Recensioni alla poesia di Simone Cattaneo
«Questa modalità umana e poetica di percepire la matericità del reale conduce l’autore ad una scrittura secca, decisa, lontano da ogni inflessione sentimentale. L’essenzialità stilistica si ricollega alla lezione del primo Magrelli e all’opera di De Angelis, ma soprattutto al magistero della letteratura russa di inizio secolo»
Giuliano Ladolfi, 1999
«Nome
e soprannome è un testo dalla pronuncia scabra e disadorna, dove qualunque
tentazione lirica è spenta e trasfigurata nella lucidità di uno sguardo che
disegna con cruda e drammatica essenzialità una piccola fenomenologia
dell’esistenza mancata, del non amore, dell’impossibilità, della finzione»
Roberto Carifi, 2002
«Gli occhi perplessi e increduli di Buster Keaton, la violenza dello splatter, l’intimità esistenziale di Montale e la chirurgia psichico-linguistica di Benn, sembrano modellare lo spessore di questi versi composti da parole- fendenti, tese e, allo stesso tempo, coinvolgenti e calde. Piombo, rame, acciaio, ferro, mercurio. Ma anche sangue, labbra, denti, brandelli di corpi mutilati e “sacralizzati” da una feroce intimità, sono le parole chiave che aiutano a rimanere ancorati alla trama registica di questo piccolo, ma intenso “primo” libro di poesie di Simone Cattaneo»
Stefano
Raimondi, 2002
«Cattaneo
perlustra, in vece nostra, la soglia del dolore, là dove si fa indicibile perché
raccapricciante o semplicemente sciatto e poco vendibile. Le anime spezzate,
dimezzate che appaiono in penombra nel suo romanzo di provincia sono le stesse
che ci passano accanto ad ogni crocicchio, siamo noi stessi, nel momento in cui
penetriamo gli spazi maledetti della noia, dell’indifferenza ad ogni stimolo,
ad ogni affetto»
Federico Italiano, 2002
«Ma,
un momento!, c’è anche qualcosa di infernale (nel senso di cose che bruciano,
anzi, più che bruciare, ardono) in questi testi, e di terribile […]. Quindi
la puoi ascoltare – questa poesia – detta o cantata mentre vai
sull’autostrada e l’hai messa in moto sul registratore; ma accade a un certo
momento che entrano violentemente, o improvvisamente in giuoco, frasi che ti
colpiscono come pugni allo stomaco»
Roberto Roversi, 2002
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