L’ASSASSINIO DELLA GUARDIA
Il commissario Moser era nel suo ufficio con il suo infallibile cane lupo Rex e i suoi colleghi Cunz e Bok quando all’improvviso il telefono squillò e una donna agitata disse:”E’ stata assassinata la guardia del museo più importante di Vienna! Per piacere venite subito!”.
Rex e Moser partirono per il museo con Cunz.
Appena arrivati videro la signora che li stava aspettando fuori dalla porta e, appena li vide, la donna corse loro incontro e disse:”E’ caduto dalla cupola!”.
Il commissario Cunz era sospettoso perché aveva visto che il morto non si trovava sotto la cupola ma spostato verso sinistra.
Moser si fece dare la cassetta della telecamera del museo e ritornarono in ufficio.
La sera quando Cunz era rimasto solo in ufficio, vide la cassetta decine di volte ma, alla ventesima volta, capì.
Quindi chiamò subito Moser e Bok e anche a loro fece rivedere la cassetta.
Quando finì, Cinz spiegò:” Se il morto si fosse suicidato, qualora fosse caduto, avrebbe urlato ma in questa cassetta non si sente niente”.
Il giorno seguente ritornarono al museo e chiesero alla signora di portarli nella cupola per cercare ulteriori indizi.
La signora obbedì e in poco tempo furono sulla cupola.
Lì cercarono bene e, nascosto dietro ad una porta, c’era un bicchiere che puzzava di cianuro.
Subito capirono che qualcuno l’aveva assassinato e a quel punto Cunz disse:” Ma potrebbe essersi anche suicidato!”.
Moser ribattè:” Impossibile! La porta è troppo lontana da dove è caduta la guardia e con una quantità così potente di cianuro sarebbe morto dopo pochi minuti. Ora resta da scoprire perché il morto non si trovava sotto la cupola”.
Presero un manichino e provarono a spingerlo giù ma il manichino non combaciava con la sagoma del morto.
Dopo moltissimi tentativi, provarono a buttarlo di sotto, afferrandolo per le caviglie e…giusto!
L’assassino aveva afferrato il morto per le caviglie!
Ora restava da scoprire chi era stato.
Ora il museo aveva bisogno di una nuova guardia e Bok decise di infiltrarsi per scoprire qualcosa di più.
Incominciò subito, si vestì in uniforme e girovagò per il museo.
Mentre camminava vide una signora che lo guardava con occhi curiosi.
Pensò che se lui fosse andato sulla cupola e si fosse avvicinato al buco, l’assassino sarebbe venuto fuori.
Allora andò là e interrogò un signore lì vicino chiedendogli:” Lei ha visto qualcosa?”.
“No!” rispose quello. “Io ieri non ero qui perché stavo male”.
Bok lo fece allontanare e si mise al suo posto pronto per acciuffare il criminale.
Dopo un paio d’ore sentì dei passi avvicinarsi.
Si voltò di colpo e afferrò il colpevole per i polsi: era proprio la signora sospetta.
Bok disse: “Ho una prova schiacciante: sul bicchiere ci sono le sue impronte e anche sulle caviglie della guardia ci sono”.
Lei confessò:” L’ho fatto perché lui continuava a darmi fastidio e una volta mi ha pure picchiata”.
Moser e Cunz arrivarono e dissero alla signora che sarebbe andata in prigione per 7 anni.
Federica Camagni
L’UOMO DELLE BOMBE
Nella centrale di polizia di un paesino chiamato “Fior di Rose” venne arrestato un uomo senza nome: un barbone detto l’ uomo delle bombe.
Il giorno dopo però venne inserito in un giocattolo una bomba che venne comprato dalla signora “Franchi” la moglie del commissario. Quel giorno era il compleanno della loro figliola Cristal.
La sera il commissario “Franchi” tornò a casa dalla sua famiglia dove lo aspettava una cenetta a base di pesce, ma arrivato il momento di aprire i regali, si sentì un rumore sospetto provenire da un pacchetto. Il commissario, ormai esperto, capì che era una bomba. Aprì la finestra e lanciò subito fuori il pacco mezzo aperto, che nell’ aria esplose!!
La madre e la figlia si erano nascoste dietro un divano e quindi non si erano fatte niente; il commissario, per fortuna, dalla fame non si era tolto il giubbotto antiproiettili che lo protesse dalle schegge della bomba.
La mattina seguente andò alla Centrale, si mise insieme ai suoi colleghi ad analizzare la bomba esplosa e la signorina Madeline disse: “Un capello!! Ho trovato un capello tra i ferri rotti della bomba, vado ad analizzarlo”, il capello era di un certo “Turco”.
Il Commissario tornò nelle prigioni da quel barbone senza nome e lo interrogò: “Lei sta mentendo, non è un vagabondo e nemmeno rimasto da solo perché lei ha un parente che la sta difendendo e che mi vuole uccidere! Mi dica il suo vero cognome!”
