FERNANDO AURINI e PRIMO RICCITELLI
a cura di Lucio De Marcellis
“… Bisogna capirmi e perdonarmi se non lavoro più, se spesso taccio e cerco di isolarmi. Ma la vita, figliolo mio, è stata troppo cattiva con me. Tutto quello che ho fatto, creato e sofferto, mi valesse almeno, dopo la mia morte, che non tarderà a venire, mi valesse almeno una lapide sulla mia casa natale a Cognoli!”.
Queste le parole trascritte dall’allora giovane giornalista Fernando Aurini nell’ultima intervista che aveva raccolto da Primo Riccitelli. «Era il tramonto - scriveva Aurini a ricordo di quell’intervista - il Maestro amava andarsene in quei locali dove si mesce birra spumosa e vini dei Castelli, ottimi per spargere una mano di rosa sulle nequizie del tempo. Riccitelli era stanco ed invecchiato. Mi parlò ancora della sua vecchia casa di Cognoli, oasi di serenità nel dolore,…».
Uno di questi incontri avuti con il Maestro, dovettero segnare ancor più profondamente Fernando Aurini che, come ha dato prova nel corso di tutta la sua esistenza, ha dedicato parte della sua attività, con costanza ed impegno, nel cercare di onorare e ricordare la figura del musicista.
Già prima di queste ultime interviste Aurini si recava periodicamente a Cognoli di Campli (Te) per immergersi nelle atmosfere vissute da Primo Riccitelli.
“Come nelle scene di un film - scrive Aurini in un articolo scritto nel 1947 immaginando - …il primo trasferimento in carrozza del giovane Primo Riccitelli dalla sua casa di Cognoli verso il Seminario di Teramo dove si era recato, anni prima, per studiare. Riccitelli, allora poco più che decenne, lascia la casa, il fratello e le piccole sorelle ch’era notte; e buio era anche quando aveva attraversato Campli, ancora addormentata. Era una mattina di novembre e forse c’era nebbia. - Aurini scrive testualmente che - “gli piace ricercare qui, per le stradicciole di questa borgata, negli angoli remoti di questa casa, dove Riccitelli visse fanciullo, qualche elemento della sua vita; un elemento sconosciuto che illumini ancora, d’un riverbero intimo la sua umanità.” Aurini entra nella casa dove ancora c’è la vecchia spinetta tarlata e polverosa con la quale Riccitelli si esercitava a suonare. Egli afferma, nello stesso articolo, che sarebbe bastato “ricomporre l’arredamento come era allora per ricreare l’ambiente del tempo per un film”.
E ricorda anche che, durante la permanenza di Riccitelli in Seminario, nel corso del soggiorno pesarese in cui scrisse la “Francesca”, nei suoi viaggi, in tutta la sua vita di «bohème», “il musicista sentiva sempre l’acuta nostalgia per questa serena vecchia casa”.
Aurini sente quindi l’esigenza, già nel 1947, di proporre la creazione di un museo nella casa di Primo Riccitelli. Il progetto appare ancora attuale e potrebbe essere ripreso da qualche ente, fondazione o associazione, visto che la casa è attualmente in vendita!
Volendo anche dar seguito al desiderio del musicista, nel corso delle riuscitissime “Celebrazioni riccitelliane” tenute in Teramo dal 30 gennaio al 2 febbraio 1952, organizzate da Fernando Aurini, Nino D’Amico e Giuseppe De Sanctis, Aurini fece apporre una lapide, da egli stesso dettata, sulla facciata della casa natale di Riccitelli a Cognoli di Campli (Te) alla presenza, tra gli altri, del Ministro Giusepe Spataro e di Gianna Pederzini (cantante di fama mondiale e che fu la prima protagonista al Teatro dell’Opera di Roma nel ruolo di “Madonna Oretta”, un’opera di Primo Riccitelli).
Per Riccitelli, Fernando Aurini seguiterà a pubblicare tanti altri articoli.
Già pochi mesi dopo le celebrazioni riccitelliane del 1952 scriveva: “malgrado le solenni celebrazioni in onore del Maestro, che ebbero luogo nel febbraio scorso,… anche quest’anno, in cui eravamo portati a bene sperare in una ripresa di una qualunque delle opere del Nostro, non un teatro che porti in cartellone “Compagnacci” o “Madonna Oretta”. Il nome di Riccitelli sta per cadere nuovamente nell’oblio, in quel triste ed inesplicabile oblio in cui è stato tenuto per più di dieci anni. Alla musica, solo alla musica può essere affidato il ricordo di un musicista, alla musica con cui Primo Riccitelli espresse le sue gioie, le sue tristezze, le sue speranze…”
Nel 1958 Fernando Aurini scrive al sen. Leone. La lettera viene pubblicata su «Il Messaggero» del 15 agosto 1958 e su «Il Giornale d’Italia» del 31 agosto 1958. Nella lettera Aurini ricorda a Leone, presente alla prima rappresentazione de “I Compagnacci”, “il valore di Riccitelli il quale, caduto in un oblio ingiusto e inesplicabile, e che neppure una via della “sua” diletta Giulianova è intitolata al grande Scomparso, neppure un segno c’è sulla sua tomba che lo ricordi”. Aurini sollecita il sen. Leone (amico di Riccitelli anche nei momenti di difficoltà) a promuovere una celebrazione riccitelliana a Giulianova, con la ripresa de “I Compagnacci”.
