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U S Si riporta un breve testo redatto dal sociologo Vincenzo Masini ed edito dalla Comunità Incontro, contenente informazioni utili ad uso delle famiglie. Il testo è datato, ma ancora tristemente attuale: DROGA INFORMAZIONI ALLE FAMIGLIE
Accorgersi che Non è facile per una famiglia accorgersi in tempo che il proprio figlio, il proprio fratello, o il marito, la moglie, il nipote ha iniziato a far uso di droghe. E' ancora più difficile poi accettare l'idea che questo sia avvenuto. Spesso la notizia è come un fulmine a ciel sereno: un fermo di polizia, il dialogo con un insegnante, il ritrovamento di una siringa o altro, la confidenza di un amico, uno svenimento, la esplicita ammissione del giovane che chiede aiuto da quel momento in poi per la famiglia inizia una lotta angosciosa e disperante per tentare di correre ai ripari, di salvare il proprio familiare, di fare qualcosa per dare aiuto, di trovare qualcuno che possa indicare la via giusta. Purtroppo le famiglie che decidono subito di consultare qualcuno che sappia suggerire il giusto comportamento sono relativamente poche. Per disinformazione, per vergogna o per sbagliato senso di protezione, per sopravvalutazione delle proprie forze o sottovalutazione del problema passa purtroppo un lungo periodo prima che qualcuno della famiglia decida di chiedere aiuto e consigli fuori dalle mura domestiche. Così come già è passato un altrettanto lungo periodo prima che il problema della droga venisse affrontato dentro le mura domestiche. "Aiutare vuol dire comprendere, ma comprendere non vuol dire farsi ingannare"; bisogna sempre ricordare che il tossicodipendente è un soggetto che crede talmente nelle bugie che si racconta da riuscire a convincere anche gli altri delle stesse bugie. Egli riuscirà a coinvolgere nelle sue contraddizioni e nel suo star male chiunque vive intorno a lui. Prometterà di smettere e non smetterà mai, riuscirà a farsi compatire per ottenere denaro, riuscirà a minacciare e a spaventare, manipolerà la realtà modificandola a suo piacimento, con ricatti morali più o meno espliciti (del tipo "se non mi aiuti vado a rubare e finisco in carcere") riuscirà sempre ad ottenere ciò che egli vuole. E' cioè il denaro sufficiente per comprarsi la dose. Dal momento della scoperta della tossicodipendenza inizia una odissea della famiglia con tappe ricorrenti: Il tossico confonde le idee ai genitori con la promessa di smettere, se sarà aiutato a disintossicarsi lentamente. Quindi dà inizio alla richiesta di denaro per comprare la droga con cui, in teoria, egli dovrebbe lentamente scalare il consumo fino a smettere. Dopo ripetuti tentativi non riusciti (perché in lui non vi può essere né la esplicita volontà di smettere, né la determinazione necessaria a farlo) egli colpevolizza la famiglia o chi gli sta intorno di non averlo sufficientemente "aiutato". Chiede altre soluzioni. Ad esempio: un periodo di vacanza per stare lontano dalle tentazioni, l'aiuto economico per sposarsi, metter su casa e mettere la testa a posto, il denaro per mettere in piedi un'attività in proprio o un lavoro che sia per lui meno alienante e frustrante, l'affitto di una casa in campagna per ricominciare là una vita, il denaro per certe particolari cure sanitarie, e via di seguito. Inutile dire che non mantiene nessuno degli impegni assunti e spende ogni soldo nell'acquisto di droga o in imprese senza senso. A seguito dei ripetuti fallimenti torna a casa chiedendo ospitalità e mostrandosi