I SANTI nel FOLKLORE ROVIGNESE

 
 

san Barnabì - San Barnaba, la cui festa ricorreva il 9 di giugno; San Barnabì, cheî uò samanadi li vaghi a vadì: San Barnaba, chi ha seminato vada a vedere l'esito (il raccolto), prov.; San Barnabì li sarieze uò el bibì: San Barnaba le ciliege hanno il verme, prov. 

san Bartulumeîo - San Bartolomeo, 24 agosto; Sa la ven da San Bartulumeîo, nu zì altro ca la mizaricuordia d'Ideîo: se fa brutto tempo il 24 di agosto, per il raccolto non c'e che da sperare nel buon Dio, proverbiale. Vi è anche una variante laica: Sa la ven da San Bartulumeîo, pietatela intul da dreîo... ovvero se piove il giorno di San Bartolomeo te la prendi in quel posto, prov. 

san Bastiàn - San Bastiano, ricorre il 20 gennaio. San Bastian deî: và a lavurà puorco: San Bastiano dice, vai a lavorare porco, prov.; San Bastian, cu la bora in man: san Bastiano, con la bora in mano, prov.; San Bastian, cu la viula in man: san Bastiano, con la viola in mano, proverbio assai antico antecedente alla riforma gregoriana che spostò la festività del santo dal 30 al 20 gennaio, visto che il 20 gennaio è ancora troppo presto perchè tale timido fiore faccia capolino. Comunque il detto è duro a morire tanto che nell'Agordino l'Anemone Hepatica viene detta tuttora Viola de san Bastian. Con maggior realismo a Portole vi è il seguente detto: Una volta se diseva: San Bastian, co la viola in man... andela ancuo a trovar la viola se xe bon, ovvero Una volta si diceva: San Bastiano con la viola in mano... andatela oggi a trovare la viola se ne siete capaci. 

san Cristùfo - San Cristoforo. Il santo noto nell'iconografia come portatore del Bambino Gesù, così come dice il suo stesso nome.Vedi il seguente canto devozionale popolare: 
 

San Cristufo grando e gruosso,
Ch'el purtiva el Signur nostro.
Signur nostro a la sintoûra;
Pardunansa, criatoûra.

Criatoûra biela e bona,
La tu veîta zì oûna duona;
Oûna duona de San Piiro,
Va sercando quisto e quilo.

San Cristoforo grande e grosso,
Che portava Nostro Signore.
Il Signore nostro alla cintura;
Perdono, bambinello.

Creatura bella e buona,
La tua vita è una donna;
Una donna di San Pietro,
Va cercando questo e quello.

san da libaràl escl. - invocazione, esclamazione, interiezione che vale l'italiano: mio Dio, gesummaria, mammamia, Dio ce ne scampi e liberi ecc.; San da libaral! a uò dà un creîco ca doûti i viri uò scantinà ca pariva ca duviso zeî in meîle tuochi: mammamia!! è caduto un fulmine così vicino che il botto ha fatto tremare tutti i vetri tanto che sembrava che dovessero andare in mille pezzi; San da libaral, dalibarinde da stu mal: Dio mio, liberaci da questo male! invocazione contro un possibile malanno o disgrazia incombente; Etim: questa tipica invocazione rovignese trova riscontro in Santa Liberata, che veniva invocata per esprimere un sollievo, la liberazione da un male qualsiasi; 

san Damiàn - San Damiano; 

san Dunà - San Donato, 7 agosto; San Dunà, el tenpo lu uò cuionà: San Donato, il tempo lo ha fregato, proverbiale. Pare che il 7 di agosto segni una brusca interruzione del bel tempo; 

san Fìli - San Felice; 

san Fransìsco - San Francesco, 4 ottobre; 

san Giacàmo - San Giacomo, 25 luglio; San Giacamo dei Maloni, cheî nu uò breîtula zì mincioni: san Giacomo dei meloni, chi non ha il coltello è un cretino, cioè era il tempo di raccogliere i meloni, e chi non ha il coltellino per tagliarli è... poco furbo, prov.; 

