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La neonata collaborazione con l’etichetta indipendente Old Europa Cafè - che tre anni più tardi darà vita a Phantom - inizia con la pubblicazione di una raccolta di brani in parte già editi che Deca riassembla in modo mirabile nonostante la loro diversa natura. Attingendo ai commenti sonori di alcuni documentari girati qualche anno prima e ripescando addirittura una composizione del 1990 (quella “Where” tante volte proposta dal vivo con stupende proiezioni caleidoscopiche), Deca consegna al suo nuovo produttore un mosaico di grande atmosfera che ha come comune denominatore il tempo ed è pervaso di toni malinconici e metafisici. Gli stili musicali, come detto, sono molti: si va dalla incantevole apertura di “Dawn” - che cresce maestosa tra i suoni della natura al sorgere del sole - al mistico rarefatto intreccio di “Time Fragments”; dal martellante sequencer di “Empty Mechanism” agli arpeggi lacrimosi e intimistici di “Religion”. E su tante invenzioni ritmiche e acustiche il baricentro dell’album si sposta inevitabilmente sulle due suite complementari “Dust from the blood” e “Blood from the dust”, che si snodano su percorsi dai colori cupi, illuminati a tratti da squarci di dolcezza. Nonostante sia considerato un capitolo minore della sua discografia, uscito solo su cassetta, “Deceit Of Time” rappresenta un ottimo sintetico esempio dello stile compositivo di Deca intorno alla metà degli anni ‘90: atmosefere irreali, sonorità acquatiche e una costante sensazione di ansia e disillusione. Non a caso il titolo dell’album significa l’inganno del tempo o l’illusione del tempo. Notevole l’abilità nel ricreare con un sintetizzatore tutti i suoni e i rumori nell’incipit di “Dawn”: risacca, uccelli notturni, insetti, vento e il lontano passaggio di automobili sono stati generati uno ad uno elettronicamente e senza campionamenti, dando vita a un quadro sonoro ambientale di grandissima profondità.a. bianchi
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