Gli Accordi di Yalta per alcuni avrebbero inaugurato un grande periodo di pace e di sviluppo, mentre per altri nascondevano la volontà di un dominio mondiale
Quando
il 4 febbraio si aprì a Yalta in Crimea la conferenza dei capi di stato delle
maggiori potenze impegnate nella guerra contro la Germania, le sorti di quel
paese erano inequivocabilmente segnate.
Il
Terzo Reich non solo non aveva più alcuna possibilità di modificare l'andamento
del conflitto, ma non poteva sottrarsi in alcun modo ad una resa totale e
incondizionata. Nei mesi precedenti c'erano stati contatti fra rappresentanti
tedeschi ed agenti sovietici in Svezia,
e fra i primi e gli anglo-americani per un armistizio; probabilmente
alcune di queste iniziative erano avvenute ad opera di alti gerarchi nazisti ma
senza l'intervento esplicito di Hitler, e in ogni caso non potevano dare alcun
risultato perché troppo grave sarebbe stato di fronte all'opinione pubblica
internazionale una pace separata a danno delle altre potenze.
Chiusa
di fatto la guerra alla Germania il problema principale delle potenze alleate
era quello di gestire una difficile pace. Nel novembre del '43 c'era stato un
incontro fra Roosevelt, Churchill e Stalin a Teheran che aveva impostato il
problema, ma che aveva visto anche importanti concessioni degli alleati
occidentali all'Unione Sovietica. Al vertice venne discussa la creazione di una
organizzazione mondiale di stati che avrebbe dovuto consentire un futuro di
pace; all'interno di questa organizzazione Stalin richiese esplicitamente che
fosse riconosciuto ai "Tre Grandi" un ruolo superiore alle altre
nazioni (che si sarebbe successivamente concretizzato nel Consiglio di Sicurezza
dell'ONU) principio certamente in contrasto con quello della pari dignità dei
popoli. In quella stessa sede venne discussa la possibilità dell'apertura di un
"secondo fronte" nei Balcani. L'idea proposta da Churchill
implicitamente mirava a contrastare l'egemonia sovietica in quella zona
d'Europa, dove già erano attivi importanti movimenti comunisti in Jugoslavia,
Grecia e Albania, ma non ebbe l'appoggio di Roosevelt e la proposta non ebbe
seguito. Vennero accolte invece le richieste di Stalin che si ricollegavano al
Patto Molotov-Ribbentrop: annessione di Lituania, Lettonia ed Estonia, e
accorpamento delle province orientali della Polonia portando il confine
russo-polacco su una linea vicina a quella tracciata da Curzon negli anni
venti.
Il
destino della sfortunata nazione dell'Europa orientale divenne una delle
principali questioni dell'incontro. Nei mesi precedenti fra il governo polacco
in esilio a Londra e L'URSS c'era stata la rottura delle relazioni diplomatiche
in seguito alla scoperta dell'eccidio di Katyn dove vennero ritrovati i
cadaveri di circa 10.000 ufficiali polacchi passati per le armi dai sovietici.
In seguito a tale episodio, quando alla fine del '44 l'Armata Rossa aveva fatto
il suo ingresso in Polonia venne costituito un nuovo governo, che prese il nome
di Comitato di Lublino, al quale i sovietici trasferirono i loro poteri. Il
nuovo governo era formato da personalità non di primo piano e non godeva del
consenso popolare; il mancato intervento dei sovietici a favore della rivolta
di Varsavia aveva squalificato l'azione dei comunisti anche se per molti
polacchi i sovietici rappresentavano in quel momento coloro che li avevano
liberati dal terribile giogo nazista.
Nei
mesi successivi si ebbero altri due motivi di contrasto fra anglo-americani e
sovietici a causa delle questioni greca e jugoslava. Ad Atene le dimissioni dei
ministri comunisti all'interno del governo presieduto dal socialdemocratico
Papandreu creò una gravissima situazione. Si ebbero sanguinosi scontri fra le
truppe inglesi e i gruppi partigiani dell'ELAS, che si conclusero comunque nel
gennaio successivo con gli accordi di Varkiza che prevedevano il disarmo delle
formazioni armate, libere elezioni tenute sotto controllo internazionale e un
referendum sul futuro istituzionale del paese.
Un
analogo accordo venne sottoscritto in Jugoslavia fra i rappresentanti del
governo monarchico in esilio e le armate titoine che pose fine agli scontri fra
i serbi nazionalistici di Mihailovic e i gruppi comunisti.