san Giuzièpe - San Giuseppe, 19 marzo; San Giuziepe, l'anguziel movo el bieche: cioè per san Giuseppe si possono pescare le aguglie grosse, prov.; 

san Griguòrio - San Gregorio, 12 marzo; San Griguorio papa, li rundule pasa l'aqua: San Gregoria papa, le rondini attraversano il mare, cioè il 12 marzo incominciano a tornare le rondini dal sud, prov.; 

san Grispeîn - San Crispino, 25 ottobre; San Grispeîn, la festa dei calighieri: san Crispino, festa dei calzolai, prov.; 

san Izièpo - San Giuseppe, vedi san Giuzièpe

san Loûca - San Luca, 18 ottobre; San Loûca, li nispule sa mangioûca: per San Luca si mangiano le nespole, prov.; 

san Macàrio - santo d'invenzione, costruito probabilmente sulla locuzione a màca, a sbafo, gratis. Vedi il proverbio: san Macario ga piaz a doûti, ovvero le cose gratuite o sbafare piace a tutti (in questo caso dall'espressione magnà a maca). 

san Màrco - San Marco, 25 aprile. Questa data veniva dai tempi di Venezia festeggiata a Rovigno con delle scampagnate fuori porta, ed i ragazzi facevano dono alle loro amate del buòculo, un bocciolo di rosa. La ricorrenza si legava con quella di San Giorgio, 24 aprile, co-patrono di Rovigno insiene a Sant'Eufemia. 

L'usanza di festeggiare San Marco venne mantenuta anche sotto l'Austria, ed in quella data, ancora per tutto l'ottocento, si avevano manifestazioni popolari a favore della Serenissima, al grido di: veîva San Màrco! veîva el liòn! Tanto è vero che nel 1830-31, dopo gli avvenimenti di luglio con le sommosse in Romagna, il governo austriaco soppresse temporaneamente tale festività e soprattutto proibì gli evviva a San Marco. Manifestazioni che si ripeterono nel turbolento 1848. In seguito, pur non essendo considerato giorno festivo, venne concesso benignamente ai lavoratori dell'i.r. Manifattura Tabacchi di Rovigno ed ai vari impiegati comunali di uscire mezza giornata prima. Attualmente la repubblica italiana vi festeggia la liberazione. Per noi esuli non ci resta che continuare a festeggiare il nostro buon vecchio San Marco, visto che le nostre terre vennero liberate dai tedeschi solo per essere occupate dai titini. A questo proposito riporto questa salace strofetta di satira politica, in veneto, che circolava nell'Istria nell'800: 
 
 

Co san Marco qua regnava,
se pranzava e se zenava;
coi Franzesi, bona gente,
pranzo sì, ma zena gnente;
co la casa de Lorena,
no se pranza e no se zena.
Quando san Marco qua regnava,
si pranzava e si cenava;
con i francesi, buona gente,
pranzo sì, ma cena niente;
con la casa di Lorena (Austria),
non si pranza e non si cena.

Poesiola invero un pò troppo benevola con i rapaci francesi ed un pò troppo severa con gli austriaci, evidentemente era nata nell'ambiente della borghesia filo-francese. E' interessante notare che questa estate scorsa (anno 1999) a Rovigno ho sentito la medesima strofetta con i riferimenti storici che da Venezia, Francia ed Austria erano stati aggiornati al Regno d'Italia, alla federazione Jugoslava ed alla Croazia di Tudjman lasciando invariato il resto della strofetta. 

San Marteîn - San Martino, 11 novembre; San Marteîn zì oûn bon cunpagno, i nu bivo si nu magno: San Martino è un buon compagno: non bevo se non mangio, prov. Era un santo particolarmente caro alla devozione popolare rovignese, qui riporto alcune strofe in suo onore: 
 
 

Oûna vuolta a gira oûn santo puvareîno,
A doûti quanti la carità el ghe dumandava;
El gira cusseî noûdo e tapinielo,
Crido che del gran frido loû tremava.

