I "GUAI DI GIOBBE" (Giobbe 42:1-17)

 

INTRODUZIONE

Il concetto di sapienza può assumere vari significati. Per alcuni la sapienza si identifica con la conoscenza; per altri è la facoltà di fare delle scelte giuste o di avere un discernimento speciale in certe situazioni.

E’ opportuno precisare che c’è differenza fra la conoscenza che è "la facoltà ad apprendere per mezzo dei sensi, dell’intelletto o della memoria", e la sapienza che è "la conoscenza pratica della ragione delle cose". La prima riguarda la cultura e l’istruzione, mentre la seconda ha a che fare con l’esperienza.

Giobbe ed i suoi amici non avevano né la conoscenza, né la sapienza necessarie per comprendere il motivo profondo di tutte le difficoltà di cui erano, l’uno vittima, e gli altri testimoni.

I) ESAMINARE SE STESSI (Giobbe 42:1-6)

a. Le ragioni della sofferenza.

A volte non si comprende il perché della sofferenza. Giobbe aveva subito la perdita dei figli, della proprietà, aveva sofferto ulcere dolorose e l’aspra critica dei familiari e degli amici. Dio alla fine però, si rivelò a Giobbe che comprese la sapienza e la potenza divina. Senza tale intendimento, egli non avrebbe tratto alcun beneficio da tutto quel dolore.

La sofferenza, permessa da Dio per un nostro beneficio, intende:

1. Prevenire il peccato (II Corinzi 12:7-10);

2. Palesare il peccato (Giona 1: 7);

3. Punire il peccato (II Samuele 12:13-15);

4. Promuovere la fede (Giacomo 1:2-3);

5. Provare la fede (Genesi 22:12).

b. Riconoscere i propri limiti.

La prova particolarmente difficile, che si abbattè sulla vita di Giobbe, lo portò a realizzare delle grandi verità:

        1. "Io riconosco che Tu puoi tutto" (v. 2), comprese come mai prima che Dio è onnipotente.

            Ci sono delle verità spirituali che si comprendono solo quando si soffre.

2. Rivide il suo concetto di giustizia. Egli era convinto di essere persino più giusto di Dio (Giobbe 13: 3, 5), e questo era il peccato che il Signore intese scoprire e rimuovere. Riconobbe di aver sbagliato.

Ci vuole coraggio per ammettere i propri errori, piuttosto che cercare di giustificarsi. Tutti, però, dobbiamo riconoscere che vi sono aspetti del piano di Dio che non comprendiamo.

Piuttosto che amareggiarsi per le circostanze avverse, dobbiamo reagire rinnovando la nostra fiducia nel Padre celeste (I Tessalonicesi 5:18).

c. Una nuova comprensione di Dio.

Giobbe alla fine delle sue sofferenze aveva ricevuto una nuova visione di Dio e della Sua potenza.

Egli confessò che la sua conoscenza del Signore si basava su ciò che aveva sentito dire dagli altri (v. 5), ma ora aveva scoperto qualcosa di nuovo. Con l’occhio della fede aveva visto Dio.

L’insegnamento degli altri è importante, ma niente può sostituire l’esperienza personale della presenza e della potenza di Dio.

II) SOTTOMETTERSI A DIO (Giobbe 7-17)

a. Rimprovero dei falsi accusatori.

E’ doloroso essere accusati falsamente, specialmente quando è messa in dubbio la propria esperienza di fede.

L’opinione che avevano gli "amici" di Giobbe delle sue sofferenze, e che erano dovute a qualche peccato.

Dio però interviene in sua difesa (vv. 7-8), chiedendogli perfino di fungere da mediatore per i suoi amici affinché ricevano il Suo perdono, per aver parlato male di Giobbe.

b. Giorni migliori.

Dio non permette le prove nella nostra vita per farci del male, anzi, le usa per il nostro bene. Egli trasforma in bene ciò che apparentemente sembra male. Satana era certo che quelle calamità avrebbero spinto Giobbe a maledire il Signore, ma i fatti lo smentirono. Giobbe dimostrò si la sua debolezza umana sotto la pressione dell’avversità, ma non rinunciò mai alla sua lealtà nei confronti di Dio.

I giorni più luminosi della vita di Giobbe furono quelli successivi alla prova.

Le benedizioni di cui Giobbe aveva goduto prima dell’avversità, era nulla paragonate a quelle ricevute dopo aver sopportato e superato con fiducia la prova:

- "il doppio di tutto quello che già gli era appartenuto" (v. 10);

- doni da parte dei familiari (v. 11);

- sette figliuoli e tre figliuole bellissime (v. 13);

- lunghi anni di vita (v. 16).

Anche se soffrire, non è piacevole, Dio sa come farci del bene anche attraverso l’insostituibile crogiolo della sofferenza.

Dio è sovrano, quindi ha il controllo di ogni cosa. Forse può avere permesso delle situazioni spiacevoli nella nostra vita, ma la Sua sapienza ne vede il beneficio ultimo.

 

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