disperato. Inizia così il suo periodo più parassitario: sempre chiuso in camera sua si alza dal letto in tarda mattinata, mangia poco, inizia a bere alcolici, torna tardi la sera se esce, trascorre ore ed ore davanti al televisore, tenta di chiedere qualche soldo, viene comunque mantenuto in tutto anche nell'acquisto di sigarette. E' una presenza inquietante ed oppressiva; a tavola non parla mai ad eccezione di qualche raro momento di euforia quando è riuscito a procurarsi ed ad assumere la droga o quando è riuscito in qualche sua impresa. Inizia l'assunzione di pillole di ogni tipo, magari consigliate da qualche medico sprovveduto, ignorante o compiacente. Inizia la sparizione di denaro da casa, di oggetti preziosi, di piccoli elettrodomestici, di libri, soprammobili, e quanto altro si possa vendere senza troppa fatica. Iniziano anche le liti tra i vari membri della famiglia che si colpevolizzano reciprocamente di quanto accade. "La colpa è tua che gliele hai sempre date tutte vinte", " La colpa è tua che sei sempre stato troppo severo", e così via fino a quando le tensioni non si scatenano furibonde, con violenza, botte, ricatti espliciti, vere e proprie rapine da parte del tossico ai danni della famiglia. La rottura è allora irrimediabile; il tossico viene allontanato da casa, oppure viene arrestato o finisce in ospedale ed inizia l'attesa angosciante del ritorno. Lunghe serate di silenzio, pianti, paure in un'atmosfera che sembra non poter più trovare pace. La speranza di vederlo tornare fa sì che quando egli si ripresenta venga accolto. Viene nuovamente riposta in lui la fiducia, non tanto di vederlo cambiato ma "che almeno non faccia altre pazzie". Il fatto di vederlo tornare sembra essere un segnale positivo; non si comprende infatti che il tossico è un parassita che torna sempre dove pensa di trovare una porta anche solo socchiusa. Tale storia non ha fine poiché si ripete sempre uguale. E' l'angoscia che la rende sempre vera e diversa per chi, suo malgrado, la vive e la subisce. Oppure può avere qualche tragico epilogo; oppure può essere radicalmente ribaltata se la famiglia sceglie di rivolgersi a qualcuno che la sappia guidare e si lascia effettivamente guidare da chi può aiutarla. Purtroppo prima di arrivare alla decisione di chiedere aiuto molte delle tappe negative sono già percorse ed hanno già lasciato il segno sulle persone e sui rapporti tra persone. La prima volta che La prima volta che un adolescente assume droga lo fa per una serie di circostanze che intervengono contemporaneamente: Vive una condizione di disagio.
Incontra qualcuno tra i suoi amici che, in una festa, ad un concerto, in discoteca gli chiede: "Hai delle cartine?" e, subito dopo, "Non fa niente, lascia stare". La frase a lui apparirà misteriosa ed attraente perché sembra provenire da un mondo che non conosce, suggestivo per la possibilità intuite ma non verificate, che lo attirano perché gli sembrano un passo avanti rispetto alle sue esperienze. Vediamo i perché: Dentro di sé vive da tempo un senso di insoddisfazione, poiché non riesce ad ottenere successo nelle mete che si era prefisso, oppure noia, poiché non si impegna in qualcosa che lo entusiasma, oppure frustrazione per delusioni subite o perché si sente inadeguato nei confronti del mondo dei suoi amici, oppure perché sta sperimentando la solitudine, ovvero non riesce ad uscire dalla sua chiusura interiore e comunicare ad altri i suoi pensieri e le sue emozioni. Non ha occasioni per esprimere il malessere in famiglia o