Su «Il Giornale d’Abruzzo e Molise» del 2 giugno 1962 Aurini si trova a dover assumere la difesa dell’opera di Riccitelli ingiustamente criticata, a suo parere, da due «'padreterni della critica romana': operista pervicace ma non consacrato ancora dal successo, malgrado la tarda età, l’uno; seccatore teatrale televisivo, tutt’altro che telegenico, il secondo...». Aurini cita tutta una serie di giudizi espressi nel passato a favore di Riccitelli da Puccini, Mascagni, Cilea e Bernardino Molinari o dal critico Alberto Gasco che, nel non troppo lontano febbraio 1952, al “Comunale” di Teramo, venne a commemorare proprio Primo Riccitelli, del quale ammise le “solidissime qualità di musicista, vastissimo talento e acutissima sensibilità”. Aurini nello stesso articolo afferma inoltre di «aver voluto scrivere questa difesa perché il povero Riccitelli non può ovviamente protestare né difendersi. La difesa è sentita come un dovere di amici e di abruzzesi. “I Compagnacci” fecero rimanere aperto il sipario del “Costanzi” per venti minuti consecutivi, mentre il pubblico, in una crescente tempesta di battimani chiamava, tutto in piedi a gran voce, Primo Riccitelli che, fino al giorno prima 'oscuro e poverissimo era quella sera finalmente baciato in fronte dalla gloria'».
L’impegno nell’onorare Riccitelli portò Aurini a caldeggiare il progetto per l’erezione di un monumento a Sant’Onofrio di Campli. Grazie all’interessamento dell’allora consigliere regionale Ferdinando Di Paola, si giunse a realizzarne uno. Ma la sfortuna del Riccitelli era sempre in agguato. Durante il trasporto della statua, il Riccitelli in bronzo rimane decapitato. Fernando Aurini, sconsolato, nel suo articolo pubblicato su «Il Messaggero» del 10 novembre 1991 coglie l’occasione per ricordare «lo sfortunato destino che perseguitò il musicista in vita e… ora in morte. Tutte le sue opere, al di fuori de “I Compagnacci” e di “Madonna Oretta” andarono perdute per mano di un amico, al quale il Musicista le aveva affidate quando fu richiamato alle armi. Per mano di un altro amico andò perduto anche il diploma autografo rilasciato a Riccitelli, nel 1903, da Pietro Mascagni. Qualche giorno prima di morire - nel marzo 1941 -, Riccitelli scriveva all’allora Ministro della Cultura Popolare, una lettera disperata in cui descriveva il suo stato. Qualche giorno dopo (il 27 marzo) moriva povero. A poche ore dal funerale, il postino consegnava alla sorella dello scomparso una lettera recante un assegno di 2.000 Lire a firma di Benito Mussolini: “Con la speranza - era detto nella lettera - che possa recare al Maestro un po’ di sollievo e di conforto”».
La statua fu in seguito inaugurata ma, a seguito dei lavori di sistemazione della piazza di Sant’Onofrio, l’opera d’arte fu accantonata all’interno della locale Scuola Media in attesa di una “degna” ricollocazione...
Per Riccitelli, Fernando Aurini ha dedicato, ormai stanco, l’ultimo suo saggio prima che la malattia prendesse il sopravvento (Le vicissitudini di un’Opera. La vita del suo autore, in «I Compagnacci», Teramo, Edigrafital, 1999, pp. 7-32). Un appunto mosso a questo suo lavoro lo aveva amareggiato e gli aveva ingenerato il dubbio di non essere l’efficiente saggista di una volta.
Ma la passione e l’impegno che sentiva dentro lo portò ad esprimermi il desiderio di pubblicare, in una delle mie pagine internet, l’ultimo suo lavoro dedicato a Primo Riccitelli. Al momento non capivo perché, tra le innumerevoli cose che Aurini aveva pubblicato, volesse mettere proprio quel lavoro a disposizione di tutti in questa “banca dati” mondiale. Solo ora, con il lavoro di ricerca che sto conducendo per la stesura di un volume sulla vita e sull’opera di Fernando (*), ho avuto modo di comprendere il suo desiderio: Fernando Aurini ha sempre cercato di ricordare la figura e le opere di Riccitelli quasi a ripagarlo, in parte, dell’avverso destino che lo ha colpito in esistenza e dopo la morte. Un obbligo morale nei confronti del Maestro, che ha occupato una parte consistente della sua lunga e fervente attività; un testimone che ora è da affidare a chi opera nel campo della Musica e della Cultura nella nostra Provincia.
Teramo, febbraio 2004 Lucio De Marcellis
Nota:
*) A gennaio 2006 sarà pubblicato il volume a cura di Lucio De Marcellis dal titolo “Fernando Aurini. La vita e l’opera… nell’Abruzzo d’altri tempi” che entrerà a far parte della collana «Quarta Dimensione». La stampa sarà edita dalla Edigrafital S.p.a.
Informazioni dettagliate e il modulo per le sottoscrizioni sono riportati sul sito: http://xoomer.virgilio.it/aurini/aurinifernando/ (email: luciodem@yahoo.it )
Ci si può rivolgere anche a Edigrafital S.p.a. (tel. 0861-207320; email: egi@edigrafital.it ).
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