In settembre 2005, dopo quasi un anno dall'inizio di richiesta di tutela attraverso esposti e denunce, decidemmo di rendere pubblica la vicenda:
 Nasce la prima lettera aperta al Presidente della Repubblica, inviata a vari giornali e pubblicata in internet cosi come ve la proponiamo di seguito.
Questa lettera non ebbe gran che successo, visto che nessuno dei giornali ai quali la inviammo, ci rispose.
Ecco la lettera come si presentava in Dicembre 2005

Lettera aperta al Presidente della Repubblica Italiana

Richiesta di aiuto ed intervento



Siamo una famiglia veneta, e, teniamo a precisare, cristiana.
Il Sacro Cuore di Gesù ci ha portato a tagliare con il paese d’origine, perché ben radicato  in giri di occultismo, spiritismo e messe nere.
Una volta compiuto il passo di allontanarci da questa situazione, abbiamo incontrato un’infinità di problemi, tanto da non riuscire più a continuare l’attività che avevamo da più di 10 anni, e nemmeno a trovare un altro lavoro.
Dopo una serie infinita di vicissitudini, comprese delle minacce dai vicini di attività, non sapendo più cosa fare, ci siamo decisi di scrivere un documento, con alcune nostre testimonianze, e di recarci presso un Comando Stazione dei carabinieri, ovviamente di un altro paese. Era il 5 Ottobre 2004.
Dopo essere riusciti ad entrare presso il comando, con non poca difficoltà, riuscimmo a parlare con due carabinieri per circa un’ora.
I due carabinieri riportarono soluzioni molto contrastanti tra di loro: uno ci disse di fuggire in Germania e l’altro di inviare il documento che avevamo preparato in Procura e ci spiegò come fare.
Per il resto ci rimandarono ai servizi sociali del comune di residenza. Prima di uscire, uno dei due carabinieri decise di tenersi il documento che avevamo scritto e ce lo fece firmare su tutte le pagine, facendosi una fotocopia dei nostri documenti d’identità.
Per motivi che risulteranno chiari solamente con l’evolversi della faccenda, abbiamo deciso di evitare il comune di residenza, e di tentare per altre strade.
In questa difficile situazione abbiamo evitato di fare qualsiasi spesa superflua, concentrando tutte le risorse per l’acquisto del pane e dei generi alimentari per vivere.
Così anche l’invio della raccomandata in procura l’abbiamo posticipata : l'invio è avvenuto solo quando una suora laica ci ha donato 50 Euro.
In quel periodo speravamo di poter intascare qualche euro dalla scoperta e ricerca fatta sugli Estensi. Le nostre scoperte infatti portavano gloria al comune di Baone  e speravamo in un interessamento dello stesso comune per il nostro lavoro, ed una conseguente entrata di denaro: la regione Veneto aveva pure dei fondi destinati al recupero dell'identità veneta. Vi erano quindi tutti gli argomenti per ben sperare.
Dunque in più occasioni abbiamo informato il sindaco, il vicesindaco, il segretario e alcuni cittadini delle nostre scoperte.
Fu una grossa delusione, perché il comune non se ne interessò minimamente, anzi un parroco ci sconsigliò  di proseguire.
Ad inizio di novembre spediamo due raccomandate, una alla Procura della Repubblica di Roma ed un’altra al Presidente della Repubblica; il contenuto comprendeva un documento quasi identico a quello lasciato ai carabinieri il 5 ottobre ed una richiesta di aiuto urgente.

In particolare l’invio al Presidente della Repubblica era sentito come l’invio al padre della nazione. Una richiesta di intervento per la nostra difficile situazione. Speravamo in particolare che lo Stato, assente negli anni della nostra infanzia, potesse intervenire almeno ora, per garantirci una rinascita lontano dagli obbrobri visti e subiti.
La lettera inviata alla Procura, sotto forma di esposto, mirava ad informare lo Stato di una situazione ben radicata nei luoghi in oggetto, onde evitare che le stesse cose si ripetessero su altri cittadini e minori.
Dopo la spedizione delle lettere speravamo in un intervento di qualcuno, indipendentemente dallo svolgersi delle indagini.
Da notare che ci siamo rivolti persino al consultorio familiare diocesano, per chiedere un lavoro e consigli legali (l'avvocato lo davano come servizio gratuito): ci hanno proposto una terapia di coppia, ma quando si ha fame di cibo, lavoro e giustizia la psicologia di coppia è l'ultimissimo interesse. L'avvocato non l'abbiamo neanche visto. Abbiamo lasciato perdere anche i consultori.

