IL TELESCOPIO

Galileo Galilei, è stato l’inventore del telescopio astronomico, lo strumento atto a mostrare vicino ciò che si trova lontano. Questa caratteristica del telescopio, cioè "avvicinare" cioè di ingrandire le immagini degli oggetti lontani, rimase sempre quella più presa in considerazione fino a quasi tutto il XIX secolo quando emerse un'altra, ben diversa, qualità di questo strumento: la capacità di raccogliere luce. Anche oggi la maggior parte delle persone pensano che ciò che distingue il telescopio sia la sua capacità di "ingrandire", mentre questa è solo al secondo posto, infatti è più importante la quantità di luce che può raccogliere! Questa dipende dal diametro. Le altre importanti proprietà sono la focale (F) e lo schema ottico.
Prendiamo in esame il più classico dei telescopi: quello galileiano

 



I parametri principali di un telescopio (fra parentesi i termini che normalmente si sottintendono):

D, diametro (dell'obbiettivo).
F, (lunghezza) focale
f, (lunghezza) focale dell'oculare
Nota: l'immagine sul Piano Focale è "messa a fuoco" quando nel telescopio coincidono il fuoco di destra dell'obbiettivo con quello di sinistra dell'oculare (situazione verificata nel disegno).

 

Alcune formulette utili:


Rapporto focale (o "luminosità")= F/D
Potere risolutivo (in secondi d'arco)= 120/D
Ingrandimento I = F/f
Pupilla d'uscita = D/I (è la grandezza del campo di piena luce all'oculare)
Ingrandimento minimo sfruttabile Im = D/diametro della pupilla dell'occhio(normalmente la pupilla umana al buio arriva ad un diametro di 6mm). Usando l'ingrandimento minimo, la pupilla d'uscita del telescopio sarà uguale alla pupilla dell'osservatore: al di sotto dell'Im la pupilla del telescopio sarà più grande di quella dell'osservatore con la conseguenza che una parte della luce raccolta dall'obbiettivo andrà sprecata.
Ingrandimento massimo sfruttabile I_M=2D, con il diametro espresso in millimetri (per i rifrattori di buona costruzione può essere anche 3D o persino di più).

Oltre a queste caratteristiche generali, i telescopi si distinguono, praticamente, anche per il loro schema ottico, Vedi qui sotto l’elenco e la spiegazione degli schemi più conosciuti:

Newtoniano



Il newton è il telescopio a riflessione con il più semplice schema ottico:

 



Fu inventato da Isaac Newton nel 1671 e consiste di uno specchio obbiettivo con superficie parabolica e di uno specchio piano di forma ellittica, detto secondario, inclinato di 45° necessario per portare il fuoco in una posizione utile.Molti osservatori astronomici pubblici utilizzano telescopi newtoniani a corta focale (attorno ad F/4) che consentono di raggiungere grandi aperture contenendo le dimensioni dello strumento. Anche i
dobson più grandi sfruttano lo stesso principio. Newton F/4 sono commercializzati anche per il grande pubblico con diametri attorno ai 20 cm e sono favoriti da astrofili che prediligono la fotografia del profondo cielo. Con rapporto focale fra F/6 ed F/8 costituisce un ottimo "strumento tuttofare" e rientra in questa categoria anche il ben noto 114 (vedi ad esempio le FAQ sul primo telescopio). Con focali maggiori vengono proposti pochissimi newton, dedicati espressamente all'alta risoluzione. I vantaggi di questo schema ottico sono, la veloce "termalizzazione", l'economicità e, come detto, la grande semplicità costruttiva, al punto che si tratta sicuramente dello schema più utilizzato dagli autocostruttori di telescopi.
A sfavore contiamo la relativa facilità di perdere l'allineamento delle ottiche e l'esposizione all'aria delle superfici riflettenti (che ne rende necessaria una certa manutenzione).

RIFRATTORI ACROMATICI



I telescopi rifrattori si chiamano così in quanto sfruttano la proprietà del vetro di rifrangere la luce. Si basano essenzialmente su un obbiettivo costituito da una lente. Il telescopio di Galileo, è proprio di questo tipo ed è chiamato anche cannocchiale.

Schema ottico:

 



Nell'immagine si vede l'obbiettivo composto da due lenti. Questo è normale in tutti i rifrattori moderni e serve per limitare la cosiddetta aberrazione cromatica, ovvero un alone colorato spurio attorno ai soggetti brillanti, problema che affliggeva i primi telescopi (il rifrattore acromatico fu inventato nel 1733 da Chester Moor Hall ed ebbe maggiore diffusione dopo il 1755 grazie all'ottico J. Dollond).
E' importante sottolineare che un telescopio con il cosiddetto "doppietto acromatico" riesce ad abbattere il cromatismo soltanto se la focale è sufficientemente lunga, orientativamente se è superiore ad F/10. A queste condizioni, però, è evidente che i rifrattori raggiungano grandi dimensioni anche per diametri relativamente piccoli: un telescopio di soli 15 cm arriva ad essere lungo due metri!
E' per questo che recentemente sono stati commercializzati telescopi con doppietto acromatico ma molto "spinti", cioè con focali minori di F/10 e quindi di dimensioni contenute. Per evitare lo spettro secondario (alone blu-violetto) dovuto all'aberrazione cromatica che inevitabilmente questi telescopi mostrano su oggetti luminosi, può essere conveniente utilizzare un filtro giallo. Come spiegato in questo intervento, i rifrattori acromatici puri (a lunga focale) sono insuperabili per osservazioni ad alta risoluzione (pianeti, Luna, Sole).
Un'ultima osservazione riguarda i diaframmi interni. Si tratta di veri e propri dischi forati che, disposti nel tubo e colorati di nero opaco, aiutano ad abbattere i riflessi interni qumentando così, sensibilmente, l'incisione dei dettagli. La presenza di diversi diaframmi antiriflesso all'interno del tubo è generalmente indice di buona qualità dello strumento. Nei telescopi acromatici di fascia bassa (da 60 mm), c'è al massimo un solo diaframma verso la metà del tubo, mentre nei rifrattori apocromatici (vedi questo intervento) se ne contano diversi, distribuiti lungo il cammino ottico.

