L'uccisione di Massimo D'Antona, consigliere
del ministro Bassolino, ripresenta lo spettro delle BR nella politica italiana.
Questo avviene mentre la guerra contro la Serbia non presenta spiragli
positivi, si preparano le elezioni al Parlamento europeo e il presidente
Ciampi sembra voler spingere ad avanzare nelle riforme del sistema politico.
UN DELITTO POLITICO
E' chiaro che la matrice dell'assassinio
del professor D'Antona è politica. In particolare è rivolta
contro la politica economica di D'Alema ed ha le sue radici in una sinistra
antiriformista. Conclusioni più precise saranno possibili soltanto
al termine delle indagini, ammesso che queste giungano a risultati sicuri.
Altre ipotesi, teoricamente possibili, non sono suffragate da nessun dato,
per ora.
LE VECCHIE BR
L'analisi politica deve però
cercare di evidenziare i punti di contatto e le diversità fra le
vecchie BR e questo gruppo nuovo. Le vecchie BR si muovevano secondo un
progetto rivoluzionario. Avevano individuato i nemici, avevano elaborato
una strategia per scalzare i poteri esistenti, miravano a conquistare il
potere. Era un progetto utopistico, ma esisteva. Inoltre quelle BR nascevano
in un ambiente nel quale il marxismo era un punto di riferimento reale,
sia pure spesso conosciuto in maniera superficiale, e nel quale la lotta
partigiana era un modello. Infine le vecchie BR erano sorte da una situazione
di effervescenza sociale, con una classe operaia forte e cosciente, e di
pericolo di colpi di stato fascisti. Queste condizioni avevano dato forza
alle BR, contro le quali PCI e Sindacati avevano lottato senza tregua.
Ma quelle condizioni mancano oggi.
LE NUOVE BR
E' evidente che dell'oggi possiamo parlare
senza aver chiara la fisionomia di questo gruppo che si è svelato
con l'uccisione del professor D'Antona. Si tratta di reduci nostalgici,
si tratta di nuove leve o si tratta di realtà completamente diversa?
Le analisi più importanti credo possiamo già svolgerle. In
primo luogo mi pare non si possa parlare di progetto. C'è l'opposizione
ad una politica, c'è il richiamo a situazioni di malcontento, reali
peraltro, ma non c'è ricerca di alternative, neppure su di un piano
ideologico. In secondo luogo la società civile stessa presenta una
situazione poco favorevole ai movimenti ideologici. E' una società
con classi e ceti sulla difensiva, per niente tentati da progetti di conquista
del potere. Gli stessi Centri sociali, che sono il simbolo della protesta,
sono per lo più dediti ad attività "artistiche" ed esprimono
tendenze anarcoidi. Con tutto questo non bisogna sottovalutare i rischi
di azioni violenti. Ma i rischi politici non dovrebbero essere gravi.
CHE FARE
E' evidente che si impone un'attenzione,
in primo luogo negli organi di polizia, perché il fenomeno rimanga
circoscritto. In secondo luogo non bisogna interrompere la normale dialettica
politica. Guai se criticare la politica di D'Alema significa essere un
terrorista.
beppe scapino
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