perché i genitori sono indifferenti ai suoi umori interiori o perché sono preoccupati solo della sua salute fisica o solo per i suoi risultati scolastici, o perché sono talmente preoccupati che lui sia "felice" che gli è impossibile comunicare un malessere interiore così impreciso ed inspiegabile che egli preferisce fingere che tutto vada bene. Oppure perché non ha intorno una famiglia nel vero senso della parola: vuoi perché mancano obiettivamente alcune figure genitoriali (per morte o lontananza) e non c'è nessuno che le sostituisca anche solo simbolicamente. Forse perché le figure genitoriali non sono mai in sintonia fra di loro e non producono mai un clima di sintonia per il figlio (separati, divorziati o anche "separati in casa"), forse perché non riescono a compiere i diversi passaggi di rinnovamento che la crescita dei figli impone alla dimensione familiare. Sono incapaci cioè di percepire che la crescita dei figli richiede cambiamenti nel modo di rapportarsi a loro e tendono a stabilizzarsi nelle consuetudine consolidate. Alcuni tipi di famiglia La famiglia ha diversi cicli: la coppia di fidanzati, la convivenza dei giovani sposi, la fusione delle diverse abitudini derivate dalla famiglia di origine di ciascuno, la nascita dei figli, la loro adolescenza, gli scossoni prodotti dalla socializzazione dei figli nella società, fino al loro allontanarsi da casa per costruire una nuova famiglia. Ogni ciclo richiede cambiamento e nuovi equilibri; se una famiglia si ferma e rimane statica finisce per diventare: Chiusa su se stessa e difensiva E' una famiglia che è disposta a tollerare tutto, anche i comportamenti amorali, purchè non si conoscano all'esterno o purchè siano fatti nell'interesse della famiglia. I soli rapporti che tale famiglia mantiene sono quelli della parentela. Generalmente è una famiglia saldamente incentrata sulla figura materna. Ella tende a trattenere i figli all'interno della famiglia e compensa con il "mammismo" le difficoltà incontrate dai figli. Per tale madre i figli hanno sempre ragione e le colpe sono sempre da attribuire agli altri, esterni alla famiglia. Iperprotettiva E' una famiglia che tende a sostituirsi costantemente al figlio nelle difficoltà che egli incontra nella vita. La figura predominante è il padre che, in cuor suo, teme che il figlio "gli faccia fare brutta figura". Cercherà quindi raccomandazioni e vie traverse per agevolare il figlio in occasione di difficoltà nella scuola, esami per la patente, servizio militare, problemi economici, posto di lavoro, ecc.. E' la famiglia che, di fronte alla droga, dirà: "Ma noi gli abbiamo sempre dato tutto!" e, senza rendersi conto che il problema è proprio questo "tutto", cercherà anche la inutile raccomandazione per fare entrare il figlio in una comunità di recupero. Assente E' una famiglia dove all'apparenza tutto funziona, ciò che però manca è il sentimento di comprensione profonda tra i diversi membri. E' una famiglia in cui i genitori discutono a tavola dei problemi più disparati, quelli del loro lavoro, quelli politici, culturali, sociali, ecc. senza rendersi conto che tali discussioni passano di molto sopra la testa e la capacità di comprensione dei figli. I figli, fin da piccoli, si sentono inadeguati ed avvertono i genitori come irraggiungibili; troppo alti per i loro problemi e sempre con la risposta pronta a tutte le questioni che tentano di sollevare. E' una famiglia che, sbigottita di fronte alla scoperta della droga, dirà "Mio figlio non sa nemmeno lui che cosa vuole".