Ningoûn nu viva cunpassion de ilo,
Muolti baroni i lu bufonava;
Talgia la priopia vesta San Marteîno,
Mieza la ghe seîa data al puvereîno.

San Marteîn m'uò manda qua,
Ch'i me fì la carità;
Perchì anca loû, quando el 'nde aviva,
A doûti quanti el ghe la fiva.

Una volta c'era un povero cristiano,
A tutti quanti chiedeva la carità;
Era così nudo e meschinello,
Credo che dal gran freddo lui tremava.

Nessuno aveva compassione di lui.
Molti baroni (ricconi) lo sbeffeggiavano;
Taglia la propria veste San Martino,
Mezza sia data al poveretto.

San Martino mi ha mandato qua,
Che mi facciate la carità;
Perchè anche lui, quando ne aveva,
A tutti quanti la faceva.

san Mateîo - San Matteo, la cua festa ricorre il 21 di settembre; San Mateîo, cheî boûta in tiera spira in Deîo: San Matteo, chi semina spera in Dio, prov.; 

san Micièl - San Michele, 29 settembre; San Miciel, la marenda la và in sil: San Michele, la merenda va in cielo, cioè addio merenda, dato che per l'accorciarsi delle giornate si saltava di dar la tradizionale merenda ai lavoranti dei campi, com'era prassi nei mesi con più ore di sole, e quindi con le giornate lavorative più lunghe, vedi l'analogo proverbio italiano: Per san Luca la merenda è perduta o è nella buca. San Luca ricorre il 18 ottobre, da noi però le giornate accorciano prima per cui si è passati a San Michele; 

san Mudièsto - San Modesto. Secondo la tradizione popolare questo santo aveva il compito di trovar marito alle ragazze da partito, vedi anche il seguente proverbio: San Mudiesto, mandimelo priesto: San Modesto mandamelo presto (il marito), prov.; 

san Ninculuò - San Nicolò, 6 dicembre, da noi era la festa dei marinai: San Ninculuò da Bàri, la fèsta dei marinàri, infatti la fraglia o Confraternita dei pescatori si radunava nella chiesetta a lui dedicata tra Zutalateîna e I Squèri ed in suo onore facevano festa grande con spari di murtalìti

GdeA


A sinistra la chiesetta di S. Nicolò, sulla destra il Cine Roma

GdeA

San Nicolò però era per i bambini la festa principale, infatti era per noi come Babbo Natale, o santa Klaus, dato che i doni ai bambini venivano dati il 6 dicembre, che per i più consistevano in genere di cùche, narànse, mandareîni, feîghi dùlsi e magàra oûn tuòco da mandulàto. (noci, arance, mandarini, fichi dolci e magari un pezzo di torrone).Soltanto i figli dei siùri avevavo in dono qualche giocattolo, mentre per chi era stato cattivo, ricco o povero che fosse, non mancava il carbone anche se molto spesso si trattava di soûcaro nìro
GdeA


Statua di S. Nicolò santo amatissimo 
da 
"muriedi e pascaduri"
GdeA
san Paganin 1. il giorno di paga, usualmente il 27 del mese; 2. persona che paga sempre; 3. nel gioco della tombola il numero 27; 

san Palàio - San Pelagio; 

san Pàulo - San Paolo, 25 gennaio; Da li calenbre nu ma na incoûro, basta ca Paulo nu viegno a scoûro: delle calende non me ne curo, basta che il giorno di S. Paolo non venga scuro, non vi sia brutto tempo, proverbiale. Si traeva auspicio per i futuri dodici mesi dell'anno, dal tempo che avrebbe fatto in determinati giorni, o nelle due serie di 12 giorni antecedenti il 25 di gennaio, o nei dodici giorni antecedenti il Natale. Se però gli auspici erano infausti si ricorreva al giorno di S. Paolo a cui veniva data l'ultima parola, cosicchè era detto anche S. Paolo dei Segni, vedi anche il proverbio istriano: San Paolo dei segni: piova: epidemia; caligo: carestia. 

