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La
teoria del rimbalzo elastico
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La teoria che spiega questo fenomeno prende il nome di teoria
del rimbalzo elastico. Le rocce sono dotate di una certa
elasticità e assorbono le sollecitazioni per lunghi periodi di tempo;
quando viene superato il limite di elasticità tipico del materiale si ha
la frattura e la liberazione dell'energia accumulata sotto forma di onde
sismiche. Superato questo momento e tornato un equilibrio tra i blocchi
vicini le rocce ricominciano ad assorbire le sollecitazioni, preparandosi
ad un nuovo evento sismico.
Il terremoto ha origine in punto localizzato, di solito, all'interno
della crosta; tale punto prende il nome di ipocentro,
ed è localizzato a profondità che arrivano al massimo a circa 700 km.
Da questo punto si originano due tipi di onde, che velocemente raggiungono
la superficie. Il punto posto, in superficie, sulla verticale
dell'ipocentro prende il nome di epicentro
del terremoto, ed è attorno a questo punto che i danni prodotti dal
terremoto dovrebbero essere più gravi.
Le onde sismiche sono di tre tipi: P, S ed L. Le prime due partono
dall'ipocentro, le onde L dall'epicentro.
Le onde P (primae) sono di tipo
longitudinale e provocano deformazioni delle particelle parallelamente al
verso di propagazione, spostandole avanti e indietro rispetto al punto di
origine. Si propagano attraverso tutti i materiali, solidi, liquidi o gas.
Sono le onde più veloci (tra 5 e 14 km/s).
Le onde S (secundae) sono di tipo
trasversale e provocano deformazioni delle particelle trasversalmente al
verso di propagazione, e per questo motivo attraversano solo i materiali
allo stato solido. Sono più lente delle onde P (tra 3 e 7 km/s).
Le onde L (lunghe) sono superficiali e
provocano deformazioni rotatorie e ondulatorie delle particelle. Hanno una
velocità molto bassa (in media 3,5 km/s). Si propagano dall'epicentro in
modo simile alle onde provocate da un corpo gettato in acqua.
Il passaggio
delle onde sismiche viene raccolto da uno strumento, chiamato sismografo.
Questo strumento funziona sfruttando il principio d'inerzia. È
costituito da un basamento solidale al suolo sul quale è posto un
rotolo di carta per la registrazione; sospeso al un supporto fissato
alla base vi è una massa, cui è collegato un pennino scrivente. Al
passaggio delle onde sismiche la massa, a causa della sua inerzia
sta ferma, mentre la base e il foglio cominciano a muoversi. In
questo modo viene tracciato un diagramma, detto sismogramma.
Le onde sismiche giungono al sismogramma in
successione: per prime vengono registrate le onde P e dopo un certo
intervallo di tempo quelle S. Pe r ultime arrivano le onde L, che
sono quelle che determinano le maggiori oscillazioni del pennino sul
sismogramma.
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il sismografo "artigianale"
Qui a fianco è rappresentato un modello
"artigianale "di sismografo, realizzato da due allievi di
1a IPIA (anno 1999-2000).
Lo strumento, al passaggio delle onde, oscilla
lungo il piano orizzontale e registra, tramite il pennarello
appoggiato sul rullo di carta in movimento, la componente
orizzontale delle onde sismiche.
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Dalla lettura del sismogramma è possibile risalire alla distanza
dell'epicentro dallo strumento di registrazione; per poter risalire a
questa informazione occorre utilizzare dei diagrammi spazio-tempo su cui
siano tracciate delle curve chiamate dromocrone. Sull'asse x è riportata
la distanza dello strumento dall'epicentro, sull'asse y il tempo trascorso
dall'inizio del sisma.
Se l'intervallo tra l'arrivo delle onde P ed S è piccolo il terremoto
si sarà verivicata a breve distanza; all'aumentare di questo intervallo
aumenterà proporzionalmente anche la distanza dell'epicentro.
Per un intervallo di circa 8 minuti viene calcolata, in questo caso, una
distanza dall'epicentro minore ai 6000 km.
Utilizzando i dati registrati da tre sismografi differenti è possibile
risalire alla zona dell'epicentro. Su una carta geografica vengono
tracciate le tre circonferenze che hanno come centro le località in cui
si trovano i sismografi; le tre curve si incroceranno tra loro in un solo
punto che individua l'epicentro del terremoto.
Per catalogare i terremoti che avvengono ogni anno sulla superficie
terrestre sono utilizzate due scale, la Mercalli e la Richter. Sono due
modi completamente diversi di analizzare i fenomeni e danno informazioni
diverse. La scala Mercalli fu elaborata nel 1912 dal sismologo italiano
Giuseppe Mercalli e prende in considerazione i danni provocati dal
terremoto alle cose e alle persone. È suddivisa in dodici gradi di
intensità (I) diversa. La scala Richter, elaborata nel 1935 dal
sismologo statunitense Charles F. Richter, misura l'energia liberata
durante un terremoto; viene utilizzata la magnitudo (M), una
grandezza indirettamente collegata all'energia liberata basata su
osservazioni strumentali. Il terremoto più violento che si sia registrato
ha avuto una magnitudo vicina a 9, valore che viene considerato
attualmente il limite superiore della scala.
È difficile stabilire una
corrispondenza tra questi due modi di valutare un terremoto, soprattutto
perché l'intensità è misurata in base alla presenza di popolazione e
manufatti: terremoti disastrosi in zone scarsamente popolate o in regioni
oceaniche non verrebbero valutati in maniere adeguata.
Un tentativo di
affiancare le due scale per aree popolate e sviluppate potrebbe essere
questo:
Magnitudo (M) |
Intensità (I) |
5,4 |
6,5 |
6,1 |
7,5 |
6,8 |
8,5 |
7,5 |
10 |
8,2 |
11 |
8,9 |
12 |
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