• Per
le strade del mondo 3 settembre 1999
Ricordando dom
Helder
E’ morto Mons. Helder Camara, Arcivescovo
emerito di Recife (Dom Helder, come là in Brasile chiamano i Vescovi).
Ai giovanispiù anziani richiama ricordi vivissimi, che vanno al
di là dei confini strettamesimi il nome forse dice poco o nulla,
ma a noi più anziani richiama ricordi vivissimi, che vanno al di
là dei confini strettamente ecclesiali, proprio perché Dom
Helder, immerso nella vita del suo Paese, partecipava alle sofferenze di
tanta parte del suo popolo, vittima di ingiustizie e di emarginazioni,
che egli cercava di mettere in luce e di combattere, facendosi pellegrino
nel mondo per parlare di giustizia, di solidarietà umana, di promozione
dei poveri del mondo.
L’avevo conosciuto al Concilio, che
aveva cominciato come Vescovo ausiliare di Rio de Janeiro e Segretario
della Conferenza Episcopale brasiliana, poi promosso Arcivescovo di Recife,
nel nordest da cui proveniva. Dopo una brevissima stagione tra i tradizionalisti
più conservatori, il contatto con la gente delle grandi periferie
urbane (le “favelas’’) e la presa di coscienza dei meccanismi con cui i
settori benestanti e dominanti sfruttano ed immiseriscono tanta parte della
popolazione l’avevano spinto a farsi portavoce delle esigenze e dei diritti
dei poveri, non solo all’interno della sua città o della sua nazione,
ma nello stesso Concilio.
Lo incontravo il venerdì sera
negli incontri informali nella residenza di P. Gauthier, dove si approfondiva
il tema della Chiesa dei poveri, aperto da Papa Giovanni XXIII già
nell’annuncio del Concilio, ma da concretizzare e da rendere presente nel
cammino del Concilio stesso.
Il quale aveva sì dibattuto il
tema, ma senza giungere a soluzioni concrete, salvo l'elaborazione riservata
di un Documento, che Paolo VI aveva chiesto al Card. Lercaro di preparare
e che avrebbe dovuto costituire la bozza di un'Enciclica (mai uscita) e
la raccolta di oltre 500 firme ad una mozione che invitava i Vescovi ad
uno stile di vita e di azione più semplice e più vicino alla
gente.
Dom Helder Camera scriveva su questi
temi da lui così sentiti e vissuti ed accettava gli inviti a parlarne
che gli giungevano sempre più da ogni parte del mondo. Ed egli andava,
convinto com’era che la povertà della maggioranza dell’umanità
deriva da una perversa organizzazione delle risorse mondiali, per cui -
come dirà l’Enciclica di Paolo VI “Populorum progressio’’ del 1967,
ma ripeterà nell’80 l’Onu nel cosiddetto “Rapporto Brandt’’ - i
ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più
poveri.
E nei Paesi come il nostro ammoniva
che se volevamo aiutare il Terzo Mondo dovevamo cominciare a cambiare il
nostro stile di vita. La conoscenza reciproca avviata durante il Concilio
venne consolidata durante la mia attività in Pax Christi. Nel 1981
mi difese contro gli attacchi seguiti alla Missione in Centro America.
Commentandola col Card. Martini diceva: la croce di Gesù ha due
dimensioni, a quella verticale bisogna aggiungere anche quella orizzontale.
Nel 1982 Pax Christi lo delegò all’Assemblea straordinaria dell’Onu
dove chiese fortemente l’abolizione del veto delle grandi potenze, che
limita gravemente la democrazia e l’autorevolezza di quell’istituzione.
Lo incontrai più di una volta
in Brasile, e gentilmente accettò di inserire, tra le tappe
nelle grandi città del mondo inserisse anche Ivrea, dove tenne una
memorabile conferenza al Teatro Giacosa, nel suo italiano approssimativo
reso più che mai efficace dal suo entusiasmo interiore e da un gestire
estremamente espressivo (“Dio mi ha dato delle mani napoletane’’, diceva).
E ripassò ancora una volta per riposare, durante un viaggio in Italia,
accompagnato dal Presidente di Mani Tese.
Questo suo impegno per la giustizia
e la difesa dei poveri lo rese inviso ai settori dominanti che, per boicottarlo,
lo definivano il “Vescovo rosso’’, lui che contestava ogni ideologia ed
affermava che per difendere i poveri non aveva bisogno di Marx, gli bastava
il Vangelo. Aggiungevano - i potenti - un’altra forma di boicottaggio,
ed era quella di cancellare il suo nome dai giornali e di nasconderlo in
televisione. Non poterono farlo quando Papa Giovanni Paolo II fece la visita
pastorale in Brasile e volle incontrarlo e abbracciarlo, chiamandolo “fratello
mio e fratello dei poveri’’.
Credo che le resistenze del Governo
del suo Paese abbiano impedito la nomina a Cardinale di un Prelato conosciuto
ed amato in tutto il mondo. Ed era amato proprio perché trasmetteva
fede e speranza, perché si manifestava veramente come “uomo di Dio’’.
Confidò una volta che diventando prete aveva fatto voto di dedicare
tutte le notti un’ora alla preghiera. Metteva la sveglia alle due e pregava
fino alle tre! “Non lo consiglierei a nessuno - concludeva - ma ringrazio
il Signore che mi ha dato di esservi fedele. Anche perché mi ha
sempre fatto la grazia di riaddormentarmi subito!’’.
Grazie, Dom Helder, per quello che hai
dato ai tuoi fratelli poveri, al mondo, e anche a noi. Il tuo ricordo (e...
la tua intercessione) ci ottenga di essere sempre più fedeli al
Vangelo e fratelli dei poveri. .
+luigi bettazzi |