Sempre a tale proposito, ad attestare quanta fosse antica questa credenza, il Sanuto nei suoi Diari, alla data del 25 gennaio 1490 riporta il seguente detto in latino: 

Clara dies Pauli largas fruges indicat annui;
si nix vel pluvia, designat tempora cara;
si fuerint venti, designat proelia genti;
si fuerint nebulae, pereunt animalia quaeque.

Inoltre, sempre nel veneto, i giorni di gennaio antecedenti a San Paolo, erano detti "zorni endegari" ovvero "giorni indicari" dato che fornivano l'indicazione degli elementi di predizione del tempo futuro, però il 25 gennaio era sempre quello decisivo: 
 
 

No me curo de l'endegaro,
se'l dì de San Paolo
no xè nè scuro nè ciaro.
Non mi curo dell'endegaro,
se il giorno di San Paolo
non è nè scuro nè chiaro.

san Peîro - San Pietro, 29 giugno, vedi san Pìiro

san Peîro in Veîncula - San Pietro in Vincoli, la cui festa ricorre il 1^ agosto; San Peîro in Veîncula, biegna catà fora la zbreîncula: per San Pietro in Vincoli, cioè per il primo di agosto, occorre tirar fuori il ventaglio per il caldo afoso che incomincia a fare, prov.; 

san Pìiro - San Pietro, 29 giugno; San Piiro, deîzi senpro el viro: San Pietro, dice sempre il vero, proverbio che si dice per esempio quando dopo aver buttato a monte una partita, la ripetizione da sempre lo stesso risultato; Ara ca sa ciama Piiro: guarda che si chiama Pietro, (e quindi me lo devi tornare indietro); O doûti da San Pìiro o doûti da san Paulo: o tutti di san Pietro o tutti di San Paolo, tale detto proverbiale fa probabilmente riferimento ad un gioco dei fanciulli rovignesi detto panìti panìti. In tale gioco i ragazzi dovevano passare sotto l'arco formato dalle braccia di due giocatori che rappresentavano i due santi, che ogni volta catturavano l'ultimo della fila facendolo scegliere da che lato schierarsi con la frase: o da san Pìiro o da san Puòlo (S. Paolo). Vi è da dire che in tale gioco la schiera dei ragazzi che aveva scelto S. Pietro rappresentava quelli che vanno in paradiso e quella di S. Paolo quelli che vanno in inferno. Quindi il significato ultimo di tale proverbio dovrebbe essere che si finisce o tutti in paradiso o tutti in inferno; 

san Prùti - San Proto; 

san Sebastian - san Sebastiano; 
 

Rovigno - San Sebastiano e sante

san Sièrvolo - S. Servolo, noto per aver dato il nome a uno dei manicomi di Venezia, da cui il detto: I mati stà ben a San Siervolo: i matti stanno a San Servolo, prov.; 

san Simòn - San Simone, 28 ottobre; San Simon, squarso li vile e ronpo el timon: San Simone, squarcia le vele e rompe il timone, prov.; San Simon, oûna vuolta paron: San Simone, una volta per ciascuno, prov.; San Simon, dalibarime da stu ton, dalibarime da sta saìta, Santa Barbara banadeîta: San Simone, salvami dal tuono, salvami dal fulmine, Santa Barbara benedetta. Si tratta di un tipico scongiuro usato in caso di tempesta con tuoni e fulmini, prov.; 

san Sipriàn - San Cipriano; 

san Tumàn o san Tumà - San Tommaso; 

san Veîn - San Vito, 15 giugno; San Veîn, mandime oûn bon mareîn; San Mudiesto, mandimalo priesto; Santa Crisènsia, s'el zì cateîvo, c'abia pasiènsa (i fàgo sensa): san Vito, mandami un buon marito, San Modesto, mandamelo presto, Santa Crescenzia, se è cattivo che abbia pazienza (faccio sensa), prov.. E' significativa che questa terna di santi sia esattamente quella dei tre santi patroni della città di Fiume: San Vito, San Modesto e Santa Crescenzia... chissà forse qualche fanciulla rovignese andava nella città quarnerina a trovare marito! 

