LA MADONNA DELLA CORONA

In quel di Spiazzi (Verona) esiste il santuario più ardito d’Italia. Il Santuario della Madonna della Corona è incastonato nel duro macigno lungo una parete rocciosa di proporzioni impressionanti. Si trova a m. 774 s.l.m. ed è fondato su un balcone naturale che sovrasta la Val d’Adige.

Il Santuario dell’Addolorata, che sotto il nome di Madonna della Corona sorge sul Monte Baldo, in Diocesi di Verona, fu detto della "corona" perché il luogo era anticamente chiamato "la Corona", "da quei monti che in giro piegando, formano intorno una corona".

E’ un santuario ricchissimo di grazie che nel corso dei secoli la Madonna ha elargito ai suoi devoti: a coloro cioè che l’hanno pregata ed invocata con fede vera, semplice e sincera, non inquinata da strampalate teologie di ispirazione diabolica che cercano di annullare il soprannaturale a favore di un vuoto razionalismo. Come ci ricorda nei suoi messaggi, la Madonna non cerca "i sapienti di questo mondo", ma "figli" che pregano (soprattutto il Rosario), vivono e diffondono la Parola di Dio ed i suoi messaggi che instancabilmente ripete nel corso delle sue apparizioni principali.

Tutti, storici, cronisti, divulgatori, convengono nell’affermare che il Santuario è sorto per venerare quel simulacro della Madonna Addolorata che vi si onora. Solo dopo la sua comparsa si inizia una vera storia del Santuario, con racconti di prodigi e di grazie straordinarie. Da quando la statua della Madonna là fu posta, da allora il Santuario acquista un interesse speciale, si narra di grazie ottenute, di schiere di devoti che vi accorrono, anche da lontano; non solo, ma dell’attenzione di autorità religiose, che vi si recano a visitarlo. Nella descrizione fatta da Elena da Persico così viene riferito: "In una notte del giugno 1522 una luce misteriosa illuminò le selve, che coprivano le balze orientali del monte Baldo, in quella insenatura rocciosa, che scende a picco sin quasi all’Adige e guarda i monti sorgenti sull’altra riva del fiume. Così intensa e viva era quella luce che i terrazzani dei dintorni ne furono colpiti ed accorsero sui cigli della roccia per vederne la causa. Ma da lassù nulla si poteva scorgere, eccetto la meravigliosa luce. Allora i più animosi per mezzo di funi si fecero calare giù al centro di quegli splendori, sopra un brevissimo spiazzo a mezza roccia, scorsero la statua pietosa di Maria col Figlio morto sulle ginocchia. La notizia si diffuse subito in tutti i dintorni e fu un accorrere di quella brava gente a venerare la statua miracolosa. Ma il luogo ove essa si trovava era troppo inaccessibile, ed allora si pensò di portarla su alla contrada Spiazzi, composta di poche case al sommo delle rocce. Superando grandi difficoltà, si riuscì nell’impresa. L’immagine preziosa e venerata fu tratta a forza di argani al sommo del monte. Venne improvvisata una processione, cui presero parte moltissimi accorsi dai paesi intorno, e la statua in mezzo ai canti di letizia e agli osanna, fu collocata sopra un altare in una cappellina di legno, che era stata in fretta costruita. Ma il giorno seguente, quando i devoti accorsero per venerarla di nuovo, la statua non c’era più! Fu un dolore indicibile. Supponendo un furto, si cercò nelle case, negli antri delle rocce, nelle fratte dei boschi. Inutilmente. Finalmente alcuni pensarono di guardare sullo spiazzo roccioso, donde era stata tolta. Ella era infatti là. Ed allora quegli uomini semplici rinnovarono la fatica del giorno prima e scesero di nuovo a prendersi il prezioso tesoro per riportarlo nel luogo ove gli avevano eretto un altare per prestargli il culto. Ma non era quello il posto scelto da Maria.

L’Addolorata voleva l’austera crudezza della roccia ferrigna e nuda che scende a picco, senza sorrisi e senza dolcezze, sotto uno stretto lembo di cielo limitato per ogni lato dalle rocce. E per la seconda volta Ella sparì dalla Cappellina di legno, e per la seconda volta fu ritrovata sul breve spiazzo roccioso.