Ed è a questo punto che entrano in gioco gli specifici effetti delle sostanze. Come accorgersene La droga non è un fulmine a ciel sereno ma un malessere che cova da tempo dentro il giovane e che, a un certo punto per una serie di circostanze concomitanti, viene messo a tacere attraverso l'uso di droga. Proprio per questo è importante che la famiglia presti particolare attenzione al comportamento del figlio, specialmente se lo vede chiuso ed introverso, timido o assente, affinchè, attraverso il dialogo e l'espressione del suo disagio, possa comunicare ciò che gli passa per la mente e possa liberarsi delle sue paure sentendosi parte di un ambiente che lo protegge e che comprende ciò che lui vive. La famiglia deve essere presente nelle scelte di amicizie del figlio per vigilare su quanto avviene tra i ragazzi e per non lasciarli soli a se stessi. Se tra i genitori e i figli vi è un buon rapporto di reciproca comprensione e confidenza sarà automatico per il genitore se c'è qualcosa che non va e prevenire l'esposizione del figlio ad esperienze destabilizzanti. Se però la droga è già entrata nella sua vita occorre saperla riconoscere per i comportamenti che induce: Spinelli Occhi molto arrossati (spesso pupille dilatate), senso di euforia e "ridarella" anche per cose da nulla, "stonatura mentale" (ovvero pesantezza del ragionamento), estrema sensibilità nei confronti di quanto avviene intorno, sensibilità alla musica (grande turbamento emozionale e trasporto nell'ascolto), senso del tempo modificato (possono passare ore senza che lui si accorga del loro fluire), sensibilità ai colori, senso di stupore per le cose che accadono, linguaggio pasticciato con numerosi lapsus, grande difficoltà a leggere ed a memorizzare quanto letto. Eroina Pupille molto strette (a "capocchia di spillo") come per l'esposizione ad una luce molto intensa, palpebre che tendono a chiudersi, un ricorrente grattarsi per frequenti e diffusi pruriti, pallore nel viso, intristimento dei tratti, aria ebete, difficoltà e lentezza nel parlare con tono monotono e tendente al biascicamento incomprensibile delle parole. Il tossico "fatto" di eroina ha la testa a ciondoloni verso il basso come se stesse per addormentarsi, continua ad accendere sigarette che non fuma ma lascia consumare riempiendo ovunque di cenere e bruciando vestiti o le lenzuola. Ha una generale inappetenza ma una incredibile attrazione per gli alimenti dolci, budini, creme, fino al consumare lo zucchero a cucchiaini. Cocaina Pupille dilatate e poco sensibili alla luce, senso di eccitazione fisica e tendenza al movimento ed alla iperattività. Il tossico sotto l'effetto della cocaina ostenta sicurezza ostentata e buonumore; ha bisogno di parlare senza avere niente da dire e senza ascoltare ciò che dicono gli altri; ha molta difficoltà ad addormentarsi perché la cocaina lo induce in stati di continua eccitazione. Sarà incline alla prepotenza, alla violenza ed alla eccitazione. La sua artificiale sicurezza lo porterà alla megalomania e a sogni di grandezza. Psicofarmaci Limpidezza degli occhi, pupille che hanno scarsa sensibilità ai cambiamenti di luce, torpore ed annebbiamento mentale, difficoltà nel connettere diversi pensieri tra di loro, lingua "impastata", sonnolenza e senso di "snervamento", monotonia nel tono di voce sempre poco acuto, chiusura in se stessi e debole percezione di sentimenti ed emozioni e scarsa comunicazione degli stati d'animo vissuti. Perché la droga? Il problema non è la droga ma l'uomo che ricorre ad essa per compensare un vuoto interiore a cui non riesce a dare risposta. L'uso di sostanze psicoattive è una risposta surrogata e palliativa al bisogno di sperimentare stati d'animo e di mente che un uomo, in specie se giovane adolescente, non ha ancora avuto la possibilità di attivare dentro di sé attraverso il pieno sviluppo delle sue capacità esistenziali e relazionali. L'uso di droga è originato dalla povertà interiore che rende la persona incapace di "sentire" le emozioni degli altri che gli stanno intorno, di attivare risorse emotive dentro di sé, o di contenere le emozioni che vive senza debordare o travalicarne il significato. Quando un giovane non è in grado di socializzare con altri con semplicità e con il gusto del divertimento cercherà la "ridarella" o lo "sballo" negli effetti indotti in lui dall'hascish o dalla marijuana; quando un giovane non saprà ottenere la pace interiore mediante la riflessione o la capacità di distanziarsi dalla realtà come nei momenti di meditazione e di preghiera, cercherà questi effetti nell'eroina; quando soffrirà per il sentirsi inadeguato e complessato cercherà la pienezza ed il senso di potenza nella cocaina; quando non riuscirà a fare calma dentro di sé dovrà ricorrere ad un ansiolitico; quando non riuscirà a prendere sonno si abituerà all'uso dei sonniferi, ecc. Ma una volta sperimentati artificialmente taluni umori e stati d'animo e di mente, sarà sempre più difficile ritrovare la strada per riuscire da solo ad entrare in tali dimensioni. Le sostanze diventano così un circolo vizioso che ha spire sempre più strette. L'incapacità di vivere pienamente emozioni e sentimenti, di riconoscerli dentro di sé e divenirne padroni chiude le persone in una grande solitudine. Se ad un uomo in tale solitudine offriamo una sostanza chimica capace di cancellare, anche per un breve periodo, la sensazione di profondo ed inesprimibile dolore che accompagna la solitudine interiore lo avremo fatto schiavo di tale sostanza. Se ad un uomo in tale solitudine dimostreremo che sentiamo ciò che sente lui, che siamo come lui, impastati della stessa pasta, prigionieri degli stessi limiti, allora avremo vinto tale solitudine.