Nello
stesso periodo si ebbero una serie di segnali positivi dall'Unione Sovietica:
venne avviato lo scioglimento del Comintern, l'associazione internazionale dei
partiti comunisti, un relativo decentramento amministrativo nel paese a favore
delle popolazioni non russe, ed infine un accordo fra il governo comunista e la
chiesa ortodossa. Il carteggio fra Stalin e gli altri capi di governo
occidentali faceva pensare ad un'ampia disponibilità dei sovietici a risolvere
con il negoziato tutte le questioni di dissidio, e che l'alleanza fra le tre
grandi nazioni sarebbe potuta continuare anche in futuro, una volta terminata
la guerra. Il grande tributo di vite umane dei russi nella lotta alla Germania
nazista infine, aveva creato un debito di riconoscenza verso questa nazione, e
pertanto una parte dell'opinione pubblica internazionale riteneva che si
dovesse in qualche modo assecondare le richieste provenienti da Mosca.
La
conferenza di Yalta venne quindi salutata come un grande evento per tutta
l'umanità; si riteneva infatti che a differenza di tutte le guerre del passato
quella in atto si sarebbe conclusa non con un nuovo disegno di egemonia
mondiale, ma con un progetto che salvaguardasse i diritti di tutti i popoli,
stabilisse delle regole certe di convivenza civile, e la vittoria definitiva
della democrazia nel mondo. I rappresentanti delle tre grandi potenze
raggiunsero un accordo sul futuro dello stato tedesco che prevedeva il disarmo,
la smilitarizzazione e lo smembramento di quella nazione. Il progetto venne
successivamente abbandonato; secondo lo storico italiano Luigi
Salvatorelli la creazione di piccoli
stati nel cuore dell'Europa avrebbe creato una situazione di grande instabilità
ed avrebbe risvegliato gli appetiti delle nazioni vicine.
Venne
quindi raggiunto un accordo sul futuro della Polonia; il nuovo stato, che
avrebbe dovuto cedere una parte dei suoi territori a oriente e ne avrebbe
acquistati altri a danno della Germania secondo accordi da stabilirsi
successivamente, avrebbe avuto un unico governo formato da rappresentanti del
Comitato di Lublino e l'ingresso di altri rappresentanti del governo di Londra.
Nel giro di tempo più breve si sarebbe quindi dovuto procedere a delle
consultazioni elettorali per decidere il suo assetto definitivo. Analogamente
veniva riconosciuto il governo di Tito a Belgrado con la esplicita
raccomandazione di un allargamento ad esponenti non comunisti.
Altre
due importanti questioni che vennero dibattute furono un nuovo regime degli
Stretti del Mar Nero, più favorevole all'Unione Sovietica rispetto al trattato
di Montreux del 1936, e la costituzione delle Nazioni Unite sui quali le parti
non ebbero difficoltà a raggiungere un accordo. Alla conferenza vennero anche
discusse questioni extraeuropee, e stabilito un principio che costituiva un
regresso in fatto dei diritti dei popoli. L'Unione Sovietica richiedeva e
otteneva la restaurazione dei suoi antichi privilegi sulla Cina (basi navali e
ferrovie della Manciuria) in un momento in cui le tutte le nazioni occidentali
stavano rinunciando già da tempo alla imposizione di limitazioni alla sovranità
cinese. A fronte di questa concessione l'URSS si impegnava a entrare in guerra
contro il Giappone entro sei mesi dalla conclusione del conflitto in Europa.
Non essendo stata perfezionata l'arma atomica lo stato maggiore americano
riteneva che la guerra contro la grande potenza asiatica sarebbe stata
difficile e notevolmente onerosa come vite umane.
L'unico
punto sul quale non si raggiunse l'accordo fu la questione delle riparazioni
tedesche; i sovietici richiedevano venti miliardi di dollari, ma Churchill
obbiettò che tale cifra avrebbe causato il collasso della Germania, e che,
secondo una affermazione rimasta celebre, "se si vuole che il cavallo tiri
il carretto, occorre dargli il fieno".
La
parte più importante degli accordi di Yalta fu comunque la Dichiarazione
sull'Europa liberata, con la quale si stabilivano principi importantissimi per
la vita democratica del continente. In
essa si stabiliva una politica comune al fine di "aiutare i popoli
d'Europa liberi dalla dominazione della Germania nazista, e i popoli degli
Stati satelliti dell'Asse, a risolvere con mezzi democratici i loro problemi
politici ed economici più importanti" il futuro del continente sarebbe
stato realizzato in base ai principi della Carta Atlantica: "diritto di
tutti i popoli a scegliersi la forma di governo sotto la quale vogliono vivere
- restaurazione dei diritti sovrani e di autogoverno in favore dei popoli che
ne sono stati privati dalle potenze aggreditrici" pertanto si stabiliva
di: a) creare condizioni di pace interna; b) prendere misure di urgenza
destinate a soccorrere i popoli in miseria; c) costituire delle autorità di
governo provvisorie largamente rappresentative di tutti gli elementi
democratici di queste popolazioni, e che si impegneranno a stabilire, non
appena possibile, con libere elezioni, dei governi che saranno l'espressione
della volontà popolare; d) facilitare dovunque sarà necessario tali
elezioni". Alla chiusura della conferenza il britannico Time scrisse:
"tutti i dubbi che potevano sussistere sulla possibilità che i Tre Grandi
fossero in grado di cooperare in pace come avevano cooperato in guerra sono
spazzati via per sempre".
