Pitch and roll.
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Nella fase iniziale del lancio dello shuttle si nota una curiosa "piroetta".
Molti, in passato, mi han chiesto a cosa diamine serva, dato che si vede sempre in tutti i lanci. E, dopo i primi anni in cui rispondevo che non lo sapevo, poco per volta ho imparato che quella strana manovra è in realtà estremamente importante. E, via via, la spiegavo in maniera sempre più particolareggiata, a mano a mano che raccoglievo nuove informazioni. Finchè, poco per volta, erano sempre meno numerose le persone che me lo chiedevano. Esaurivo i miei ascoltatori. E la parola "esaurivo" potrebbe essere letta in due modi, chissà. E' una cosa veramente assurda, ma ritengo ancora oggi che questo particolare possa interessare molte persone, magari le persone più giovani. Per cui mi metto a buttare giù anche questo piccolo testo. Cerco di essere sintetico ma il più possibile esaustivo. Dimenticherò molte cose, ma basta chiedere e sono qui per tentare di rispondere. L'astronautica è una vecchia passione.
Da Cape Canaveral la navetta viene lanciata in direzione Est, assecondando la rotazione terrestre e seguendo un percorso tale che per tutta la durata della fase propulsiva, la minore estensione di terra venga sorvolata (a parte un tratto del sudafrica).
Sapete che Cape Canaveral si trova a Nord dell'equatore, latitudine circa 28 gradi.
La navetta può essere lanciata in orbite comprese tra i ventotto ed i cinquantuno gradi di inclinazione rispetto al piano equatoriale.
Queste sono le inclinazioni-limite imposte da una nutrita serie di parametri che tengono conto soprattutto dell'altezza richiesta, del peso della navetta, del suo carico massimo trasportabile e soprattutto del fatto che aumentando l'inclinazione, via via minore è il peso del carico utile ammesso al decollo (nella stiva della navetta, per intenderci). Inoltre, anche importantissimi aspetti legati alla sicurezza vengono di volta in volta presi in considerazione: nella progettazione di una missione (che viene eseguita anche due anni prima dell'effettivo lancio) entrano in conto anche i siti di atterraggio di emergenza per il RTLS (che tenterò di approfondire prossimamente), il TAL (Transatlantic Abort Landing, cioè atterraggio al di là dell'atlantico, vale a dire in Spagna o in Africa su apposite piste estremamente ridotte nelle installazioni ed attrezzature), e l'AOA (Abort Once Around, cioè aborto dopo una sola orbita, addirittura nemmeno conclusa, vale a dire atterraggio in California o Nuovo Messico). Poco per volta magari tenteremo di approfondire anche queste procedure di emergenza per il volo dello shuttle, che sono cose veramente importanti ed interessanti ma ho bisogno di approfondirle prima di scriverne, in modo da risultare chiaro e comprensibile a tutti. So che queste cose non vengono mai spiegate per benino come vorrebbero molti appassionati che da poco si interessano di voli spaziali e del resto negli ultimi anni di queste cose non si parla più. Anche sui libri non è facile trovare notizie particolareggiate, ma volendo posso indicare diversi titoli. Quindi, se volete, ogni tanto metterò giù qualcosa, sperando di non commettere errori troppo grossi. Ci provo, perlomeno.
E torniamo a bomba.
Una volta che si focalizzano gli obiettivi della missione, si programmano tutti gli eventi che vanno ricercati, che si tiene conto delle previsioni del tempo (diciamo così, con due anni di anticipo sembra una cosa incredibile, ma anche questi aspetti vengono considerati, diciamo stimati statisticamente) sul sito di lancio e sui siti di atterraggio di emergenza, che si controllano le condizioni di illuminazione solare per il momento del decollo e dell'atterraggio, che si prevede esattamente al chilogrammo il peso della navetta al decollo, si arriva a determinare l'inclinazione orbitale della missione. Che magari prevede l'incontro con la stazione spaziale o con qualche satellite da riparare oppure da rilasciare in un'orbita esatta. Insomma, se non ve ne siete accorti l'inclinazione orbitale in una missione spaziale è una delle cose più importanti ed esattamente ricercate, con precisioni elevatissime.