Il vagabondo lo confessò e così il Commissario ebbe la conferma che era identico a quello di colui che aveva inserito la bomba nel giocattolo. Il vero criminale delle bombe, sentito alla TV che il fratello aveva confessato il giorno dopo uscì allo scoperto prendendo come ostaggio la figlia del Commissario. Dietro il criminale c’era Madeline che gli consigliò di mettere giù la pistola altrimenti sarebbe rimasto in carcere fino alla sua morte. Allora il criminale, si arrese, ma proprio quando stava per mettere giù la pistola si sparò, morendo tra le braccia di Madeline.
La famiglia del Commissario fece una festa invitando i suoi colleghi.
Martina Vuotti
IL FURTO FEMMINILE
Verso la sera una telefonata interruppe il sonno del detective Mario e una voce spaventata e terrorizzata disse al telefono: <<Pronto signor detective mi hanno rubato un quadro d'arte molto prezioso!>> Il detective mario rispose:<<Arrivo subito da lei>>.
L'investigatore arrivò affrettato a casa della signora Laura e ancora con il fiatone le chiese:<<Quando pensa che sia stato rubato il quadro?>> La donna gli rispose:<<Tra le dieci e .... mezzanotte di ieri sera>>. L'ispettore Mario si mise ad indagare in casa e su un tappeto trovò un braccialeo rosa * e subito intuì che fosse stata una donna a compiere il furto [* e un impronta di scarpe femminili]. Poi trovò una porta a vetri manomessa e chiese alla signora Laura:<<Questa porta è nuova?>> <<Sì, chiesi ad una signora che se ne intende di porte di cambiarmela e lo fece>> disse con una voce ancora impaurita.
L'investigatore Mario si fece dare l'indirizzo della signora che aveva aggiustato la porta.
Quando fu da lei si presentò dicendo:<<Sono l'ispettore Mario, ho bisogno una impronta delle scarpe che calzava quando è stata dalla signora Laura>> :<<Prego faccia pure>> rispose la signora Giuseppina con un attimo di terrore. Mario prese la scarpa destra e la confrontò con l'impronta trovata, combaciavano alla perfezione!
Allora disse :<<Lei ha dei braccialetti?>> La signora Giuseppina disse impaurita:<<ne avevo uno rosa, ma l'ho perso.
Matio lo incolpò con due prove schiaccianti e le disse :<<Lei signora aveva escogitato un piano diabolico perchè aveva manomesso la porta della signora Laura così che era facile entrare e uscire senza fare rumore ma inciampò nel tappeto con il quadro in mano poi scappò ma lasciò l'impronta di scarpe e metre cadeva perse il suo braccialetto rosa!
Era un bel piano ma non è andato come pensava lei>>
A quel punto la signora Giuseppina confessò di aver rubato il quadro.
Pietro D'Andola
LA TRACCIA
Un giorno in una pinacoteca cè stata una gira per vedere un costoso e grande quadro di Van Gogh.
Il custode Pietro, quando andarono via tutti i bambini e le altre persone, comincio a pulire con i suoi amici custodi, quando uno dei suoi collaboratori di nome Leo vide il quadro di Van Gogh.
Si avvicinò, stava allungando le mani per prendere il quadro.
Pietro lo stava spiando di nascosto.
Pietro era intelligente e astuto e incominciò a sospettare che Leo stesse escogitando un piano per rubare il quadro.
Pietro gli si avvicinò e gli chiese se gli piaceva quel quadro.
Leo gli rispose <<Sì molto!>>.
Quella notte ci fu il furto e la polizia chiamò Pietro e gli disse: <<Vieni! E' stato rubato il quadro di Van Gogh>>.
Quando arrivò vide delle impronte di scarpe da uomo, erano il quarantadue.
Pietro che sospettava di Leo si ricordò che l'amico aveva proprio il quarantadue di scarpe.
In quel momento arrivò anche Leo tutto sorridente.
Pietro era proprio sicuro che Leo fosse il colpevole.
Ora bisognava provarlo.
Pietro gli disse: <<Ieri sera prima di andare via hai lavato il pavimento?>>.
Leo rispose: <<Certamente, lo faccio sempre!>>.
Allora Pietro gli disse : <<Sei tu il ladro! Perché ci sono le tue impronte sul pavimento!>>.
Allora Leo confessò: <<Sì sono stato io, dopo aver pulito, quando siete andati via, voi custodi, io mi sono nascosto dietro al muro, poi sono andato a staccare la luce, così potevo rubare il quadro senza fare scattare l'allarme. Il quadro l'ho messo in una specie di valigia molto grande che avevo deposta proprio sotto una panca.Purtroppo mi sono dimenticato di cancellare le mie impronte!>>.
Quindi Pietro era soddisfatto di aver risolto il caso, e Leo andò in prigione.
Luca Zaliani
L’investigatore Fred e il suo amico Scegghi
L’investigatore Fred ha vinto un biglietto per la finale di basebol, e ha invitato il suo amico Scegghi ad andare con lui a vedere la partita.
Intanto allo stadio, durante gli esercizi di riscaldamento, a Santiago il giocatore in carica dell’anno, apparve, da una nuvola di fumo, il fantasma dell’ ex giocatore Cristofer che stava dicendo:<<Se tu batterai il mio record mondiale, ti perseguiterò per l’eternità!!>>.