La
conferenza di Yalta non stabilì quindi la spartizione del continente europeo e
del mondo intero in sfere d'influenza come spesso è stato scritto, tuttavia si
ebbero delle ambiguità che nel futuro non tardarono a manifestarsi. A suo modo
Stalin aveva saputo dare prova di una certa moderazione, in particolare sulla
questione greca e jugoslava, così come aveva consigliato i partiti comunisti
italiano e francese di astenersi da tentativi insurrezionali, ma per i
sovietici gli accordi con le potenze occidentali erano all'insegna del do ut
des, mentre per gli americani il rispetto della volontà dei popoli costituiva
un principio inalienabile che non poteva costituire oggetto di scambio.
L'entusiasmo
suscitato dalla conferenza fu di brevissima durata nelle settimane successive
si ebbero una serie di episodi gravissimi. Il presidente americano Truman
ricorda nelle sue memorie che in Bulgaria subito dopo la conclusione degli
storici accordi si ebbe una ondata di arresti contro l'opposizione, mentre in
Romania "I russi dirigevano la Commissione di controllo alleato, senza
consultare i membri inglese e americano. Il Governo era un governo di
minoranza, dominato dal partito comunista che, a dire del generale [il
comandante americano Schuyler] non rappresentava nemmeno il dieci per cento
della popolazione romena. La vasta maggioranza del popolo romeno, egli diceva,
non era soddisfatta dal Governo, né di qualsiasi altra forma di comunismo...
Dal lato economico, la Romania veniva strettamente legata allo stato russo,
tramite pagamenti in conto riparazioni, con il trasferimento di proprietà che i
russi dichiaravano essere state dei tedeschi, e con la requisizione delle
attrezzature industriali come trofei di guerra. Per di più, la Romania veniva
quasi del tutto tagliata fuori dai rapporti commerciali con le altre nazioni, e
questo la costringeva a dipendere sempre più dalla Russia". Nello stesso
periodo in Polonia l'esercito sovietico riuscì con l'inganno ad arrestare tutti
i principali comandanti dell'Armia Krajova, la principale formazione polacca
antinazista. In Cecoslovacchia e in Ungheria la situazione per un certo periodo
rimase più tranquilla, mentre in Jugoslavia i titoini con facilità ottennero il
potere (qui con il consenso popolare) mentre un altro gravissimo episodio
avvenne all'indomani della capitolazione delle truppe tedesche in Italia,
l'occupazione di Trieste e Pola da parte dell'esercito jugoslavo.
Successivamente
a tali episodi Roosevelt (ormai in fin di vita) inviò dei messaggi di protesta
a Stalin, e Churchill richiese con insistenza agli americani che i loro
eserciti occupassero Berlino, Vienna e Praga ancora raggiungibili, ma Truman e
Eisenhower non ne vollero sapere, ed anzi successivamente venne decisa in
maniera tempestiva la smobilitazione dell'esercito americano.
Prima
dell'apertura della successiva conferenza di Potsdam, il governo sovietico
stabilì senza consultazioni che i territori tedeschi a est dei fiumi Oder e
Neisse (il corso più occidentale fra i due fiumi che portavano questo nome)
venissero sottoposti all'amministrazione polacca; ormai il mondo si avvicinava
a tappe forzate verso la guerra fredda.
Gli
avvenimenti del 1945 ci pongono l'interrogativo se la politica sovietica fosse
ispirata da preoccupazioni sulla sicurezza delle sue frontiere occidentali che
nel corso di questo secolo sono state due volte violate dalla Germania con
gravissime conseguenze, ovvero dallo stato d'inferiorità dello stato sovietico
rispetto agli Stati Uniti, che come noto uscirono con il loro potenziale
industriale intatto alla fine della guerra. Entrambe le ipotesi presentano
delle incongruenze; molte delle richieste sovietiche del periodo successivo in
Turchia, in Iran, e sul futuro delle ex colonie italiane non avevano nulla a
che vedere con ragioni di sicurezza della patria del socialismo, né l'URSS
cercò di concludere degli accordi con gli stati europei in materia di
collaborazione e sicurezza, nonostante che in quegli anni le sinistre fossero
al potere in diversi stati.
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