TASSELLI PER IL GIUBILEO MISSIONARIO
La sobrietà
Così il vocabolario Devoto-Oli
definisce la sobrietà: “Moderazione nel soddisfacimento degli appetiti
e delle esigenze naturali’’. Volendo ampliare la definizione classica,
si potrebbe dire che la sobrietà è uno stile di vita che
sa distinguere tra i bisogni reali e quelli imposti, che si organizza a
livello collettivo per garantire a tutti l’appagamento dei bisogni fondamentali
con il minor spreco di energia, che dà alle esigenze del corpo il
giusto peso, senza dimenticare le esigenze spirituali, affettive, intellettuali
e sociali della persona.
La sobrietà è
un valore fondamentale che mette in discussione le nostre scelte consumistiche
e ci fa riflettere sul fatto che noi del nord del mondo, che rappresentiamo
appena il 20% della popolazione mondiale, consumiamo l’80% delle risorse
della terra, condannando i due terzi dell’umanità a vivere nella
povertà ed a lasciare ai nostri discendenti un pianeta sempre più
inospitale. Ma a ben considerare come vanno le cose, le prime vittime del
consumismo siamo proprio noi del nord, sempre più costretti a vivere
accerchiati da cumuli di rifiuti, a lottare contro le malattie causate
dalla sovralimentazione ed affetti da un’infinità di nevrosi, ritmi
frenetici ed insoddisfazioni.
Senza rimpianti per l’età
della pietra, avremmo, però, bisogno di tornare a ricercare forme
di vita più sobrie. Alla base di questa ricerca ci sta il rispetto
per gli altri; ci sta il saper valorizzare il lavoro di tutti ed il trattare
bene anche quello che non ci appartiene. La sobrietà è un
incentivo che ci aiuta nella vita a coniugare quattro verbi, che cominciano
per “r’’:
a) ridurre, cioè
puntare sull’essenziale. Le nostre scelte quotidiane devono tenere conto
della qualità dei prodotti, scartando non solo quelli dannosi, ma
anche quelli inutili, quelli che compriamo solo perché “costretti’’
dalla pubblicità o da altri condizionamenti. Ma si pone anche un
problema di quantità: mangiamo troppo e buttiamo troppi avanzi,
accumuliamo troppi vestiti e ne diamo troppi alla “Caritas’’ o allo straccivendolo,
usiamo l’automobile anche quando possiamo andare a piedi o in bicicletta.
Anche le scelte collettive potrebbero essere notevolmente ridotte, cercando
di migliorarne la qualità: meno spreco di energia e di risorse naturali,
molte delle quali non rinnovabili.
b) riciclare, cioè
riutilizzare lo stesso oggetto finché è utilizzabile. Le
risorse della terra non sono infinite e, con certi livelli di consumo,
potrebbero esaurirsi rapidamente. Un modo per evitare l’esaurirsi delle
risorse è il riciclaggio, il quale ci dà una mano anche per
lo smaltimento dei rifiuti. Sono molti i prodotti che si possono riciclare:
il ferro, l’alluminio, la carta, il vetro, il materiale organico. Purtroppo
la mentalità corrente è ancora molto refrattaria all’idea:
è più comodo gettare tutto nello stesso sacco della spazzatura,
piuttosto che selezionare i rifiuti.
c) recuperare, cioè
rigenerare ciò che può ancora essere utile. Molte volte buttiamo
via qualcosa che potrebbe ancora essere utile, ma è passato di moda.
La moda è uno dei condizionamenti da cui è molto difficile
liberarsi, perché sostenuta dall’impero smisurato della pubblicità.
Ridare nuova vita alle cose usate dovrebbe ripercuotersi anche sulle imprese
produttrici, che sempre più preferiscono offrire prodotti “a termine’’
o monouso, prodotti confezionati in modo abbondante per essere più
accattivanti. Abbiamo la possibilità di indurre le imprese a scelte
diverse, privilegiando prodotti con confezioni “leggere’’, magari in materiali
riciclati. Abbiamo anche la possibilità di acquistare prodotti sfusi,
invece di quelli confezionati.
d) riparare, cioè
non gettare via oggetti appena, appena danneggiati. Nei Paesi del sud del
mondo è normale riparare gli oggetti rotti e lo era anche da noi
al tempo dei nostri nonni. Oggi, purtroppo, molti oggetti non sono costruiti
per essere riparati, ma rimpiazzati. Potremmo essere un po’ più
ostinati nel tentare riparazioni di vario genere ed un po’ più oculati
nello scegliere oggetti di fattura più resistente. Sarebbe anche
una maniera di essere più padroni di ciò che possediamo.
Ci siamo abituati all’abbondanza?
Possiamo vivere bene, pur disponendo di meno cose. Basta dare il giusto
valore ad ogni cosa: prima quelle “spirituali’’, poi le altre, vale a dire
quelle che molte volte scegliamo come forma di compensazione della nostra
insicurezza o dei nostri fallimenti umani, affettivi e sociali. |