Le necropoli

Palesemente diversi a seconda del periodo, i rituali fenici e punici variarono in modo abbastanza sensibile anche per quanto riguarda sia le modalità del rito stesso, sia per quanto concerne la tipologia delle tombe. Tali variazioni sono percepibili anche in insediamenti tra lo­ro contemporanei e arealmente prossimi. Nei centri fe­nici della costa siro-palestinese, soprattutto in epoca ar­caica, la pratica funeraria più corrente fu quella dell'in­cinerazione, che implicava cioè la combustione del cor­po del defunto, ma non mancano nello stesso periodo esempi anche numericamente cospicui di inumazioni, cioè il seppellimento delle spoglie.

Nei centri di Occidente, sempre in epoca arcaica, prevalse invece in modo quasi totale la pratica dell'inci­nerazione, ad esclusione dell'area di Cartagine, ove, forse in relazione alla componente etnica cipriota che aveva partecipato alla fondazione della città, era soprat­tutto in uso, ma non esclusiva, l'inumazione. Nelle città occidentali di Sicilia, Sardegna e Spagna, in seguito alla loro conquista da parte di Cartagine e alla conseguente immissione massiccia di nuovi abitanti dalle province nord-africane, fin dalla fine del VI sec. a.C. ebbe inizio la consuetudine di inumare i defunti.

Il rito dell'incinerazione implicava il preventivo la­vaggio del defunto che in seguito veniva unto con olio profumato; quindi il corpo veniva composto su una ca­tasta di legna e veniva bruciato assieme ai suoi arredi personali. A rogo ultimato, i resti ossei venivano raccol­ti e deposti in una fossa o una cista assieme ai vasi rituali utilizzati in precedenza. La sistemazione definitiva dei resti era generalmente in fosse o in ciste singole, ma, seppure non frequenti, si conoscono casi di deposizioni plurime in locali sotterranei.

Le modalità rituali preliminari del seppellimento de­gli inumati erano sostanzialmente simili a quelle degli in­cinerati, mentre i tipi delle sepolture variarono in modo anche sensibile a seconda della morfologia geologica dei luoghi ove fu possibile stabilire le necropoli ai margini dei centri abitati. Ove il banco roccioso lo permise furo­no scavate camere sotterranee, talvolta a profondità su­periori ai venti metri, alle quali si accedeva tramite pozzi o corridoi gradinati. L'ampiezza di questi vani sotterra­nei, adibiti probabilmente a tombe di famiglia, dipese dalla consistenza della roccia. Dove questa era partico-larmente dura e compatta o non era reperibile nelle im­mediate vicinanze dell'abitato, furono usate tombe so­prattutto singole e prevalentemente costruite, quali, ad esempio, le tombe a cassone o i sarcofagi. Per i bambi­ni, infine, furono utilizzate soprattutto sepolture all'in­terno di anfore da trasposto.

 

 

 

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