san Vinsènso - San Vincenzo, la cui festa ricorre il 22 di gennaio; San Vinsenso, gran friscoûra; San Lurenso, gran caldoûra, l'oûno e l'altro puoco doûra: San Vincenzo, grande freddo; San Lorenzo, grande caldo; tutti e due durano poco, proverbiale. Cioè sia il gran freddo del 22 gennio, che il gran caldo del 10 di agosto, hanno breve durata; 

san Zan o san Zuàne o san Zuvàne o san Zuàni - San Giovanni, 24 giugno. Anche a Rovigno la festa di San Giovanni aveva una sua valenza magica, almeno nelle credenze del popolino, infatti tale notte era indicata per compiere sortilegi, o cercar di sapere il futuro. In particolare a Rovigno come ci racconta il cronista Antonio Angelini, nella festa di San Giovanni Battista, la notte del 24 giugno, in particolare presso l'omonima chiesetta tenuta in Jus patronato dalla famiglia Angelini: "Una volta e sino all'epoca francese anche qui tutta la notte della vigilia di questo Santo si suonavano a festa le campane del Duomo, e si facevano baldorie di popolo, e dalle ragazze si giuocava in varie prove, non senza odor di superstizione, la ricca o povera condizione del loro futuro fidanzato: gioco che sebbene non più generalm.e usasi come una volta, pure tanto qui che in altri luoghi dell'Istria da talune si pratica". Una traccia di questa antica usanza è questa tradizionale strofetta istriana: 
 
 

San Giuvani Batista
Apostolo Evangelista
Protetor de le vedovele
Paron de le donzele
Vù che semenè per tuti
Semenè anca par mi
Che doman savarò
Chi sarà mio marì.
San Giovanni Battista
Apostolo Evangelista
Protettore delle vedovelle
Patrono delle fanciulle
Voi che seminate per tutti
Seminate anche per me
Che domani saprò
Chi sarà mio marito.

Un'altra tipica tradizione erano i fuochi di San Giovanni, che al solito avevono lo scopo di allontanare i cattivi influssi di questa notte particolare, uno dei punti nodali del calendario astrale: La nuoto da San Zuvane a sa bruzava faseîne da mangreîz: la notte di S. Giovanni si bruciavano fascine di elicrisi; 

san Zòrzi - San Giorgio, primo patrono di Rovigno, in seguito co-patrono con Sant'Eufemia, che lo ha un pò soppiantato nella devozione popolare. Dallo stemma del santo, croce rossa in campo bianco, come appunto la bandiera di Genova o dell'Inghilterra che lo hanno come patrono, deriva lo stemma e la bandiera di Rovigno, con però la variante che l'asse verticale della croce è leggermente obliqua, forse perchè ripreso da uno scudo convesso. La sua festa ricorre usualmente il 23 aprile, ma tradizionalmente a Rovigno veniva festeggiata il 24 aprile così da unirlo ai festeggiamenti per san Marco (25 aprile). In quei due giorni vi era l'uso di fare delle scampagnate fuori porta; 
 

Altare di San Giorgio nel Duomo di Rovigno

san Zoûsto - San Giusto, 2 novembre, protettore di Trieste; San Zoûsto, l'uoio zì doûto: per san Giusto, l'olio è tutto, prov.; 

sant'Antuògno - sant'Antonio (da Padova). Santo molto amato dal popolo rovignese e molti per devozione ne portavano la medaglietta al collo. El purtiva senpro al cuolo oûna cadaneîna da uoro cul sant'Antuogno ca ga viva rigalà su santula: portava sempre al collo una catenina d'oro con la medaglione raffigurante sant'Antonio che gli aveva regalato la sua madrina di battesimo; 

sant'Ileîa - Sant'Elia, a cui la devozione popolare attribuiva in particolare la facoltà di far piovere, per cui era particolarmente venerato dai contadini, che gli si rivolgevano con confidenziale venerazione quando da troppo tempo non pioveva: 
 

