Willy Voet "Massacro alla
catena" Edizione Bradipolibri
Recensione
di Gabriella Bona
“Scrivere un libro verità
sulle menzogne del ciclismo, passare al settaccio trent'anni di silenzio,
testimoniare l'altra faccia di un ambiente del quale io stesso ho fatto
parte per lungo tempo, no, credetemi, tutto ciò non è stato
facile. Inoltre, sento già i sarcasmi: iconoclasta, calunniatore,
affossatore di uno sport popolare. Sì, è così che
si può reagire se non si vuol sapere nulla, infischiandosene del
perché e del percome, purché la ruota giri. Ma a quale prezzo...”
Willy Voet, massaggiatore della
squadra di ciclismo Festina, fermato al confine franco-belga alla vigilia
del Tour de France 1998, arrestato e detenuto per sedici giorni, processato,
condannato e poi “dimenticato” dalla squadra per la quale aveva lavorato,
ha trovato la forza e il coraggio per scrivere questo libro sul doping
nel ciclismo.
“No, non è facile svelare
queste pratiche. No, non è facile mettersi a nudo affrontando l'opinione
pubblica. Spesso, mi sono interrogato. Hai il diritto di fare ciò
che nessuno prima di te aveva fatto? Puoi accollarti la gravosa responsabilità
di spezzare la legge del silenzio? Avresti redatto questo libro se, l'otto
luglio 1998, non fossi stato arrestato dai doganieri? Ho riflettuto, ho
esitato.
Poiché, lo riconosco, senza
l'arresto, senza i miei sedici giorni di prigione, non avrei mai compreso”.
Willy Voet rivela dettagliatamente
trent'anni di imbrogli nel mondo del ciclismo. “Massacro alla catena”,
pubblicato da Bradipolibri, è la sconvolgente storia di un preparatore
atletico che, nell’arco di una carriera durata trent’anni, ha conosciuto
ciclisti famosi e sconosciuti gregari, che si è dovuto inventare
medico e stregone, sottostare alle regole di uno sport sempre più
drogato, in ogni suo settore, dagli atleti ai dirigenti, dagli sponsor
alle istituzioni federali, che ha conosciuto ogni genere di sostanza e
ogni modo per evitare che i controlli antidoping potessero rivelare i trucchi
che venivano inventati, ogni volta più sofisticati e pericolosi.
Un preparatore che ha tentato, per molti degli atleti che sono stati affidati
alle sue cure, di diventare un amico, offrendo consigli che andavano controcorrente.
Con risultati assolutamente irrisori, con possibilità ridicole di
fronte ad una macchina che tenta di stritolare chiunque non voglia adeguarsi.
“Massacro alla catena” è
un libro duro, che affronta il discorso “doping” senza nessuna pietà.
E’ una storia che viene da lontano, dal bisogno continuo di migliorarsi,
di dare di più, perché la concorrenza, in ogni settore, è
spaventosa e non vuole vedere ostacoli. Se un atleta può dare tanto,
“deve” dare il doppio e l’allenamento, la fiducia in se stessi, l’amore
dei tifosi, l’incitamento della folla non bastano, bisogna rivolgersi altrove,
all’EPO, alle anfetamine, alle pastiglie di varie forme e colori e ai trucchi,
farmacologici e non, per tentare di nasconderle.
Willy Voet ha conosciuto dall’interno
questo mondo, ha conosciuto i ciclisti e tutte le persone che, con vari
interessi, più o meno legittimi e legali, formano il circo del ciclismo.
Quando lo spettatore, dopo ore di attesa sulle strade del Giro, del Tour,
della Vuelta, vede sfrecciare l’atleta in fuga o il gruppo compatto, percepisce
il rumore sottile delle ruote, la macchia colorata che fugge lontano, il
fascino di un’incredibile fatica e di una passione incredibile. Finché
non si imbatte in queste pagine. Dopo continuerà ad amare il ciclismo,
quelle fragili strutture che corrono lungo i percorsi delle gare a tappe
e delle classiche, ma non potrà più non chiedersi che cosa
c’è dentro a quegli uomini e a quelle donne che corrono, che fanno
uno spettacolo per lui.
Il libro di Voet ci mette di fronte
a momenti drammatici, a situazioni sconvolgenti, invita chi può
e come può, a ribellarsi a questa logica inaccettabile: “forse non
si potrà mai dimostrare che il doping ha causato delle morti. Come
non si potrà mai dimostrare il contrario. Allora penso a tutti quei
corridori il cui cuore ha ceduto […] penso a loro che ho conosciuto bene,
e gli altri, scomparsi nell’anonimato su una strada di allenamento. Con
loro è il cuore del ciclismo che ha cessato di battere. Quanti morti
saranno ancora necessari perché si arresti il massacro?”
gabriella bona
|