Prima di tutto bisogna entrare nell'ordine di idee che il problema della droga non si può risolvere ed eliminare in breve tempo ed estirpare una volta per tutte. Non è un dente che fa male e che può essere estratto, non è un debito che si può pagare ed estinguere, non è un oggetto che si può comperare e possedere. La parola "per sempre" o "mai più" sono escluse dal vocabolario di chi si impegna per risolvere il problema della droga con qualcuno. Questo atteggiamento non vuole assolutamente dire "rassegnarsi" ed accettare il compromesso di un "modus vivendi" con i tossicodipendenti. Al contrario significa essere consapevoli che la lotta alla droga e il recupero è un lavoro lungo e paziente i cui risultati si vedono dopo molto tempo. Per questo motivo bisogna agire con determinazione e lungimiranza preparandosi a ripetute delusioni ma con la convinzione che alla fine si avrà sicuramente successo. Ecco perché non servono soluzioni emotive; è inutile agitarsi molto nella speranza di pervenire ad un risultato immediato per cadere nella frustrazione quando questo risultato non c'è. Per un genitore è invece importante domandarsi: "Quanto davvero conosco mio figlio ? Per quanto tempo mi sono fermato su una immagine sbagliata che avevo di lui ?" e cominciare ad osservarlo con altri occhi. Con la vigile attenzione di chi vuole riscoprire profondamente la persona con cui vive sapendo che è molto diversa da come lui immagina. Occorre poi, fin dall'inizio, accettare l'idea che, se si vuol vincere la battaglia contro la droga, bisogna rinunciare a molte cose. Ogni famiglia coltiva i suoi sogni e tende a raggiungere alcuni obiettivi che si era prefissa: la seconda macchina più grande, cambiare casa per avvicinarsi al posto di lavoro, la casa in campagna da comprare o ristrutturare, le vacanze al mare, ecc. Spesso per ottenere queste cose è necessario che lavorino sia il marito che la moglie; la contemporanea assenza da casa crea un vuoto obiettivo che è assolutamente necessario colmare per non lasciare solo il ragazzo. Ma la situazione di all'erta che si verifica al momento della scoperta che la droga è entrata nella propria casa spesso richiede di azzerare il tutto. Non per sempre, ma almeno per il lungo periodo in cui occorre dedicare il massimo di attenzione al proprio figlio. E' l'intera vita familiare che deve riorganizzarsi sapendo che il problema del figlio non potrà mai essere delegato a nessuno. Molte famiglie che non hanno posto la dovuta attenzione alla droga e l'hanno affrontata con superficialità sono cadute in un vortice di disperazione e di crisi che le ha costrette a dar fondo a tutte le loro risorse morali, fisiche ed economiche e sono state costrette a vendere non solo la seconda casa, conquistata con grandi sacrifici, ma anche la prima per far fronte ai debiti del figlio.