Naturalmente in ogni momento, durante il volo orbitale, è possibile cambiare leggermente l'inclinazione, anche se questa manovra è tra le più dispendiose in termini di propellente. Quindi è chiaro che la navetta deve cercare di ottenere la perfetta inclinazione già al momento dell'inserimento orbitale, anzi, addirittura prima. Se non ci credete, chiedete alla NASA: l'inclinazione orbitale richiesta viene impostata addirittura poco dopo il decollo da Cape Canaveral.
L'impostazione dell'orbita è la prima manovra critica che viene compiuta durante l'ascesa. La famosa piroetta che la navetta compie pochi istanti dopo il lift-off è la manovra con cui si determina l'inclinazione orbitale. Prima viene completata e meno propellente è richiesto per compierla. In effetti il cambio del piano orbitale può essere fatto in qualunque momento della missione, se dovesse essere necessario, a patto che l'accensione dei motori venga attuata nell'istante in cui il piano dell'orbita della navetta interseca il piano equatoriale (il cosiddetto "nodo"). E la manovra viene ripetuta dopo mezza orbita, al nodo successivo. Maggiore è la differenza di inclinazione richiesta rispetto all'equatore e maggiore è il quantitativo di propellente necessario.
Questo è il motivo per cui la navetta (e comunque qualunque vettore spaziale) NON può essere pilotata manualmente dagli astronauti. Non è possibile guidare a mano veicoli che viaggiano a elevatissima velocità che devono raggiungere determinate posizioni nello spazio, a determinati istanti, a determinate altezze e verso determinate direzioni. Solo un sistema computerizzato può calcolare questa impressionante serie di fattori in otto minuti e rispettare il piano di volo previsto due anni prima. Per questo motivo agli astronauti viene permesso di compiere manualmente alcune manovre, a patto che i computer le eseguano entro le determinate condizioni. Diciamo che al comandante viene concesso di "desiderare" una certa manovra. I computer faranno ciò che egli desidera sì, ma come vorranno loro. E SE lo vorranno. Per esempio il comandante potrebbe anticipare o ritardare gli aumenti o le diminuzioni di potenza dei motori richieste durante il volo in fase propulsiva, tanto sarà il computer a calcolare i tempi per ottenere l'esatta orbita. Oppure, ovviamente, è facoltà del comandante azionare il famoso commutatore a cinque posizioni che determina una delle quattro condizioni di emergenza. Ma in ogni caso saranno i computer a decidere come il veicolo si muoverà nello spazio, perchè una manovra appena sbagliata nell'intensità, nella direzione e nel livello di potenza porterebbe a eccedere i carichi dinamici ed aerodinamici in un batter d'occhio ed il risultato sarebbe il disastro, la disintegrazione del veicolo.
Al decollo la navetta parte perfettamente verticale, rimane così per poche centinaia di metri. Poi si inizia il "pitch and roll program", cioè la famosa piroetta. La navetta si pone con l'ET, il serbatoio esterno, in posizione avanzata, nel senso del moto, e la navetta viene a porsi addirittura sotto di essa. Gli astronauti cominciano a viaggiare gradualmente a testa in giù. Una volta raggiunta la direzione precisa, la navetta interrompe la giravolta, l'inclinazione orbitale è già impostata e ai computer rimangono da svolgere solamente le correzioni imposte dalle perturbazioni atmosferiche e dagli errori del percorso rispetto a quello memorizzato nei software di guida.
Comincia ora la seconda parte del piano di volo. Quella che risponde al nome di "pitch".
Il secondo importante aspetto che ricopre il pitch and roll program è quello che prevede l'assetto del sistema volante durante l'attraversamento dell'atmosfera per tutto il tempo dell'ascesa.
