, cioé privo di ostacoli tariffari e non;
  2. non discriminante, a tutti i paesi deve essere garantito lo stesso trattamento;
  3. prevedibile, le tariffe o le regolamentazioni non subiranno variazioni arbitrarie;
  4. più competitivo, regolamentazione dell'uso di pratiche distorsive della concorrenza;
  5. benefico anche per i paesi in via di sviluppo, ai quali viene in media concesso più tempo per adeguarsi alle norme GATT.
Questo pone seri problemi ai piccoli paesi, specie i Paesi in Via di Sviluppo, che scarseggiano di negoziatori qualificati.
L'istituzione della WTO pone anche problema per quanto attiene il coordinamento con le politiche delle altre istituzioni economico-finanziarie internazionali (la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale), in quanto la WTO potrà certo contribuire a migliorare la gestione della liberalizzazione economica, per consentire il riequilibrio degli obblighi fra i paesi sviluppati e i paesi in via di sviluppo indebitati.
Tuttavia, la WTO è anch essa produttrice di dottrina economica, mentre il segretariato del GATT era un semplice esecutore.
Le tre istituzioni economicofinanziarie internazionali (WTO, Banca Mondiale e FMI) dovranno fare del loro meglio per rispettare il ruolo degli stati nella produzione e nella gestione dei beni collettivi, e per formulare risposte adatte alla mondializzazione del sistema economico.
L'indirizzo Internet dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio è http://www.wto.org

documento elaborato con Linux e OpenOffice.org da:
AWMR Italia - Associazione Donne della Regione Mediterranea
http://digilander.libero.it/awmr - e-mail: awmr@libero.it