Sant'Ileîa, chi fivi ca nu piovo?
La gierba 'nde se sica, li pigure 'nde moro.
Sant'Elia, che fate che non piove?
L'erba ci si secca, le pecore ci muoiono;

sant'Ufièmia - Santa Eufemia, patrona di Rovigno insieme a san Giorgio. La santa viene festeggiata il 16 di settembre. - Par Sant'Ufiemia, scuminsia li vandime: al giorno di Sant'Eufemia iniziano le vendemmie, prov. A lei è dedicato il bel Duomo a Mònto che domina la città, bella costruzione settecentesca consacrata al culto il 26 settembre 1756, e dal cui campanile svetta la statua bronzea della santa quasi a vegliare su i suoi fedeli. La statua è cava e posta su perni girevoli, che allo spirare dei vari venti si muove fungendo per i pescatori da... santa banderuola segnavento. Oltre che dai rovignesi, la santa era molto venerata in tutta l'Istria, 
soprattutto dagli slavi delle campagne. Per Sant'Eufemia si teneva anche una grande fiera che richiamava gente da tutta l'Istria, e che culminava con la processione dietro il corpo imbalsamato della santa. 
 
 

Processionale di una Confraternita rovignese

 sànta Barbàra - Santa Barbara, la cui festa ricorre il 4 dicembre, protettrice delle persone che rischiano la vita con gli esplosivi, e a Rovigno invocata anche in caso di tempeste per proteggersi in particolare dai fulmini: 
 

Santa Barbara e San Simon, dalibarende da stu ton,
Dalibarende da sta saìta, Santa Barbara banadìta.
Santa Barbara e San Simone, liberateci da questo tuono,
Liberateci da questa saetta, Santa Barbara benedetta.

Vedi anche l'analogo proverbio italiano: 

Santa Barbara benedetta, liberaci dal tuono e dalla saetta
Gezù Nazareno, liberaci dal tuono e dal baleno.

sànta Bibiàna - santa Bibiana, 2 dicembre; Sa piovo el deî da Santa Bibiana, piovo quaranta deî e oûna satamana: se piove il giorno di santa Bibiana, piove per quaranta giorni ed una settimana, oppure: Sa piovo el deî da Santa Bibiana, piovo quaranta deî e oûna satamana par oûna su zarmana

santa Catareîna - Santa Caterina, 25 novembre; Santa Catareîna, el giaso par mareîna: Santa Caterina, il ghiaccio in marina, cioè il 25 novembre faceva talmente freddo... da ghiacciare anche la marina, prov. Riporto qui di seguito una giaculatoria devozionale rovignese sulla santa: 
 
 

Vuojo cantà oûna nuobile dutreîna,
D'oûna devuota Santa Catareîna:
E puovara, urfaniela, pichineîna,
Zì stada sensa pare e sensa mare,
Sensa ningoûn de lo su parentado.
Li pagani la fise dumandare:
"Catareîna, te voûsto maridare?"
"Nu me mareîdo nè cun toûrchi nè cun pagani,

Nemieno cun fidij boni cristiani;
Vuoi iessi spoûza del filgiol d'Ideîo.
Devuota de la Virgine Mareîa..."
Quando che li pagani sento quisto,
Fise pilgià la biela Catareîna;
La fise meti in la scoûra prigione,
Duve che stansia i serpi e li dragoni.
A cao a siete ani e siete giuorni,
Zemo a vidi la biela Catareîna;
Si la zì muorta, scuven la prigione,
Si la zì veîva, la lassaremo stare.
La zì pioûn bianca che la nìo e 'l lato,
Pioûn frisca de la ruza in su la speîna;
Pioûn zguarda che lo el sango de dragone,
Catareîna zì muorta in urasione.