In realtà, dopo l'invio delle prima raccomandata a novembre la situazione peggiorò: circa un mese dopo abbiamo subito una violazione di domicilio presso la sede della nostra attività, con evidente trafugamento di oggetti personali, probabilmente con lo scopo di trovare il nostro luogo di abitazione.
Sono incominciate varie situazioni inverosimili, come l’impossibilità di avere un bancomat che veniva ripetutamente perso in capo alla banca.
Teniamo duro, sperando che arrivi presto un contributo che ci era dovuto. A Novembre ci viene comunicato che i nostri soldi sarebbero arrivati per dicembre o al massimo a inizio di gennaio. Ma come vedremo più avanti questo contributo ha avuto diverse contrarietà, tanto da essere spostato prima a febbraio, poi a marzo, poi ad aprile e maggio.
Intanto la violazione di domicilio nella sede dell’attività ci impediva di continuarla, sebbene negli ultimi mesi ci recavamo solo di sera, per sviare le persone che ci avevano minacciato. Nel frattempo speravamo nell’intervento di qualcuno, per la lettera depositata in ottobre e novembre.  Viste le lettere e esposti già inviati decidemmo di continuare su quella strada, chiedendo un intervento anche per verificare cosa era successo nella sede della società: non vi potevamo più accedere perché la serratura era stata cambiata!

A fine dicembre inviamo un altro corposo documento con nuovi fatti e testimonianze continuando nella strada già iniziata, ovvero una raccomandata al Presidente della Repubblica, e una raccomandata alla Procura di Roma. Nei documenti rinnoviamo la richiesta di intervento, indipendente dalle indagini.
A fine anno ci troviamo con la sede dell’attività impraticabile, con l’impossibilità di fare la contabilità e svolgere gli obblighi di legge. Fino a novembre viviamo di  carità di alcune persone.
In dicembre riusciamo a mangiare grazie a dei buoni spesa.

Ad inizio gennaio riusciamo ad avere un fido dalla banca offrendo come garanzia il contributo che ci doveva arrivare.
Verso fine gennaio rispediamo la raccomandata al Presidente perché non ci ritorna l’avviso di ricevimento.
Il 20 di febbraio chiediamo nuovamente aiuto, specificando nuove testimonianze. Includiamo una denuncia per violazione di domicilio.
All’inizio di Marzo ci rechiamo a Roma per vedere cosa era successo ai nostri documenti.
A Roma, in procura, scopriamo che le raccomandate inviate non risultavano registrate: sembravano smarrite. Risultava solo un documento, che probabilmente era stato spedito direttamente dai carabinieri ancora in ottobre.


I documenti successivi al primo erano molto importanti, perché riportavano anche la denuncia per violazione di domicilio ed altri fatti gravi.
Al Quirinale non ci è stato possibile verificare quali documenti fossero arrivati: ci dissero solamente che erano stati inviati al Prefetto di competenza (ma verificammo in seguito che questi documenti non risultavano in prefettura).
Preoccupati per la mancanza della maggior parte di documenti inviati, appena tornati a casa, li rispedimmo in blocco.
Nel frattempo il contributo, sul quale avevamo avuto il prestito, non arrivava: la nostra pratica era stata persa più volte. Chiedemmo aiuto, elencando il nostro stato di necessità all’ente erogatore; non ottenendo alcun risultato, chiedemmo aiuto anche ai carabinieri, senza ricevere anche qui nessun interesse.
Addirittura un dipendente dell’ente, si era rifiutato di eseguire un ordine del suo superiore, nonché responsabile dell’ente stesso, che ci dava la priorità sul pagamento.

