QALADIZA
- Le rossi torri arrivate via e-mail e stampate a colori campeggiano in
ogni stanza adibita ad ufficio o infermeria dell'ospedale di Qaladiza,
città a pochi chilometri dal confine iraniano. Otto anni fa, in
questa località situata nella zona del Kurdistan iracheno controllata
dal Puk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) arrivarono l'allora sindaco
Roberto Fogu insieme a Graziella Bronzini e Gastone Uccellatori. Nacque
un gemellaggio tra questa e quella città: due città molto
diverse, ma con alcuni comuni denominatori. Quali? Facile: un castello,
un fiume e, all'incirca, lo stesso numero di abitanti.
Così, in una terra
tanto lontana quanto inaccessibile, sofferente per le bombe prima e per
le mine e le difficoltà di ricostruire in un paese che non c'è
poi, Ivrea ha cominciato a tessere un filo. Filo piccolo, certo, ma i fili
della solidarietà a volte riescono ad essere più robusti
delle catene. E la tenacia - perché anche di tenacia e di passione
si tratta - ha consentito di dar vita a piccoli grandi miracoli.
Le comunicazioni, otto
anni fa, erano complicatissime. Oggi la posta elettronica ha migliorato
le cose di un po', ma è difficilissimo parlare in posti dove il
telefono funziona così così, l'energia elettrica c'è
così così, il servizio postale non esiste affatto, così
come non esistono le vie con un nome. Tutti si ingegnano, certo: per cui
accade che ti trovi una montagna di lettere da spedire e ti risolvi ad
affidare un biglietto o un pacchettino a qualcuno che sai percorrerà
quella stessa strada, attraverserà più o meno clandestinamente
un confine (il glorioso Tigri) su una barchettina a motore.
Nonostante tutto, il piccolo
filo partito da Ivrea ha permesso la costruzione di un ospedale da cinquanta
posti letto, che poi sono diventati ottanta utilizzando al meglio alcuni
spazi. Gli ottanta posti letto di Qaladiza sono gli unici di tutta la città
e l'area (composta da villaggi) intorno, che in totale conta circa novantamila
persone. Abdul Rahman, medico che ha diretto l'ospedale di Qaladiza e ne
ha seguito in prima persona le fasi della costruzione, parla in ogni occasione
dell'ospedale come un centro di vitale importanza per Qaladiza. L'ospedale
è anche l'unico insediamento produttivo, l'unica fonte di reddito
per un centinaio di persone. Molti lavori, per migliorare la struttura
(come le piastrelle alle pareti per consentire una maggiore igiene dei
locali), sono già stati fatti, molti restano da fare. In sala operatoria,
le luci per illuminare il tavolo sul quale vengono compiuti gli interventi
chirurgici risalgono alla seconda guerra mondiale. Dice Rahman che "sono
un po' datate, ma funzionano e non si potrebbe fare altrimenti. Sono indispensabili".
Abdul Rahman guida la delegazione
proveniente da Ivrea (Graziella Bronzini, presidente del Comitato Gemellaggio
Ivrea-Qaladiza, Gastone Uccellatori del comitato medesimo e la giornalista
Rita Cola - n.d.r.) e mostra ogni locale ed ogni stanza, illustrando tutti
i lavori compiuti e sorridendo dei nostri stessi sorrisi quando vediamo
Ivrea inquadrata a così tanti chilometri. All'ingresso dell'ospedale,
una targa ricorda per sempre questo rapporto; dalla collina che sovrasta
Qaladiza, spicca tra le case in ricostruzione l'ospedale, immerso in montagne
deserte, e la voce del muezzin che canta le sure del Corano.
TANTI BAMBINI
Qaladiza è anche
la città dei bambini. Ce ne sono migliaia, che affollano le strade
e giocano tra i grandi tubi di cemento posati per ripristinare le fognature.
I bambini attendono il loro turno per la scuola e passano il tempo tra
le strade polverose e le galline che razzolano in quartieri che sembrano
grandi aie. La povertà di Qaladiza è di quelle che fa male
al cuore. Case al di sotto dell'essenziale, tappeti sdruciti, ma rigorosamente
puliti e tirati a lucido, cibo distribuito dalle Nazioni Unite nell'ambito
del programma "Oil for Food", nato per aiutare la popolazione a sopportare
l'embargo nei confronti dell'Iraq. Case povere e bambini adottati.
L'associazione "Kurdistan
Save The Children", presieduta da Hero Talabani (moglie di Jalal Talabani,
capo del Puk), si occupa dell'adozione a distanza di 2700 bambini. Novantasette
bambini sono adottati a distanza, in questo momento, da famiglie eporediesi.
Nell'arco di questi otto anni, i bambini adottati sono stati centotrentacinque.
Con un versamento modesto e trimestrale, le famiglie eporediesi consentono
ora a novantasette giovanissimi di frequentare la scuola fino alla maggiore
età, in alcuni casi il sostegno si protrae anche durante gli anni
dell'Università. Praticamente in tutti i casi, il sostegno a distanza
è l'unico reddito di tutta la (numerosa) famiglia.
STORIE DI BIMBI
I bimbi senza giocattoli
hanno un papà morto nella rivolta, nella speranza di un Kurdistan
libero ed autonomo. In ogni casa c'è il ricordo di un parente che
è stato pesh merga (partigiano) ed è morto per questo. Il
ricordo è indelebile e le fotografie ornate da fiori occhieggiano
dalle pareti. Oppure c'è chi durante la rivolta non è morto,
ma soltanto ferito, e in un paese dove non c'è assistenza l'handicap
è la più terribile delle malattie. I bimbi senza giocattoli
crescono in fretta e imparano presto una consapevolezza che lascia un grande
segno di sofferenza. Bimbi che studiano e vanno a scuola e bimbi che rimangono
mutilati dalle mine. Le mine sono uno dei maggiori problemi del Kurdistan.
Omar Hamad, sindaco di Qaladiza, dice che sono molti i bambini che perdono
gli arti calpestando una mina antiuomo. Ai bambini tocca spesso la custodia
delle greggi: e in queste condizioni si tratta di un lavoro pericolosissimo.
LA SOLIDARIETA' DI
IVREA
Ricordiamo infine che il
comune di Ivrea ha donato all'ospedale di Qaladiza 3500 dollari, altri
1500 arrivano dal Comitato Gemellaggio Ivrea-Qaladiza, mentre 2500 dollari
sono stati dati a "Kurdistan Save The Children", per un progetto a favore
dei bambini di strada. L'associazione, oltre alle adozioni a distanza,
ha allestito alcuni centri per le attività dei ragazzi (musica,
pittura, sport, lingue straniere) e per la mediazione dei conflitti. Oltre
ai fondi inviati, l'amministrazione comunale di Ivrea ha deciso di adottare
a distanza tre bambini curdi per tutta la durata del proprio mandato.
c.r.