Voglio cantare una nobile dottrina,
Di una devota Santa Caterina:
E povera, orfanella, piccolina,
E' rimasta senza padre e senza madre,
Senza nessun del suo parentado.
I pagani le chiesero:
"Caterina, ti vuoi sposare?"
"Non mi sposo nè con turchi, nè con pagani,

Nemmeno con dei fidi e buoni cristiani;
Voglio esser sposa del figliolo d'Iddio.
Devota della Vergine Maria..."
Quando i pagani sentono questo,
Fecero prendere la bella Caterina;
La fecero mettere nell'oscura prigione.
Dove stanno serpenti e dragoni,
Dopo sette anni e sette giorni,
Andiamo a vedere la bella Caterina;
Se è morta, ripuliamo la prigione,
Se è viva, la lasciamo andare.
Lei è più bianca della neve o del latte,
Più fresca della rosa sul roseto;
Più sgargiante che il sangue del dragone
Caterina è morta in orazione.

sànta Fièmia - uno dei tanti modi di scrivere il nome della nostra cara patrona Sant'Eufemia. 

sànta Fùsca - Santa Fosca, 13 febbraio; Santa Fusca, la ronpo el giaso cu la ruca: Santa Fosca, rompe il ghiaccio con la roncola, ovvero il 13 di febbraio incomincia oramai a sgelare, prov.; 

sànta Làura - modo scherzoso per indicare il giorno lavorativo, chiaramente per l'assonanaza del nome Laura con il termine rovignese laùr, lavoro; Nu puoi fà masa tardi parchì duman a zì santa Laura: non posso fare troppo tardi perchè domani è un giorno lavorativo, ho da lavorare; 

sànta Luseîa - Santa Lucia, la cui festa ricorre il 13 dicembre; Santa Luseîa, el pioûn peîcio deî ca seîa: Santa Lucia, è il più piccolo dì che ci sia. Proverbio assai antico, antecedente alla riforma gregoriana del 1582, in cui il solstizio d'inverno venne fissato il 21 dicembre. Secondo i calcoli daterebbe tra il 1325 ed il 1350, periodo in cui il solstizio d'inverno cadeva appunto il 13 di dicembre. 

sànta Mandalèna - Santa Maddalena, la cui festa ricorre il 22 di luglio; La Mandalena, la nuziela piena: al giorno di santa Maddalena le nocciole sono mature, prov.; Riporto qui una giaculatoria devozionale dedicata alla santa: 
 

Vuojo cantà na biela urasione,
Li parte de Mareîa Mandalena
Quando su pare gira per mureîre,
El gà lassiato oûn biel castielo d'uoro,
Oûn biel castielo d'uoro e anche d'arzento.

Mareîa Mandalena in nel castielo,
La vido el bon Gizoû che loûi passava;
De la verguogna la se teîra indrento.
El bon Simon che deîze: Chi zì quila?
"Mareîa Mandalena pecatreîse."
E la se meto a pianzi e lagremare,
De lagreme la fiva oûna funtana,
Per lavaghe li piedi a nostro Signure.
La nu truva nè manto nè tuvaja,
Per sugaghe li piedi al nostro Signure,
Cu li bionde drisse la li sughiva.
"Meî volgio fà oûna granda pinitensia."
"Chi pinitensia voûstu Mandalena?"
"Int'oûna scoûra gruota meî andareîa.
Nè puorte nè finiestre che nun seîa."
"Duve ti durmiravi, o Mandalena?"
"Soûn quila noûda tiera i durmireîa."
"Cuossa ti mangereîa, o Mandalena?"
"De quila croûda gierba i mangereîa."
"Cuossa ti bevareîa, o Mandalena?"
"Oûn può de aqua salsa i bevareîa."
Fineîta zì l'urasion di Mandalena,
Int'oûna scoûra gruota la stansiava.

