Artemisia Gentileschi Giuditta che decapita Oloferne (Roma, 1612
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Artemisia
Nasce a Roma, quale primogenita del pittore Orazio Gentileschi nel 1593.
Sin da piccola si rivela l'unica, tra i figli di Orazio, a essere dotata
di talento: già nel 1609 esprime la sua abilità ritraendo l'amica Tuzia
insieme al figlio.
Nel 1612 si svolge il clamoroso processo
intentato dal padre Orazio Gentileschi contro il collega Agostino Tassi,
accusato di stupro nei confronti della figlia. Artemisia, dopo aver subito
plurime visite ginecologiche pubbliche, siccome non viene creduta è
sottoposta alla tortura dello schiacciamento dei pollici per indurla a
confessare la verità. Malgrado queste umiliazioni non ritratta la sua
deposizione. Il processo dura cinque mesi e termina con una lieve condanna
del Tassi. (La Gentileschi è ricordata più spesso come emblema e modello
storico da citare in relazione a questo processo, invece che per le sue
eccezionali capacità artistiche).
Un mese dopo la fine del processo
Artemisia, insieme al marito Pietro Antonio di Vincenzo Stiattesi, sposato
nel novembre del 1612, si trasferisce a Firenze dove viene introdotta alla
corte del granduca Cosimo II. Il successo è immediato, inizia a ottenere
lavori su commissione.
Il periodo fiorentino riserva all'artista molte soddisfazioni dal punto di
vista professionale, ma è meno fortunato nella sua vita privata:
Artemisia e il marito si lasciano poco dopo il loro trasferimento e subito
torna Roma dove vivrà un periodo molto felice dal punto di vista
artistico.Tra il 1625 e il 1630 è quasi sicuramente a Venezia. Nel 1630
è a Napoli. Nel 1637 giunge alla corte di Carlo I d'Inghilterra. Dopo la
morte del padre Orazio, avvenuta nel 1639, torna in Italia. Muore qualche
anno più tardi, stanca e dimenticata. |