Allora si venne nella decisione di costruire lì una chiesuola. Vi era sempre però la grande difficoltà per i devoti di andarvi. Unico mezzo rimase per circa venti anni, calarsi giù dalle rocce con le funi dell’argano, mezzo impossibile per molti e pericoloso per tutti. Si pensò allora ad una strada. Ma come farla sulla nuda roccia? Questa era affatto impraticabile. Meno difficile era scendere dal dosso, che si protende al lato meridionale del luogo ove era la statua e diviso da esso da un vallone pietroso, che dal sommo del monte lo solca a picco fin giù al piano dell’Adige. In questo dosso le rocce sono interrotte da tratti boscosi curvantisi qua e là al dorso di mulo ed offerenti appigli al viandante....Di lì scesero i più animosi finché poterono scorgere la statua di fronte a loro sulla parete rocciosa a picco. Ma passare di lì non v’era nemmeno di tentarlo, perché impossibile inerpicarsi al di là di esso sulla roccia nuda. Perciò i più animosi si scoraggiarono e solo nella preghiera a Maria, che scoprisse il modo di arrivare a Lei, posero la propria fiducia. E Maria li aiutò. Narrano gli storici sopracitati che nella notte dal duro macigno sorse un grande albero, che si piegava sopra la voragine fin all’opposta roccia, ed allargava così i rami poderosi da potersi sopra di essi gettare comodamente un ponte. Quell’albero, che sosteneva un ponte, fu notato anche da un naturalista del secolo XVI, Giovanni Pona.....A tale albero le popolazioni ascrivevano virtù miracolose chiamando "l’albero della Madonna"; perciò i numerosi pellegrini andavano a gara per asportarne pezzettini da conservare come reliquie nelle case e usarne per gli ammalati spediti dai medici. Ed a forza di tagliare pezzettini, si capisce cosa avvenne: un secolo dopo l’albero non v’era più. Solo se ne conservò una piccola reliquia, che ancora si può vedere nel tesoro del Santuario; al luogo poi del ponte di legno se ne costruisse uno di pietra".

Se meditiamo sul racconto dell’apparizione non possiamo ignorare la fede intensa ed attiva che possedevano gli abitanti del posto, grazie alla quale oggi possiamo recarci in tale luogo di innumerevoli grazie. Le stesse autorità religiose del tempo (es. il Vescovo di Verona, Marco Corner) accettarono con entusiasmo il santuario. Atteggiamento ben diverso da quello di molte autorità religiose attuali che spesso avversano le apparizioni mariane (es. Medjugorje) o, nel caso della statua della Madonna di Civitavecchia che ha pianto sangue, accettano con totale indifferenza, con l’eccezione di Mons. Grillo, il sequestro della stessa ad opera di autorità civili. Da tenere presente che queste ultime sono state invece oggetto di un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura ed al Ministero di Grazia e Giustizia per ipotesi di violazione del Concordato ad opera della nostra Associazione.

Ai nostri giorni, grazie a Dio, la strada per raggiungere il Santuario è asfaltata ed un pulmino trasporta i fedeli, soprattutto anziani o ammalati, che per ovvi motivi non ritengono di scendere a piedi. E’ ovviamente inibito l’accesso alle auto private per evitare problemi di traffico. La passeggiata è comunque salutare in quanto consente di poter pregare il Santo Rosario mentre si gusta lo stupendo panorama.

Nella parte sottostante il Santuario è stata costruita la Cappella per le confessioni (non dobbiamo dimenticare che la Madonna, da Medjugorje, ha raccomandato la frequenza, almeno mensile, a tale Sacramento. E’ altrettanto indispensabile rammentare che a Fatima ha chiesto, per ottenere le grazie, di pregare il Rosario e di chiedere perdono dei propri peccati). Nella Cappella è collocata la famosa "Scala Santa" che viene adoperata anche come esercizio penitenziale.

Per chi volesse poi pranzare può percorrere una diecina di Km ed arrivare a Ferrera di Monte Baldo (1360 metri c.ca) dove, situati in un panorama montano incantevole e rilassante, operano alcuni ristoranti in cui è possibile mangiare piatti a base di capriolo e/o di funghi.