Voglio cantare una bella orazione,
Che parla di Maria Maddalena.
Quando suo padre stava per morire,
Le lasciò un bel castello d'oro,
Un bel castello d'oro ed anche d'argento.

Maria Maddalena nel castello,
Vede il buon Gesù passare;
Di vergogna si tira indietro.
Il buon Simone le dice: chi è quella?
"Maria Maddalena peccatrice."
E lei si mette a piangere e lacrimare,
Di lacrima faceva una fontana,
Per lavare i piedi a nostro Signore.
Non trova nè manto nè tovaglia,
Per asciugare i piedi al nostro Signore,
Con le bionde trecce lei li asciugava.
"Io voglio fare una grande penitenza"
"Che penitenza vuoi fare Maddalena?"
"In una grotta oscura io andrei.
Che non abbia nè porte nè finestre."
"Dove dormiresti, o Maddalena?"
"Su quella nuda terra io dormirei"
"Cosa mangeresti, o Maddalena?"
"Di quell'erba cruda io mangerei."
"Cosa berresti, o Maddalena?"
"Un pò d'acqua salsa io berrei."
Finita è l'orazione di Maddalena,
In una grotta oscura lei dimorava.

sànta Preîta - Santa Brigida; 

sant'Ana - Sant'Anna; 

santàna s.f. - fame, fame intensa; El uò santana: è morto di fame; Etim.: nel triestino: "Bater sior'Ana", ha identico significato, ma vi è nel triestino anche l'espressione "Andar a santa Ana", che vuol dire morire, finire al cimitero, dato che a tale santa era dedicato il Camposanto di Trieste, significato questo che naturalmente non esiste in rovignese. Il comune significato di fame si deve al fatto che sant'Anna è la patrona dei poveri; 

sànto s.m. e agg. - santo; Cu i santi sa movo, da sigoûro a piovo: quando i santi si muovono certamente pioverà, prov.;  Par zeî zù, doûti i santi giuta, par zeî soûn, oûn sul: ad andare giù tutti i santi aiutano, per andare sù, soltanto uno, prov.; A nu sa vol cridi al santo, sa nu sa vido el miraculo: non si vuole credere al santo se non si vede il miracolo, prov.; Par i santi teîra fora i guanti: per la festa di tutti i santi, primi di novembre, tira fuori i guanti, cioè preparati per l'inverno, prov.; Ca santo sa fistigia ancuo?: che santo viene festeggiato oggi?. Riporto qui un elenco di sante, una sorta di giaculatoria popolare in cui, stranamente, manca la patrona di Rovigno: 
 
 

Mareîa Giacuobe, Aghita, Luseîa,
Agnize, la biata Catareîna;
Sant'Ana, che foû madre de Mareîa,
E nuona de la Maistà diveîna.
Ciara, Puluonia, Ruza, Nastazeîa;
Barbara, Durutièa, Flavia, Cristeîna,
E Ursula cu li cunpagne sante,
Che per Creîsto muriva doûte quante.
Maria (di) Giacobbe, Agata, Lucia,
Agnese, la beata Caterina;
Sant'Anna, che fu madre di Maria,
E nonna della Maestà divina.
Chiara, Appollonia, Rosa, Anastasia;
Barbara, Dorotea, Flavia, Cristina,
Ed Orsola con le compagne sante,
Che per Cristo morivano tutte quante.

 Etim.: dal lat. Sanctus; 

Sàntu Stièfano - Santo Stefano, la cui festa ricorre il 26 dicembre; A Santu Stiefano, preîmo giuorno da frido, i viendi ziro gradi. La brizeîna la viva cuvierto i tieti e li canpagne ca pariva ca fuoso caioûda la nio: a San Stefano, primo giorno di freddo, avevamo zero gradi. La brina aveva ricoperto i tetti e le campagne che sembrava che fosse caduta la neve; 
 
 
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