EPICURO


    Epicuro (341 - 270 a.C) ricevette la propria formazione filosofica in ambiente ionico, dove era ancora molto presente la tradizione naturalistica e materialistica. Gli fu principale maestro il democriteo Nausifane di Colofone, ma Epicuro ebbe anche modo di conoscere il pensiero di Platone e di Aristotile. Ebbe una sua prima scuola a Mitilene, ma con scarsa fortuna. Nel 306 a.C. passò ad Atene per fondare una scuola di ben maggior successo, che dal luogo dove venne aperta prese il nome di “Giardino”, e che si contrappose nettamente agli insegnamenti che venivano impartiti sia nella platonica “Accademia” e sia nell’aristotelico “Liceo”. Il Giardino aveva tuttavia anche caratteristiche organizzative molti diverse dalle scuole filosofiche precedenti (in senso nettamente anti-aristocratico), vi venivano infatti ammessi anche le donne e gli schiavi. La democraticità nell’accesso e nella gestione della scuola si accompagnava comunque a un assoluta centralità culturale nella persona del maestro, che non fu immune dal promuovere un certo culto della propria personalità. Sul piano logico Epicuro fu sostenitore di un criterio dell “evidenza”, basata sulle sensazioni come fonte di conoscenza primaria. Sul terreno della fisica egli riprese la teoria atomistica di Democrito, apportandovi tuttavia alcune significative innovazioni, come l’introduzione del “peso” degli atomi e la loro caduta sulla verticale, alterata dalla parenklisis (che Lucrezio tradurrà con clinamen) che favorisce gli urti tra gli atomi. Dagli urti si formano la realtà fisica nella sua pluralità di strutture e aspetti. In campo etico Epicuro promosse la ricerca della felicità e l’abolizione delle fonti di dolore e turbamento. Elemento primo per il raggiungimento della felicità è il conseguimento del piacere, che Epicuro vede essenzialmente come soppressione del dolore. Sul piano pratico il fine si raggiunge principalmente eliminando le ambizioni e i desideri assurdi e smodati, perseguendo al contrario un’esistenza semplice,frugale e appartata, lontana dai lussi e dalla vita pubblica. Insieme a ciò va abbandonata la venerazione degli dèi e la paura della morte, quella perché gli dèi non si occupano degli uomini e questa perché “quando essa c’è non ci siamo più noi”.

   Epicuro scrisse 37 libri “Sulla natura” quasi completamente perduti, ma rimangono tre lettere originali tramandateci da Diogene Laerzio che sintetizzano assai bene il suo pensiero nei vari campi. Epicuro non fu uno spirito scientifico molto originale, bensì un grande promotore di una concezione del mondo e della vita di tipo pragmatico e volta all’eliminazione del superfluo e dell’inutile dall’orizzonte esistenziale. Per quanto il suo atteggiamento non sia ateistico in senso stretto (ammetteva l’esistenza degli dèi in inframondi remoti) e nel complesso meno dirompente di quello di Leucippo e di Democrito, la sua filosofia (data anche l’epoca favorevole in cui è comparsa: l’ellenismo) ebbe un forte impatto culturale e sociale, dando un duro colpo a tutte le concezioni religiose e metafisiche del mondo antico e portando le sue influenze fin nel cuore del Cristianesimo.