Note d’autore
Fernando Aurini

di Maurizio Cocciolito


Se la “teramanità” non è solo un concetto astratto ma un ideale concreto, Fernando Aurini è stato un uomo che ha saputo rappresentarlo in maniera significativa.

Persona di profonda e autentica cultura, raffinato ed entusiasta amante della vita in tutti i suoi aspetti, è riuscito a coniugare l’essenza più intima e profonda dell’anima della nostra città con la dimensione senza confini o delimitazioni geografiche o localistiche che può appartenere soltanto a chi, forte di una erudizione mai sterile o fine a se stessa ma vitale e autonoma, sa proiettarsi anche al di là della propria dimensione umana e ambientale. Così Fernando ha saputo essere un figlio vero di questa città, ma con lo sguardo sempre aperto a orizzonti lontani da quello sterile provincialismo che proietta negli angusti confini del personalistico.

Forse è per questo, e non soltanto, che gli è riuscito di lasciare, non volendo, una così autorevole impronta di sè in molti settori, diventati nel tempo vere e proprie passioni, quali il giornalismo, la musica e lo spettacolo, la gastronomia, la cultura e le tradizioni d’Abruzzo.
Il suo amore per la carta stampata iniziò nel lontano 1937 quando, a soli 17 anni, cominciò a scrivere per “Il Popolo di Roma” e “Il Resto del Carlino”. Dal 1946 la sua collaborazione con “Il Messaggero”, per il quale scrisse per oltre cinquant’anni. Tanti, parallelamente, gli interventi su altre testate quali “Momento Sera”, “Il Giornale d’Abruzzo”, “Il Progresso Abruzzese”, “Il Mattino d’Abruzzo”, oltre ai fogli satirici “Il Pappagallo” e “Lo Spillone” e al periodico settimanale di criminologia “Detective” Altrettanto intenso è stato il suo contributo alla redazione della RAI di Pescara. Tutto questo e altro lo portarono al conferimento, nel 1962, del “Premio di Cultura” della Presidenza del Consiglio dei Ministri

 

Organizzatore instancabile e straordinariamente attento di tante stagioni liriche e di operetta anche e soprattutto nella nostra città, pochi possono vantare una familiarità con il mondo del bel canto profonda e diretta quanto la sua. Era difficile trovare pagine di repertorio di cui non avesse conoscenza minuziosa, e lo stesso accadeva per gli interpreti per i quali, quasi magicamente, sapeva subito individuare il talento, le capacità tecniche e, al tempo stesso, i punti deboli. Bastava sottoporgli il titolo di un’opera, l’idea di un progetto, il nome di un cantante, e si aveva immediatamente una vera e propria scheda informativa quanto mal esauriente e completa.

 

Il mondo della musica e dello spettacolo, infatti, era sicuramente una delle grandi passioni di questo straordinario intellettuale, che a esso dedicò una parte assai significativa della sua vita curando, per decenni, l’organizzazione di spettacoli tra Teramo e Pescara con lo pseudonimo di “Marco Belli’.  Tra i tanti vogliamo ricordare, nel 1952, le riprese de “I Compagnacci” e di “Madonna Oretta” di Primo Riccitelli, che gli valsero la nomina di “Cavaliere” della Repubblica Italiana.

 

I libri e la cultura erano dunque il suo pane quotidiano, l’alimento essenziale di uno spirito sempre assetato di nuovo sapere. Entrare nella casa di Fernando era come penetrare in un sacro tempio, una biblioteca vastissima al cospetto della quale ci si sentiva intimiditi, corredata da una emeroteca con pezzi rarissimi e una raccolta di dischi e nastri ricca all’inverosimile di titoli e incisioni molte delle quali oggi introvabii.

Ma c’era un altro grande amore nella vita di Fernando Aurini, coltivato con la medesima, raffinata attenzione riservata alla musica, ed era la gastronomia abruzzese, che con lui diventava un’altra pagina di cultura da sfogliare, in questo caso da “assaporare” con il rispetto e l’attenzione per le tradizioni, per la storia legata a ogni piatto, al quale si avvicinava con lo spirito del raffinato gaudente che sapeva trarne godimento pieno perchè completato da quella ricerca intellettuale, ingrediente sempre prioritario, anche in ciò che per lui era comunque un’altra tra le arti, quella culinaria, appunto.

Averlo conosciuto, averlo potuto frequentare condividendo la tavola e le conversazioni con lui e con i tanti artisti e intellettuali abitualmente nella sua dimora, avere sfogliato le pagine di alcuni di quei suoi preziosissimi e tanto amati volumi, che tutti noi gelosamente conserviamo nelle nostre case, è stato sicuramente un privilegio, una esperienza indimenticabile che vive non soltanto nel ricordo ma in un insegnamento di vita, di stile e di professionalità, e se è sin troppo facile oggi dire che in questo lui continua a vivere, non sembri sterile retorica ricordarlo e onorario come uno dei figli più illustri e rappresentativi della nostra città.

A sottolineare l’importanza della sua persona e del ruolo svolto in questo così forte rapporto con la sua città uscirà a novembre un libro, a cura di Lucio De Marcellis, in cui sarà possibile ripercorrere gli eventi principali della sua vita, un’occasione davvero speciale per quanti lo hanno conosciuto, che in quelle pagine potranno ritrovarlo, ma anche per coloro che, così, avranno modo di conoscere da vicino questa straordinaria figura di intellettuale e di teramano.

(da «Teramani», Teramo, n. 2 - aprile 2004, p. 24)


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