In marzo un "conoscente" di persone che ci avevano minacciato riesce ad avere illecitamente il nostro indirizzo di casa: si presenta sotto le finestre, raccontando varie bugie per indurci ad aprire e parlare; non ottenendo il risultato sperato, passa alle minacce di nuovo. In questi mesi ci ammalavamo spesso, e non ci si pensava ad aprire anche per questioni di salute.
Verso fine marzo, mentre per l'ennesima volta ci slitta il contributo pecuniario, ci capita un incidente.
Intervengono i carabinieri locali. Spieghiamo loro che l’incidente è dovuto al troppo stress accumulato ed ad un effetto scatenante indipendente, un effetto anomalo,  ne approfittiamo per chiedere un aiuto relativamente a tutta la nostra situazione, elencando e mostrando i documenti inviati che non hanno avuto risposta.
Per loro è impossibile che i documenti siano stati persi in Procura, così ci trattano da "matti" prendendo alla leggera le nostre dichiarazioni. Inoltre omettono nel verbale elementi da noi giudicati importanti, ed ignorano le nostre richieste di inviarci un medico (il nostro telefono non funziona). Si presentano il giorno successivo per  farci firmare un verbale scritto al computer di senso completamente diverso (probabilmente scritto in base a loro interpretazioni), che naturalmente non firmiamo.
Scoprimmo in seguito che la pattuglia nell’occasione dell’incidente non aveva attivato la procedura prevista dal regolamento.
In questa situazione, vista l’oppressione nell’aria, temevamo che i carabinieri sarebbero venuti ancora con toni minacciosi (perchè non avevamo firmato il loro verbale scritto al computer), e così decidemmo di andarcene di casa con la morte nel cuore per alcuni giorni, per avere una mente più lucida sul da farsi.
Eravamo disperati, con 80 euro circa in tasca: avevamo le difese immunitarie molto basse, non avevamo nemmeno più eseguito controlli medici per mancanza stessa di soldi, riuscivamo a fare a mala pena pochi gradini.
Abbiamo preso il primo treno per una certa località, ed alla sera abbiamo dormito dentro un capitello.
Il giorno dopo era Pasqua e una persona ci ha dato 50 Euro e ci ha detto che avrebbe pregato per noi. Finalmente, dopo vari giorni è arrivato il sospirato contributo che aspettavamo.

Riepiloghiamo un attimo prima di continuare la storia: da mesi ci rivolgiamo alle autorità per chiedere un aiuto, prima  recandoci dai carabinieri e poi inviando numerose richieste di aiuto. Scopriamo dopo mesi che i nostri documenti sono stati smarriti e/o sottratti. In condizioni da fame, abbiamo diritto a dei soldi, ma la pratica relativa è "persa" più volte dentro ad un cassetto. Arrivano sotto la porta di casa alcune persone che non potevano avere il nostro indirizzo, persone che noi temevamo direttamente e indirettamente. Stremati capita un "incidente" e i carabinieri locali ci trattano da "matti", leggono i nostri esposti e sottolineano "che non è bene fare nomi e cognomi sugli esposti".

Dopo Pasqua ritorniamo e, non avendo il bancomat, per i problemi già descritti, ci siamo recati direttamente in banca. Notammo che l’incidente era stato riportato nei giornali della provincia, ma ci accorgemmo che la notizia riportata era sbagliata in vari punti e non riportava minimamente la notizia dei nostri documenti spariti in Procura e la richiesta di giustizia.
Una volta a casa, fummo invitati da una pattuglia a presentarci in caserma urgentemente: ormai erano passate due settimane dall’incidente.
Recatici in caserma ci fu notificata la querela di alcuni vicini per danni avuti nell’incidente delle auto. Ma scoprimmo davanti al maresciallo che una di queste persone ci aveva pure querelato per minacce. Non riuscivamo a spiegarci la cosa, non avendo mai minacciato nessuno. L'unica cosa plausibile era che avendo gridato di non poterne più, perchè la giustizia non si faceva sentire ed ero minacciato, questi abbia capito male ed interpretato come una minaccia nei suoi confronti.
Ci fu assegnato un avvocato d’ufficio, il maresciallo ci spiegò che siccome la minaccia coinvolgeva un discorso penale, avevamo appunto diritto ad un avvocato d'ufficio..
Tentammo di spiegare al maresciallo la nostra versione dei fatti, ma non fummo ascoltati, perchè ormai ci avevano etichettati come matti.
Chiedemmo aiuto anche per i documenti inviati in Procura che erano stati smarriti. Il maresciallo ci disse che la cosa non lo riguardava. Così decidemmo di rilasciare una denuncia scritta per lo smarrimento di tali documenti, ma non ci fu permesso.

