Emilio Rigatti "La strada
per Istanbul" Ediciclo Editore
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
In una vignetta di Francesco Altan
“una signora chiede al marito in bicicletta, bardato di tutto punto con
casco e tuta da ciclista: ‘Dove vai?’ E l’uomo risponde: ‘Porto a fare
un giro il bambino che è in me’”
Chi ama la bicicletta, i lunghi
viaggi seduti su un sellino che dopo tanti chilometri diventa spesso scomodo,
che preferisce “vedere il mondo a bassa velocità” perché
così “le cose durano, si riescono a vedere, restano in memoria,
si masticano e si gustano fino in fondo”, sente che è il bambino
che sta pedalando, che da quel viaggiare così poco moderno e consumistico
sta traendo una gioia enorme.
E tre amici, se decidono di partire,
nel pieno dell’estate, e percorrere i 2116 chilometri che dividono Trieste
da Istanbul, o sono matti o una bella parte di loro è rimasta bambina.
Emilio Rigatti, insegnante, Francesco
Altan, disegnatore e Paolo Rumiz, giornalista, dopo mesi di preparativi
tra gli incoraggiamenti di pochi e la perplessità dei molti che
“rispondevano con l’aria di chi finge di credere al balordo che racconta
che in Africa ha ucciso un leone a schiaffoni”, il 30 giugno 2001 partono.
Attraverso la Slovenia, la Croazia, la Jugoslavia, la Bulgaria e la Turchia,
pianure, salite, discese, autostrade percorribili in bicicletta e strade
dissestate, paesi, villaggi, boschi, frutteti, campi di grano e di mais,
raggiungono finalmente “la birra più buona del mondo”.
Si incrociano, lungo il percorso,
una burocrazia pesantissima e la cordialità di una popolazione che
quasi non conosce l’uso della bicicletta, zone abbandonate da frettolosi
emigranti e contadini che coltivano con cura orti e giardini, fiumi e montagne,
città ancora segnate dalla guerra recente, colpi di mortaio e di
mitragliatrice nelle strade e sulle case, una popolazione in cui esiste
una chiara “divisione cromatica tra epidermidi cittadine e rutrali”, dove
“non ci sono i negri ma gli zingari che spesso sono vittime di discriminazioni
e violenze”, città i cui “nomi [sono] legati agli alberi, alla terra,
alle alture, creando una fantasmagoria toponomastica da Arcimboldo”, la
pioggia, il freddo, il caldo rovente, la birra gelata alla sera, al termine
della tappa. Emilio Rigatti, in “La strada per Istanbul”, pubblicato da
Ediciclo, ci permette di vivere uno stupendo viaggio, ricco di immagini
suggestive, di amicizia, di momenti divertenti, un viaggio che dimostra
“che i sogni sono percorribili in bicicletta”.
A corredo del libro, le riproduzioni
delle mappe storiche del Dipartimento di Geografia dell’Università
di Padova che illustrano le tappe, fotografie scattate lungo il percorso,
la descrizione del viaggio e i consigli utili sia per la parte ciclistica
che per il viaggio in generale, dall’abbigliamento ai documenti ai luoghi
dove mangiare o dormire. Per chi vuole portare il bambino che c’è
in lui a spasso per più di duemila chilometri.
gabriella bona
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