Quando Fred e Scegghi giunsero allo stadio, trovarono il loro giocatore preferito, Santiago, completamente demoralizzato. Allora gli si avvicinarono e gli chiesero:<<Santiago, come mai sei così abbattuto? Non sarai certamente preoccupato per la partita!? Che ti è successo?>>
Fu così che Santiago spiegò ai suoi due amici tifosi, nonché detective, che il fantasma di Cristofer lo aveva minacciato che se avesse battuto il suo record l’ avrebbe perseguitato a vita.
Fred, che ai fantasmi non credeva minimamente, sospettò che in quella faccenda c’era qualcosa di losco e lui voleva vederci chiaro! Così disse a Santiago:<< Stai tranquillo, io e Scegghi scopriremo chi è veramente questo fantasma >>.
Finiti gli allenamenti, Fred andò sul campo per cercare qualche indizio, quando all’improvviso arrivò il fantasma lanciando addosso a Fred palle da basebol infuocate. Fred, che aveva dei riflessi da felino, schivò i colpi e riuscì anche a notare, prima che sparisse, che il fantasma era mancino.
Fred decise di interrogare qualche persona. Incominciò con la giornalista di Santiago che parlava così tanto da non lasciargli nemmeno il tempo di formulare le domande.
Poi decise di interrogare la mascotte della squadra: Pietro. Fred gli chiese:<<Pietro, tu mi ricordi uno della squadra>>e Pietro gli ribattè:<<Infatti. Io un tempo ne facevo parte, ma da quando ho mancato l’ ultima palla, il mister mi ha levato dalla squadra>>
Infine Fred interrogò il telecronista, e scoprì che era un vecchio amico di Cristofer, nonché un ex giocatore di basebol e un appassionato musicista che aveva studiato l’organo. Inoltre sapeva un particolare molto tecnico e cioè che lo stadio era stato costruito su un altro stadio.
Scegghi stava facendo un pic nic di poc corn, ma decise di non mangiare tutto e così fece una buca per nascondere la sua merenda (a volte aveva delle manie un po’ starne, più da cane poliziotto che non da investigatore). Ma fu così che, scavando, trovò una botola e… ci cadde dentro. Quando aprì gli occhi, intuì di essere finito nel vecchio stadio. Fiutò l’aria e improvvisamente avvertì uno strano odore che lo condusse fino ad un’altra botola. Si avvicinò e dentro scoprì delle palle imbevute dal cherosene. Ecco la prova che le palle infuocate erano state preparate in quel modo!
Subito Scegghi risalì in superficie e cercò l’amico Fred al quale raccontò tutto ciò che aveva scoperto. A questo punto era evidente che dietro il fantasma c’era qualcuno che voleva sabotare la partita, incutendo paura a Santiago.
Ora bisognava attirare il “fantasma” in un tranello per catturarlo, così i due detective fecero un piano, che consisteva nel distrarre il fantasma per poi farlo cadere… ma dove?
Proprio mentre pensava a una soluzione, sentì dire dalla mascotte: :<<Io sparato da un cannone?No!Mi rifiuto anzi mi licenzio.>>.
Trovato!!! Ecco dove far cadere il fantasma… nel cannone!
Scegghi allora si fece inseguire dal fantasma… la partita era quasi finita quando Fred disse a Scegghi :<<ORA!>>.
Scegghi attirò il fantasma e lo fece cadere nel cannone, schiacciò il pulsante e il fantasma venne buttato in una rete e così si scoprì che il fantasma in realtà era… il telecronista.
Yuri Allocchio
Il furto di un quadro in oro bianco
In Italia in un’oreficeria venne commesso un furto,di una nave in oro bianco.
L’ investigatore Boss era venuto in Italia per risolvere il caso ;quando entrò nell’ oreficeria vide il negoziante turbato e spaventato.
L’investigatore lo interrogò facendogli alcune domande :<<Lei dov’era il giorno del furto?>>lui rispose:<<Io non c’ero!>>allora il detective che aveva qualche sospetto sull’ orefice ,escogitò un piano diabolico a cui nessun ladro poteva sfuggirgli . Così gli fece un’ altra domanda <<Chi voleva quella nave in oro?>>lui rispose:<<Non lo so però ho trovato un biglietto con scritto:<<Dammela stasera alle 8:00 in punto >>l’ investigatore capì subito che c’ era da mettersi subito al lavoro .Requisì le lettere dell’ orefice e vide che in alcune la calligrafia era uguale a quella del bigliettino .Queste erano firmate :<<Il tuo caro direttore>>allora Boss chiese :<<Dove abita li tuo direttore?>>il negoziante rispose:<<Esattamente sopra di me quando finisco di lavorare do le chiavi a lui >>.
Dopo,alle sei l’ investigatore andò in casa del direttore con un mandato di percussione e in una stanza vide…la nave d’ oro l’ investigatore accusò il direttore:<<Perché l’ ha fatto questi rispose :<<Perché volevo essere ricco>>.
Allora Boss chiamò dei poliziotti e lo arrestarono.
Marco Rosti
Descrivo un racconto giallo