Islam, capire per accogliere

I vescovi dell'Emilia-Romagna: ecco le differenze col cristianesimo
Le conversioni nascono dal vuoto di senso Il cristiano non può esserne tentato

Avvenire - Sabato 16 dicembre 2000


(S. And.) «Islam e cristianesimo». Così si intitola il testo predisposto dalla Conferenza episcopale dell'Emilia-Romagna (da ieri in libreria per i tipi dell'Edb a L.2000), redatto da don Davide Righi dello Studio teologico accademico bolognese. Il documento, preceduto da una presentazione firmata dai vescovi e dagli arcivescovi della regione (che qui integralmente pubblichiamo), giunge a qualche mese di distanza dal duplice intervento sull'immigrazione del cardinale Giacomo Biffi (che sul tema ha sollevato un dibattito senza precedenti). Scorrendo l'indice dell'agile volumetto che si rivolge ai parroci, ai diaconi, ai credenti ma anche ai responsabili della vita pubblica italiana, si trovano capitoli dedicati ai rapporti storici tra islam e cristianesimo, alle differenze sostanziali sul piano teologico, a quelle relative alla concezione di comunità e persona, all'idea di Stato e di laicità. I due capitoli conclusivi si soffermano sulla situazione attuale e sulle prospettive future. Sotto il profilo dei rapporti tra comunità ecclesiali e immigrazione don Righi annota: «Di fronte all'ottemperamento di pratiche assistenziali che con altre comunità di immigrati portano a una progressiva integrazione sociale, con le comunità di musulmani ci stiamo trovando di fronte a gruppi sociali che non hanno nessuna intenzione di "integrarsi" nel sistema sociale italiano in quanto non ne condividono la "cultura" intesa in senso proprio, essendo portatori di un'altra cultura-religione: l'islam». In questa situazione è emersa sempre più, prosegue il testo, «la debolezza delle comunità ecclesiali» ma anche si registra un'istruzione «che in Italia è stata gestita in gran parte da forze anti-clericali che hanno potuto pianificare la loro istruzione anti-cattolica». Quali indicazioni per la catechesi? Suggerisce l'autore: «Ritengo opportuno che nella catechesi si debbano mettere in luce i tratti caratteristici di un'identità cattolica, anche in contrapposizione esplicita alla fede islamica, qualora se ne ravvisasse la necessità». La strada indicata per un corretto rapporto tra comunità diverse parte dall'auspicio che «conseguentemente alla pratica del digiuno e della preghiera praticati da questi gruppi di immigrati, i cristiani riscoprano le loro tradizioni: la domenica; la quaresima; la penitenza e l'astinenza dalla carne il venerdì». Don Righi non nasconde poi i rischi di un interesse superficiale dei cristiani per l'islam. «È totalmente insufficiente la conferenza al circolo culturale o nella sala parrocchiale. Queste iniziative rimangono incomplete se mirano solo a informare, mentre invece dovrebbero essere incontri nei quali si fa risaltare tutta la bellezza dell'identità cattolica». Un'ultima raccomandazione riguarda l'attivismo islamico a livello accademico. «Penso sia necessario - conclude don Righi - che si formino, in ogni regione pastorale, alcune persone competenti che, studiando la tradizione islamica in maniera non superficiale, possano già oggi, ma soprattutto domani, essere valide controparti in ambito accademico».