Le prime cose da fare Se la famiglia è riuscita ad accorgersi per tempo che il proprio figlio ha iniziato ad usare droga dovrà:
Anche se il proprio figlio è già tossicodipendente e la situazione è già grave non bisogna mai perdere la speranza di poterlo recuperare. Non esistono "casi impossibili" ma solo problemi, a volte, molto difficili. Spesso la cosa più difficile è ridare energia e speranza a famiglie che hanno provato molte strade ed hanno bussato a molte porte e si presentano completamente distrutte da anni di delusioni, inganni, frustrazioni, violenze, . hanno visto infrangere ciò a cui tenevano di più, hanno visto infrangersi tutti i loro sogni, vivono una quotidianità di angoscia, di sofferenza, di paura . E spesso si lasciano andare nella rassegnazione. Se emerge la disperazione vuol dire che ha già vinto la droga. La battaglia contro la droga è una sfida che vede vincere o soccombere sia il tossico che i suoi familiari. O i genitori sapranno trasmettere emozioni, sentimenti positivi al figlio o il figlio coinvolgerà loro nella sua negatività. Se il figlio è già tossicodipendente da tempo è probabile che la famiglia sia già coinvolta ed incapace di orientarsi; i segnali più ricorrenti di questo coinvolgimento sono i seguenti. La famiglia dichiara convinta:
Queste frasi tipiche svelano il grado di invischiamento familiare e di incapacità di distanziarsi dal figlio e di ribaltare la situazione.
Quando una famiglia è ormai sconfitta e rassegnata, oppure è talmente invischiata nelle contorsioni mentali del figlio da averle fatte proprie, ha bisogno di appoggiarsi a qualcuno che sappia dire la verità ed interpretare correttamente quanto avviene in casa. "Tu solo puoi farcela ma non ce la puoi fare da solo" è una delle prime dichiarazioni che un tossicodipendente deve recepire quando vuole recuperarsi; infatti non potrà mai opporsi al desiderio della droga con la sua sola volontà perché non si può impostare una vita sulla base del difendersi o del "non volere" qualcosa. La vita ha senso solo quando si desidera, si cerca, e si trova qualcosa di positivo, di coinvolgente e di emozionante da intraprendere. Per cambiare vita il tossicodipendente deve crescere nelle sue capacità, deve imparare a realizzarsi come persona e deve trovare il coraggio di aprirsi interiormente al gusto di emozioni e sentimenti molto più belli ed intensi di quelli sperimentati con la roba. Ma questo lavoro di crescita e di cambiamento non può farlo da solo. Non può trovare contemporaneamente la forza di aprirsi alle emozioni e di chiudersi al desiderio della droga. Ha bisogno di avere a fianco altre persone che lo aiutino e lo sostengano nella sua scelta. Lo stesso discorso vale per la famiglia invischiata nella tossicodipendenza del figlio; l'energia per sostenere il confronto quotidiano, l'orientamento nelle decisioni, il coraggio di non scendere a patti fino a trovare la forza di allontanare il figlio da casa quando, dopo aver tentato tutto, è necessario giungere alle estreme risoluzioni, possono essere attinti da qualcuno disponibile ad aiutare. E' indispensabile rivolgersi a qualcuno in grado di dare aiuto perché anche le persone più risolute e chiare non possono non cadere nella indecisione e nel disorientamento. L'astinenza Il tossicodipendente "va in astinenza" quando la droga ha finito il suo effetto ed egli sente il desiderio smanioso ed irrefrenabile di drogarsi. Egli cercherà dunque di assumere qualcosa che possa alterare le sue percezioni ed allontanare il fastidio di dover accettare la realtà per quello che è. Spariti però gli effetti anestetici e di sballo vengono a galla tutte le sensazioni che egli era riuscito a tenere lontano: quelle fisiche di malessere e di sofferenza che vengono vissute come dolori anche acuti, specialmente nella astinenza da eroina. L'eroina infatti ha proteso il tossicodipendente da tutte le percezioni interne ed esterne e quando queste ritornano a proporsi sembreranno dolori lancinanti. Un comune mal di pancia sarà percepito come una colica da parte di chi ha avuto rallentate le funzioni fisiologiche della defecazione e della minzione. Il fatto di passarsi una mano tra i capelli sembrerà di strapparseli; una leggera brezza sulla pelle provocherà brividi di freddo ed una sensazione di pelle che si squama; anche respirare diventa una fatica e sembra aver perso l'automatismo e divenire volontario, con sbadigli per fame d'aria; e poi insonnia, dolori muscolari, naso che cola, dolori lombari, nevralgie, ecc. E' importante ricordare che questi dolori sembrano molto acuti al tossicodipendente in astinenza perché senza la droga non ha la capacità di sopportare nulla ed ogni sensazione per lui è iperacuta. In effetti il malessere della astinenza è essenzialmente un malessere mentale.
