ALTRI CANTI

 Non v’è dubbio che si tratti di un annullo filatelico-musicale (rigo con note, su due rane: bozzetto dell’arch. Barbara Galizia), appartenente quindi al campo d’attenzione di questa rivista. Ricordo – per inciso – che v’è una bella collezione filatelico-musicale del belga Koenraad Bracke, un socio del Gruppo Muisica, sul canto degli uccelli. Non v’è dubbio, d’altra parte, che le rane cantino o, per lo meno, emettano suoni comunicativi, assimilabili alla sonorità della voce umana, il primo strumento musicale naturale, o di oggetti naturali non lavorati, come ad esempio la sonagliera costituita da conchiglie “orecchie di mare” (Haliotis), già naturalmente forate. L’organo sonoro naturale degli anfibi Anuri è la glottide, situata tra i polmoni e la gola, che vibra con l’emissione di aria. Il suono è amplificato dai sacchi vocali: i rospi ne hanno uno, alla base della bocca, le rane ne hanno due, posti lateralmente. Per rane, uccelli, sonagliere, percussioni, fischietti, flauti, trombe ed altri strumenti primordiali, è fondamentale il libro di  Walter Maioli, “Il suono e la musica” (Le origini), Jaca Book, Milano, 1991.

Ma quale uso potrebbe fare un collezionista filatelico-musicale dell’annullo di Cantarana, comune della provincia di Asti, realizzato in occasione del gemellaggio con l’omonimo  comune francese di Chantraine, dipartimento dei Vosgi, il 16.9.2007 ?

Se può difettare di senso comune, non manca certo di genialità il collezionista; ecco quindi la risposta: per documentare, filatelicamente, il libro “Senti le rane che cantano”, edito da Donzelli, Roma,  nel 2005, a cura di Franco Castelli, Emilio Jona,  e Alberto Lovatto.  Si tratta di un corposo saggio sulle canzoni e sui vissuti popolari della risaia, con documenti originali, nel CD allegato, conservati presso il Centro Regionale Etnografico Linguistico di Torino, fondo Jona-Liberovici. Il primo brano del CD è un canto d’addio alla risaia, il cui incipit, “Sento le rane che cantano”, ha suggerito agli Autori il titolo del libro, e , a chi scrive queste righe, la perfetta corrispondenza figurativa annullo/libro-canto.

Prima dell’arrivo della chimica, il riso veniva pulito manualmente dalle erbe infestati ad opera di donne straordinarie, le mondine, lavoratrici stagionali che giungevano nel vercellese per guadagnare quattro soldi per la famiglia: donne illetterate, magari, ma coraggiose, che, per dimenticare la schiena rotta dalla fatica, inventavano canti di nostalgia, di sofferenza, di rivolta, ma anche ironici e politici, ascoltando i quali si rimane veramente stupiti. Un blues italiano, insomma: una storia canora e umana, quella del libro, che ricorda lo schiavismo negro delle grandi piantagioni di cotone degli Stati Uniti e la nascita, colà, del blues storico, il genere musicale che ebbe un ruolo fondamentale nella storia del jazz e della musica popolare statunitense.  

(di prossima pubblicazione sulla rivista filatelico-musicale IL PODIO),

  Giancarlo Cocito