Sicuramente avete tutti notato che i tre SSME della navetta sono inclinati rispetto all'asse longitudinale del veicolo. Essi infatti sono montati in modo da dirigere la spinta verso il centro di gravità del sistema che comprende l'ET, cioè al di fuori del corpo della navetta.
Per questioni di aerodinamica non eccelsa, per salvaguardare le strutture dell'orbiter durante la fase dell'attraversamento delle zone dense dell'atmosfera con velocità supersoniche e per il fatto che il centro di gravità del sistema volante NON è stabile ma si sposta enormemente per effetto del consumo dei propellenti e dello sgancio degli SRB e anche in considerazione che ad alte velocità il comportamento dinamico del sistema volante è sottoposto a molti curiosi fenomeni (tra cui anche l'inversione dei comandi), l'assetto del veicolo durante l'ascesa è caratterizzato da una inclinazione rispetto alla direzione di avanzamento, con l'ET che "copre" l'orbiter, che viaggia sotto di esso.
Il sistema di ottenimento dell'orbita è definito ad "assistenza gravitazionale", significa che la traiettoria del veicolo non è perfettamente verticale per i primi chilometri per poi cominciare a inclinarsi, ma viene continuamente modificata, permettendo alla forza di gravità terrestre, non appena la navetta abbandona la traiettoria verticale, di far sentire il suo effetto. Cioè facendole naturalmente descrivere un lungo arco che porta gradualmente la navetta a viaggiare, nel tratto finale, a testa in giù, con l'ET sopra di essa.
In pratica, iniziato il decollo, il veicolo sale verticalmente per un certo tratto, con lo scopo di abbandonare il più in fretta possibile il sito di lancio, non necessariamente gli strati densi dell'atmosfera. Con questo costruendo solo due dei tre parametri richiesti per l'ottenimento dell'orbita programmata. L'inclinazione, di cui ho parlato poco fa e l'altezza. In un secondo tempo si comincia a costruire il terzo parametro, ossia la velocità orizzontale.
E lo si fa gradualmente, sfruttando il fatto che il veicolo sotto spinta propulsiva, una volta che si abbandona la traiettoria verticale impressa inizialmente, continua, per effetto della gravità terrestre, a deviare continuamente, producendo una progressiva orizzontalizzazione del percorso. In pratica, anzichè costruire una traiettoria arcuata sfruttando la direzionalità dei motori, si permette alla gravità di tentare di trasformare il lancio orbitale in un lancio balistico, facendole mancare il risultato per un pelo.
Spero di averlo spiegato nella maniera più chiara possibile.
Nei primi voli degli anni '80 la navetta spaziale veniva spedita in orbita con una traiettoria abbastanza convenzionale, e tutto funzionava comunque perfettamente. Successivamente venne introdotta questa tecnica, sviluppata appositamente dalla NASA per minimizzare il consumo di propellente, e via via sempre più perfezionata. Nelle prime missioni shuttle, dopo lo sgancio dell'ET si rendevano necessarie fino a cinque accensioni degli OMS per ottenere la corretta orbita. Oggi spesso ne basta una sola, raramente due. Il risparmio di propellente è evidente, anche se non marcatissimo. Comunque, in un sistema che porta in orbita cento tonnellate di macchina e di carico utile, anche poche centinaia di chilogrammi contano. Potrebbero significare la differenza tra un satellite con tre giroscopi anzichè uno solo. L'astronautica è ancora bellissima perchè c'è tantissimo da scoprire e da imparare, io penso ai pochi fortunati che se ne occupano attivamente.
Il sistema dell'orbiter e dell'ET viene in effetti lanciato in un percorso che lo porta ad avere un temporaneo apoigeo ad una quota leggermente superiore a quella prevista nel piano di volo (che NON sarà l'apogeo orbitale). L'ET viene sganciato poco dopo lo spegnimento dei motori e fatto allontanare dalla navetta con spinte prodotte da sfiati nel serbatoio di ossigeno. L'ET prosegue in un percorso suborbitale ed arriva sopra l'oceano indiano, dove rientra nell'atmosfera. Nel frattempo lo shuttle, ad una velocità di circa sessanta-cento metri al secondo inferiore a quella orbitale, effettua la manovra di preinserzione, vale a dire che gli OMS vengono accesi per aggiungere la piccola velocità aggiuntiva per ottenere quella orbitale.
