DELIBERA DI ARCHIVIAZIONE DELL'ESPOSTO

 

ORDINE DEI GIORNALISTI

CONSIGLIO REGIONALE DELLA TOSCANA

PROT. 477

Firenze 19 maggio 1999

RIUNIONE DI CONSIGLIO DEL 18 MAGGIO 1999

Inviata a:

Sig.a Sandra Cecchi

Dr. Arrigo Muscio

Al procuratore Generale della Corte di Appello di Firenze

Al Consiglio Nazionale dell’ordine dei Giornalisti-Roma

Dott. Franco Abruzzo-Presidente Ordine dei giornalisti della Lombardia

Dott. Bruno Tucci-Presidente Ordine dei Giornalisti del Lazio-Molise

Il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Toscana, riunito in data 18 maggio 1999, visto l’esposto inviato il 27 dicembre 1998 dal presidente dell’Associazione Genitori Cattolici di Brescia, dott. Arrigo Muscio, al Consiglio Nazionale dell’ordine dei Giornalisti, all’Ordine dei Giornalisti del Lazio e Molise e all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e da quest’ultimo trasmesso il 4 gennaio 1999 all’Ordine della Toscana, in quanto riguardante la giornalista professionista Sandra Cecchi ad esso iscritta perché residente a …………..;

esaminato l’esposto medesimo;

sentito il proprio presidente Ottavio Matteini, incaricato dal Consiglio in data 20 gennaio 1999 di compiere i preliminari accertamenti sui fatti denunciati nell’esposto, e visto il suo parere depositato in data 16 aprile 1999;

vista la legge n. 69 del 3/2/1963;

vista la legge n. 241 del 7/8/1990;

visto il regolamento attuativo in materia di provvedimenti disciplinari adottato dal Consiglio dell’Ordine in data 21/11/1995;

delibera

l’archiviazione dell’esposto per i seguenti motivi.

L’esponente dottor Arrigo Muscio, presidente dell’Associazione Genitori Cattolici di Brescia, lamentando che un articolo a firma Sandra Cecchi – pubblicato nel supplemento "Web" del settimanale "panorama" n. 51-52 del 27 dicembre 1998 con il titolo "Siti caldissimi, anzi bollenti" – indicava alcuni indirizzi di siti Internet di evidente natura pornografica corredandoli di "minuziose informazioni hard", chiedeva all’Ordine dei Giornalisti di valutare il comportamento deontologico della giornalista "alla luce dell’art. 48 della legge n. 69/1963 e/o di altre norme non citate", visto che la rivista "Panorama" non è vietata ai minori e quindi accessibile a tutti.

Che l’articolo della Cecchi possa essere considerato penalmente censurabile (se lo fosse, ciò comporterebbe inevitabilmente anche risvolti di carattere disciplinare) è, secondo il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Toscana, da escludere. L’art. 528 del codice penale, al terzo comma, prevede una pena per chi "adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio" di oggetti osceni. In merito occorre osservare che anche un articolo giornalistico può astrattamente configurarsi come "mezzo di pubblicità atto a favorire…" poiché, pur non essendo pubblicità in senso commerciale, ciò che la norma pone in evidenza è la mera "idoneità" oggettiva del "mezzo" a favorire la circolazione di un oggetto osceno, non la sua specifica finalità.

La giurisprudenza di legittimità (vedi sentenze Cass. N. 18/92, Cass. S.U. n. 5/95, Cass. S.U. n. 7/95) sottolinea, tuttavia, come l’ "osceno" diventi penalmente rilevante solo quando, senza alcuna "cautela" o accorgimento volto a garantire la "riservatezza", viene portato all’attenzione del pubblico indiscriminatamente, così da offendere il comune senso del pudore. In questo caso (ed è anche il motivo per cui la diffusione su Internet di immagini "hard" non potrà forse mai configurarsi come reato) l’osceno viene proposto su un supporto (la rete Internet, appunto) che comporta una serie di atti (collegamento alla rete attraverso convenzioni con un "server", digitazione di una serie di comandi volti a realizzare il collegamento con un sito, ecc.) in cui è essenziale e inevitabile una precisa "scelta" dell’operatore, che "volontariamente" e "inequivocabilmente" cerca un determinato prodotto. In questo si può ravvisare una "cautela" e una garanzia di riservatezza persino più mirata ed efficace di quella offerta dal mezzo televisivo, in cui le cautele adottate si limitano, in alcuni casi, alla sola diffusione "notturna". Con la televisione è possibile, infatti, imbattersi casualmente in immagini oscene. In Internet la "causalità" è radicalmente esclusa.

