• Per
le strade del mondo 9 luglio 1999
San Savino e
la pace
Mentre si preparava questo numero del
Risveglio si è cele-brato ad Ivrea Sàn Savino, patrono della
città.
Quest’anno, per iniziativa del Vescovo
Mons. Arrigo, si è dato alla festa un tono di saluto affettuoso
al Vescovo Emerito. Ringrazio di cuore per l’iniziativa e per il tono cor-diale
che si e voluto dare all’incontro, a quello liturgico in primo luogo, poi
a quello... conviviale.
Ricordando San Savino martire, ho rievocato
i martiri della fede, così numerosi ai tempi del nostro santo, ma
così presen-ti anche oggi: ho ricordato, ad esempio, i monaci assassinati
in Algeria, ma anche come, nei miei viaggi mi sia trovato a con-tatto,
soprattutto in Centro America, con comunità in cui erano stati assassinati
preti, religiose, catechisti, fedeli, solo perché avevano la Bibbia
e predicavano la Parola di Dio.
Giovanni Paolo II proclamando “martire
della carità” San Massimiliano M. Kolbe offertosi di sostituire
un compagno di carcere destinato alla morte, ha aperto una nuova strada
alla qualifica del martirio. Come non ricordare allora, ad esempio, i chierici
del Burundi che non han voluto separarsi dai confratelli dell’altra etnia
e con loro sono stati assassinati?!
A questi ho voluto allora aggiungere
i “martiri della spe-ranza", coloro cioè che hanno accettato consapevolmente
la morte per aver voluto, ispirati e sostenuti dalla loro fede, mcoraggiare
i cristiani e tutti i concittadini ad operare per la giustizia e la pace
in vista di un mondo più solidale e più fra-terno. Ed anche
qui, accanto a Vescovi come Mons. Romero e Mons. Girardi - per citare i
più noti - è una serie di cristiani che, in particolare in
America Latina - ma non solo là - si sono impegnati per difendere
i diritti dei più poveri e dei più emarginati, per creare
situazioni di maggiore giustizia e dignità umana, e per questo,
anche di fronte ad una morte prevedibile e spesso minacciata, han continuato
generosa-mente la loro opera di giustizia e di solidarietà.
Se tutti i cristiani son chiamati ad
essere “testimoni” (quin-di secondo il termine greco “martiri”), devono
impegnarsi di fronte alle tante indifferenze e compromessi, nella carità
di fronte alle troppe chiusure ed ai tanti egoismi, individuali e collettivi,
ma anche nella speranza in un mondo così appiatti-to e - nelle nostre
società del benessere - tollerante delle guer-re, degli sfruttamenti,
delle povertà.
Il Signore forse non ci chiederà
la vita, anche perché - si interrogava Mons. Romero - non siamo
degni di questo mar-tirio totale! Ma il martirio quotidiano - della fede,
della carità, della speranza - rientra tra le qualifiche del nostro
Cristianesimo, verifica l’autenticità de nostro essere cristiani.
Forse è questo messaggio che il Signore mi ha chiesto di annunciare,
attraverso le tante vicende della mia vita e del mio episcopato. E prendevo
l’occasione, mentre chidevo scusa per i limiti del mio lungo ministero,
per ringraziare la Diocesi per l’appoggio cordiale costantemente offertomi
e per incoraggiarla a vivere generosamente questa testimonianza (martirio).
Ripensavo a tutto questo proprio negli
ultimi giorni, parte-cipando a Firenze ad un seminario di studi su “La
pace, la coscienza, l’Italia, il mondo”, orientato da maestri esperti (per
es. il teologo Don Chiavacci o il Prof. Allegretti), di fronte all’affermarsi
dell’impero mondiale del danaro e di un’informazione interessata, che prepara
le guerre e sancisce il dominio dei potenti sulla maggioranza dell’umanità,
calpe-stando o manipolando le leggi già sancite o le esigenze fon-damentali
della vita dei popoli.
I cristiani non possono rima-nere passivi,
devono accogfiere gli appelli insistenti del Papa, devono coordinarsi e
premere perché la società sia più frater-na e solidale,
perché la libertà non sia monopolio dei più ric-chi
e dei più potenti, perché la democrazia non sia un’etichet-ta
che emargina popoli interi o i settori più deboli all’interno delle
stesse nazioni più sviluppate. E’ un grande impegno di speranza
per l’umanita a cui tutti siamo chiamati, che deve poter coinvolgere ed
entusiasmare i giovani, che deve consa-crarci tutti “martiri”.
+luigi bettazzi |