Bollettino di A.R.E.A.
 
GENNAIO 2002

 

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Riportiamo uno scritto di Alessio Di Giulio organizzatore per conto dell’Ente Fieristico dell’intera conferenza, presentato come documento introduttivo al programma.

L’articolo è stato inoltre pubblicato sull’ultimo numero della rivista Eco.

 

Ancona, Novembre 2001: Conferenza Nazionale “L’educazione ambientale in Italia ad un anno e mezzo dalla conferenza di Genova” -  Alessio di Giulio 

 

Dopo la Conferenza di Genova dell'Aprile 2000,  che aveva raccolto tanti educatori da tutta Italia ed aveva alimentato tante speranze, un velo di oblio, di abbandono e di silenzio è caduto sull'Educazione Ambientale in Italia. Con la caduta del governo D'Alema e con le elezioni politiche della Primavera scorsa, gran parte degli impegni presi dall'amministrazione centrale, come pure le indicazioni emerse nell'ambito della Conferenza, sembrano essersi  persi nel nulla.

 

Oblio e silenzio, però, più apparenti che reali. Se è vero infatti che il Ministero della Pubblica Istruzione,  impegnato nelle mille sfaccettature della riforma della scuola, è scomparso dall'orizzonte dell'educazione ambientale e se è anche è vero che il Comitato Tecnico Interministeriale non è stato più convocato, pure, in modo meno vistoso, alcuni passi avanti sono stati fatti. Nel Novembre 2000 vedevano la luce le "Linee di Indirizzo" della Conferenza Stato Regioni che indicano alcuni orientamenti e priorità  per lo sviluppo dei sistemi regionali dell'Educazione Ambientale (il che stimolava alcune regioni "in ritardo" ad attivarsi in tal senso) mentre la tematica dell'EA, trovava una nuova collocazione, in seno al Ministro Ambiente, nella nuova Direzione per lo Sviluppo Sostenibile.

 

Il documento della Conferenza Stato-Regioni, del resto, non faceva altro che sancire un processo già in corso da anni ed accentuato dal decentramento, oggi in atto, verso le regioni. Proprio a livello regionale e locale, infatti, si è continuato a registrare  un notevole dinamismo, frenato solo dai contraccolpi e dalle incertezze istituzionali ed a quelle legate alla riforma della scuola che ha comunque affermato il punto di non ritorno dell'Autonomia Scolastica, ricca di prospettive ed opportunità per le relazioni fra scuola e territorio.

 

Ciò che però, oggi, è poco visibile è il disegno di insieme di questo variegato sistema nazionale. Un disegno che definisca, finalmente in modo chiaro, ruoli e relazioni delle mille componenti, nazionali, regionali e locali del mondo dell'EA e che miri, evitando sterili contrapposizioni e sovrapposizioni, ad accrescerne l'efficacia e l'efficienza.

 

Il documento Stato-Regioni ha infatti fissato dei paletti per  la componente che fa capo alle Regioni ed al Ministero dell'Ambiente ma è necessario che queste linee guida escano allo scoperto e che, soprattutto, si raccordino con la componente scuola, col privato e con gli altri enti territoriali (parchi, ARPA, Enti Locali) che sono rimasti, da Genova in poi, pressoché tagliati fuori dal dibattito pur rappresentando la reale rete di strutture operative e di servizi sul territorio. Un dibattito che,  uscito allo scoperto nella conferenza di Genova, è poi sparito dalla ribalta senza che, però, si siano risolti i problemi che ne erano oggetto.

 

Un  primo tentativo  di fare  il punto della situazione e di riannodare i fili di tale dibattito è stata la  Conferenza che se è tenuta in Ancona, nel Novembre appena passato, all'interno della Fiera Parco Produce.

 

La Conferenza, che è caduta pochi giorni prima di un importante ulteriore incontro di elaborazione del Tavolo Educazione Ambientale della Conferenza Stato Regioni, ha cercato di riaprire il dialogo fra le istituzioni regionali e nazionali  ma ha finito principalmente per porre in rilievo l'attuale difficoltà ed incertezza in cui esse versano, vuoi per i cambiamenti al vertice politico, vuoi per le riforme in atto (Pubblica Istruzione), vuoi per la indeterminatezza dei linee guida comuni, ancora in fase di elaborazione.