Per questo motivo, successivamente decidemmo di fare denuncia direttamente noi alla procura di Milano, spedendo in allegato tutti i documenti che avevamo inviato a Roma e che erano spariti. Ma nemmeno da Milano abbiamo mai avuto risposta.
Avevamo chiesto di poter parlare con qualcuno, per poter depositare altre testimonianze delicate, ma non ci ha risposto nessuno.

Presentiamo il nostro caso e la nostra richiesta d'aiuto anche presso l'organismo con sede a Strasburgo, dedito alla difesa dei diritti umani, per sollecitare un intervento: non abbiamo ricevuto alcuna notizia, e non sappiamo se siano intervenuti qui in Italia.

In aprile andiamo nuovamente a Roma, e non vi è traccia delle nostre raccomandate, che avevamo rispedito dopo i primi di marzo 2005: l'addetto ci dice che in genere ci impiegano due settimane per registrare i documenti sul computer, perciò avrebbero dovuti essere presenti. Lo stesso dipendente non sa cosa risponderci.
Così, avendo due copie identiche di documentazione, decidiamo di depositarle personalmente, presso l'ufficio "primi atti", almeno da avere una data di registrazione ed un numero di riferimento. Era il 19 aprile 2005. (Era lo stesso giorno dell'elezione del nuovo Papa). Ma nemmeno per questi documenti siamo stati contattati fino a questo momento.

Il 26 di Aprile parliamo ben due ore con l'assistente sociale del comune. Scopriamo per fatalità che la pattuglia dei carabinieri in servizio la sera dell'incidente ci aveva preso proprio per matti, tanto da convincere pure il maresciallo, che aveva allertato subito l'ASL e il comune di residenza, senza nemmeno averci visto di persona (il primo incontro con il maresciallo è avvenuto solamente in data successiva, a due settimane dal fatto). Ovvero il maresciallo ci aveva già fatto la diagnosi a distanza senza vederci e senza naturalmente averne la competenza, ed era una diagnosi gravissima.
Per noi c'era solo una spiegazione al fatto: negli esposti avevamo nominato qualche personalità importante, ritenuta  intoccabile o di buona famiglia. Farci passare per matti poteva essere il modo di "invalidare" questi documenti: chi lo sa cosa passa per la testa dei carabinieri?
Ad aggravare la situazione è che nell'incidente delle auto avevamo colpito, senza saperlo, un parente stretto di un assessore comunale, almeno così ci era stato detto.
L'assistente sociale fu informato, per quanto possibile, delle nostre vicende. Mostrammo pure i due pacchi di esposti con il timbro della Procura di Roma.
Su invito dell'assistente sociale, spedimmo delle raccomandate ai giornali per indicare la nostra versione dei fatti, ma i giornali ignorarono la nostra lettera.
Presso uno di questi quotidiani ci siamo recati di persona: non hanno voluto pubblicare nulla, sostendendo che chi aveva causato tanto allarmismo doveva riparare, pubblicando un articolo, e che il fenomeno elettromagnetico, causa scatenante dell'incidente, era cosa risaputa là dove abitiamo.
Insomma, spettava al comune riportare la pace, a detta del giornalista.
L'avvocato d'ufficio, ci consigliò di cambiare paese, perchè c'erano molte persone che ci odiavano in paese. Non abbiamo capito da quali fonti abbia appreso questa notizia. Gli spiegammo pure i comportamenti strani delle forze dell'ordine: ci consigliò di denunciare tutto al comando provinciale ed a Roma, e poi "di cambiare aria".  L'avvocato, che gentilmente ci ha ascoltato per qualche ora, essendo nominato d'ufficio solo per le querele dell'incidente, non può fare niente per noi.

Decidiamo più avanti di andare dal prefetto della nostra provincia.. In prefettura non c’e’ traccia dei nostri documenti inviati da Roma: a Roma ci avevano detto che per competenza erano passati al ministero degli Interni, e specificatamente alla prefettura di competenza territoriale, cioè in Veneto. Avendo una copia in borsa, appena appresa la notizia li spediamo noi direttamente al prefetto.
Ma nemmeno dal prefetto abbiamo ricevuto risposta, a noi nota.