Messa dunque da parte l’ipotesi del reato, restava da vedere se l’articolo della Cecchi violasse i canoni tradizionali della professione giornalistica e fosse quindi passibile di sanzione disciplinare.

Sentenze della magistratura pongono al diritto di cronaca almeno tre condizioni: 1) che il fatto riportato sia vero; 2) che sia di interesse pubblico o di utilità sociale; 3) che sia riferito senza inutili eccessi o aggressioni all’integrità morale di ogni persona della quale occorre rispettare dignità, decoro, riservatezza.

Sul primo punto, non c’è dubbio che quanto riferisce la giornalista è vero. Quanto al secondo, si può osservare che essendo il fenomeno Internet (con i suoi pregi, difetti e pericoli) di proporzioni mondiali, esso è senza dubbio materia che deve essere portata all’attenzione del pubblico, nel bene e bel male, ed è pertanto un sicuro oggetto del diritto di informazione, di cronaca e di critica. Sul terzo punto, il Consiglio ritiene che sarebbe stato più opportuno una terminologica meno "colorita" e particolari hard meno minuziosi (come rileva l’esponente); tuttavia il contesto appare in sostanza di continente e corretta espressione, prendendo anche le distanze da decisioni o opinioni che ritengono incensurabile o esplicitamente lecita la fruibilità dei siti "hard" da parte dei minori.

La menzione diretta dell’indirizzo dei siti non deve, poi, generare un equivoco. Essa si può giustificare con la "completezza" dell’informazione e non può essere realmente ritenuta elemento di "facilitazione" nella ricerca. Infatti non esiste persona dotata delle più elementari conoscenze per accedere a Internet che non sia attualmente capace (sebbene, come detto, del tutto "intenzionalmente") di reperire sulla rete qualsiasi tipologia di sito. Si può quindi affermare che l’indicazione dell’indirizzo "Web" nulla aggiunge e nulla toglie alla possibilità di reperire, volendolo, siti di qualsiasi genere.

Dell’articolo della Cecchi l’esponente coglie solo la pretesa "pericolosità" per i minori. Ma forse si potrebbe persino sostenere che sarebbe più pericoloso non informare l’opinione pubblica (e in particolare chi, per legge, deve esercitare il controllo sull’educazione dei minori) di quale tipologia di immagini un minore abbandonato a se steso potrebbe volutamente rendersi fruitore. Fornendo agli educatori anche gli specifici indirizzi, essi potranno rendersi conto di persona, valutare e "prevenire".

Per tali ragioni – e valutate anche quelle esposte in una memoria difensiva presentata dalla giornalista Sandra Cecchi – questo consiglio ritiene, pur considerando la peculiare delicatezza del caso con tutti i suoi possibili risvolti, che l’esposto debba essere archiviato.

La presente delibera, depositata presso la segreteria dell’ordine, sarà notificata all’interessata, all’esponente e al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Firenze.

In ossequio all’Art. 3 quarto comma della legge n. 241/1990 si comunica che contro il provvedimento può essere proposto ricorso al Consiglio nazionale dell’ordine dei Giornalisti nel termine di 3° giorni decorrenti dalla notificazione, così come disposto dall’Art. 60 delle legge n. 69/1963.

Firenze 18/5/1999

Il segretario

Raffaele Giberti

Il presidente

Dr. Ottavio Matteini