 

I funzionari pubblici di livello nazionale, intervenuti alla conferenza ed a vario titolo impegnati nel campo della educazione ambientale, hanno dato, a chi scrive, la sensazione di sentirsi sostanzialmente con le “spalle scoperte”  e che, quindi, nella precarietà delle rispettive situazioni istituzionali, stentino a dare risposte e a rilanciare un reale coinvolgimento di tutti gli attori in gioco. Si finisce così per trattare l’evoluzione del sistema nazionale solo nel ridotto della conferenza Stato-Regioni  che, non prevedendo il coinvolgimento di altri attori, riconduce l’educazione ambientale ad un mero ambito istituzionale.    

 

A livello regionale, al contrario, il coinvolgimento del “privato” e degli altri enti territoriali è stato sicuramente molto maggiore  anche se assai differenziato di regione in regione: casi consolidati di eccellenza (Piemonte), situazioni confuse anche se molto ricche (Marche), tentativi di arroccamento delle istituzioni  (Lombardia) ed ambiti di promettente evoluzione (Basilicata e Puglia).

 

Resta anche l’incertezza sui rispettivi ruoli giocati dallo Stato e dalle Regioni dal momento che, a quanto pare, l’educazione ambientale non rientra fra le tematiche demandate in toto alle Regioni e quindi lo Stato mantiene in materia un ruolo non di puro indirizzo ma ben più sostanziale. Non a caso, sembra di capire, la Legge Finanziaria prevede cospicui stanziamenti a titolarità ministeriale ed altri che  saranno oggetto di accordi bilaterali fra lo Stato e le Regioni nel Marzo prossimo.

 

Sul lato del "privato" (associazioni, cooperative, CEA ecc) si è delineato un quadro molto vivace e propositivo ma sono emersi, comunque,  una serie di nodi critici che, seppure già evidenti da tempo, non hanno ancora trovato una soluzione. E' emersa la fragilità economica e strutturale di buona parte degli organismi privati che, seppure protagonisti chiave e capillari dell'offerta di servizi educativi sul territorio, stentano nel trovare le risorse per la ricerca, l'aumento della qualità dei servizi e la professionalizzazione degli operatori; faticano a  creare momenti di coordinamento e di snodo, nel definire ruoli e relazioni reciproche chiare e non affette da sovrapposizioni e conflitti; incontrano problemi, infine, nell’individuare modalità soddisfacenti di interlocuzione col settore pubblico (si pensi alle “gare la ribasso” alla base di molti bandi pubblici), nel "certificare" la qualità delle proprie proposte e nel darsi modalità trasparenti ad attendibili di relazione col "mercato".  

 

Di positivo, viceversa, possiamo registrare un ormai diffusissima presenza di strutture operative ed un consistente numero di casi di eccellenza, di tentativi sperimentali per far fronte ai problemi, di creatività e di innovazione che potrebbero e dovrebbero diventare patrimonio comune.

 

Quello dell’educazione ambientale è, in sostanza,  un sistema ancora in gran parte  virtuale e certamente venato di problemi ma è, al tempo stesso, un insieme straordinariamente ricco e dinamico. Ha bisogno, però, di occasioni autorevoli per incontrarsi, di momenti per discutere i problemi comuni ed elaborare soluzioni efficaci e condivise, di recuperare un interlocuzione forte ed autorevole con le istituzioni. In assenza di ciò, i problemi sono destinati ad incancrenirsi e potrebbero mettere in forse, in prospettiva, il radicamento ed il consolidamento del sistema dell'educazione ambientale così come la crescita in qualità e capillarità dell'offerta educativa.  

 

E' indispensabile, per concludere, che l'Educazione Ambientale si lasci alle spalle la sua pur splendida fase adolescenziale per entrare, finalmente, nell'età adulta.