E' importante ricordare che non si muore per astinenza e che la sofferenza fisica e mentale è la via obbligata per disintossicarsi. Questa sofferenza può essere lenita attraverso alcuni farmaci, con il grave rischio però che si aggiunga un'altra dipendenza a quella già esistente. Questo è il caso delle interminabili e ricorrenti scalette di metadone che altro non sono che un facile sostitutivo in momenti in cui è difficile riuscire ad assumere eroina. Il tossicodipendente è infatti portato a fagocitare tutto quello che gli capita tra le mani pur di entrare in uno stato comunque alterato. Aiutare un tossicodipendente in astinenza non vuol mai dire compatirlo ma semmai esercitare su di lui una ferma autorità che lo sostenga e gli consenta di superare il malessere che vive. Non bisogna lasciarlo da solo nemmeno per un attimo, nemmeno in bagno; bisogna stimolarlo costantemente perché non vada troppo dietro ai suoi pensieri e le sue ansie, perché non caschi nelle nere depressioni conseguenti al verificare i molti fallimenti della sua vita e le svariate malefatte che, in ragione della riacquistata lucidità, gli appariranno in tutta la loro gravità.
Recuperarsi non vuol dire semplicemente smettere di drogarsi ma cambiare completamente l'organizzazione e lo stile della propria vita per trovare dentro di sé e con gli altri significati, gusti e motivazioni a vivere. La soddisfazione per un lavoro ben fatto, la tenerezza, la passione, la stima e la fiducia in se stessi, costruita attraverso l'onestà e la coerenza, la fortezza per non farsi abbattere da momenti difficili, la fermezza e la prudenza, la capacità di raggiungere gli obiettivi che si è prefisso attraverso la metodicità e la perseveranza, la disponibilità a comprendere ciò che gli altri vivono e di condividere con gli altri i diversi momenti della vita. Per una famiglia seguire il cammino di recupero di un figlio consiste in alcune importanti tappe: Il primo passo è distanziarsi emotivamente dalla angoscia, dalle tensioni in cui la famiglia è stata invischiata dal figlio. Il secondo passo è riflettere su se stessa orientandosi verso un progetto di recupero del figlio. E' questo il momento delle scelte che debbono essere concordate tra tutti i membri della famiglia. Anche a prezzo di lunghe ed estenuanti discussioni deve essere ritrovata l'unità dell'agire comune, affinchè divenga possibile costruire un argine contro cui le manovre del tossicodipendente si infrangono. Il terzo passo è seguire tutto il percorso di crescita e di cambiamento nel ragazzo. Egli deve imparare ad usare la lunga serie di virtù e di capacità che non conosce e non ha mai saputo usare. E' questo un impegno che richiede anni di attento lavoro poiché educare alla vita è molto più difficile che allevare nel corpo. Non debbono essere mai fatte scelte affrettate ma ogni singola decisione (il lavoro, gli amici, la fidanzata, le vacanze, ecc.) deve essere vagliata poiché il tossicodipendente è abituato a "tutto subito" (come del resto ha imparato dagli effetti immediati delle sostanze psicoattive) e deve invece abituarsi a conquistarsi con fatica i risultati.
Non debbono nemmeno spaventare le eventuali ricadute poiché esse non sono altro che segnali di una debolezza ancora non del tutto superata. Se un uomo sta crescendo ed orientandosi tra mille contraddizioni del mondo e della vita già starà mostrando visibili segnali di questo nuovo orientamento ma, probabilmente, avrà ancora dentro di sé le molte indecisioni ed i molti turbamenti ereditati da un lungo periodo di vita trascorso dentro la droga, il suo mondo emarginante ed i suoi effetti. |