Nosside

 

 

 

Splende, odoroso di balsami,
il fresco giaggiolo di Nossis,
cui nelle tavolette
Eros in persona
spalmò la cera...

                                    (Meleagro)

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

Come nel caso di Zaleuco, o degli altri personaggi illustri dell'antica Locri, anche di Nosside, purtroppo, sappiamo ben poco.
 
Essa fu, probabilmente, contemporanea di Anite di Tegea (fine IV sec. a.C.) e la sua opera va, quindi, inserita in quello che è il filone dorico-peloponnesiaco della poesia epigrammatica.
 
Nosside discendeva sicuramente da una famiglia nobile e nella sua poesia sono riscontrabili affinità (probabilmente volute) con l'opera di Saffo che la poetessa cita in uno dei suoi epigrammi.

Ciò, unito al fatto che a Locri il culto di Afrodite era molto diffuso, ha fatto ipotizzare l'esistenza nella colonia greca di un tiaso (circolo femminile) simile a quello saffico guidato, appunto, dalla poetessa Nosside.
 
E del resto, tenendo conto che si tratta sempre di supposizioni, l'ideale della vita che Nosside sembra possedere appare ben chiaro nell'epigramma "Nulla è più dolce d'amore..." nel quale l'identità di vedute con il pensiero saffico è più che chiara.
 
Della sua opera ci sono pervenuti appena dodici epigrammi (di cui uno probabilmente spurio), di argomento vario; essi sono giunti sino ai giorni nostri grazie alla loro registrazione nei libri V (libro dedicato agli epigrammi d'amore - 1 epigramma), VI (dedicato agli epigrammi votivi - 6 epigrammi), VII (dedicato agli epigrammi funerari - 2 epigrammi) e IX (dedicato agli epigrammi descrittivi - 3 epigrammi) dell'Antologia Palatina.
 
Dei 12 epigrammi, due, in maniera particolare, vanno segnalati: quello già citato dedicato all'amore "Nulla è più dolce d'amore..." che appare quasi come un proemio alla sua opera; e quello che comincia con "O straniero..." che sembra possa essere stato il carme conclusivo della sua opera o, forse, il testo, scritto da Nosside stessa, per il proprio epitaffio.

 

 

 


 

I 12 EPIGRAMMI
(L'opera superstite di Nosside)

 

 

 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO V - 170)

 

 

 
Nulla è più dolce d’amore; ed ogni altra gioia
viene dopo di lui: dalla bocca sputo anche il miele.
Così dice Nosside: e chi Cipride non amò,

non sa quali rose siano i fiori di lei.
 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO VI - 132)

 

 

 
Via dalle grame spalle questi scudi gettarono i Bruzzi,
percossi nella mischia dai Locresi veloci alla lotta,
ora, deposti nel tempio, levan inni al valore di questi,

né rimpiangon le braccia dei vili, che lasciarono privi di sé.
 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO VI - 265)
 

 

 

 
Èra santa, che spesso scendendo in terra dal cielo
visiti il tuo santuario Lacinio fragrante d’incensi,
accetta il peplo di bisso che Teòfili figlia di Clèoca

ha tessuto per te con Nosside, sua nobile figlia.
 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO VI - 273)
 

 

 

 
Artemide, che regni su Delo e sull’amabile Ortigia,
riponi in grembo alle Cariti l’arco e le frecce intatte,
purifica il tuo corpo nelle acque dell’Inopo, e vieni

nella casa d’Alceti, a liberarla dalle difficili doglie.
 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO VI - 275)

 

 

  
Con piacere avrà accolto Afrodite  l’amabile offerta
della piccola cuffia che avvolgeva il capo di Sàmita:
è, infatti, di fine fattura e odora lieve del nettare

con cui la dea asperge il bell’Adone.
 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO VI - 353)
 

 

 

 
Ecco Melinna in persona! Vedi, il suo volto leggiadro
pare che a noi rivolga lo sguardo dolcemente soave.
Come davvero la figlia alla madre in tutto s’assembra.

Com’è bello che i figli assomiglino ai genitori!
 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO VI - 354)
 

 

 

  
Anche da lontano appare riconoscibile l’effigie
di Sabétide, piena di forma e maestà.
Abbandonati a contemplarla: ti par di vedervi di lei

la saggezza e la dolcezza. Lode a te, mirabile donna!
 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO VII - 414)
 

 

 

  
Passa accanto a me con riso squillante, e poi dimmi
una parola amica: io sono Rintone, quello di Siracusa,
un piccolo usignolo delle Muse; con i flìaci

tragici seppi cogliere un’edera diversa, e mia.
 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO VII - 718)
 

 

 

 
Straniero, se navigando ti recherai a Mitilene dai bei cori,
per cogliervi il fior fiore delle grazie di Saffo,
dì che fui cara alle Muse, e la terra Locrese mi generò.

Il mio nome, ricordalo, è Nosside. Ora va’!
 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO IX - 332)
 

 

 

 
 Giunte nei pressi del tempio miriam d’Afrodite
questa statua, dalla veste tutta trapunta d’oro.
Ad offrirla fu Poliàrchide, che molti e lauti guadagni

seppe trarre dalla formosità del suo corpo.
 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO IX - 604)
 

 

 

 
Il quadretto mostra la bella forma di Taumàreta: con arte
raffigurò la grazia altera della giovane dalle tenere ciglia.
La cagnolina di guardia alla casa scodinzolerebbe

al vederti, credendoti la sua padrona stessa.
 

 

 

(ANT. PALAT. LIBRO IX - 605)
 

 

 

 
Nel tempio della bionda Afrodite Callò dedicò questo quadro,
dall’effigie in tutto simile, da lei fatta dipingere.
Che composto atteggiarsi! E quale grazia la pervade!

Salve! Nulla la vita potrebbe rinfacciarti.

 

 

 

 

Locri Antica