A questo punto l'orbiter addirittura punta verso il basso, aumentando di velocità e riducendo la quota.E riducendo anche l'altezza prevista per l'apogeo. La breve accensione degli OMS permette di ottenere la velocità richiesta, con un'orbita ellittica che avrà un apogeo alla quota prevista per il piano della missione. Non manca altro che aspettare tre quarti d'ora per raggiungerlo, dall'altra parte del globo, sopra l'oceano indiano, ove bisogna riaccendere gli OMS per circolarizzare l'orbita. Il più è fatto. Più o meno il principio è questo, pur dovendo citare il fatto che bisogna tener conto di tanti fattori che possono concorrere a modificare anche sensibilmente questo scenario. Lo shuttle è in orbita stabile e gli astronauti possono cominciare a preparare gli esperimenti
Nei primi lanci shuttle degli anni '80 la manovra di inserzione orbitale richiedeva anche cinque successive accensioni degli OMS e poteva richiedere anche sei o sette ore. Negli ultimi anni nel giro di due ore la corretta orbita è accusata senza problemi e con ottimo risparmio di propellenti.
Una cosa che spiegava von Braun era la sua ossessione per la precisione nell'inserimento orbitale con il minimo quantitativo di propellenti. Immaginate il Saturn V che pesava duemilanovecento tonnellate e che doveva arrivare in bassa orbita terrestre con centoventi. Era assolutamente necessario che TUTTI i propellenti venissero esattamente consumati, non di più, e, sembra impossibile crederlo, non di MENO. Questo perchè i veicoli lunari erano sempre al pelo per i propellenti ed i consumabili previsti per le ardite missioni Apollo e, spesso, erano riempiti al limite dell'esplosione spontanea. Sarebbe stato veramente un peccato sganciare il terzo stadio, dopo l'iniezione translunare, con quintali di idrogeno ed ossigeno ancora nei serbatoi, quando si dovevano compiere dei miracoli per rifornire i moduli lunari al massimo.
Quindi innumerevoli prove, innumerevoli test sui motori, innumerevoli ore di lavoro nei computer e nei software di guida, solo per ottenere l'esatto quantitativo di propellenti da imbarcare nei serbatoi. Ovviamente con adeguati quantitativi di riserva, sappiamo che il Saturn V era un vero miracolo di potenza ed affidabilità. E, nonostante un livello di potenza di calcolo rispetto alla navetta di uno o due ordini di grandezza inferiore, il risultato dell'orbita terrestre era assolutamente perfetto ogni volta.
E continuiamo a considerare che in effetti la navetta spaziale è figlia dell'Apollo ed è stata progettata nei primi anni '70. E, con periodiche "riforme" dei sistemi informatici e di controllo, è destinata a lavorare ancora per quindici anni. Speriamo che arrivino in fretta le nuove generazioni delle navette. L'X38 è un po' pochino, anche se la NASA lo spaccia per la prima navetta spaziale completa dopo lo shuttle. Discorso lungo.
Ragazzi, mi fermo qui. Io come al solito mi sono divertito, spero che quello che ho scritto vi sia piaciuto e sia servito, magari per qualcuno di voi, a solleticare un po' il cervello e magari a sollecitare qualche domanda. Spero di non avere scritto delle stupidaggini, se dovesse essere accaduto chiedo scusa, ma mi farà piacere saperlo. Insieme produrremo le dovute correzioni e impareremo nuovamente nuove cose. Mi piace condividere quello che imparo leggendo da tante fonti, negli ultimi anni anche da internet, ma in questo campo è veramente facile leggere da una parte una cosa e da un'altra il suo contrario.
Cristiano Casonati