RIFRATTORI APOCROMATICI



Nei rifrattori, l'introduzione della seconda lente (doppietto acromatico) serviva per far convergere nello stesso fuoco sia la luce blu che rossa, in maniera da abbattere il fastidioso "spettro secondario", ovvero quell'alone di colori presente attorno ad oggetti brillanti visti con rifrattori a lente singola:

 



Abbiamo visto però, che un doppietto, per dare immagini realmente acromatiche, deve avere una focale molto lunga e ciò rende il rifrattore lo schema ottico più ingombrante e meno adatto per fotografare gli oggetti deboli del cielo. Esiste però la possibilità di rendere un rifrattore quasi perfettamente acromatico mantenendo rapporti focali meno estremi. Si può ottenere questo miglioramento introducendo per esempio un terzo elemento ottico all'interno del tubo, oppure utilizzando, per le lenti, sostanze con caratteristiche ottiche particolari.

 



La combinazione degli effetti rifrattivi dei nuovi schemi ottici è studiata apposta per portare sullo stesso fuoco tre diversi colori anzichè solo i due degli acromatici. Qualunque sistema ottico a rifrazione capace di portare allo stesso fuoco tre colori si chiama apocromatico.

 



L'elemento introdotto nello schema ottico è costituito o da un vetro a bassa dispersione e alto indice di rifrazione (chiamato ED, da Extra-low Dispersion) oppure da un cristallo di fluoruro di calcio (da cui il nome di rifrattori alla fluorite), entrambe sostanze molto costose.Si tenga presente, anche, che nel caso di tre lenti, è necessario lavorare sei superfici ottiche e non più quattro. Inoltre si constata anche un aumento di peso, che rende necessari tubi molto robusti, e di conseguenza montature di livello superiore. In definitiva, portare a fuoco il terzo colore e mantenere rapporti focali abbastanza
veloci si traduce in un aumento considerevole della spesa. I rifrattori apocromatici sono quindi telescopi molto costosi (e per questo non ne parliamo diffusamente in questa sede) ma potete scommettere ad occhi chiusi sulla loro qualità che talvolta è davvero estrema!
 

SCHMIDT CASSEGRAIN



E' uno schema ottico di grande fortuna, "reinventato" dalle case produttrici americane circa trenta anni fa e commercializzato in maniera massiccia, specie nella versione da 8" (20 cm). La loro fortuna dipende in particolar modo dalla loro compattezza, ma nelle pubblicità si sottolineano i vari vantaggi del tubo chiuso (vedi sotto).

Vediamo lo schema ottico di questo telescopio:

 



Si nota che frontalmente è presente una lastra sagomata. La sua funzione è di compensare in partenza l'aberrazione sferica introdotta dai due specchi (che per l'appunto sono sferici). Viene utilizzata anche per sostenere lo specchio secondario. Questo, piuttosto grande, è responsabile di un fattore di otturazione (rapporto dei diametri) che penalizza un po' l'incisione dell'immagine. Si noti che il primario è forato al centro per consentire il passaggio del fascio di luce fino al fuoco, posteriore. In questi telescopi si fa particolarmente apprezzare la facilità di collimazione delle ottiche.
La lastra correttrice reca un trattamento multistrato antiriflesso che, per la sua delicatezza, suggerisce di non pulire troppo frequentemente o con solventi aggressivi la lastra stessa. Il vantaggio principale di un "tubo chiuso" è che le superfici riflettenti sono al riparo, quindi nè si sporcano, nè perdono la loro riflettività, cosa che succede purtroppo ai telescopi con tubi aperti. Un tubo chiuso è anche meno soggetto ad eventuali turbolenze interne anche se è necessario concedergli un tempo maggiore per raggiungere l'equilibrio termico. Uno svantaggio è costituito dalla facilità con cui l'umidità si posa sulla lastra, un vero e proprio assillo che rende necessario l'utilizzo di un buon paraluce, e talvolta anche dell'azione ripetuta di un asciugacapelli.Gli Schmidt Cassegrain, solitamente chiusi ad F/10 (cosa significa?), sono molto validi per l'osservazione ad alta risoluzione, ma avendo normalmente un'apertura di tutto rispetto (20 cm o più) danno grandi soddisfazioni anche sul profondo cielo. Per questo li abbiamo inclusi fra i telescopi "tutto fare".

MAKSUTOV



E' simile allo
Schmidt Cassegrain tranne che per la lastra correttrice che in questo caso è un menisco:

Schema ottico:

 



In virtù del rapporto focale ancora maggiore ed un fattore d'otturazione inferiore a quello degli Schmidt-Cassegrain è uno schema prediletto da chi si occupa di alta risoluzione (Luna, Pianeti, ecc...). Prestazioni migliori le danno solo i Newton dedicati all'alta risoluzione o i rifrattori apocromatici, ma i primi son molto più ingombranti, i secondi più costosi. Si tratta comunque di telescopi di "fascia alta", anche come prezzo, e pertanto poco consigliabili come "primi strumenti", fatta eccezione per i modelli "in miniatura" (concepiti per la massima trasportabilità). Oltre ai Meade, hanno avuto un grandissimo successo anche i "mak" della russa Intes, che produce strumenti anche ad F/6 e quindi idonei per la fotografia del profondo cielo, si parte da 1000 Euro per un 15 cm (solo tubo ottico!).