Ci fu presentato anche un senatore, in una manifestazione. Questo senatore, avendo pure ricoperto il ruolo di sindaco, promise che avrebbe telefonato al sindaco del nostro paese, in modo che potessimo ottenere un aiuto, un sussidio ... e poi tutto si sarebbe chiarito e sistemato, incluso l'incidente stesso. Ci disse che un sindaco può risolvere moti problemi, ha molto più potere di quanto noi immaginavamo. Non sappiamo se questa telefonata sia avvenuta, in ogni caso non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione dal sindaco, al quale avevamo scritto ancora in maggio '05, sia per posta normale che elettronica.
Ma dal sindaco non abbiamo mai avuto risposta.

Non ce la facciamo a vivere sotto questa oppressione ed a questo silenzio, e il giorno 3 Giugno partiamo da casa. Nell’attendere l’intervento di una qualche autorità, alle nostre varie richieste, cerchiamo un nuovo posto dove vivere e rifarci una vita. Lo stesso avvocato, calabrese, ci aveva consigliato di andarcene.

Ma rifarsi una vita da un'altra parte è difficile,  e le leggi sulla privacy, nel nostro caso, non tutelano a sufficenza, senza contare la burocrazia.
Al centro per l'impiego ad esempio ti rispondono che ci vuole la residenza o il domicilio nel luogo per iscriversi.
Dai comuni ci sentiamo dire che non possono aiutarci perchè non abbiamo la residenza lì.
Se chiedi un aiuto ai carabinieri ti dicono di arrangiarti, o che non è di loro competenza.
Se gli extracomunitari trovano casa e lavoro è perchè certamente hanno qualche struttura che li supporta, che non può aiutare noi.

Ma il nostro caso, ne siamo sicuri, è il caso di molti altri cittadini ridotti in miseria per la mancanza di giustizia, in uno Stato che lascia calpestare i propri cittadini.
Lo Stato non è costituito dal Parlamento, Senato ed organi vari: lo Stato è composto da tutti i cittadini, per questo l'ingiustizia che colpisce il singolo cittadino alla fine mina le stesse fondamenta dello Stato: è come fare autogoal.
Ci sono persone che ci hanno aiutato, offrendo quello che potevano, perchè hanno ancora un cuore, ed intuiscono che siamo una famiglia italiana incappata in una situazione complicata ed assurda.

Purtroppo chi ha l'incarico legale e/o morale di aiutare la gente spesso è più gelido del ghiaccio, e questo vale anche per il nostro comune di residenza.
Basta poco per affossare una persona o una famiglia: basta solo un pò di burocrazia, basata sul gioco delle competenze: il comune competente, l'associazione umanitaria di competenza, i carabinieri di competenza ........ ed ora viviamo in una tenda da campeggio, in Italia, in una civilissima provincia italiana, non di nostra competenza.
Ci sono competenze anche nella Chiesa: per sposarci è stata un'altra trafila, uno dei parroci si era rifiutato di consegnarci il certificato di Battesimo .... ci è venuto in aiuto un parroco di un altro paese......... alla fine ci siamo sposati; ci è stato molto utile il sito Intenet della Diocesi di Agrigento, in cui erano pubblicati tutti i documenti per il matrimonio, anche senza pubblicazioni religiose. Poì vi fu un errore anche nella trascrizione del matrimonio: anche in quel caso abbiamo dovuto arrangiarci a cercare la soluzione giusta.

Fino a quando non interviene lo Stato per noi è impossibile fare qualsiasi passo concreto, dato che risulta evidente, nelle nostre vicende, la presenza di una mano invisibile che non ci permette di vivere, e che riesce a tirare pure i fili istituzioni importanti.
Abbiamo letto le vicende dell'assassinio di Fortugno e la "ribellione" dei sindaci della Locride. Per noi e da noi ............. vorremmo spiegarVi che è uguale.

Non è colpa nostra se nella nostra vita siamo stati testimoni, nostro malgrado, di fatti ed avvenimenti illeciti.
Non avremmo mai neanche voluto scrivere tutto ciò su Internet.

Grazie

 


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